mercoledì 19 febbraio 2020

STORIE DIMENTICATE DI ORDINARIA DISPERAZIONE

Terremoto, c'è chi vive ancora nei container di lamiera





TRA CALAMITA' NATURALI E AMPIE SACCHE DI POVERTA' SONO TANTI GLI ITALIANI CHE DA ANNI SONO COSTRETTI A VIVERE IN CONDIZIONI DISUMANE COMPLETAMENTE IGNORATI DALLA POLITICA, CHE SI FA VIVA SOLO PER LA CACCIA AI CONSENSI ELETTORALI. LA POLITICA CHE IGNORA QUESTE SITUAZIONI ENDEMICHE CONTINUA AD ACCOGLIERE DISPERATI STRANIERI FINO AD INNESCARE UNA PERICOLOSA BOMBA SOCIALE....




"A Ussita, in provincia di Macerata, ci sono ancora i Mapre, modulo abitativo provvisorio rurale di emergenza, come a Mosul in Iraq nei campi profughi". Maria Teresa Nori segretario regionale delle Marche di Federcontribuenti, ha portato la vicenda di Silvia Bonomi, allevatrice e titolare della 'Sopravissana dei Sibillini'. Silvia è una delle imprenditrici agricole più attive nel territorio: è rimasta per preservare un tipo di razza ovina, invidiata in tutto il mondo, la Sopravvissana. Questa donna con il suo compagno e la sua mamma costrette a vivere in quattro pareti di lamiera alimentate totalmente ad energia elettrica. Questa non è Italia". 
"È passato un altro inverno nei Mapre - spiega una nota diffusa dall'associazione Federcontribuenti nella quale si riporta la denuncia di Nori - le strutture assegnate in alternativa alle Sae (Soluzioni Abitative di Emergenza) alle famiglie di allevatori del Centro Italia terremotato del 2016. Tre anni trascorsi in un container, nelle zone montane terremotate, non sono il massimo", ha raccontato Nori. Ad Ussita, ha spiegato ancora, "Silvia Bonomi, dopo l'episodio risalente allo scorso dicembre, in cui lei e la sua famiglia rimasero 17 ore senza energia elettrica, unico mezzo di riscaldamento consentito in queste strutture, era riuscita, dopo una denuncia mediatica forte, a conoscere l'iter regolare per poter richiedere la sostituzione del modulo Mapre con un modulo in altro materiale, qualora fosse riuscita ad ottenerlo in donazione". 

Burocrazia lumaca, 4 mesi per le utenze 

"Il miracolo, ora, sembra arrivato: qualcuno si è fatto avanti - ha fatto presente Nori - mostrando la disponibilità a voler aiutare questa famiglia, consentendole di passare i lunghi anni in attesa della ricostruzione in una struttura di legno, adeguata alle temperature e salubre dal punto di vista abitativo. La paura, ora però, è che inizi una lunga sequenza di rimpalli tra autorizzazioni e permessi, la stessa che ha subito la ragazza per la delocalizzazione della propria azienda agricola e che non le ha permesso, nonostante la stalla fosse terminata a dicembre 2018, di potervi riparare gli animali, perché la richiesta di fornitura delle utenze ha trovato riscontro solo ad Aprile 2019, quattro mesi dopo, in primavera". 
"Una umiliazione dietro l'altra, una difficoltà dopo l'altra. Solo chi vive all'interno di queste scatole di lamiera può capire sulla loro pelle cosa si tratta in cui la condensa e le muffe la fanno da padrone. Poi le istituzioni arrivano in elicottero e dicono: 'tutto a posto'. Troppo facile. L'emergenza non finirà mai". 
"Ci sono miliardi a disposizione per la ricostruzione - ha continuato Maria Teresa Nori - e nessuno fa nulla. Abbiamo un commissario di governo e un sottosegretario di governo che giocano a ping pong a distanza tra i loro uffici". 
Intanto i terremotati del Centro Italia sono pronti a tornare a Roma a manifestare in piazza il prossimo sabato 18 maggio. "Siamo stanchi di passerelle e selfie" spiega Francesco Pastorella del coordinamento dei comitati. 
"La ricostruzione è inesistente, il modello è imploso su se stesso perchè inadatto. Da 2 anni e mezzo chi aveva un lavoro non lo ha più. Migliaia di posti di lavoro, aziende artigiane, agricole, commercianti, costretti a chiudere con pochissime possibilità di riaprire". 
"Non abbiamo bisogno di grandi opere inutili ma di un aiuto concreto a ricostruire e rigenerare la bellezza dei nostri luoghi e la ricchezza che ne deriva per l'italia intera conclude Pastorella. Siamo stanchi di un Governo assente che promette e non mantiene e lascia al proprio destino un territorio cosi vasto dell'Italia centrale tra Marche-Umbria-Lazio-Abruzzo". 


IL CASO VERGOGNOSO DI FOGGIA

Foggia – Famiglie foggiane costrette a vivere da 14 anni in freddi container, tra blatte e muffa: Le Iene arrivano a Foggia per raccontare il dramma delle 45 famiglie di via San Severo. 
L’inviato del noto programma di Italia Uno, Alessandro Di Sarno, è arrivato nel capoluogo dauno per documentare la difficile situazione in cui versano numerose famiglie foggiane. L’umidità rende impossibile vivere in questi container, gli elettrodomestici si rompono e in queste condizioni la salute dei bambini è quella che ne risente di più. 


Blatte, topi e altri animali rendono un vero e proprio inferno queste “abitazioni” nella periferia di Foggia. “E’ il nostro rifugio anche se abbiamo avuto una vera e propria invasione di blatte”, dice con la voce tremante Michela, una donna intervistata dall’inviato. 
Le condizioni in cui vivono i foggiani sono disastrose e, infatti, l’Asl di Foggia ha certificato che l’abitabilità dei container, già nel 2015, non era idonea. “Non ci ascolta nessuno”, urla una donna in lacrime. 
Vedere queste immagini fa davvero tanto male, arriva come un pugno allo stomaco. Nel 2019 è davvero sconcertante vedere in quali condizioni versino queste abitazioni di fortuna nella quali i foggiani sono costretti a vivere da tantissimi anni, troppi. 
“Emiliano non ha avuto nemmeno il garbo di guardare in faccia i miei concittadini”, ha detto il sindaco di Foggia Franco Landella rispondendo all’inviato de Le Iene, coinvolgendo il presidente della Puglia Michele Emiliano. “Noi possiamo fare molte cose ma con la collaborazione del sindaco di Foggia”, ha risposto il presidente della Puglia. 
L’incontro tra Emiliano e Landella, alla presenza de Le Iene, è stato molto agitato all’insegna di urla e scambi di opinioni ma è finito con una calorosa stretta di mano e la promessa di rivedersi in Prefettura per stabilire i termini ultimi per garantire alloggi dignitosi alle famiglie di via San Severo. 
I due si sono incontrati a Foggia, come concordato, giorni fa, nel palazzo della Prefettura. Dopo diverse ore di confronto ecco il risultato: per le famiglie più bisognose la soluzione sarà tempestiva. “L’emergenza abitativa è molto forte a Foggia e finalmente la procedura è iniziata”, esclama Emiliano. 
Finalmente le famiglie di via San Severo lasceranno i container per abitare in vere e proprie case, degne di essere definite tali. 

VOTARE (BENE O MALE) SERVE ANCORA A QUALCOSA?....SECONDO EMILIANO LA POVERTA' NON E' UNA SITUAZIONE DI EMERGENZA? GLI "SCHERZETTI" BUROCRATICI STANNO GRAVANDO SULLA SALUTE DELLE PERSONE!!



Una lucertola con due teste ed altri mostri presso la centrale nucleare del Garigliano

Una lucertola con due teste. L'hanno immortalata gli abitanti del piccolo borgo del casertano di Tora e Piccilli, nel cuore del Parco Regionale del vulcano di Roccamonfina, mentre attraversava la piazza principale. Il ritrovamento ha destato molta preoccupazione ed è tornato ad accendere i riflettori sui danni derivanti dall'inquinamento prodotto, nei decenni passati, dalla centrale elettronucleare di Garigliano, a Sessa Auruca, che dista in linea d'aria solo pochi chilometri.



Nel corso degli anni, infatti, nella zona sarebbero nati una serie di animali, soprattutto vitelli e agnelli, con due teste o con altre gravi malformazioni, dall'ermafroditismo all'anchilosi, come aveva incessantemente denunciato negli anni '80 dall'avvocato Marcantonio Tibaldi, che ne aveva raccolto decine di foto. "Ciò cui abbiamo assistito in questi anni è spaventoso – spiegava l'avvocato in un articolo apparso sul n. 6 di Modus Vivendi mensile della Federazione Nazionale dei Verdi. - La mortalità per leucemia e per cancro è aumentata in modo esponenziale in tutte e tre le regioni esposte alle radiazioni della centrale del Garigliano: in provincia di Latina, nel basso Lazio e in Abruzzo".

Sul caso della lucertola a due teste è intervenuta, come riporta il blog Montesantacroce di Giulia Casella, presidente del circolo di Legambiente di Sessa Aurunca: "in questi anni i vari governi e le istituzioni regionali si sono sempre rifiutati, diversamente da quanto è avvenuto in Germania, di stabilire un nesso causale tra le emissioni radioattive della centrale nucleare del Garigliano, l'incremento dell'incidenza tumorale e le malformazioni genetiche negli animali".

