martedì 15 gennaio 2019

NEGLI STATI UNITI SI INIZIANO A PREPARARE I PIANI PER L’ATTACCO ALL’IRAN


La notizia portata alla luce pochi giorni fa, di una precisa richiesta al Pentagono da parte del consigliere alla sicurezza di Trump, John Bolton, di presentare possibili opzioni di bombardamenti sull’Iran, confermata da vari funzionari del Dipartimento di Stato, ha determinato serie preoccupazioni negli osservatori ed esperti circa la prossimità di una nuova guerra americana nel Medio Oriente, questa volta diretta contro l’Iran.
John Bolton non è nuovo a queste intenzioni bellicose ed anzi, visti i suoi trascorsi, aveva richiesto di bombardare l’Iran già anni addietro quando si discuteva del possibile programma nuclere iraniano, prima dell’accordo multilaterale e sembra che Bolton sia stato sempre ossessionato dall’idea di attaccare l’Iran. 
Sempre Bolton è quello che ha spinto il presidente Trump a ritirarsi unilateralmente dal trattato sul nucleare ed all’emanazione di sanzioni dure contro Teheran. Sanzioni che peraltro non stanno avendo gli effetti desiderati sull’Iran.
Tuttavia non è Bolton l’unico nell’Amministrazione Trump a manifestare le idee bellicose contro l’Iran, si può ricordare che Mike Pompeo, il segretario di Stato USA, durante un discorso tenuto la scorsa settimana all’Università americana del Cairo, ha annunciato che “le nazioni del mondo si stanno rendendo sempre più conto che dobbiamo affrontare gli ayatollah e non curarli”. In precedenza Pompeo aveva avvertito l’Iran contro il lancio di tre satelliti spaziali, ritenendo che stessero testando tecnologie missilistiche rilevanti, necessari per creare nuovi missili da impiegare per un possibile attacco contro gli Stati Uniti ed i loro alleati.
Il pretesto per un possibile bombardamento dell’Iran viene trovato nel fatto che le milizie sciite di base in Iraq, milizie che sono state armate ed addestrate dall’Iran ed utilizzate nella campagna contro l’ISIS, avrebbero ultimamente minacciato di colpire il Consolato USA a Baghdad e gli stessi capi delle milizie hanno emesso proclami minacciosi contro le truppe USA di stanza in Iraq, se queste non si ritireranno dal paese, consideradole forze occupanti.

US. Forces in Iraq-
Poco importa che la richiesta del ritiro delle truppe USA sia venuta anche dal Parlamento iracheno e che lo stesso governo iracheno sia fortemente irritato dal comportamento tenuto da Trump il quale è volato presso una base USA nel giorni di Natale senza neanche avere la delicatezza di avvertire del suo arrivo il presidente e le autorità irachene. Si comportano come padroni e come invasori, è stato il commento del governo iracheno.
Agli Stati Uniti dell’Amministazione Trump ed al gruppo di falchi neocon che dirigono la politica estera USA, serve una nuova guerra per compensare la magra figura fatta in Siria, con il fallimento del tentativo di cambio di regime a Damasco e per contenere quello che le autorità statunitensi vedono come il “pericolo Iran”. Un pericolo immaginario visto che si trova situato a oltre 11.000 Km. di distanza dagli USA, ma considerato comunque un “pericolo per la sicurezza nazionale”. Questa formula è quella che generalmente viene utilizzata da Washington prima di una attacco militare diretto.
In realtà Washington non perdona all’Iran di essere sceso in campo per contrastare il piano USA di annientare la Siria e favorore un cambio di regime a Damasco, tanto meno perdonano all’Iran di aver armato e sostenuto la milizia Hezbollah in Libano che ha fatto la sua parte per difendere la Siria e il Libano dall’assalto dei gruppi terroristi armati e sostenuti da USA-Arabia Saudita-Israele.C’è poi la questione dello Yemen, dove gli USA non hanno vergogna nel collaborare e sostenere la campagna di bombardamenti e genocidio della popolazione yemenita che sta conducendo l’Arabia Saudita in quel paese. L’Iran è accusato di aiutare gli Houthi yemeniti che stanno disperatamente combattendo contro gli invasori sauditi e i loro mercenari.

Forze iraniane in Siria
Queste sono quelle che gli USA definiscono “le attività maligne dell’Iran” che in realtà sono dirette a difesa di comunità sciite presenti nell’area che sarebbero state sopraffatte senza la creazione di quell’asse della Resistenza di cui l’Iran è il perno fondamentale, assieme alla Siria, ad Hezbollah e le milizie sciite in Iraq.
Negli ultimi giorni Bolton si era recato in Turchia per sottoporre un elenco di condizioni a Erdogan per le successive azioni di Ankara in Siria, inclusa la promessa dei turchi di non attaccare i curdi, considerati alleati degli USA in Siria. Il presidente turco Erdogan non ha neppure ricevuto Bolton, rifiutando di prendere in esame questa richiesta e gli ha metaforicamente sbattuto la porta in faccia. Questo ha fatto ulteriormente infuriare la Casa Bianca che, per bocca di Trump ha dichiarato che si ripromette di annientare economicamente la Turchia se questa attaccherà i curdi. Volano gli stracci fra i due alleati della NATO mentre Ankara di avvicina sempre di più a Mosca.
Tutti questi elementi spingono Washington ad agire per non rimanere tagliato fuori da Medio Oriente dove gli USA dispongono soltanto del duo di alleati Israele-Arabia Saudita, mentre tutti gli altri stati della regione stanno prendendo le distanze dall’alleanza proposta da Pompeo, che prevede un Summit in Polonia a Febbraio da celebrarsi contro l’Iran. Una sorta di “santa alleanza” di tutte le nazioni che vogliono il cambio di regime a Teheran.
Secondo esperti militari statunitensi, un limitato attacco fatto dalle forze aeree e missilistiche su obiettivi determinati, causerebbe molto probabilmente un conflitto armato su larga scala con l’Iran.
Un conflitto aperto contro l’Iran susciterebbe una serie di reazioni incontrollabili che sarebbero dirette contro le basi USA in Medio Oriente, contro Israele e con la Russia che, con tutta probabilità, sosterrebbe la eventuale difesa dell’Iran.
E bisogna considerare che le forze armate iraniane sono piuttosto numerose: l’esercito, il corpo della Guardia rivoluzionaria islamica, la milizia basij iraniana. Questo significa che gli Stati Uniti dovranno condurre un’operazione conflitto esteso a grandezza naturale. Quanto siano pronti per questa evenienza è una domanda aperta.
Pertanto, gli americani sono a rischio di incontrare grandi difficoltà nel corso di una possibile campagna militare contro l’Iran. Inoltre, sul territorio di molti altri stati della regione sono presenti formazioni filo-iraniane con una vasta esperienza in attività militari e di antiguerriglia. Pertanto, gli obiettivi militari e civili statunitensi possono essere attaccati nei luoghi più inaspettati.

Di fronte a gravi perdite tra militari e civili, gli americani potrebbero rapidamente dover ridurre le loro operazioni. Gli USA possono aspettarsi di dover pagare un prezzo eccessivamente alto. Gli analisti internazionali oggi si chiedono se siamo forse alla vigilia di un grande conflitto mondiale.

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