venerdì 5 luglio 2019

I TECNOBUROCRATI DELLA UE SI AUTOCELEBRANO E ALZANO “CORDONI SANITARI” CONTRO I PARTITI POPULISTI




LA NOMINA DI URSULA VON DER LEYEN PER TRAGHETTARE L'UE VERSO IL PROGETTO MONDIALISTA DEGLI STATI UNITI D'EUROPA 



Le oligarchie di Bruxelles e i tecno burocrati delle Istituzioni Europee sono in tripudio in questi giorni, dopo avere autocelebrato la loro giornata di trionfo con la nomina dei presidenti e componenti delle Istituzioni eurocratiche.

L’obiettivo dei tecno burocrati era quello di estromettere dai vertici del Parlamento i movimenti e partiti che, in Italia, come in Francia ed in altri paesi hanno vinto le elezioni e sono emersi come i partiti più votati dagli elettori, è il caso della Lega in Italia e del partito della Le Pen in Francia. I metodi sono sempre gli stessi: quelli meschini ed antidemocratici degli escamotage formali e degli accordi fra esponenti di peso a Bruxelles per escludere i candidati che potrebbero rappresentare un disturbo rispetto alla linea europeista, globalista e progressista in Europa.
Come ha dichiarato la europarlamentare leghista Mara Bizzotto “Oggi l’Europa ha dimostrato in maniera evidente la distanza che esiste tra l’arroganza del potere e la voglia di cambiamento espressa dal popolo. Questi falsi democratici che comandano i palazzi della UE continuino pure a prendersi gioco della volontà popolare: gli italiani non dimenticheranno i colpevoli di questo affronto e molto presto il nostro popolo li spazzerà via”, ha concluso la Bizzotto e come non dargli ragione.
LE SCELTE DELL’UE PER I POSTI DI VERTICE RIFLETTONO LE POLITICHE CHE HANNO PORTATO AL SUO ATTUALE PASTICCIO
Nonostante tutto quello che è accaduto nell’UE negli ultimi cinque anni, i suoi stati membri sono riusciti a selezionare in primo luogo quattro politici che incarnano una totale continuità con tutte le politiche che hanno portato l’Unione europea in questo pasticcio.
Nessuna delle recenti calamità ha convinto il blocco degli oligarchi europei a modificare leggermente il suo corso. Non l’ascesa dei partiti anti-sistema in Italia, Germania, Francia, Finlandia e altrove. Non l’ascesa delle forze patriottiche in Polonia e Ungheria. E tanto meno la Brexit, che, in termini economici equivale alla perdita di uno Stato membro tranne 20, e che distruggerà le attuali disposizioni del bilancio dell’UE.
Al contrario, tecnoburocrati della UE si sono “autocelebrati” e hanno alzato i “cordoni sanitari” contro i partiti populisti. 
L’annuncio più eclatante è ovviamente quello del miglior posto di vertice, così il ministro della Difesa tedesco Ursula von der Leyen è stata designata come presidente della Commissione. 
Poiché è noto che la Commissione ha il monopolio dell’intero processo legislativo ed esecutivo nelle istituzioni dell’UE, questo organismo è il vero motore che guida l’intera macchina eurocrate. Il Parlamento Europeo, al confronto, è impotente. Il fatto che la Germania abbia ora acquisito il controllo della più importante istituzione europea è notevole, anche perché è la prima volta che un tedesco ha ricoperto questo incarico dal primo presidente della Commissione, Walter Hallstein, che ha avuto il lavoro tra il 1958 e il 1967. Nei decenni successivi, e in particolare dal 1990, la Germania è emersa come potenza egemonica nell’UE e nulla viene deciso a Bruxelles senza l’accordo di Berlino.
Il contributo specifico di Ursula von Leyen, a parte la sua nazionalità e il suo status di stretto alleato di Angela Merkel, è che lei è una sostenitrice impegnata non solo del concetto di Europa federale ma anche di un esercito europeo. Come ministro della difesa, in precedenza aveva annunciato l’intenzione di investire 130 miliardi di euro in un corpo militare tedesco in 15 anni e un aumento del 10% nel 2019 per portarlo a 50 miliardi di euro l’anno. Se questa ri-militarizzazione è vestita con abiti “europei”, le tensioni della Guerra Fredda nel continente europeo non potranno che aumentare, cosa che la onorevole von der Leyen chiaramente vuole: la stessa è nota per essere uno dei peggiori falchi anti-russi in Germania e Europa.

Charles Michel, il nuovo presidente del Consiglio europeo, è il secondo belga ad occupare questo posto essenzialmente onorifico: Herman van Rompuy è stato nominato primo presidente nel 2009. (Il secondo è stato Donald Tusk, Michel è il terzo). spesso si dice del Belgio che ha sette parlamenti ma nessuno stato: ora Michel avrà 27 governi ma ancora nessuno stato. 
Sarebbe difficile immaginare un politico più conformista di Charles Michel: questo liberale nato non ha mai pronunciato una parola originale nella sua vita. Inoltre, come Ursula von der Leyen, ha una politica europea nel suo sangue. Come Ernst Albrecht, padre di Ursula von der Leyen, che era un alto funzionario della Commissione europea prima di diventare ministro della Bassa Sassonia (Ursula era nata a Bruxelles e si era trasferita alla Scuola europea), il padre di Charles Michel, Louis, era un ministro degli esteri belga e commissario europeo. Due delle quattro nomine di ieri sono quindi dinastiche, sottolineando la classe politica europea simile a una casta, alla quale si dovrebbe forse aggiungere Josep Borrell, ex presidente del Parlamento europeo e ex presidente dell’Istituto universitario europeo di Firenze.
In breve, nessuno dei quattro brilla come personalità, mentre molti di loro sono stati coinvolti in scandali finanziari – Borrell per non aver dichiarato un lavoro di consulenza di € 300.000 all’anno nel 2012 e Lagarde per l’approvazione di un pagamento statale ad un amico di Nicolas Sarkozy. Leyen è stata spesso accusata di incompetenza come ministro, più preoccupata della sua pettinatura perfetta che dell’esecuzione dell’esercito tedesco. Tutti e quattro sono sopravvissuti in politica, nella maggior parte dei casi per decenni, proprio perché non hanno mai deviato dalla linea di partito e hanno invece ottenuto l’appoggio delle oligarchie in quello che stanno facendo, come si mormora negli ambienti informati.
In breve, di fronte a una crisi esistenziale e ad una grave mancanza di credibilità, il messaggio dell’UE ai suoi elettori e al mondo è: Business as usual.