Ma non è detto che la doppia testa della lucertola sia per forza collegato a tutto questo. Potrebbe trattarsi anche di un "errore della natura". La policefalia, anche se rara, è ampiamente documentata nell'uomo e in molti animali, specialmente nei rettili, causata dalla non corretta separazione degli embrioni durante un parto gemellare. Ma ricordando, a tal proposito, proprio gli studi scientifici fatti negli anni '80 dall'avvocato Tibaldi e da Alfredo Petteruti, la Casella conclude perentoria: "per quanto mi riguarda, sono da sempre convinta, è una mia opinione non certo un'asserzione scientifica, che questo legame esiste".

Allarmismo anche tra i comitati antinucleare del Litorale, come Reazione Garigliano. "Si tratta di un episodio - sottolinea Valerio Mozzillo di Cellole - che suscita preoccupazione: era da venti anni, infatti, che non si avevano notizie del genere". A rileggere le parole di Cristaldi, in effetti, il dubbio che ci sia lo zampino dell'uomo e del suo inquinamento nella deformazione del rettile a due teste sorge spontaneo: "Se anche non volessimo usare i toni della catastrofe, gli effetti nefasti registrati nell'area sono innegabili e sufficientemente documentati", con il grave sospetto, anzi, "di un'attenzione sui controlli che negli ultimi anni sembrerebbe essere scemata. Mentre la gran parte dei rilevamenti, di pertinenza dell'ente gestore, l'Enel, non appaiono in grado di fornire gli elementi necessari per sapere con certezza quale sia l'attuale stato di salute della zona. Anche perché ci sarebbe ancora chi parte dal falso postulato che, una volta chiusa la centrale, il problema sia in gran parte risolto".










La centrale nucleare e il ponte Morandi: il filo che collega Genova a Caserta

Risultato immagini per centrale garigliano

Potrebbe interessarti: http://www.casertanews.it/attualita/centrale-nucleare-garigliano-progettata-morandi-sessa-aurunca.html
Seguici su Facebook: https://www.facebook.com/Caserta-News-264163850049/

L'ingegnere che ha costruito il viadotto Polcevera è stato il progettista dell'impianto del Garigliano. C’è un filo che collega la tragedia del viadotto Polcevera di Genova, dove il crollo di una consistente parte della struttura ha provocato la morte di 38 persone, e la provincia di Caserta. È l’ingegnere Riccardo Morandi, progettista del ponte in cemento armato crollato in Liguria e anche della centrale nucleare del Garigliano, a Sessa Aurunca.


L’impianto elettronucleare venne costruito nel 1959, su progetto proprio di Morandi, dalla Società Elettronucleare Nazionale: una struttura avveniristica che con la caratteristica sfera bianca domina la piana del Garigliano, inserita anche nel patrimonio architettonico dal Mibact.

I PROBLEMI E LA CHIUSURA

Una storia però fatta anche di incidenti, come quello del guasto ad un generatore di vapore nel 1978. Una problematica che portò l’Enel, società che subentrò alla vecchia proprietà dal 1965, a disattivare l’impianto definitivamente il 1 marzo 1982 ritenendo antieconomici i costi della sua riparazione vista la poca vita residua della centrale. Una scelta che anticipò anche il referendum nazionale sul nucleare del 1987, indetto sulla scia del disastro di Černobyl dell’anno precedente.

LA DISMISSIONE

Attualmente l’impianto nucleare del Garigliano è in mano alla Sogin, società che cura la bonifica e la dismissione delle quattro centrali italiane. Nel 2018 la Sogin ha provveduto allo smantellamento del camino dell’impianto, alto circa 100 metri. L’opera di dismissione dovrebbe essere completata entro il 2026.




IL CORONAVIRUS PUO' ARRIVARE DALLO SPAZIO?

NEL TRIENNIO 2017/18/19 ALCUNI STRANI OGGETTI LUMINOSI ATTRAVERSARONO IL CIELO DELLA CINA ILLUMINANDOLO A GIORNO. UN'IPOTESI DA NON SOTTOVALUTARE IN QUESTO VIDEO. SEMBRA SEMPRE PIU' EVIDENTE CHE SI TRATTI DI UN FLAGELLO DEL CIELO ALL'UMANITA' CHE NON MOSTRA SEGNI DI RAVVEDIMENTO. SOTTO LE IMMAGINI DELLA CADUTA DEL BOLIDE.... 


coronavirus meteor

Meteorite


IL CORONAVIRUS DI WUHAN E' DI ORIGINE EXTRATERRESTRE

Video: un oggetto non identificato precipita nei cieli della Cina


ENORME METEORITE ILLUMINA IL CIELO INCREDIBILE PALLA DI FUOCO CINA




Tre meteoriti cadono sulla Cina! 7 ottobre 2017


Nel sud ovest della Cina nella provincia dello Yunnan è precipitato un oggetto luminoso non identificato, comunica Xinhua. Il video corrispondente è stato pubblicato sul Web. In esso è possibile vedere come il cielo notturno si illumina improvvisamente, quindi una sfera luminosa cade ad alta velocità.

Gli esperti intervistati dalla pubblicazione hanno trovato difficile determinarne l'origine. Ammettono che potrebbe essere un meteorite o un bolide, ma il breve video non consente di stabilirlo con certezza.



Una palla luminosa ha attraversato il cielo per circa due secondi. Secondo il testimone oculare, l'oggetto ha prodotto un suono piuttosto forte. "Il cielo notturno era illuminato come nel pomeriggio" ha detto.





QUESTE LE IMMAGINI DEL METEORITE CADUTO ANCORA IN CINA NELL'OTTOBRE 2019:

Enorme meteorite è caduto poco fa: panico tra gli abitanti 



12 ottobre 2019 | Ore 23:41



Nelle scorse ore un meteorite di notevoli dimensioni è caduto in Cina, provocando un intenso bagliore


Meteorite avvistato in Cina


Spesso e volentieri arrivano segnalazioni da ogni parte del mondo di avvistamenti di meteoriti che illuminano il cielo: in alcuni casi rappresentano uno spettacolo davvero imperdibile che lascia a bocca aperta, in altri, invece, può provocare anche dei momenti di panico, con la popolazione che non si rende bene conto di quanto sta accadendo. A tal proposito, nelle scorse ore – come riportato da “Sputniknews.com” – un impressionante avvistamento si è verificato in Cina.

Meteorite è caduto in Cina: bagliore illumina la notte

Dunque, nelle scorse ore un meteorite è stato avvistato in Cina e, stando a quanto riferito dai media locali – come si legge su “Sputniknews.com” – l’oggetto celeste di notevoli dimensioni sarebbe caduto non lontano dalla città di Songyuan. In un video ripreso da un automobilista – che vi mostreremo nelle pagine successive – è possibile vedere un punto luminoso che si muove rapidamente e che illumina la notte con un intenso bagliore.






LITURGIA DEL GIORNO


Mercoledì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Risultato immagini per gesù guarisce il cieco

Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Antifona d'ingresso
Sii per me difesa, o Dio, rocca e fortezza che mi salva,
perché tu sei mio baluardo e mio rifugio;
guidami per amore del tuo nome. (Sal 31,3-4)

Colletta
O Dio, che hai promesso di essere presente
in coloro che ti amano
e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola,
rendici degni di diventare tua stabile dimora.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Giac 1,19-27)
Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto.


Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Lo sapete, fratelli miei carissimi: ognuno sia pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all’ira. Infatti l’ira dell’uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio. Perciò liberatevi da ogni impurità e da ogni eccesso di malizia, accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza.
Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi; perché, se uno ascolta la Parola e non la mette in pratica, costui somiglia a un uomo che guarda il proprio volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e subito dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla.
Se qualcuno ritiene di essere religioso, ma non frena la lingua e inganna così il suo cuore, la sua religione è vana. Religione pura e senza macchia davanti a Dio Padre è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze e non lasciarsi contaminare da questo mondo.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 14)
Rit: Signore, chi abiterà sulla tua santa montagna?

Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.

Canto al Vangelo (Ef 1,17-18)
Alleluia, alleluia.
Il Padre del Signore nostro Gesù Cristo
illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia.

VANGELO (Mc 8,22-26)
Il cieco fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa.


+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli giunsero a Betsàida, e gli condussero un cieco, pregandolo di toccarlo.
Allora prese il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: «Vedi qualcosa?». Quello, alzando gli occhi, diceva: «Vedo la gente, perché vedo come degli alberi che camminano».
Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente, fu guarito e da lontano vedeva distintamente ogni cosa. E lo rimandò a casa sua dicendo: «Non entrare nemmeno nel villaggio».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Il Signore dimentica il peccato dell'uomo e lo riconcilia a sè perché viva sempre nel suo perdono. Rinnovati dal suo amore, diciamo:
Salva il tuo popolo, Signore.

Nel tuo disegno di amore sai trasformare in bene anche il dolore e la colpa: fà sorgere nuovi cieli e nuova terra dove ogni creatura sia rigenerata. Preghiamo:
Hai dato la vista al cieco: apri gli occhi degli uomini perché vedano te, pastore che li guida al vero bene. Preghiamo:
Ti inserisci con gesti umani nella realtà di ogni giorno: aiuta i predicatori ad annunciare la tua parola per la concreta situazione di ogni uomo. Preghiamo:
Hai assunto in tutto la sofferenza dell'uomo: dimostrati padre e madre ai ragazzi che sono vittime del disaccordo e della separazione della famiglia. Preghiamo:
Sei morto per un'ingiusta sentenza: liberaci dal pronunciare giudizi e condanne con la bocca e col cuore. Preghiamo:
Per chi non ha ancora accolto completamente la verità di Cristo.
Per gli operatori di pace.

