Una lucertola con due teste. L'hanno immortalata gli abitanti del piccolo borgo del casertano di Tora e Piccilli, nel cuore del Parco Regionale del vulcano di Roccamonfina, mentre attraversava la piazza principale. Il ritrovamento ha destato molta preoccupazione ed è tornato ad accendere i riflettori sui danni derivanti dall'inquinamento prodotto, nei decenni passati, dalla centrale elettronucleare di Garigliano, a Sessa Auruca, che dista in linea d'aria solo pochi chilometri.
Nel corso degli anni, infatti, nella zona sarebbero nati una serie di animali, soprattutto vitelli e agnelli, con due teste o con altre gravi malformazioni, dall'ermafroditismo all'anchilosi, come aveva incessantemente denunciato negli anni '80 dall'avvocato Marcantonio Tibaldi, che ne aveva raccolto decine di foto. "Ciò cui abbiamo assistito in questi anni è spaventoso – spiegava l'avvocato in un articolo apparso sul n. 6 di Modus Vivendi mensile della Federazione Nazionale dei Verdi. - La mortalità per leucemia e per cancro è aumentata in modo esponenziale in tutte e tre le regioni esposte alle radiazioni della centrale del Garigliano: in provincia di Latina, nel basso Lazio e in Abruzzo".
Sul caso della lucertola a due teste è intervenuta, come riporta il blog Montesantacroce di Giulia Casella, presidente del circolo di Legambiente di Sessa Aurunca: "in questi anni i vari governi e le istituzioni regionali si sono sempre rifiutati, diversamente da quanto è avvenuto in Germania, di stabilire un nesso causale tra le emissioni radioattive della centrale nucleare del Garigliano, l'incremento dell'incidenza tumorale e le malformazioni genetiche negli animali".
Ma non è detto che la doppia testa della lucertola sia per forza collegato a tutto questo. Potrebbe trattarsi anche di un "errore della natura". La policefalia, anche se rara, è ampiamente documentata nell'uomo e in molti animali, specialmente nei rettili, causata dalla non corretta separazione degli embrioni durante un parto gemellare. Ma ricordando, a tal proposito, proprio gli studi scientifici fatti negli anni '80 dall'avvocato Tibaldi e da Alfredo Petteruti, la Casella conclude perentoria: "per quanto mi riguarda, sono da sempre convinta, è una mia opinione non certo un'asserzione scientifica, che questo legame esiste".
Allarmismo anche tra i comitati antinucleare del Litorale, come Reazione Garigliano. "Si tratta di un episodio - sottolinea Valerio Mozzillo di Cellole - che suscita preoccupazione: era da venti anni, infatti, che non si avevano notizie del genere". A rileggere le parole di Cristaldi, in effetti, il dubbio che ci sia lo zampino dell'uomo e del suo inquinamento nella deformazione del rettile a due teste sorge spontaneo: "Se anche non volessimo usare i toni della catastrofe, gli effetti nefasti registrati nell'area sono innegabili e sufficientemente documentati", con il grave sospetto, anzi, "di un'attenzione sui controlli che negli ultimi anni sembrerebbe essere scemata. Mentre la gran parte dei rilevamenti, di pertinenza dell'ente gestore, l'Enel, non appaiono in grado di fornire gli elementi necessari per sapere con certezza quale sia l'attuale stato di salute della zona. Anche perché ci sarebbe ancora chi parte dal falso postulato che, una volta chiusa la centrale, il problema sia in gran parte risolto".
Fonti: http://www.greenme.it
La centrale nucleare e il ponte Morandi: il filo che collega Genova a Caserta
L'ingegnere che ha costruito il viadotto Polcevera è stato il progettista dell'impianto del Garigliano. C’è un filo che collega la tragedia del viadotto Polcevera di Genova, dove il crollo di una consistente parte della struttura ha provocato la morte di 38 persone, e la provincia di Caserta. È l’ingegnere Riccardo Morandi, progettista del ponte in cemento armato crollato in Liguria e anche della centrale nucleare del Garigliano, a Sessa Aurunca.
L’impianto elettronucleare venne costruito nel 1959, su progetto proprio di Morandi, dalla Società Elettronucleare Nazionale: una struttura avveniristica che con la caratteristica sfera bianca domina la piana del Garigliano, inserita anche nel patrimonio architettonico dal Mibact.
I PROBLEMI E LA CHIUSURA
Una storia però fatta anche di incidenti, come quello del guasto ad un generatore di vapore nel 1978. Una problematica che portò l’Enel, società che subentrò alla vecchia proprietà dal 1965, a disattivare l’impianto definitivamente il 1 marzo 1982 ritenendo antieconomici i costi della sua riparazione vista la poca vita residua della centrale. Una scelta che anticipò anche il referendum nazionale sul nucleare del 1987, indetto sulla scia del disastro di Černobyl dell’anno precedente.
LA DISMISSIONE
Attualmente l’impianto nucleare del Garigliano è in mano alla Sogin, società che cura la bonifica e la dismissione delle quattro centrali italiane. Nel 2018 la Sogin ha provveduto allo smantellamento del camino dell’impianto, alto circa 100 metri. L’opera di dismissione dovrebbe essere completata entro il 2026.
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