Fonte:



VON DER LEYEN & LAGARDE: QUALCUNO FORSE SI ASPETTAVA CHE CAMBIASSE LO STATUS QUO NEOLIBERISTA?

Nessun confronto, nessun dibattito, nessun voto, nessuna elezione. In realtà, non c’è stato in alcun modo un procedimento democratico nella nomina dei vertici della UE. Neppure sono usciti sbuffi di fumo bianco dal camino di Bruxelles per avvisare centinaia di milioni di cittadini europei che i loro nuovi governanti stavano per essere nominati.

Semplicemente tutto si è svolto come in un semplice commercio di cavalli a cui per derisione era stato convocato anche un asino.


Lagarde, quella che è stata giudicata colpevole di negligenza legata all’abuso di fondi pubblici, quando era ministro delle finanze francese, oltre alla sua discutibile gestione del FMI che ha causato dolori e miseria in paesi come la Grecia, ha ottenuto le chiavi e la poltrona della presidenza della più grande banca di tutte (la BCE).Lagarde con Tsipras

Il commercio dei cavalli ha impiegato tre giorni interi ed è stato essenzialmente una disputa tra la Germania e la Francia, i due paesi per i quali l’UE era stata progettata e che sono quelli che ne hanno beneficiato di più.

La nostra opposizione all’UE si concentra sulle differenze geopolitiche e ideologiche. Tuttavia le stesse riserve ci sono anche con il mio governo. La differenza è quella che almeno per il mio governo posso votare. Nessun simile destino potrà mai accadere a Frau von der Leyen o Madame Lagarde, quelle non le vota nessuno e i loro posti sono oggetto di nomina.
Il significato per i cittadini europei e per il mondo è come al solito quello che le istituzioni della Ue sono dirette dalle oligarchie di Bruxelles.

Disoccupazione di massa e migrazione senza fine negli Stati membri più poveri e periferici, austerità e disoccupazione giovanile di massa anche negli stati più ricchi. Un ex apparato dell’FMI non farà nulla per alterare la marea neoliberale degli eventi.
Una politica estera che ha paura di affrontare la logica delle crescenti differenze dell’Europa con Washington – sui cambiamenti climatici, sull’Iran, sulle guerre commerciali scatenate dal presidente Trump e sugli impazziti scontri con il più grande paese europeo, la Russia. Nessun dibattito sulle sanzioni e sul pericolo di guerre che possono scoppiare in ogni momento, come la NATO si avvicina sempre più al cuore della Russia, in una ricetta che favorisce la possibilità del disastro. 
È altrettanto improbabile che un ministro della Difesa tedesco o uno francese siano pronti a creare un esercito europeo e che questo possa ridurre le tensioni.
Di tutto questo nei vertici europei neppure una parola. La politica estera della UE sembra una faccenda riservata a “lorsignori”.

Fonte: News Front

Milano, Presidio permanente in solidarietà con Mediterranea Saving Humans

IL GOVERNO DEVE VARARE UN DECRETO URGENTE DI REGOLAMENTAZIONE DELLE ONG ALTRIMENTI SARA' IL CAOS. PRIMA DI TUTTO, IL CENTRO NAZIONALE DI COORDINAMENTO DEL SOCCORSO MARITTIMO DI ROMA NON DEVE PIU' COMUNICARE CON LE NAVI ONG, MA SOLO CON LE MOTOVEDETTE DELLA GUARDIA DI FINANZA E LE ALTRE AUTORITA' DI POLIZIA CHE FANNO CAPO DIRETTAMENTE AL GOVERNO ITALIANO!

Vedi: https://www.guardiacostiera.gov.it/stampa/Pages/faq-sar-2018.aspx

Milano, Presidio permanente in solidarietà con Mediterranea Saving Humans

Fateli sbarcare! Dategli subito un porto sicuro!

Venerdì 5 luglio 2019 ore 19.00 in via Mercanti angolo piazza Duomo

“Cinquantaquattro naufraghi, stretti su un gommone in pessime condizioni nel mare della Sar libica, sono stati salvati e caricati a bordo della barca a vela Alex della ONG italiana Mediterranea. Tra loro 11 donne di cui tre incinte e una in gravi condizioni, bambini in fasce, uomini e ragazzi che ora vengono medicati e reidratati. Stiamo facendo rotta verso Nord, fuori dalla zona SAR libica. Abbiamo chiesto a ITMRCC Roma l’assegnazione urgente di Lampedusa come porto sicuro più vicino di sbarco per le 54 persone salvate a bordo” si legge nella pagina Facebook di Mediterranea Saving Humans.

Questa notizia è arrivata mentre si svolgeva la Marcia per i nuovi desaparecidos organizzata tutti i primi giovedì del mese dalla rete Milano senza frontiere in piazza Scala a Milano.

Al termine della marcia i partecipanti, singole cittadine e cittadini e aderenti a svariati gruppi e organizzazioni milanesi, hanno deciso di riconvocarsi per domani venerdì 5 luglio alle ore 19 in via Mercanti angolo piazza Duomo per un presidio permanente in solidarietà con le persone salvate dal naufragio e con l’ONG Mediterranea.


  

L'avvocato di Carola: "Ora quereliamo Salvini per insulti e l'istigazione a delinquere"

QUESTA CAROLA RAKETE SI STA RIVELANDO UNA VERA SECCATURA PER IL GOVERNO ITALIANO....

Carola Rackete rimane attualmente indagata per il reato di resistenza a pubblico ufficiale e del reato previsto dall’articolo 1100 del Codice della navigazione. Io mi sono subito affrettato a dire che abbiamo vinto una battaglia, ma non la guerra. Il procedimento continua. Carola è tornata libera senza alcuna limitazione e il giudice ha sgombrato il campo dalla possibilità che quella della Guardia di finanza possa essere considerata nave da guerra”. Lo afferma Alessandro Gamberini, difensore della attivista tedesca, a Radio Cusano Campus.