O Signore misericordioso, che per i meriti di un uomo giusto hai preservato l'umanità dalla distruzione: guarda ora al tuo Cristo che viene tra noi. Per i suoi meriti, liberaci da ogni male e donaci la vita eterna. Lui è Dio e vive con te per i secoli eterni. Amen.

Preghiera sulle offerte
Questa nostra offerta, Signore,
ci purifichi e ci rinnovi,
e ottenga a chi è fedele alla tua volontà
la ricompensa eterna.
Per Cristo nostro Signore.


Antifona di comunione
Hanno mangiato e si sono saziati
e Dio li ha soddisfatti nel loro desiderio,
la loro brama non è stata delusa. (Sal 78,29-30)

Oppure:
Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo unico Figlio,
perché chiunque crede in lui non perisca,
ma abbia la vita eterna. (Gv 3,16)


Preghiera dopo la comunione
Signore, che ci hai nutriti al convito eucaristico,
fa’ che ricerchiamo sempre quei beni
che ci danno la vera vita.
Per Cristo nostro Signore.



Commento
Il miracolo della guarigione del cieco di Betsaida avviene, per così dire, in due tempi. Dapprima vede confusamente, poi con nitore. Ciò sembra significare che la sua fede non era completa: poca fede, poca visione; molta fede, visione chiara. Anche a noi succede lo stesso. Quando abbiamo le idee confuse, quando non sappiamo riconoscere la volontà di Dio nei nostri riguardi, dobbiamo rafforzare la nostra fede, consentendo che Gesù tocchi i nostri occhi con la sua saliva e ci imponga le sue mani. Ciò avverrà attraverso il consiglio di persone prudenti e di vita santa e, soprattutto, attraverso la grazia del sacramento della penitenza. Se ci lasciamo “toccare” gli occhi dell’anima dal collirio sacramentale sapremo valutare gli avvenimenti e le persone nella giusta prospettiva, che è sempre quella della fede.

martedì 18 febbraio 2020

LITURGIA DEL GIORNO

La Liturgia di Martedi 18 Febbraio 2020
Martedì della VI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Risultato immagini per Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.

Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Verde

Antifona d'ingresso
Sii per me difesa, o Dio, rocca e fortezza che mi salva,
perché tu sei mio baluardo e mio rifugio;
guidami per amore del tuo nome. (Sal 31,3-4)

Colletta
O Dio, che hai promesso di essere presente
in coloro che ti amano
e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola,
rendici degni di diventare tua stabile dimora.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Giac 1,12-18)
Dio non tenta nessuno.


Dalla lettera di san Giacomo apostolo

Beato l’uomo che resiste alla tentazione perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso a quelli che lo amano.
Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno. Ciascuno piuttosto è tentato dalle proprie passioni, che lo attraggono e lo seducono; poi le passioni concepiscono e generano il peccato, e il peccato, una volta commesso, produce la morte.
Non ingannatevi, fratelli miei carissimi; ogni buon regalo e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre, creatore della luce: presso di lui non c’è variazione né ombra di cambiamento. Per sua volontà egli ci ha generati per mezzo della parola di verità, per essere una primizia delle sue creature.

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 93)
Rit: Beato l’uomo a cui insegni la tua legge, Signore.

Beato l’uomo che tu castighi, Signore,
e a cui insegni la tua legge,
per dargli riposo nei giorni di sventura.

Poiché il Signore non respinge il suo popolo
e non abbandona la sua eredità,
il giudizio ritornerà a essere giusto
e lo seguiranno tutti i retti di cuore.

Quando dicevo: «Il mio piede vacilla»,
la tua fedeltà, Signore, mi ha sostenuto.
Nel mio intimo, fra molte preoccupazioni,
il tuo conforto mi ha allietato.

Canto al Vangelo (Gv 14,23)
Alleluia, alleluia.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore,
e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui.
Alleluia.

VANGELO (Mc 8,14-21)
Guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode.


+ Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, i discepoli avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane. Allora Gesù li ammoniva dicendo: «Fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!». Ma quelli discutevano fra loro perché non avevano pane.
Si accorse di questo e disse loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Dodici». «E quando ho spezzato i sette pani per i quattromila, quante sporte piene di pezzi avete portato via?». Gli dissero: «Sette». E disse loro: «Non comprendete ancora?».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Le preoccupazioni terrene spesso ci impediscono di comprendere il messaggio di Cristo. Memori di quanto egli ha fatto per noi, invochiamolo per la Chiesa e per il mondo. Diciamo insieme:
Apri i nostri occhi, Signore.

Perché la Chiesa sia memoria perenne dell'amore di Dio per ogni uomo, indicando a tutti i segni della sua presenza nel mondo. Preghiamo:
Perché l'ordine e la meraviglia del creato, i fiori dei campi e il volo degli uccelli, l'acqua che beviamo e l'aria che respiriamo ci richiamino la lode al Signore creatore e datore di ogni bene. Preghiamo:
Perché ogni gesto di amore e di comprensione porti gli uomini a riconoscere Dio fonte di carità e ad amarlo sopra ogni cosa. Preghiamo:
Perché l'abbondanza di cibo e di vestiario ci aiuti a ringraziare il Signore e a donare ai poveri qualche cosa di nostro. Preghiamo:
Perché questa eucaristia, che è rendimento di lode perfetta al Padre, sia il nostro grazie per il suo Figlio Gesù, morto e risorto per noi. Preghiamo:
Perché non si accusi mai Dio del male.
Perché la libertà dell'uomo non impedisca il piano di Dio.

Padre della luce che illumini ogni uomo, rischiara le tenebre che ci impediscano di riconoscere il volto fraterno del tuo Cristo che dona il suo corpo per la nostra salvezza. Egli è Dio e vive e regna con te nei secoli dei secoli. Amen.

Preghiera sulle offerte
Questa nostra offerta, Signore,
ci purifichi e ci rinnovi,
e ottenga a chi è fedele alla tua volontà
la ricompensa eterna.
Per Cristo nostro Signore.


Antifona di comunione
Hanno mangiato e si sono saziati
e Dio li ha soddisfatti nel loro desiderio,
la loro brama non è stata delusa. (Sal 78,29-30)

Oppure:
Dio ha tanto amato il mondo da donare il suo unico Figlio,
perché chiunque crede in lui non perisca,
ma abbia la vita eterna. (Gv 3,16)


Preghiera dopo la comunione
Signore, che ci hai nutriti al convito eucaristico,
fa’ che ricerchiamo sempre quei beni
che ci danno la vera vita.
Per Cristo nostro Signore.



Commento
Qui vediamo Gesù muoversi in una direzione diversa da quella dei suoi discepoli. Essi sono tutti presi dalla mancanza
di cibo: Gesù invece li mette in guardia dal ripiegarsi sulla propria visuale, che diventa una falsa linea d’azione.
Se vogliamo applicare alla nostra vita questo passo, dobbiamo correggere questo strabismo che spesso anche noi abbiamo: con un occhio essere sì presi da Gesù e dalla sua vita, con l’altro occhio inseguire i nostri piccoli problemi. Occorre invece fissare bene entrambi gli occhi su Gesù, avere orecchie per lui, cuore aperto su di lui (Mc 8,17-18): contemplare e comprendere il suo agire, per poi incarnarlo nella vita di ogni giorno. Vivere il “come in cielo così in terra”.
Contemplando lui, parola viva del Padre, eviteremo l’errore di chiuderci sulle nostre preoccupazioni o, peggio, di giudicare il suo agire in base alla nostra visuale, e impareremo ad avere i suoi occhi per contemplare come dall’alto il ricamo divino che il Padre ha ordito per noi e per i nostri fratelli, dove tutto risulta come una splendida trama d’amore.
Apriamoci allora alla sua Parola, soprattutto là dove ci comanda di amare il fratello, ogni fratello: sarà il modo migliore di distogliere il pensiero da noi e di avere per essi “occhi che vedono, orecchie che sentono, cuore che batte”. Come lui.

LA PESTE CINESE E LA REGINA ELISABETTA


L'anziana Dama nell'Alto Luogo a Londra

Nel precedente articolo ho evidenziato come l’analisi della quartina 237 mettesse in luce il pericolo di una novella peste in grado di portare ad una grave crisi anche economica.
La domanda che possiamo porci è se il virus che sta mettendo la Cina in ginocchio sia quello della possibile predizione.
Ovviamente è difficile dare una risposta certa, tuttavia è possibile valutare altri elementi come ad esempio eventi concomitanti all’epidemia che sono attualmente in corso e di cui abbiamo già parlato.


Mi riferisco alla Brexit e agli eventi legati alle vicende della Corona inglese annunciati anche dalla mistica bretone Marie Julie Jahenny. Rivediamo qualche estratto di queste profezie:


8 marzo 1881
La terra tremerà, da questo luogo fino all'alba, per lo spazio di sei giorni. Un giorno di riposo e, l'ottavo giorno, il tremore ricomincerà. La Francia e lo straniero da questa parte (Inghilterra) si risponderanno a vicenda con le loro grida di disperazione. La terra tremerà così forte che la gente verrà gettata via a 300 passi. Il tuono suonerà più forte che nei mesi precedenti la fine del mondo, con uno strano rumore.
In questo momento, lo straniero da questa parte (Inghilterra), avrà tradito il suo popolo sotto il regno di una regina (Elisabetta II è, cronologicamente e per ragioni di successione al trono, l'unica regina possibile): alla sua discesa dal trono, le cose non saranno fatte come il Signore richiede. Questo popolo subirà la vendetta della dichiarazione di una sanguinosa lotta a un trono straniero.
Francesi, non aspettatevi alcun aiuto dall'estero, niente in particolare da questo grande regno la cui ambiziosa regina cerca solo il suo interesse.


