Monti dice che per la prima volta la manovra è stata scritta sotto dettatura di Bruxelles. Detto da lui, che ha scritto le sue manovre sotto dettatura di J P. Morgan, FMI, Commissione, BCE e Berlino...
Mario Monti
di Marco Lang.
A parte ogni considerazione sulla manovra, affermare che per la prima volta è stata scritta sotto dettatura di Bruxelles, è vomitevole. Detto da Monti, che ha scritto le sue - di manovre - sotto dettatura di J P. Morgan, del FMI, della Commissione, della BCE e di Berlino.
Anzi, a dire il vero, Monti non ebbe neanche bisogno di farsele dettare, essendo a pieno titolo parte della élite tecnocratica che "ci governa" da Bruxelles e da Francoforte.
Monti ha rappresentato la prima volta, in Italia, della élite al potere senza la mediazione della rappresentanza politica, direttamente a dirigere il governo del Paese. Un Paese che Monti ha lasciato in ginocchio, tra aumento del debito, ulteriori svendite del patrimonio pubblico, attacco ai diritti sociali, a partire dalla Legge Fornero.Sottigliezze. Ma più ancora della sciocchezza della "prima manovra scritta sotto dettatura" - come se i suoi successori alla guida del Governo fossero stati insensibili ai diktat della Commissione (per memoria: Gentiloni aveva previsto un rapporto deficit/PIL allo 0.8 nel 2019, a 0 nel 2020 e in avanzo dello 0.2 nel 2021, ovviamente tagliando ulteriormente la spesa pubblica), sono ancora più ripugnanti altre due affermazioni di Monti. La prima:«Nella politica c’è una divaricazione sempre più ampia tra le capacità necessarie per essere eletti e quelle necessarie per governare bene — spiega l’ex premier —. Ma queste attitudini dovrebbero trovare una composizione». E poi: «ma la cosa piu’ importante che è avvenuta è il riconoscimento dell’Ue, il riconoscimento politico e diplomatico delle istituzioni europee». Si afferma, dapprima, che il "saper governare bene" è patrimonio esclusivo delle élites, le uniche in grado di governare, non di chi ottiene - incidentalmente, secondo Monti - il consenso degli elettori. E poi, Monti stesso ribadisce che la governance dell'UE è inattaccabile. In tale contesto, ovviamente, il suo richiamo alle prerogative del Parlamento è francamente penoso. Ma i concetti espressi restano intatti, in tutta la loro volontà potenza e di dominio: "questa" Europa è inattaccabile e irriformabile; chi pensa di condurre una battaglia per cambiarne le politiche è un illuso inconsapevole di come tali politiche siano le uniche coerenti con questa Unione e con l'eurozona: dominio del mercantilismo tedesco, svalutazione progressiva del lavoro, attacco senza sosta ai diritti sociali ed al welfare residuo, lascito del trentennio glorioso.
In più, la sottolineatura che la governance dell'Europa, il governo nelle mani delle oligarchie, è una realtà che dovrà estendersi, presto o tardi, in tutti gli Stati dell' Unione, al fine di evitare gli incidenti di percorso elettorali.
Nelle sue parole l'attacco alla sovranità popolare e democratica è chiarissimo. A sinistra pochi lo capiranno.
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