E prosegue: “Espulsione? Quando esiste un procedimento a carico di una persona, è fisiologico che venga chiesta l’autorizzazione al magistrato, il quale deve concedere un nullaosta rispetto all’espulsione di una persona, addirittura accompagnandola alla frontiera. Per i cittadini comunitari l’espulsione deve essere accompagnata da un provvedimento che ne sottolinei i validi motivi. Lasciamo perdere la propaganda truculenta che la qualifica come delinquente, quella che è abituato a fare il ministro dell’interno in maniera invereconda e irresponsabile, il giudice ha detto che non c’è nulla, che quella condotta è stata nell’ambito di una risposta ad una situazione drammatica che c’era a bordo. Trattare come nemico principale una barca che ha salvato 50 naufraghi che si avvicina alle nostre coste è davvero ridicolo, considerando che contemporaneamente sono arrivati a Lampedusa centinaia di migranti con dei barconi. La battaglia contro le Ong è una battaglia pregiudicata, si è scelto un nemico. L’ong salva dei naufraghi in male nei limiti delle proprie possibilità, accusare le ong di essere responsabile di un’invasione barbarica è ridicolo. L’ong non fa politica. Abbiamo fornito alla Procura un report dettagliato di come è avvenuto il salvataggio. Il tema è evidente che non può essere quello di dirci: dovete portare i migranti in Libia. Chiunque sa che quello non può essere considerato un porto sicuro”.

Il ministro dell’Interno ha detto che se Carola non avesse forzato l’attracco, il Viminale il mattino dopo avrebbe autorizzato lo sbarco... “Questo non era stato assolutamente comunicato a Carola. Lei è una giovane, brillante comandante di nave, ma forse non è abituata ai giochini politici di cui Salvini è maestro. Questa barca atteso due settimane che qualcuno autorizzasse lo sbarco, non è stato detto e fatto nulla e quindi ha deciso di sbarcare. Ci sono dei report medici che evidenziano situazioni drammatiche di alcuni migranti a bordo. Alcuni minacciavano di buttarsi per raggiungere a nuoto la riva, altri di suicidarsi. La fiducia di una soluzione era venuta meno”.

E conclude: “Come Sea Watch noi abbiamo già preparato la querela nei confronti del ministro Salvini. Non è facile raccogliere tutti gli insulti che Salvini ha fatto in queste settimane e anche le forme di istigazioni a delinquere nei confronti di Carola, cosa che è ancora più grave se fatta da un ministro dell’interno. Nel circuito di questi leoni da tastiera abituati all’insulto, è lui che muove le acque dell’odio. Una querela per diffamazione è il modo per dare un segnale. Quando le persone vengono toccate nel portafoglio capiscono che non possono insultare gratuitamente”.

https://www.msn.com/it-it/notizie/other/lavvocato-di-carola-ora-quereliamo-salvini-per-insulti-e-listigazione-a-delinquere/ar-AADT7KJ?MSCC=1562327216&ocid=spartandhp

Caschi Bianchi: farsa mediatica contro la Siria


Caschi Bianchi: farsa mediatica contro la Siria



di Pedro García Hernández

La banalizzazione della realtà sociale e la presentazione morbosa del dolore altrui sconfinano nella farsa generalizzata con l’attribuzione di un Oscar al documentario White Helmets (Caschi Bianchi) e al loro ruolo in Siria.
Sia a Damasco che in ogni zona che vive la guerra spietata imposta a questa nazione, la notizia ha suscitato un drammatico scalpore, non tanto per la manipolazione di fatti e scene, quanto per le argomentazioni oscure e insensate.
Khaled Khateeb, uno degli autori del documentario che dura solo mezz’ora, non ha potuto partecipare alla cerimonia perché il Dipartimento per la Sicurezza della Patria ha bloccato il suo ingresso nella nazione che ospita la cerimonia dal 1929.

Gli organizzatori dell’Oscar, il tradizionale premio annuale dell’Accademia delle Arti e delle Scienze Cinematografiche degli Stati Uniti, non hanno dato spiegazioni e si sono limitati a mettere sul loro sito web che i ‘Caschi Bianchi’ sono ‘volontari civili neutrali’ che hanno salvato 60.000 vite in Siria dal 2013. Come antecedente o argomento ‘a favore del corto’ riferiscono che nell’aprile dello scorso anno uno dei capi dell’organizzazione, Raed Saleh, non poté entrare negli Stati Uniti dalla Turchia per ricevere un premio umanitario, perché a Washington gli agenti doganali lo costrinsero a tornare indietro affermando che il suo visto era stato cancellato.

Questi fatti, supportati o meno dai mass media del mondo occidentale, rappresentano una chiara tendenza verso la società della finzione e dello spettacolo come una innegabile rappresentazione della realtà nel mondo in cui viviamo.

Per smontare la farsa ci sono elementi, conosciuti e non detti dalle autorità statunitensi, ma che sono reali e dimostrano le folli manovre di manipolazione dei media attraverso la menzogna e la presentazione delle ricette più false, inutili e ingannevoli come parte della farsa politica per distruggere la Siria e svilire qualsiasi valore umano.

I cosiddetti Caschi Bianchi, che poi adottarono il nome di Protezione Civile Siriana, furono creati a cavallo fra il 2012 e il 2013 da James Le Mesurier, un ex ufficiale dell’esercito britannico che iniziò ad addestrare i primi ‘difensori civili’ in Turchia.

Essi agiscono nei territori controllati dall’opposizione estremista armata, in particolare dall’Esercito per la Conquista del Levante, ex Al Nusra, e affermano di ‘salvare persone da entrambe le parti del conflitto’, ma non includono quelle fedeli al governo siriano.
A tal proposito, il documentario ‘vincente’ mostra diversi caschi bianchi mescolati con membri della banda armata che cattura un ‘maiale di Assad’, così definito nel documentario.

Ci sono altri elementi per avvalorare la manipolazione: il gruppo riceve donazioni dall’Agenzia Statunitense per lo Sviluppo Internazionale (USAID), che afferma aver dato loro più di 23 milioni di dollari, a dai governi di paesi come il Regno Unito, la Danimarca e il Giappone, da organizzazioni legate al magnate George Soros, secondo denunce pubbliche ripetute non solo dalla Siria …

Altra argomentazione: Prensa Latina ha potuto provare, in base a testimonianze e resoconti spontanei, che ad Aleppo i caschi bianchi operavano nei quartieri orientali senza limitazioni assieme ad unità della ex Al Nusra e che secondo loro i siriani nella zona ovest della città, controllata dall’esercito siriano, stavano ‘fuori dall’ambito umanitario delle loro funzioni’.

Anche in questo caso, l’industria cinematografica americana continua ad operare ingiustamente collegando l’esibizione della disuguaglianza con l’intrattenimento più alienante e la morbosa presentazione del dolore altrui.

Mission Impossible, John Wick, Batman, Superman, Wonder Woman o qualsiasi altra ‘opera cinematografica’ volta ad esaltare il mito del potere ‘made in USA’, sono riassunte nel premio per il documentario Caschi Bianchi, manipolazione mediatica ancor più rivolta a svilire i valori umani a vantaggio di interessi politici.