25 agosto 1882
Figli miei, prevedo che alla fine di questa crisi ci sarà un nuovo regno per la terra inglese e verrà fatta una scelta quando, improvvisamente, la morte verrà a colpire coloro che hanno in mano il timone di questo Regno. Per questa terra si farà molto male e sarà divisa in quattro parti, perché la loro volontà non sarà affatto d'accordo. La scelta dei Cattolici verrà respinta.


Ho evidenziato in neretto le parti che secondo me sono più interessanti alla luce di ques’articolo.


Uno dei primi articoli, nel Luglio del 2016, in cui ho affrontato il tema della Brexit secondo le quartine di Nostradamus è: Brexit: La Guerra dei Cent’anni dove ho analizzato la quartina 250:


Dal Ramo V del 2000 “L’Europa in guerra”


250
Quad ceux d'Hainault, de Gand et de Brucelles,
Verront à Langres le siege deuant mis:
Derrier leurs flancz seront guerres crueles
La plaie antique fera pis qu'ennemis.


250
Quando quelli d'Hainault, di Gand e di Bruxelles,
Vedranno il blocco messo davanti a Langres,
Dietro ai loro fianchi vi saranno crudeli guerre:
La piaga antica sarà peggiore dei nemici. 




La disputa economica fra Regno Unito ed Unione Europea fa da sfondo a problemi di altra natura evidenziati negli ultimi due versi: abbiamo detto che la piaga antica potrebbe far riferimento alle antiche lotte fra inglesi e scozzesi oltre che con irlandesi. In quell’articolo però scrivevo anche:


“Per analizzare gli ultimi due versi invece dobbiamo capire cos’è l’”antica piaga”. In genere con questa espressione si indica la peste. Una terribile epidemia che colpirà l’Europa in un periodo di estremo caos non è certo, in termini profetici, una novità.[…] Entrambi le ipotesi quindi, quella apocalittica della grande epidemia, e quella politica della Scozia, assumono la loro rilevanza (durante la guerra dei cent’anni l’Europa fu colpita da gravi epidemie di peste).”


L’ipotesi della peste è quella adottata anche dal Brind’Amour nel suo importantissimo testo sull’analisi filologica della prima edizione delle Centurie pubblicato nel 1996.


Entrambe le ipotesi sono valide, ma più ancora vediamo che entrambe le ipotesi fanno parte della cronaca quotidiana.
Anche nell’ultimo articolo dedicato al tema, La Frantumazione del Regno Unito, troviamo un simile riferimento nel Presagio 40 di Giugno:


Dal Ramo I del 2000 “Guerra in Medioriente”


Pres. 40 Giugno
De Maison sept par mort mortelle suite,
Gresle, Tempeste. Pestilent mal, fureurs:
Roy d'Orient d'Occident tous en fuite,
Subiuguera ses iadis conquereurs.


Pres. 40 Giugno
Della settima casa per morte mortale successione,
Grandine, tempesta, pestilente male, furori:
Il re d’Oriente d’Occidente tutti in fuga,
Soggiogherà i suoi d’un dì conquistatori.


La settima casa dello Zodiaco, la Bilancia, è associata in varie quartine all’Inghilterra. Si annuncia la mortale successione che fa pensare alle predizioni della Jahenny legate al trono. Dal secondo verso leggiamo una serie di mali presenti al tempo: dal ritorno del Turco alle tempeste, dai furori e dissidi politici a mali pestilenti. Ecco quindi ancora una volta una serie di elementi presenti nella cronaca e nella geopolitica mondiale e dell’Inghilterra in particolare.


Tornando alla quartina 250 ho provato ad evidenziare nel gruppo di quartine successive della Centuria II se potesse estendersi l’analisi ai temi che stiamo trattando ed ecco il risultato:


250
Quâd ceux d'Hainault, de Gâd & de Bruxelles,
Verront à Langres le siege deuant mis:
Derrier leurs flancs seront guerres cruelles
La playe antique fera pis qu'ennemis.

251
Le sang du iuste à Londres fera faute,
Bruslez par foudres de vingt trois les six:
La dame antique cherra de place haute,
De mesme secte plusieurs seront occis.

252
Dans plusieurs nuits la terre tremblera:
Sur le printemps deux effors suite:
Corinthe, Ephese aux deux mers nagera,
Guerre s'esmeut par deux vaillans de luite.

253
La grande peste de cité maritime,
Ne cessera que mort ne soit vengee
Du iuste sang par pris damné sans crime,
De la grand dame par feincte n'outragee.

254
Par gent estrange, & Romains loingtaine,
Leur grand cité apres eaue fort troublee:
Fille sans mains trop different domaine,
Prins chef, ferreure n'auoir esté riblee.

I colori evidenziano le ripetizioni o le correlazioni delle parole fra le varie quartine che ci permettono di legarle una con l’altra nel tentativo di estrapolare un periodo logico che potrebbe essere il seguente:


La grande peste par gent estrange
de leur grand cité apres eaue fort troublee
Ne cessera que mort ne soit vengee
La playe antique fera pis qu'ennemis
Le sang du iuste damné sans crime
à Londres fera faute
la grand dame antique par feincte n'outragee
cherra de place haute
Corinthe, Ephese aux deux mers nagera,
Guerre s'esmeut par deux vaillans de luite


La gran peste, per gente straniera
Di lor gran città vicino l’acqua in forte travaglio,
non cesserà prima che morte sia vendicata.
La piaga antica farà peggio del nemico;
Il sangue del giusto condannato senza colpa
A Londra farà difetto
La gran dama anziana per finto oltraggio
Cadrà dall’alto luogo.
Da Corinto ad Efeso ai due mari si navigherà
E guerra si muove fra due desiderosi di lotta.

Gran peste = Coronavirus
Gente straniera = popolo della Cina
Gran città vicino l’acqua = Wuhan che sorge alla confluenza fra Fiume Azzurro e Fiume Han
Forte travaglio = la crisi in Cina legata all’epidemia
Morte vendicata = profezia Jahenny (la morte verrà a colpire coloro che hanno in mano il timone di questo Regno)
Sangue del giusto = in origine è Tommaso Moro, ucciso senza colpa da Enrico VIII per la fedeltà al papa. Rappresenta la morte della giustizia che viene a mancare a Londra
Dama Anziana = Elisabetta II
Cadrà dall’Alto Luogo = discesa dal Trono (alla sua discesa dal trono, le cose non saranno fatte come il Signore richiede)
Ultimi due versi = la guerra del Monaco Paisios, Turchia contro Grecia. Le manovre di Erdogan sono pienamente in corso.



Il periodo mette in relazione l’epidemia del Coronavirus con le vicende inglesi. La successione al Trono avverrà fra molti problemi e sarà ingiusta (morte del giusto).In parallelo le vicende del Mediterraneo descritte dal Monaco Paisios.
La morte che deve essere vendicata è quella appunto della giustizia impersonata “dal giusto”. Significa che l’epidemia o le epidemie ce le porteremo dietro fino alla fine come d’altronde annunciato da molti mistici e veggenti, Jahenny compresa.

IL FONDAMENTO BIBLICO DEL CELIBATO SACERDOTALE

PER CHI FOSSE ASSALITO DAI DUBBI, QUESTI SONO I FONDAMENTI APOSTOLICI DEL CELIBATO SACERDOTALE. E' INDICATIVO COME PROPRIO DI QUESTI TEMPI "ULTIMI" LA DIATRIBA SUL CELIBATO DEI PRETI SIA TORNATA ALLA RIBALTA SUSCITANDO PIU' DI QUALCHE PERPLESSITA' TORNANDO A SEMINARE ZIZZANIA NELLA CHIESA CATTOLICA. MA A SOSTEGNO, OLTRE ALLE FONTI QUI CITATE, PUO' ESSERE UTILE UN'ULTERIORE RIFLESSIONE. LE ANTICHE RELIGIONI PAGANE TENEVANO IN SERIA CONSIDERAZIONE LA CASTITA' SACERDOTALE. BASTI PENSARE ALLE VESTALI DELL'ANTICA ROMA CHE, PER ESSERE DEGNE DI PRESTARE IL CULTO ALLE DIVINITA', DOVEVANO ESSERE RIGOROSAMENTE VERGINI. LE VESTALI, O VERGINI SACRE, ERANO SACERDOTESSE CONSACRATE ALLA DEA VESTA. SOLO DOPO 30 ANNI DI SERVIZIO POTEVANO SPOSARSI.

Risultato immagini per celibato preti bibbia

Questi non si sono contaminati con donne, sono infatti vergini e seguono l'Agnello dovunque va. Essi sono stati redenti tra gli uomini come primizie per Dio e per l'Agnello.
 
(Apocalisse 14,4)

Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.

