La decisione è stata presa, per il mondo intero, dalla Commissione Federale per le Comunicazioni degli Stati Uniti (FCC) venerdì scorso, senza chiedere il permesso a nessuno. Lo spazio non è di loro proprietà, ma non importa.
Lo dichiara esplicitamente il presidente delle FCC, Ajit Pai, repubblicano ma nominato alla importante carica da Barack Obama e confermato da Donald Trump nel maggio del 2017, dicendo: “il nostro approccio riflette la missione della Commissione: incoraggiare il settore americano a investire e innovare e permettere alle forze del mercato di distribuire valore ai consumatori americani”.
A noi, come ai russi, ai cinesi, e agli africani resta la distribuzione dell’inquinamento da campi elettromagnetici. “La recente autorizzazione — scrive in una nota il fisico Livio Giuliani — che aggiunge ai 4425 satelliti già autorizzati nel marzo scorso, altri 7518 satelliti per telefonia in molto bassa orbita terrestre, è motivata dalla ‘Space X’ con l’obiettivo di incrementare la capacità e di ridurre la latenza della telecomunicazione nelle aree del mondo ad alta densità di popolazione“.
Dunque, di fronte al redditizio (per gli americani) obiettivo, “si ignorano tutti gli interrogativi assai gravi circa l’impatto ambientale ed ecologico dell’operazione”. Ma chi è la “Space X”, cui la FCC obbedisce così prontamente? E’ la società di Elon Musk, il miliardario statunitense proprietario della “Tesla”, che produce macchine elettriche sportive e per super ricchi.
Che, dunque viene autorizzata a violare non solo la salute degli abitanti della Terra, ma anche la sovranità nazionale di tutti i paesi del mondo, perché in quel modo la rete satellitare americana coprirà, anche mediante il roaming, tutto lo spazio. I satelliti verranno portati in orbita per la metà entro i prossimi sei anni e per l’altra metà nei successivi tre anni. Opereranno con frequenze tra 37,5 GHz per le trasmissione dallo spazio alla Terra e con frequenze tra 47,2 e 51,4 GHz per quelle Terra-spazio. E nel 2027, tutto il mondo dovrebbe “parlare americano”, almeno al telefono cellulare.
Comunque la FCC ha autorizzato anche la “Kepler Communications” a lanciare altri 140 satelliti, la “Telesat Canada” per altri 117 e la “LeoSa”t per 78: tutte imprese che operano sul mercato nord-americano. In sintesi — scrive ancora Livio Giuliani — assisteremo a un balzo enorme passando dagli attuali circa 1900 satelliti ai 14.200 satelliti al 2027.
L’autorità statunitense si muove dunque, tra l’altro, senza tenere in alcun conto il principio di precauzione. Si calcola infatti che, a prescindere dai satelliti di telecomunicazioni, è già previsto un enorme incremento del numero di satelliti per le più varie funzioni di controllo, incluse quelle militari, da qui al 2050. Aumenterà cioè a dismisura il rischio provocato dai detriti dei satelliti non più operativi che metteranno a repentaglio i veicoli spaziali in funzione. Un affollamento sempre più pericoloso, cosa per altro ben riconosciuta dalla stessa FCC che, in un documento dello scorso 25 ottobre, ha ammesso che detriti anche di poco più grandi di un centimetro di diametro, possono “provocare danni catastrofici a un veicolo spaziale”.
Resta da capire come sia possibile che nessuno affronti il problema, della totale disinvoltura con cui gli USA decidono per tutti senza consultare nessuno. Ben al di là della stessa politica illegale, che applicano infliggendo sanzioni a tutti coloro che rifiutano di farsi trattare come vassalli.
Articolo di Giulietto Chiesa
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