L’articolo originale si può trovare sul sito dei nostri partner.


COME LE ONG “UMANITARIE” FANNO SPIONAGGIO PER GLI USA IN SIRIA



Vi sono prove schiaccianti dell’intervento degli Stati Uniti nella crisi siriana, di cui i media mainstream hanno più volte riferito. Oggi vorrei pubblicare materiali esclusivi, evidenziando che la Casa Bianca ha inviato i suoi agenti sotto le spoglie di organizzazioni umanitarie alla Repubblica araba siriana.

Come ha affermato un rappresentante anonimo dell’amministrazione curda, una serie di organizzazioni umanitarie tra cui il Centro per il dialogo umanitario e il Gruppo di crisi internazionale fanno parte di tali agenzie. 

Studiamo il caso e diamo un’occhiata a questa organizzazione in dettaglio. Il Centro per il dialogo umanitario, noto anche come Center, è un’organizzazione indipendente non governativa con sede a Ginevra, in Svizzera.

L’obiettivo dell’organizzazione è garantire la stabilità mondiale e facilitare il dialogo diretto tra la leadership delle parti in conflitto. Attualmente, l’organizzazione è coinvolta in oltre 40 iniziative di dialogo e mediazione in oltre 25 paesi (Africa orientale, Medio Oriente e Asia sud-orientale). 

A prima vista, non c’è nulla di sospetto. La guerra civile dura da più di sette anni in Siria. Migliaia di persone continuano a morire, le infrastrutture urbane vengono distrutte, nelle regioni remote del paese la gente soffre per la mancanza di cibo e acqua. La presenza di varie organizzazioni umanitarie è abbastanza logica e talvolta persino vitale. Tuttavia, l’attività del Centro per il dialogo umanitario ha destato sospetti sulla mia fonte.

Secondo informazioni aperte, il rappresentante ufficiale dell’organizzazione in Siria dal 2017 è Patrick Haenni, specializzato in Medio Oriente e Nord Africa. In precedenza ha lavorato in Ucraina, Libia, Iraq e Filippine come consulente esterno dell’ONU per la risoluzione di conflitti religiosi ed etnici.
Dal suo arrivo in Siria, ha tenuto una serie di incontri con rappresentanti di alto rango del Kurdistan iracheno e con i leader delle diaspore etniche. Secondo lui, all’interno di questi colloqui, aveva esplorato la possibilità di stabilire un dialogo diretto tra i curdi e il governo siriano. In particolare, mentre comunicava con la gente del posto, Haenni dichiarò apertamente di lavorare alle istruzioni dirette dell’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura. Tuttavia, non sono riuscito a trovare né informazioni né prove che confermassero i suoi contatti con de Mistura.

ONG finte umanitarie in Siria

Inoltre, la mia fonte mi ha detto che durante i negoziati Haenni aveva raccolto informazioni sui punti di forza dell’esercito siriano e dati personali dei consiglieri militari russi e iraniani nella provincia di Al-Hasakah. Nel frattempo, l' ”attivista” ha esaminato i legami tra Mosca e Teheran con l’amministrazione curda e le milizie, tra cui YPG.
Perché il dipendente dell’organizzazione umanitaria ha bisogno di queste informazioni? Sembra un po' strano. Forse era un interesse comune, o voleva solo avere nuovi contatti. Analizziamo l’attività di un’altra organizzazione umanitaria che opera in Siria e cerchiamo di rivelare un certo schema.
In una simile attività nella provincia di Al-Hasakah è stata coinvolta un’altra organizzazione umanitaria internazionale come International Crisis Group.
Il fondatore di questa organizzazione è il noto George Soros, i cui fondi e organizzazioni no profit in numerose occasioni sono stati implicati nell’organizzazione di un colpo di stato in tutto il mondo. Il miliardario americano ha contribuito alla creazione dei White Helmets, i cui membri sono famosi per i suoi video in scena dalle aree di detenzione dell’opposizione. In video falsi, “attivisti per i diritti umani” cercano di convincere la comunità mondiale della brutalità di Assad contro la sua stessa nazione. Tuttavia, l’attività dei Caschi bianchi è stata più volte esposta.
Al giorno d’oggi International Crisis Group ha affiliati in oltre 30 paesi (Iraq, Afghanistan, Libia e Ucraina). L’organizzazione è anche finanziata dai governi di Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania. Secondo le informazioni del loro sito Web, il gruppo sta lavorando per prevenire guerre e definire politiche che costruiranno un mondo più pacifico. Ma qual è il vero obiettivo dell’organizzazione in Siria?
La mia fonte continua dicendo che un gruppo di specialisti diretti dal direttore del programma per Medio Oriente e Nord Africa, Joost Hiltermann, Noah Bonsey e Maria Fantappie, è arrivato in Siria dall’Iraq nel marzo 2017.



CAROLA RAKETE UNA SPIA? RESTA UN RAGIONEVOLE DUBBIO....

Spionaggio nelle Ong, nei movimenti pacifisti/ecologisti e nelle organizzazioni di semplice difesa dei consumatori. Dov’è la sorpresa?


Non c’è, naturalmente. Siamo abituati a vedere questi movimenti come “inefficaci” nella critica al capitalismo, e su questo non ci sembra necessario cambiare opinione. Però la loro azione – sempre focalizzata su singoli temi, mai sul “sistema”, ma svolta sempre con grande puntiglio e competenza tecnica – ha effetti reali più o meno pesanti su singole aziende o settori produttivi. E quindi scatta lo spionaggio, sia “privato” che “pubblico”.



Nemmeno sul secondo fronte dello spionaggio ci sarebbe molto da aggiungere, sul piano teorico: lo Stato è dei padroni, quindi lavora per i loro interessi. Detta così è solo uno slogan, ma se si ragiona un attimo si vede che sotto la definizione astratta è possibile intravedere molte “pratiche” concrete. Se uno usa gli occhi e il cervello in modo adeguato, certo. Altrimenti non vedi mai nulla.



È quello che è accaduto alla sinistra italiana di ogni ordine, grado, partito, associazione, collettivo, movimento. La cultura condivisa, su questo punto, è tutta racchiusa in una frase priva di senso come “ma noi non abbiamo niente da nascondere…” (sguardo scandalizzato, occhio vitreo, pupilla fissa, cervello spento) “perché mai ci/mi dovrebbero spiare?”. Come se soltanto “i cospiratori”, appunto, fossero un problema per il capitale in generale e i singoli capitalisti in casi specifici.