(Luca 20, 34:36)

Da diversi secoli viene discussa la questione se l’obbligo del celibato per i chierici degli Ordini maggiori (o almeno quello di vivere nella continenza per quanti erano sposati) sia di origine biblica oppure risalga soltanto a una tradizione ec­clesiastica, dal IV secolo in poi, perché fin da quel periodo, indubbiamente, esiste al riguardo una legislazione irrecusabile. La prima soluzione è stata recentemente presentata di nuovo con una straordinaria dovizia di materiali da C. Cochini: “Origini apostoliche del celibato sacerdotale”[1]. La posizione dell’autore, chiaramente espressa nel titolo, sembra che si possa e si debba mantenere, purché si tenga atten­tamente conto con lui, meglio forse che nel passato, della crescita della tradizione antica, punto sul quale hanno insistito anche A. M. Stickler nella sua prefazione[2] e H. Crouzel in una recensione[3]; in altri termini, si deve dire che l’obbligo della continenza (o del celibato) è diventato legge canonica soltanto nel IV secolo, ma che anteriormente, fin dal tempo apostolico, veniva già proposto ai ministri della Chiesa l’ideale di vivere nella continenza (o nel celibato); e che quell’ideale era già profondamente sentito e vissuto come una esigenza da parecchi (per esempio Tertulliano e Origene), ma che non era ancora imposto a tutti i chierici degli Ordini maggiori: era un principio vitale, una semente, chiaramente presente fin dal tempo degli apostoli, ma che doveva poi progressivamente svilupparsi fino alla legislazione ecclesiastica del IV secolo[4].

In questa medesima linea sembra orientarsi anche il recente Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 1579), il quale, pru­dentemente, non menziona nemmeno la legge canonica del celibato, che pur esiste sempre nel diritto attuale della Chie­sa (CIC 277, § 1), ma indica soltanto le sue motivazioni bibliche: però, anche qui, non rimanda più (come spesso nel passato) all’Antico Testamento, cita solo due passi del Nuo­vo Testamento: quello di Mt 19,12, sul celibato “ per il Re­gno dei cieli ”, poi il testo paolino di 1 Cor 7,32, dove si parla di coloro che sono “chiamati a consacrarsi con cuore indivi­so al Signore e alle “sue cose”; e si aggiunge infine che, “abbracciato con cuore gioioso, esso (il celibato) annuncia in modo radioso il Regno di Dio”. Certo, si potrebbero an­cora citare qui altri passi del Nuovo Testamento a cui riman­dava, per esempio, Paolo VI nella sua Enciclica Sacerdotalis coelibatus (nn. 17‑35), per indicare le ragioni del sacro celi­bato (il suo significato cristologico, ecclesiologico ed escato­logico). Ma il problema è che questi diversi testi descrivono, come un ideale tipicamente cristiano, il valore teologico e spi­rituale del celibato in genere; questo ideale, però, vale anche per i religiosi e per le persone consacrate nel mondo; non in­dicano una connessione speciale con i ministeri nella Chiesa.

La domanda precisa che si pone quindi è questa: esistono nella Sacra Scrittura dei testi che indichino un nesso specifico tra celibato e sacerdozio? Sembra di sì. Ma si dovrebbero a que­sto scopo meglio valutare certi passi neotestamentari che stra­namente non vengono quasi più presi in considerazione nelle discussioni recenti: sono i testi in cui viene proposta la norma paolina (molto controversa, è vero) dell’ “unius uxoris vir ”[5], per l’analisi della quale anche C. Cochini ha portato recen­temente materiali nuovi. Questo principio, enunciato più volte nelle Lettere Pastorali, ha nel nostro caso un’importanza unica per due ragioni. La prima é, come hanno mostrato bene tan­to A. M. Stickler[6] quanto C. Cochini[7], che la clausola è una delle formule principali sulle quali si basava la Tradizione an­tica per rivendicare proprio l’origine apostolica della legge del celibato sacerdotale. Questo però era senza dubbio un enorme paradosso: come è possibile fondare il celibato dei sacerdoti partendo da testi che parlano di ministri sposati? Un tale ragionamento può avere qualche senso soltanto se si trova tra i due estremi (il matrimonio dei ministri e il celi­bato) un termine medio: è quello della continenza a cui si ob­bligavano proprio i ministri sposati. E probabilmente per­ché questo valore di mediazione della continenza non è stato più capito in seguito, che in tempi recenti la formula “unius uxoris vir” non è più stata usata nelle discussioni sul celiba­to. E’ molto opportuno oggi riesaminare attentamente quel­l’argomento tradizionale. L’altra ragione per cui questi testi sono specialmente importanti dal punto di vista strettamen­te biblico sta nel fatto che sono gli unici passi del Nuovo Te­stamento in cui viene emanata una norma identica per i tre gruppi dei ministri ordinati, e solo per loro: infatti, secondo le Lettere Pastorali, deve essere “ unius uxoris vir” sia l’epi­scopo (1 Tm 3,2), sia il presbitero (Tt 1,6), sia il diacono (1 Tm 3,12), mentre quella formula (tecnica a quanto sembra) non viene mai adoperata per gli altri cristiani. C’è qui dunque una esigenza specifica per l’esercizio del sacerdozio ministeriale in quanto tale. D’altra parte, si deve osservare anche che la formula complementare “unius viri uxor” (1Tm 5,9) viene usata soltanto per una vedova di almeno sessant’anni, ossia, non per una cristiana qualsiasi, ma per una donna anziana che esercitava anch’essa un ministero nella comunità (pos­siamo paragonarlo a quello delle diaconesse nella tradizione antica). Il carattere stereotipato di questa formula delle Pa­storali fa sospettare che doveva essere già radicata in una lunga tradizione biblica [8].

Che cosa significa dunque il fatto che il ministro della Chie­sa doveva essere “l’uomo di una sola donna”?

Nelle pagine seguenti vorremmo mostrare innanzi tutto che la formula “unius uxoris vir” fin dal IV secolo era intesa, come lo spiega bene A. M. Stickler, “ (nel) senso di un argo­mento biblico in favore del celibato d’ispirazione apostoli­ca: si interpretava infatti la norma paolina nel senso di una garanzia che permetteva di assicurare l’osservanza effettiva della continenza presso i ministri sposati prima della loro or­dinazione”[9]. Nella seconda parte faremo un passo in avan­ti: proporremo un approfondimento teologico della clausola paolina stessa, per mostrare che, già al livello del Nuovo Testamento, essa propone infatti, per il sacerdozio ministe­riale, il modello del rapporto sponsale tra Cristo‑Sposo e Chiesa‑Sposa, sulla base della mistica del matrimonio di cui Paolo parla più volte nelle sue lettere (cfr. 2Cor 11,2; Ef 5,22‑32)[10]; partendo da lì, apparirà abbastanza chiaro che, per i ministri sposati, la loro ordinazione implicava l’invito a vivere in seguito nella continenza.

La clausola “unius uxoris vir”: un argomento della tradizione antica per l’origine apostolica del celibato‑continenza

a) La legislazione ecclesiastica a partire dal IV secolo

C’è un accordo generale tra gli studiosi per dire che l’ob­bligo del celibato o almeno della continenza è diventato legge canonica fin dal IV secolo. Ripetutamente vengono citati qui diversi testi inconfutabili: tre decretali pontificie attorno al 385 (“ Decreta” e “ Cum in unum ” del papa Siricio, “Do­minus inter” di Siricio o di Damaso) e un canone del conci­lio di Cartagine del 390[11].

Ma è importante osservare che i legislatori del IV o V se­colo affermavano che questa disposizione canonica era fon­data su una tradizione apostolica. Diceva per esempio il con­cilio di Cartagine: conviene che quelli che sono al servizio dei divini sacramenti siano perfettamente continenti (conti­nentes esse in omnibus), “ affinché ciò che hanno insegnato gli apostoli e ha mantenuto l’antichità stessa, lo osserviamo anche noi”[12]. Fu poi votato all’unanimità il decreto stesso sull’obbligo della continenza: “Piace a tutti che il vescovo, il presbitero e il diacono, custodi della purezza, si astengano dall’unione coniugale con le loro spose (ab uxoribus se ab­stineant), affinché venga custodita la purezza perfetta di co­loro che servono all’altare”. Non viene esplicitamente citato qui l’“ unius uxoris vir ” paolino; ma il riferimento a quella clausola è implicito, perché vengono menzionati, come nelle Pastorali, i vescovi, i sacerdoti e i diaconi. Del resto, la cita­zione di 1Tm 3,2 è perfettamente esplicita in un testo un po’ anteriore, la decretale “Cum in unum” di Siricio stesso, che presentava le norme del concilio di Roma del 386; qui, il pa­pa formula prima una obiezione: l’espressione “unius uxo­ris vir” di 1Tm 3,2, dicevano alcuni, esprimerebbe per il ve­scovo proprio il diritto di usare del matrimonio dopo l’ordi­nazione sacra; Siricio risponde presentando la propria inter­pretazione della clausola: “Egli (Paolo) non ha parlato di un uomo che persisterebbe nel desiderio di generare (non per­manentem in desiderio generandi dixit); ha parlato in vista della continenza che avrebbero da osservare in futuro (prop­ter continentiam futuram)”. Questo testo fondamentale è stato ripetuto diverse volte in seguito[13]; viene commentato co­si da C. Cochini: “La monogamia, [ossia la legge dell'unius uxoris vir] è una condizione per accedere agli Ordini, per­ché la fedeltà [finora osservata] a una sola donna è la garan­zia per verificare che il candidato sarà capace [in futuro] di praticare la continenza perfetta che verrà chiesta da lui dopo l’ordinazione”[14]. E l’autore prosegue: “Questa esegesi del­le prescrizioni di san Paolo a Timoteo e a Tito è un anello essenziale col quale i vescovi del sinodo romano del 386 e il papa Siricio si situano in continuità con l’età “ apostolica”.

Ma questa esegesi, per la quale si rivendicava una tradi­zione apostolica, è veramente fondata? Non senza ragione alcuni lo mettono in dubbio[15]. Infatti si devono porre qui al­cune domande: non è un po’ strano scoprire nel comporta­mento passato del ministro sposato (cioè la sua fedeltà a una sola donna, anche nei rapporti sessuali) una sufficiente ga­ranzia per il suo comportamento futuro, ma diverso (ossia la continenza nelle relazioni coniugali con quella medesima donna, la sua legittima sposa?) I legislatori vedevano nel pas­sato una garanzia per il futuro, ma stavano operando allo stesso tempo un cambiamento di registro: dall’uso (legitti­mo) del matrimonio alla rinuncia a quello. Per legittimare quel doppio passaggio, dal passato al futuro e dai rapporti sessuali alla continenza coniugale, ci vuole un tertium quid che lo spieghi: una tale legittimazione sarà possibile soltanto se si presenta di questa formula stessa un’interpretazione che ne faccia vedere forse qualche aspetto nascosto che finora non si era visto. E’ ciò che cercheremo di fare nella seconda parte.


Ma vorremmo prima esaminare brevemente se non ci so­no, nella storia dell’esegesi e della legislazione canonica, de­gli elementi che aiutino a comprendere più profondamente la clausola paolina.

b) Motivazioni teologiche della continenza e del celibato dei sacerdoti


Dal tempo dei Padri fino a oggi ci troviamo confrontati con due interpretazioni diverse della formula paolina: per gli uni, la norma “unius uxoris vir” proibisce la poligamia suc­cessiva; per gli altri, soltanto la poligamia simultanea[16].

La prima soluzione è senz’altro la più tradizionale: l’espressione significa allora che i ministri sacri potevano, sì, essere uomini sposati. ma una volta soltanto; e se la moglie era mor­ta. Non potevano aver fatto un secondo matrimonio e non potevano risposarsi. Oggi ancora, questa interpretazione è la più comune tra gli esegeti cattolici. Secondo l’altra solu­zione, invece, “ unius uxoris vir ” significa soltanto l’interdi­zione di vivere contemporaneamente con diverse donne: sa­rebbe semplicemente la raccomandazione di osservare la mo­rale coniugale.

Ma nessuna delle due soluzioni è pienamente soddisfacen­te. Alla prima si obietta: se l’unione in cui viveva finora il ministro sposato era onesta, perché non avrebbe potuto es­serlo un secondo matrimonio, dopo la morte della consorte? E’ tanto più vero che l’Apostolo stesso da una parte richiede­va che la vedova anziana che serviva la comunità fosse stata “unius viri uxor” (1Tm 5,9), dall’altra consigliava alle gio­vani di risposarsi (1Tm 5,14).Ma l’altra soluzione fa ugual­mente difficoltà.: la fedeltà coniugale nella vita matrimonia­le è certamente richiesta da tutti i cristiani. Per quale motivo allora l’espressione “ unius uxoris vir ” (e analogamente “ unius viri uxor ”) viene usata unicamente per coloro che esercitano un ministero nella comunità?

Aggiungiamo che la seconda interpretazione non va oltre il semplice livello della morale generale: applicata ai ministri della Chiesa ha qualcosa di banale, di riduttivo. La prima ‑ l’interdizione di un secondo matrimonio ‑ è piuttosto di carattere disciplinare e canonico, ma non viene indicato il suo fondamento teologico. La stessa lacuna, del resto, si notava già per la legislazione canonica del secolo IV: papa Siricio e tanti altri dopo di lui leggevano nella clausola paolina l’ob­bligo alla continenza per il clero sposato. Davano, è vero, un argomento: la purezza richiesta per avvicinarsi all’altare. Ma bisogna riconoscere che di quello non si parla affatto nel testo delle Pastorali.


Alla fine della sua indagine storica, anche A. M. Stickler riconosceva che, in tutto questo problema del celibato sacer­dotale, si era rimasti troppo al livello giuridico[17]; in quella lunga storia é mancata la riflessione teologica sul senso pro­fondo del sacerdozio ministeriale, sulla motivazione del suo celibato e sul suo valore spirituale. Questo è particolarmente vero per l’uso canonico che si faceva della norma “ unius uxoris vir”, dal secolo IV in poi. Bisogna quindi cercare, nella tradizione patristica e canonica stessa, se venivano date tal­volta delle motivazioni teologiche, per fondare sulla clauso­la paolina l’obbligo disciplinare della continenza del clero.

Tre testimonianze sono qui significative.

In primo luogo quella di Tertulliano, all’inizio del III secolo. Egli ricorda che la monogamia non è solo una disciplina ecclesiastica, ma an­che un precetto dell’Apostolo[18]. Risale quindi al tempo apo­stolico. D’altra parte, insiste sul fatto che parecchi credenti, nella Chiesa, non sono sposati, vivono nella continenza, e che diversi di loro appartengono agli “ Ordini, ecclesiasti­ci ”[19]; ora, gli uomini e le donne che vivono così, prosegue Tertulliano, “ hanno preferito sposare Dio ” (Deo nubere ma­luerunt)[20]; a proposito delle vergini, egli precisa che sono “ spose di Cristo”[21]. Ma quale legame c’è tra il matrimonio monogamico da una parte e la continenza dall’altra? Tertul­liano non lo dice, ma porta qui l’esempio di Cristo che, se­condo la carne, non era sposato, viveva da celibe (non era quindi “un uomo di una sola donna”); però, nello spirito, “ aveva una sola sposa, la Chiesa ” (unam habens ecclesiam sponsam)[22]. Questa dottrina delle nozze spirituali di Cristo con la Chiesa, ispirata qui dal testo paolino di Ef 5,25‑32, era comune nel cristianesimo antico; Tertulliano vedeva in quelle nozze spirituali uno dei principali fondamenti teolo­gici della legge del matrimonio monogamico: “ perché uno è” il Cristo e una la sua Chiesa ” (unus enim Christus et una eius ecclesia)[23].Non risulta però che Tertulliano abbia già connesso questa dottrina con le formule “unius uxoris vir” o “unius viri uxor” delle Lettere Pastorali, dove si parla espli­citamente del matrimonio monogamico; è quella connessio­ne dei due temi che noi invece cercheremo di stabilire più avan­ti. Del resto, il ragionamento di Tertulliano, nell’ultimo te­sto citato, non era veramente fondato: il problema di Ef 5,25‑32 non era quello del matrimonio monogamico: era, in genere, il problema del rapporto di ogni matrimonio cristia­no con l’Alleanza; Paolo parla li di tutti gli sposi nella Chie­sa; quando l’Apostolo, con un riferimento a Gn 2,24, dice che l’uomo e la donna “ saranno una sola carne ” (v. 31), egli legittima per loro l’uso del matrimonio[24]; la formula “ unius uxoris vir ” delle Lettere Pastorali, invece, non viene usata per tutti gli sposi, ma unicamente per i ministri della Chiesa (questo fatto è stato troppo poco osservato); anzi, in seguito verrà considerata come la base biblica della legge della continenza per i chierici. Questo è il punto che rimane da chiarire.

Con sant’Agostino facciamo un passo avanti. Egli, che ave­va preso parte ai lavori dei sinodi africani, conosceva certa­mente la legge ecclesiastica della “continenza dei chierici”[25]. Ma come Agostino spiega allora la clausola “unius uxoris vir” che viene usata da Paolo per i chierici sposati? Nel De bono coniugali (verso il 420) egli ne propone una spiegazio­ne teologica, e si domanda perché la poligamia era accettata nell’Antico Testamento, mentre “nel nostro tempo, il sacra­mento è stato ridotto all’unione fra un solo uomo e una sola donna; e di conseguenza non è lecito ordinare ministro della Chiesa (Ecclesiae dispensatorem) se non un uomo che abbia avuto una sola moglie (unius uxoris virum)”; ed ecco la ri­sposta di Agostino: “Come le numerose mogli (plures uxo­res) degli antichi Padri simboleggiavano le nostre future chiese di tutte le genti soggette all’unico uomo Cristo (uni viro sub­ditas Christo), così la guida dei fedeli (noster antistes, il no­stro vescovo) che è l’uomo di una sola donna (unius uxoris­ vir) significa l’unità di tutte le genti soggette all’unico uomo Cristo (uni viro subditam. Christo)”[26]. In questo testo, do­ve troviamo la formula “unius uxoris vir” applicata al ve­scovo. Tutto l’accento cade sul fatto che lui, “l’uomo ”, nel­le relazioni con la sua “donna”, simboleggia il rapporto tra Cristo e la Chiesa. Un uso analogo dei termini uomo e don­na si trova in un passo del De continentia: “L’Apostolo ci invita a osservare per così dire tre coppie (copulas): Cristo e la Chiesa, il marito e la moglie, lo spirito e la carne”[27]. Il suggerimento fornitoci da questi testi per l’interpretazione del­la clausola “unius uxoris vir” applicata al ministro (sposa­to) del sacramento è che egli, come ministro, non rappresenta soltanto la seconda coppia (il marito e la moglie), ma an­che la prima: egli impersona ormai Cristo nel suo rapporto sponsale con la Chiesa. Abbiamo qui il fondamento della dot­trina che diventerà classica: “ Sacerdos alter Christus ”. Il sa­cerdote, come Cristo, è lo sposo della Chiesa.