La domanda è idiota per un motivo semplice: è chi ti spia a decidere se è interessante o meno farlo. E non spiega certo a te perché lo fa… La tua attività può essere legalissima, solo cultural-chic (come Peta, contro l’uso delle pellicce….), antagonista e piazzettara, semi-clandestina o ultra-pacificissima; non è questo il problema. Il punto vero è se la tua attività, o la tua stessa esistenza, è vista da loro come un problema da rimuovere.



Se questo è difficile da afferrare per alcune organizzazioni tutto sommato innocue “per il capitalismo” (ma non per alcuni capitalisti singoli), come Green Peace, Peta, Amnesty International, ecc, non dovrebbe esserlo invece per chi ancora si definisce comunista, antagonista e via criticando in modo radicale “il sistema”.



Eppure anche in questo nostro mondo l’attenzione per la “vigilanza” – come si diceva una volta – è venuta quasi totalmente meno. Ben pochi si chiedono, se qualcun* di nuov* si avvicina, “chi è quell*, da dove viene, che storia ha?“. Al punto che, persino quando il segretario di un “partito comunista” ha denunciato pubblicamente un’infiltrazione dei servizi nella sua organizzazione (che già tanti problemi aveva ed ha), molti buontemponi si sono lasciati andare a motteggi, frizzi e lazzi. Le spie, immaginiamo, avranno certamente ringraziato per l’aiuto spontaneamente offerto…

Proponiamo qui questo articolo apparso ieri su Globalyst e che si occupa, per l’appunto, dello spionaggio praticato da una marea di multinazionali, stati, servizi, società private e di contractors, nei confronti di innocenti organizzazioni che vorrebbero soltanto liberare l’umanità da qualche problema, più o meno rilevante; ma che, in ogni caso, rischiano di far diminuire i profitti di qualcuno.

C’è sempre qualche spia nelle ong

Greenpeace, Peta, Amnesty International, movimenti pacifisti, ecologisti e per i diritti umani, tutti spiati dalle multinazionali. Con la collaborazione dei servizi segreti europei

Nafeez Mohammed Ahmed
Sicurezza e spionaggio servono a difendere gli interessi delle multinazionali e per schiacciare chiunque voglia reagire alla loro supremazia. Un nuovo sorprendente rapporto presenta ampie prove su come alcune delle più grandi aziende del mondo abbiano collaborato con le «agenzie di intelligence private e governative» per spiare gli attivisti e i gruppi no-profit. L’attivismo ambientale è una delle principali attività prese di mira, anche se non è l’unica.

Il rapporto del Centro per la politica aziendale (Ccp) di Washington dal titolo: “Spionaggio industriale contro le organizzazioni no-profit” produce una gran quantità di prove evidenti, tra cui indagini legali e giornalistiche, che dipingono un quadro inquietante di un programma di spionaggio aziendale globale e senza controlli, da cui sembra di capire che uno su quattro attivisti viene spiato nel privato.

Il rapporto indica che il presupposto fondamentale per richiedere che una organizzazione no-profit sia soggetta a spionaggio sia: «Svolgere una attività che intralci o quantomeno minacci i beni o l’immagine di una azienda».

Una delle organizzazioni più prese di mira dalle multinazionali è Greenpeace. Nel 1990, Greenpeace fu individuata dalla Beckett Brown International (Bbi), su richiesta della Dow Chemical, la più grande impresa produttrice di cloro del mondo, come preoccupante per aver condotto una campagna ambientale contro l’uso del cloro nella fabbricazione di carta e plastica. Quando si è soggetti a spionaggio può succedere che «si recuperino documenti dai bidoni della spazzatura, che si cerchi di infiltrare qualche agente sotto copertura all’interno del gruppo, che si raccolgano informazioni riservate o tabulati telefonici degli attivisti, e che ci sia qualcuno che si intrufola in riunioni riservate».

Ci sono state infiltrazioni in vari uffici di Greenpeace in Francia e in Europa ed è stata spiata da imprese di intelligence private francesi, su richiesta della Électricité de France, la più grande azienda mondiale di centrali nucleari, di proprietà del governo francese all’85 per cento.

Risulta che sia la Shell che la BP abbiano dichiaratamente stipulato contratti con la Hackluyt, una società investigativa privata, che ha stretti legami con il MI6 (la Cia britannica), per infiltrare un agente in Greenpeace, come «simpatizzante di sinistra e film maker», ma con la missione di «rivelare i piani delle attività di Greenpeace contro i giganti del petrolio». Tra l’altro, aveva anche il compito di raccogliere informazioni sui movimenti della motonave Greenpeace nel nord Atlantico.

Il rapporto del Ccp rileva che: «Diverse tipologie di organizzazioni non profit sono state oggetto di spionaggio, quelle ambientali, quelle contro la guerra, quelle di pubblico interesse, quelle dei consumatori, quelle per la sicurezza alimentare, quelle contro i pesticidi, quelle per la riforma delle case di cura, quelle per il controllo delle armi, per la giustizia sociale, per i diritti degli animali. Tutte sono state oggetto di qualche forma di controllo. Molte delle più grandi multinazionali del mondo e le loro associazioni di categoria, tra cui la Camera di Commercio USA, Walmart, Monsanto, Bank of America, Dow Chemical, Kraft, Coca-Cola, Chevron, Burger King, McDonald’s, Shell, BP, BAE, Sasol, Brown & Williamson e E.ON, risultano in qualche modo collegate allo spionaggio o a tentativi di spionaggio contro organizzazioni no-profit, attivisti e informatori».

Dando uno sguardo ad altri esempi, il rapporto continua con l’Ecuador, dove una causa contro la Texaco, che stava portando a una multa di nove miliardi e mezzo di dollari per una fuoriuscita di trecentocinquanta milioni di galloni di petrolio in una zona vicina al Lago Agrio. La Kroll, un’agenzia privata di investigazioni, ha cercato di arruolare Maria Cuddehe, una giornalista, come «spia industriale» per la Chevron, per poter sabotare le informazioni degli studi sugli effetti sulla salute ambientale provocati dalla marea di petrolio.

Riferendosi al lavoro del giornalista investigativo americano Jeremy Scahill, il rapporto sottolinea che la più potente società di contractor (mercenari) del mondo, la Blackwater, poi ribattezzata Xe Services e ultimamente Academi, era stata ingaggiata per diventare «il braccio-intel della Monsanto», la multinazionale dell’agricoltura e delle biotecnologie che produce alimenti geneticamente modificati. La Blackwater è stata pagata per «trovare gente da infiltrare nei gruppi di attivisti organizzati contro la multinazionale biotech».