Un’ultima parola ancora sulla legislazione canonica del Me­dioevo. Diverse volte, nei libri penitenziali, si dice che, per un chierico sposato, avere ancora, dopo l’ordinazione, dei rapporti coniugali con la propria moglie, rappresenterebbe un’infedeltà alla promessa fatta a Dio; anzi, sarebbe un adul­terium, perché, essendo quel ministro ormai sposo della Chie­sa, il suo rapporto con la propria sposa “appare come una violazione di un legame matrimoniale”[28]. Questa pesante ac­cusa a un uomo legittimamente sposato e onesto può soltan­to avere senso se si sottintende, come una cosa risaputa, che il ministro sacro, dal momento della sua ordinazione, vive ormai in un altro rapporto, anch’esso di tipo sponsale, quel­lo che unisce Cristo e la Chiesa, nel quale egli, il ministro, l’uomo (vir), rappresenta Cristo‑Sposo; con la propria spo­sa (uxor), quindi, “l’unione carnale deve (ormai) diventare spirituale”, come diceva san Leone Magno[29].

Con queste diverse premesse storiche e teologiche, abbia­mo raccolto abbastanza materiale per affrontare il proble­ma esegetico, cioè per fare un’analisi precisa della formula stessa “unius uxoris vir” delle Lettere Pastorali.

“Unius uxoris vir”: una formula di Alleanza

Abbiamo visto precedentemente che, delle due interpreta­zioni tradizionali della clausola, l’una (la più diffusa) era di tipo disciplinare, l’altra esclusivamente morale. Ma non ve­niva quasi mai indicato perché un ministro della Chiesa doveva essere “l’uomo di una sola donna”.Vorremmo mostrare adesso che la ragione di questa norma, il suo senso profondo e le sue implicazioni sono già presenti nel testo stesso, s si riesce ad analizzarlo bene. Bisogna anzitutto chiarire il problema della provenienza di questa formula misteriosa, il cui carattere fisso, tecnico, stereotipato, è innegabile. Diciamo lo subito: la clausola è in realtà una formula di Alleanza Questo diventa chiaro quando si tiene presente il parallelismo tra la formula delle Lettere Pastorali con il passo di 2Cor 11,2, dove Paolo presenta la Chiesa di Corinto come una donna, come una sposa, che egli ha presentato a Cristo come una vergine casta:

“Io sono geloso di voi della gelosia di Dio, perché vi ho fidanzati ad un solo uomo (uni viro), per presentarvi a Cristo come una vergine pura”.

Il contesto di questo brano è specialmente chiaro se connesso con 1Tm 5,9; la stessa formula “unus vir” viene usata per parlare dei rapporti sia della Chiesa, con Cristo, sia di quelli della vedova che ha avuto un solo uomo e che svolge un ministero nella comunità. In 2Cor 11,2, la sposa di Cri­sto e la Chiesa stessa.

Rileggiamo più attentamente il testo.

La gelosia di cui parla Paolo è una partecipazione alla “ge­losia ” di Dio per il suo popolo[30]: è lo zelo da cui è divorato l’Apostolo affinché i suoi cristiani rimangano fedeli all’Al­leanza fatta con Cristo, che è il loro vero e unico Sposo. Un altro dettaglio conferma questa lettura: la Chiesa‑Sposa vie­ne paradossalmente presentata a Cristo‑Sposo come “una ver­gine pura”; è un rimando alla Figlia di Síon, talvolta chia­mata dai profeti “vergine Sion”, “vergine Israele”[31], spe­cialmente quando viene invitata, dopo le infedeltà del passa­to, a essere di nuovo fedele all’Alleanza, al suo rapporto spon­sale con il suo unico Sposo.

L’altro passo decisivo del Nuovo Testamento è il testo classico di Ef 5,22‑33: l’uomo e la donna, uniti in matrimonio, sono l’immagine di Cristo e della Chiesa; ora il Cristo, lo Spo­so, ha offerto se stesso per la Chiesa, al fine di farsene una sposa gloriosa, santa e immacolata (cfr. vv. 26‑27).

Ma il fatto che l’espressione “ unius uxoris vir ” non venga usata qui nella lettera agli Efesini per tutti gli sposi cristiani, e sia riservata nelle Pastorali al ministro sposato, mostra che la formula fa direttamente riferimento al ministero sacerdo­tale e al rapporto Cristo‑Chiesa: il ministro deve essere co­me Cristo‑Sposo.

Sottolineiamo un’altra conseguenza importante del colle­gamento tra “unius uxoris vir” (o “unius viri uxor”) delle Pastorali con il passo di 2Cor 11,2: è il fatto che la Chiesa­-Sposa è chiamata “vergine pura”. L’amore sponsale tra il Cristo‑Sposo e la Chiesa‑Sposa rimane sempre un amore ver­ginale.

Per la Chiesa di Corinto (dove ovviamente la grande mag­gioranza dei cristiani era sposata), si trattava direttamente di ciò che Agostino chiama la virginitas fidei, la virginitas cordis, la fede incontaminata[32] , ben descritta anche da san Leone Magno: “ Discat Sponsa Verbi non alium virum nos­se quam Christum”[33]. Ma per i ministri sposati di cui par­lano le Lettere Pastorali, è normale che ‑ in quella visione mistica del loro ministero ‑ l’appello radicale alla virginitas cordis sia stato vissuto da loro anche come un appello alla virginitas carnis verso la propria moglie, ossia, quale appel­lo alla continenza, come è diventato chiaro nella Tradizio­ne, almeno dal secolo IV in poi. Non si tratta più, allora, di una prescrizione ecclesiastica, esteriore, bensì di una per­cezione interiore del fatto che l’ordinazione fa di lui, come ministro, un rappresentante di Cristo‑Sposo, in relazione con la Chiesa, Sposa e Vergine, e che non può quindi vivere con un’altra sposa.

Il rapporto decisivo dell’“ unius uxoris vir ” delle Pastora­li con la “vergine pura” di 2Cor 11, 2 è stato sottolineato anche molto bene da E. Tauzin: gli uomini che sono consacrati a Dio, dice, “devono rappresentare Cristo: ora, lui è soltanto lo Sposo di una sola Sposa, la Chiesa: “Virginem castam exhibere Christo””[34]. E applica poi questo principio alla parabola di Mt 25,1‑13, dove le dieci “vergini”, che sono (al plurale) le spose di Cristo, rappresentano in realtà la sua unic sposa: “Esteriormente, c’è molteplicità, interiormente l’unità. La migliore immagine esteriore dell’unità interiore non è forse la verginità? ”.

Questa argomentazione sacramentale e spirituali dell’“unius uxoris vir”, fondata sulla teologia dell’Alleanza, emerge nella Tradizione occidentale già con Tertulliano, poi con sant’Agostino e san Leone Magno. La troviamo ben compendiata da san Tommaso, nel suo commento di 1Tm 3,2 (“Oportet ergo episcopum… esse, unius uxoris virum”): “Questo si fa, non solo per evitare l’incontinenza, ma per rappresentare il sacramento, perché lo Sposo della Chiesa è Cristo, e la Chiesa è una: “Una est columba mea” (Cant 6,9)”[35]. Ma san Tommaso non fa ancora il confronto con il testo di 2Cor 11,2, che parla della Sposa‑Vergine; perciò non aggiunge che il valore di rappresentanza del sacerdozio monogamico comporta anche per il ministro sposato l’ap­pello alla continenza e, conseguentemente, per coloro che non sono sposati, l’appello al celibato.

Conclusione

Per comprendere bene il modo in cui abbiamo cercato di indicare il fondamento biblico del celibato sacerdotale, è im­portante distinguere celibato e continenza. Nella Chiesa antica molti sacerdoti erano sposati. Questo spiega il fatto che, proprio per parlare dei ministri della Chiesa, venisse usata la formula “unius uxoris vir”; spiega inoltre il grande inte­resse dei Padri per il matrimonio monogamico (cfr. per esem­pio Tertulliano: De monogamia). Ma è diventato sempre più chiaro nella Tradizione che per un ministro della Chiesa, unito una sola volta in matrimonio con una donna, l’accettazione del ministero portasse come conseguenza che egli in seguito avrebbe dovuto vivere nella continenza.

In tempi più recenti è stata introdotta la separazione tra sa­cerdozio e matrimonio. Pertanto la formula “ unius uxoris vir ”, intesa alla lettera e materialmente, non è più di applicazione immediata per i sacerdoti di oggi, i quali non sono sposati. Ma, proprio qui, paradossalmente, sta ancora l’interesse della for­mula. Bisogna partire dal fatto che, nella Chiesa apostolica, veniva usata solo per i chierici; prendeva cosi, oltre il senso im­mediato dei rapporti coniugali, un senso nuovo, mistico, un collegamento diretto con le nozze spirituali di Cristo e della Chiesa questo lo insinuava già Paolo; per lui, “unius uxo­ris vir” era una formula di Alleanza: introduceva il ministro sposato nella relazione sponsale tra Cristo e la Chiesa; per Pao­lo, la Chiesa era una “vergine pura”, era la “Sposa” di Cristo. Ma questo collegamento tra il ministro e Cristo, essendo dovuto al sacramento dell’ordinazione, non richiede più og­gi, come supporto umano del simbolismo, un vero matrimo­nio del ministro; perciò la formula vale tuttora per i sacerdoti della Chiesa, benché non siano sposati; quindi, ciò che nel pas­sato era la continenza per i ministri sposati diventa nel nostro tempo il celibato di quelli che non lo sono. Però il senso sim­bolico e spirituale dell’espressione “ unius uxoris vir ” rimane sempre lo stesso. Anzi, poiché contiene un riferimento diret­to all’Alleanza, ossia al rapporto sponsale tra Cristo e la Chiesa, ci invita a dare oggi, molto più che nel passato, una grande im­portanza al fatto che il ministro della Chiesa rappresenta Cristo‑Sposo di fronte alla Chiesa‑Sposa. In questo senso, il sacerdote deve essere “l’uomo di una sola donna”; ma quel­l’unica donna, la sua sposa, è per lui la Chiesa che, come Maria la sposa di Cristo.

E’ proprio così che si esprime diverse volte Giovanni Pao­lo Il nella sua lettera post‑sinodale Pastores dabo vobis.


A mo’ di conclusione, ne citiamo alcuni passi più significativi.

Al n. 12, dopo aver ricordato che, per l’identità del presbitero, non è prioritario il riferimento alla Chiesa, bensì il riferimento a Cristo, il papa continua: “In quanto mistero infatti, la Chiesa è essenzialmente relativa a Gesù Cristo: Lui, infatti, è la pienezza, il corpo, la sposa ( … ). Il presbitero trova la verità piena della sua identità nell’essere una derivazione, una partecipazione specifica e una continuazione di Cristo stesso, sommo e unico sacerdote della nuova ed eter­na Alleanza: egli è un’immagine viva e trasparente di Cristo sacerdote. Il sacerdozio di Cristo, espressione della sua as­soluta “novità” nella storia della salvezza, costituisce la fonte unica e il paradigma insostituibile del sacerdozio del cristia­no e, in specie, del presbitero. Il riferimento a Cristo è allora la chiave assolutamente necessaria per la comprensione delle realtà sacerdotali”.

Sulla base di questa strettissima unità tra il presbitero e Cri­sto, si comprende meglio la ragione teologica profonda del celibato.


Il n. 22 è intitolato: “Testimone dell’amore sponsale di Cri­sto”. Più avanti: “Il sacerdote è chiamato a essere immagine viva di Gesù Cristo Sposo della Chiesa ”. Cita poi una pro­posizione del sinodo: “ In quanto ripresenta Cristo capo, pa­store e sposo della Chiesa, il sacerdote si pone non solo nella Chiesa ma anche di fronte alla Chiesa ”.

Al n. 29, proprio nel paragrafo dove parla della verginità e del celibato, il Santo Padre cita per intero la propositio 11 del sinodo su questo argomento; poi, per spiegare la “moti­vazione teologica della legge ecclesiastica sul celibato ”, scrive: “ La volontà della Chiesa trova la sua ultima motivazio­ne nel legame che il celibato ha con l’Ordinazione sacra, che configura il sacerdote e Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa. La Chiesa, come Sposa di Gesù Cristo, vuole essere ama­ta dal sacerdote nel modo totale ed esclusivo con cui Gesù Cristo Capo e Sposo l’ha amata ”.


[1] Ch.Cochini, Origines apostoliques du célibat sacerdtal (Le Sycomore), Cul­ture et vérité, Lethielleux/Namur, Paris 1981.Sul problema molto discusso oggi del celibato nella Chiesa, si può consultare un numero speciale della rivista Conci­lium: Le Célibat du Sacerdoce catholique, in Concilium 78 (1972).

[2] A. M. Stickler, in Origines apostoliques du célibat sacerdotal, op. ci. Préface, p. 6.

[3] H. Crouzel, Une nouvelle étude sur les origines du célibat ecclésiastique, in Bull. De Litt. Eccl., 83 (1982) 293-297

[4] Cfr. anche due studi di canonisti: P. Pampaloni, Continenza e celibato del clero. Leggi e motivi delle fonti canoniche dei secoli IV e V, in Studia Patavina 17 (1970) 5‑59; J. Coriden, Célibat. Droit canonique et Synode 1971, in Concilium 78 (1972) 101‑114.

[5] Cfr. il nostro articolo “ Mari d’une seule femme ”.Le sens théologique d’une formule paulinienne, in Paul de Tarse, ap&re du (lege: de) notre temps (a cura di L. De Lorenzi), Roma 1979, 619‑638. Nel presente studio parliamo solo della tra­dizione latina, poiché, come si sa, esiste un’altra disciplina nelle Chiese orientali.

[6] A. M. StickIer, L’évolution de la discipline du célibat dans l’Eglise en Occi­dent de la fin de l’age patristique au Concile de Trente, in Sacerdoce et célibat. Etudès historiques et théologiques (éd. J. Coppens), Gembloux‑Louvain 1971, pp. 373‑442.

[7] Ch. Cochini, Origines apostoliques, op. cit., pp. 5‑6.

[8] Cfr. il nostro studio Mari d’une seule femme, op. cit., p. 635, n. 64, dove mo­striamo che la formula “ unius uxoris vir ” (1 Tm 3,2) esprime la relazione sponsale dell’Alleanza tra Dio e il suo popolo, tra Cristo‑Sposo e la Chiesa‑Sposa; inoltre, la somiglianza della formula di lTm 3,2 con quella, vicina, di lTm 2,5: “ unus Deus, unus… homo Christus Iesus” permette di fare l’aggancio col tema profetico del­l’Alleanza, e di scoprire un legame con l’AT; cfr. specialmente Mal 2,14 (LXX): “ la donna della tua alleanza ”; 2, 10: “ l’alleanza dei nostri padri ”.
[9] A. M. Stickler, Préface, in Ch. Cochini, Origines apostoliques, op. cit., pp. 5‑6 (corsivo nostro).

[10] Cfr. il nostro articolo La struttura di alleanza del sacerdozio ministeriale, in Communio 112 (luglio‑ agosto 1990) 102‑114, dove riprendiamo sinteticamente i ri­sultati dello studio anteriore: Mari dune seule femme, op. cit., per farne poi una applicazione specifica sia al caso del celibato sacerdotale sia a quello del sacerdozio degli uomini (non delle donne).

[11] Per questa parte storica, si vedano i testi in Ch. Cochini, Origines apostoli­ques, op. cit., pp. 19‑26.


[12] Il testo (ripreso da CCL 149, 13) si trova nell’originale latino con una versio­ne francese in Ch. Cochini, Origines apostoliques, op. cit., pp. 25‑26.

[13] Per la decretale “ Cum in unum ” di papa Siricio, cfr. Ep. V, e. 9 (PL 13, 1161 A); si trova anche nel concilio africano di Telepte (418): Conc. Thelense (CCL 149,62): trad. francese: Cochiní, Origines apostoliques, op. cit., p. 32; si vedano inoltre le due lettere di papa Innocenzo 1 (404‑405) ai vescovi Vittricio di Rouen ed Esuperio di To­losa: Ep. I I, (PL 20, 476 A. 497 B; Ch. Cochini, Origines apostoliques, op. cit., pp. 284‑286). Sulla via tracciata dai papi si orientano così l’Africa, la Spagna e le Gallie.

[14] Ch. Cochini, Origines apostoliques, op. cit., p. 33 (il corsivo è nostro).

[15] Per P. Pampaloni, per esempio, (art. cit., 41‑42) si tratterebbe “ di una for­zatura nella lettura dell’Apostolo ”; egli concede però che, secondo le fonti dell’e­poca, quella interpretazione probabilmente era ritenuta valida: anche H. Crouzel (art. cit., 294) osserva giustamente: se fosse vero, come pensano questi Padri, che l’Apostolo vedeva nella “monogamia” una garanzia di idoneità alla continenza. allora si dovrebbe supporre che, per Paolo, era conosciuto “ che la sposa era morta oppure che il candidato doveva vivere con ella come con una sorella: ciò che di­sgraziatamente il testo paolino non precisa ”. Questo è vero. Ma il testo paolino contiene un contatto letterario con 2Cor 11,2 (cfr. infra), il che permette di ritrova­re indirettamente il tema della continenza che è un tema di Alleanza.

[16] Cfr i1 nostro articolo Mari d’une seule femme, art. cit.: “ I. Histoire de l’e­xégèse ” (pp. 620‑623); “ II. Insuffisance des deux interprétations en présence ” (pp. 624‑628).

[17] A. M. Stickler, L’évolution de la discipline du célibat, op. cit., pp. 441‑442.

[18] Cfr. Ad uxorem, 1,7,4 (CCL 1, 381); il rimando si fa qui a 1Trn 3,2.12; Tt 1,6; si veda anche De exhort. cast, 7,2 (CCL 2,1024).

[19] De exhort. cast, 13,4 (CCL 2, 1035): su questo passo si può vedere il com­mento di Ch. Cochini, Origines apostoliques, op. cit., pp. 168‑171.

[20] Ibid.,; cfr. Ad uxorem, 1,4,4, parlando delle donne che, invece di scegliere un marito hanno preferito una vita verginale: “ Malunt enim Deo nubere. Deo spe­ciosae, Deo sunt puellae ” (CCL 1, 377).

[21] De virg. vel., 16,4: “ Nupsisti enim Christo, illi tradidisti carnem tuam, illi sponsasti maturitatem tuam ” (CCL 2, 1225); De res., 61, 6: “ virgines Christi mari­tae” (CCL 2, 1010).