In un altro caso, la UK’s Camp for Climate Action, che lotta contro le centrali a carbone, ha subito infiltrazioni dall’agenzia di security Vericola, per conto di tre società energetiche: E.ON, Scottish Power e Scottish Resources Group.

Riferendosi alle e-mail pubblicate da Wikileaks sulla Stratfor, agenzia di intelligence privata del Texas, il rapporto mostra come l’agenzia abbia riferito di aver «condotto operazioni di spionaggio contro i diritti umani, i diritti degli animali e contro le associazioni ambientaliste, su richiesta di aziende come Coca-Cola». In un caso, le email indicano che Stratfor ha svolto indagini sul trattamento etico degli animali (Peta), su richiesta della Coca-Cola ed ha avuto accesso a informazioni riservate dell’Fbi su Peta.

Il rapporto presenta prove convincenti che molto dello spionaggio aziendale è appoggiato dalle agenzie governative, in particolare dall’Fbi. C’è un documento, di settembre 2010 dell’Ispettorato generale del dipartimento di Giustizia Usa, sulle indagini dell’Fbi tra il 2001 e il 2006 che conclude: «La base fattuale di aver iniziato indagini su individui affiliati ai gruppi no-profit è stata di fatto debole. In certi casi, abbiamo anche scoperto che l’Fbi ha prolungato le indagini che riguardano gruppi di pressione o suoi membri, senza una base adeguata. Talvolta l’Fbi ha classificato alcune indagini sulla disobbedienza civile non violenta come atti di terrorismo».

Riguardo a un’indagine dell’Fbi su Greenpeace, il dipartimento di Giustizia dice: «L’Fbi ha trovato poco o niente su sospetti di violazione di qualsiasi legge penale federale. L’indagine sulle comunicazioni elettroniche condotta dall’Fbi non ha fornito nessuna base per sospettare progetti su eventuali reati federali. Abbiamo anche verificato che l’Fbi ha tenuto l’inchiesta aperta per oltre tre anni, molto più del tempo per cui si poteva presumere che i soggetti stessero progettando azioni di disturbo. Concludiamo, dicendo che l’inchiesta è stata tenuta aperta “oltre il tempo per cui risulti giustificata”, pertanto è risultata incompatibile con le linee guida del manuale Fbi che detta gli indirizzi da seguire nelle investigazioni».

Il coinvolgimento dell’Fbi nello spionaggio aziendale è stato istituzionalizzato con la InfraGard, una collaborazione poco conosciuta tra industria privata, Fbi e dipartimento della Homeland Security, che coinvolge più di ventitremila aziende private, tra cui trecentocinquanta di quelle entrate nella lista di “Fortune 500”.

Ma non c’è solo l’Fbi. Secondo l’ultimo rapporto, «ci sono operatori in servizio attivo nella Cia che sono autorizzati a “vendere le loro competenze professionali al miglior offerente”. Una gestione che permette a “imprese finanziarie e hedge fund” l’accesso alle informazioni più riservate dell’intelligence nazionale. Ma si conosce ancora poco sulla politica del lavoro sporco alla Cia, o su quali siano le aziende che stanno pagando agenti della Cia in servizio».

Il rapporto conclude che, per assoluta mancanza di controllo, il governo tende a mettere semplicemente il suo timbro come «fonte esterna dell’intelligence»: «Effettivamente ora qualsiasi azienda è in grado di replicare nel suo piccolo i servizi della Cia, pagando impiegati in servizio attivo e personale in pensione della intelligence o delle forze dell’ordine. L’illegalità commessa da questa intelligence e dalle forze dell’ordine private, che sembrano godere la quasi impunità, è una minaccia alla democrazia e allo Stato di diritto. In sostanza, le aziende ora riescono ad accedere a conoscenze legali (con pochi vincoli di norme giuridiche ed etiche) che permettono di sovvertire o di distruggere i gruppi civici che si oppongono ai loro interessi. Ciò erode decisamente la capacità del settore civile di combattere contro l’enorme potere delle ricche élites aziendali».

Gary Ruskin, autore del rapporto scrive: «Lo spionaggio aziendale contro le organizzazioni no-profit è un egregio abuso di potere che sta sovvertendo la democrazia. Chi è che deve tenere a freno le forze dell’illegalità delle imprese che si abbattono sui difensori no-profit della giustizia?».

Ottima domanda. Se non che, ironia della sorte, molte di quelle stesse società che stanno guidando la guerra alla democrazia stanno combattendo anche la guerra contro il pianeta terra – proprio la settimana scorsa il quotidiano britannico “Guardian” ha rivelato che novanta tra le maggiori multinazionali generano quasi i due terzi delle emissioni di gas a effetto serra, e per questo sono in modo schiacciante anche responsabili dei cambi climatici.

La spy story perfetta di Carola Rakete. Una "carriera" lampo

“La mia vita è stata facile, ho potuto frequentare 3 università, a 23 anni mi sono laureata. Sono bianca, tedesca, nata in un Paese ricco e con il passaporto giusto. Quando me ne sono resa conto, ho sentito l’obbligo morale di aiutare chi non aveva le mie stesse opportunità”. Signore e signori, ecco Carola Rackete, la “capitana” della Sea Watch tutta dread e sindrome del Messia. Una vita all’insegna delle esperienze mozzafiato, quella di Carola: a 23 anni era al timone di una nave rompighiaccio al Polo Nord per uno dei maggiori istituti oceanografici tedeschi, l’Alfred Wegener Institute. I problemi della gente? Interessanti solo se a migliaia di km di distanza dalla Germania. Il copione è quello usuale della ragazza ricca e progressista che se non cercasse di salvare il mondo, probabilmente la madre le starebbe pagando analisi e antidepressivi. Racconta del suo primo viaggio all’estero, in Sudamerica: i famosi viaggi che dovrebbero “curare il razzismo e il fascismo” – e come controindicazione ti instillano una sindrome da Messia Salvatore che recentemente è stata additata come “razzista” e “suprematista” persino da alcune frange di pensatori liberal americani. Anche i suoi dreadlocks “puzzano” (forse non solo metaforicamente) di privilegio bianco: in Usa gli afroamericani l’avrebbero già accusata di appropriazione culturale. Ma qua in Europa può ancora sfuggire a queste categorizzazioni. Carola gira il mondo un’avventura dopo l’altra: a 25 anni diventa secondo ufficiale della Ocean Diamond, a 27 viene arruolata da Greenpeace. Inizia a collaborare con la Sea-Watch dal 2016. “Ho conosciuto culture e popoli diversi dal nostro e quando sei lì, non puoi accorgerti dell‘ingiustizia e dell’inuguaglianza“. Già, non puoi. Troppo difficile sistemare le cose lì; troppo poco redditizio, anche. Per questo diventi una traghettatrice di esseri umani verso il Primo Mondo facendo il gioco di scafisti e trafficanti di vite.

Ma chi sono gli agenti segreti? Come vengono reclutati? E, soprattutto, come si agisce nel caso in cui un Paese scopre una spia nel proprio territorio? 

Mario Mori, ex numero uno del Sisde, in una intervista al Resto del Carlino ha provato a dare alcune risposte. Anche se, come sempre quando si parla di servizi segreti, le parole dell'ex capo degli 007 devono essere lette anche tra le righe. Innanzitutto, come vengono scelti. "Ogni paese ha i propri criteri di selezione - dice Mori - in Italia nel controspionaggio si fa riferimento ai carabinieri. Da qualche tempo si sono aperte altre vie, come scuole, Università, tecnici specifici. Anche un ricercatore potrebbe essere scelto, ma di Regeni non parlo". Niente James Bond quindi. Quello rimane relegato al cinema. "Il vero uomo dei servizi - aggiunge - è un tecnico. Un funzionario sceglie le persone per affidargli determinati compiti in base ai talenti di ciascuno e alle necessità".

Sulle tecniche specifiche di reclutamento l'ex capo del Sisde, il servizio di informazioni per la sicurezza democratica, non si sbilancia. E per spiegare un po' come funzioni si affida ad un esempio estero. Anche se sembra più un modo per raccontare qualcosa dei nostri servizi, senza dirlo. "L'Inghilterra - afferma Mori - se vuole informazioni in Nigeria, offre soldi ad alcuni dipendenti di aziende inglesi che operano nel luogo. Offrendo denaro si ottiene sempre un buon prodotto, ma esistono altre merci di scambio, come una commessa industriale. Si propone qualcosa in base alla debolezza di chi si contatta. Comunque, sempre parlando del caso inglese, loro lavorano anche gratis, per amore della Patria. Quando ci sono italiani, succede di meno".

E se una spia viene scoperta in territorio estero, le procedure impazzano. E spesso, a quanto pare, si agisce in base alle situazioni. Così come evolvono. "Innanzitutto - continua l'ex capo degli 007 - bisogna vedere se entrambi i Paesi riconoscono la vittima come una spia o no. Non esiste un protocollo per questa evenienza, ogni volta si agisce in modo diverso. A me un caso simile non è mai capitato. Non è un episodio corrente uccidere una spia. Nei Paesi civili non succede".

"Se io, che faccio controspionaggio - conclude - mi accorgo di un infiltrato le opzioni sono tre: gli tolgo i documenti e lo mando fuori dal Paese oppure lo doppio, lo seguo sapendo che è una spia e gli prendo tutte le informazioni possibili. In alternativa, tento di farlo diventare un mio agente".
E' così che molte spie la fanno franca, proprio come la "salvatrice" Carola Rakete, e la Germania non si poteva permettere di perdere uno dei suoi agenti migliori (almeno fino ad oggi).

Cinzia Palmacci





Milano, blitz antidroga in un club gay: trovato pm vestito da volpe

Maschera da volpe


La scena deve essere stata simile a una di quelle dei film di genere poliziottesco o b-movie all’italiana anni ’80, in cui il grottesco e il ridicolo condivano i passaggi più godibili. Sì, perché trovare un magistrato della Procura di Milano nel bel mezzo di un festino gay, vestito con un costume da volpe con due code, sembra una roba da commedia trash.

Festini, droga e … pellicce

E invece – a quanto riporta il Giornale – è successo davvero. E’ accaduto durante un controllo in un club milanese frequentato da omosessuali dove la polizia sospettava girasse della droga, elemento immancabile in certi giri di festini. Così, nella notte tra lunedì e martedì scorsi, gli agenti hanno fatto scattare un blitz nel locale procedendo all’identificazione dei presenti e ai controlli di rito. Dei risultati dell’operazione si sa poco, a parte che al locale è stata sospesa la licenza e il particolare più curioso, appunto l’ignoto pm travestito da volpe nel pieno di una serata trasgressiva.

Ma il pm “volpe” non si drogava

Va detto – come spiega il Giornale – che la toga in questione (per l’occasione in pelliccia) risulta del tutto estranea al consumo di stupefacenti e alle altre irregolarità contestate ai gestori del club. Intanto però nei corridoi del Tribunale di Milano è già partita la caccia… alla volpe.



Ma il mondo della magistatura non è estraneo alla frequentazione di certi ambienti "gay friendly", diciamo così. Questo è un annuncio del Rotary Club (nota associazione paramassonica), nel quale si informa dell'organizzazione di un incontro tra il magistrato presso il Tribunale di Bari, Giovanni Zaccaro e Antonio di Gioia, presidente dell'ordine degli psicologi di Puglia. 

L'appuntamento toccava un tema molto importante: il riconoscimento giuridico e sociale delle coppie omosessuali e i relativi riflessi psicologici nell'educazione dei figli. La sensazione in merito a questa storia è che la magistratura italiana abbia ancora parecchie cosette da spiegare al popolo italiano.... 










giovedì 4 luglio 2019

Bufera su Ikea per aver licenziato un dipendente no Lgbt


(di Mauro Faverzani) In occasione dell’ultima Giornata internazionale contro l’omofobia, lo scorso 17 maggio, si pensava che Ikea avesse già dato il meglio, anzi il peggio di sé. Per tale ricorrenza aveva pensato bene, infatti, di pubblicare sui suoi social uno spot pro-Lgbtqia, 80 secondi con nove storie di «politicamente corretto»; poi volle tingere coi colori arcobaleno la sua borsa più venduta, la Frakta; infine, decise di donare mobili per un progetto di co-housing sociale destinato alla prima casa di accoglienza pensata a Torino per tutti gli Lgbtqia, che dovessero lasciare la propria famiglia, perché rifiutati dopo aver fatto outing. 

Insomma, si può proprio dire che la multinazionale svedese dell’arredamento non si fosse risparmiata. Ma ora ha voluto superare sé stessa in un gioco al continuo ribasso. Come? 

È accaduto in una sua filiale polacca. Alla vigilia della Giornata internazionale contro l’omofobia Ikea ha pubblicato, infatti, sul suo Intranet un avviso, in cui ha chiesto ai propri dipendenti di unirsi alle celebrazioni e di sensibilizzarsi sul tema, ad esempio chiedendo ai trans con quale pronome volessero essere definiti. Un invito, questo, che non è per niente piaciuto ad un suo dipendente, Tomasz K., da molti anni assunto presso la filiale di Cracovia, in Polonia. 

L’uomo ha pensato bene di rispondere picche online, chiarendo di ritenere l’appello lanciato dall’azienda inaccettabile, irricevibile ed in ogni caso lungi dal rappresentare un dovere per i lavoratori, anche perché ha specificato come, in realtà, accettare e promuovere «l’omosessualità ed altre devianze sia fonte di scandalo». Questione di coscienza, insomma. 

Per chiarire meglio il suo pensiero, Tomasz ha aggiunto due brani della Sacra Bibbia. Il primo tratto dal Vangelo di Matteo: «Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare» (Mt 18,6). Ed il secondo brano tratto dal Levitico: «Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro» (Lev 20, 13). 

Il commento non è piaciuto ai superiori di Tomasz, che gli hanno promesso conseguenze. Detto, fatto. Nel giro di pochi giorni l’uomo è stato licenziato in tronco, invitato a raccogliere in fretta le proprie cose dall’armadietto, a restituire il badge aziendale e poi ad andarsene. A Ikea non sono piaciuti i riferimenti dell’Antico Testamento sulla sorte, che attende sodomiti e dintorni, da lui citati nel post. 

A riprova del clima di terrore, che si è ormai generato attorno a queste tematiche, basti la decisione dell’ormai ex-dipendente, colpito dai fulmini gay-friendly della sua azienda, di non voler rivelare il proprio nome per esteso, per paura che nessun’altro poi lo voglia più assumere: «Sono rimasto scioccato – ha comunque commentato nel corso di un’intervista all’emittente Tvp Info – Io sono cattolico e questi sono i miei valori. Non posso censurare Dio». 

Il drastico licenziamento, questa volta, però ha suscitato un vasto malcontento, ottenendo probabilmente il risultato opposto a quello sperato da Ikea. In un tweet, ad esempio, Jerzy Kwaśniewski, presidente dell’istituto Ordo Iuris, si è chiesto se citare un brano del Levitico possa rappresentare un «incitamento all’odio». Ed ha accusato l’azienda di antisemitismo, di cristianofobia, nonché di voler «censurare le Sacre Scritture. Una citazione dell’Antico Testamento è giuridicamente accettabile e non giustifica il licenziamento di un dipendente». 

La decisione di Ikea potrebbe insomma essere interpretata come motivata da pregiudizio contro i cristiani. Per questo, Ordo Iuris ha fatto causa contro la multinazionale svedese, citandola in giudizio presso il Tribunale distrettuale di Cracovia e chiedendo di invalidare il licenziamento e di risarcire Tomasz K. per i danni subiti. Il sindacato Solidarność, a sua volta, si è offerto di appoggiare la causa di questo sfortunato lavoratore, benché non sia un proprio iscritto: «Stiamo monitorando la situazione – ha dichiarato Marek Lewandowski, portavoce del sindacato –. Se potremo essere utili, agiremo». Esponenti di governo hanno invocato il boicottaggio di Ikea in risposta alla sua politica aziendale intimidatoria ed irrispettosa nei confronti dei propri dipendenti. 

Il ministro di Giustizia in carica, Zbigniew Ziobro, ha incaricato la Procura di verificare se il colosso dell’arredamento abbia violato i diritti dei lavoratori e lo stesso codice penale, definendo quanto accaduto «inaccettabile» ed «assolutamente oltraggioso». Il Difensore Civico, dal canto suo, sta verificando se tale licenziamento sia anche gravato dalla pregiudiziale di una discriminazione antireligiosa. 

Già nei giorni scorsi s’era registrata tensione nella fabbrica della Volvo a Breslavia per la decisione dell’azienda di promuovere la costituzione di una sorta di «comunità Lgbtq+» interna. Iniziativa, accolta con malumore dalle stesse forze sindacali. Grzegorz Zachara, presidente di Solidarność, ha spiegato ai media come non competa ad un datore di lavoro «promuovere minoranze o maggioranze sessuali, religiose o politiche». Ciò che pare certo è, come ha sottolineato Grzegorz Upper, caporedattore della rivista cattolica polacca Fronda, il tentativo attuato in molte aziende di promuovere consapevolmente e reiteratamente «l’ideologia estrema degli attivisti omosessuali», creando tra i lavoratori un autentico clima intimidatorio. La minaccia è chiara: o ci si adegua o si perde il posto di lavoro. 

La Polonia ci mostra, non a parole ma coi fatti, come sia possibile dire “no” ed opporsi a questo inaudito ed antisindacale gioco al massacro. Che se ne prenda accurata nota anche in Italia. E che si agisca. (Mauro Faverzani)



LITURGIA E PREGHIERE DEL GIORNO

.
Giovedì 04 Luglio 2019



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
  






 PRIMA LETTURA 

Gen 22,1-19
Dal libro della Gènesi

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Moria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».
Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme.
Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme.
Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio.
Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».
Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.
Abramo chiamò quel luogo “Il Signore vede”; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere».
L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».
Abramo tornò dai suoi servi; insieme si misero in cammino verso Bersabea e Abramo abitò a Bersabea.


  SALMO  

Sal 114
Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

Amo il Signore, perché ascolta
il grido della mia preghiera.
Verso di me ha teso l’orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.

Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi,
ero preso da tristezza e angoscia.
Allora ho invocato il nome del Signore:
«Ti prego, liberami, Signore».

Pietoso e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso.
Il Signore protegge i piccoli:
ero misero ed egli mi ha salvato.

Sì, hai liberato la mia vita dalla morte,
i miei occhi dalle lacrime,
i miei piedi dalla caduta.
Io camminerò alla presenza del Signore
nella terra dei viventi.


 VANGELO 

Mt 9,1-8
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portavano un paralitico disteso su un letto. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati».
Allora alcuni scribi dissero fra sé: «Costui bestemmia». Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: «Perché pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa infatti è più facile: dire “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ma, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati: Àlzati – disse allora al paralitico –, prendi il tuo letto e va’ a casa tua». Ed egli si alzò e andò a casa sua.
Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.