(AGENPARL) – Mercoledì 24 ottobre 2018 – Una denuncia contro i commissari europei Pierre Moscovici e Guenther Oettinger per manipolazione del mercato in relazione alle loro dichiarazioni sulla manovra del Governo italiano. E’ stata presentata questa mattina presso la Procura della Repubblica di Roma da due giornalisti Francesco Palese e Lorenzo Lo Basso.
“Nelle ultime settimane – si legge nella denuncia – alcune dichiarazioni dei commissari europei Pierre Moscovici e Guenther Oettinger hanno pesantemente turbato i mercati italiani. Dichiarazioni rese alla stampa (non quindi comunicazioni ufficiali come il loro ruolo istituzionale imporrebbe) a mercati aperti che hanno manifestamente modificato l’andamento degli stessi, incidendo in modo significativo sulla fiducia e l’affidamento che il pubblico pone della stabilità patrimoniale di banche e gruppi bancari, alterando contestualmente il valore dello spread italiano.
Tali dichiarazioni sono state rese PRIMA che detti commissari ricevessero l’intera documentazione da parte del Governo italiano, avvenuta in data 16/10/2018 con il Documento programmatico di bilancio. In tal modo hanno diffuso notizie false e posto in essere operazioni simulate sulle conseguenze per l’Italia da tale manovra di bilancio provocando l’alterazione del prezzo di strumenti finanziari (violazione art. 185 TUF E ART. 501 C.P.) Lo Spread, che incide sui risparmiatori italiani, è infatti cominciato a salire. Si consideri che a fine Settembre era sul livello di 240 punti mentre è cominciato a salire vertiginosamente unitamente alle dichiarazioni dei due funzionari.
Nella denuncia vengono citate le dichiarazioni di Moscovici dello scorso 28 Settembre alla tv francese Bfm, riprese dalle agenzie di stampa italiane alle ore 10. “Fare rilancio economico – disse Moscovici – quando uno è indebitato si ritorce sempre contro chi lo fa, ed è sempre il popolo che paga alla fine”. Quel giorno lo spread, partito a 236, arrivò a toccare i 282 punti per poi chiudere a 267.
E ancora le dichiarazioni sempre di Moscovici del primo Ottobre parlando con i giornalisti in Lussemburgo. ‘Il 2,4% – affermò il commissario – una deviazione molto molto ampia”. Dopo queste affermazioni lo spread chiuse a 282 punti, partendo da 267.
E infine le dichiarazioni del 17 Ottobre di Oettinger allo Spiegel on line: “La commissione Ue rigetterà la manovra del bilancio italiano”. La lettera ufficiale della Commissione – si fa notare nella denuncia – sarà recapitata al Governo italiano in serata (a mercati chiusi) ma Oettinger avverte la necessità di anticiparne i contenuti nel primo pomeriggio ad un giornale tedesco on-line!” Lo spread passò da 292 a 308 punti”.
Dal 1918, ben 67 Paesi sono usciti da unioni monetarie - E la vita continua...
Le unioni monetarie non sono state mai eterne, durano quel che durano. La storia conferma che non esiste segno monetario immutabile o che ci abbia accompagnato dai tempi di Adamo ed Eva. Neppure dall'epoca dell'antica Roma o -piú modestamente- da Napoleone.
Neppure quelli in cui la potenza marittima britannica consolidó la sterlina e un breve ma redditizio impero. L'Europa sopravviverá alla UE perché il millenario crogiolo di civiltá-popoli-nazioni é cosa altra dal neototalitarismo liberista di fine millenio. No, il potere economico non deve assolutamente annettersi il potere politico: unica arma rimasto alla portata della glebe.
L'UE é l'impotente spettatrice del crollo dell'utopia della fede nei "macroindicatori" di Maastricht, come cemento per edificare un blocco continentale con un elevato livello di consumi. Oggi passano i diritti sociali sotto la mannaia della ghigliottina.
Un'altra cosa é certa: l'Italia sopravviverá alla UE perché -tra l'altro- ha una divisa che non ha mai fatto bancarotta, com'é il caso della Germania e della Francia, e perché continua ad esportare in misura comparativamente maggiore alla Germania, Francia e Olanda. Tacer non sanno, né possono, i cattivi maestri che hanno accaparrato la Commissione di Bruxelles per volere germanico.
Berlino si sbarazza della terza economia della UE?
Scenario: vittoria di Pirro sull'Italia e accelerazione della disgregazione-implosione del blocco. Perde il fronte del Mediterraneo, sottomisione crescente ai micro-Stati del Baltico e ipoteca piú paralizzante da parte del gruppo Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia).
Non é proprio esaltante, ma a Washington la contentezza fa fregar le mani. In fondo, l'unica politica che seguono é la frammentazione del resto del mondo, innalzando il livello delle insidie e ostilitá. Fino alla riedizione dei squadroni dela morte sudamericani.
Briglia sciolta a Soros e Bannon per "filosofare" fuori porta: non sono neppure l'ombra reincarnata di Machiavelli o Guicciardini, ma l'ammirazione allucinata la dice lunga sullo statusdecrepito della cultura in UE. Rockstars e "ideologi" lberisti pari sono, purché sopravviva lo spettacolo e il provincialismo (imperiale).
Berlino ripiega così a tappe forzate sull'euro luterano, limitato alle repubblichette monarchiche del nord e alla Francia (finché dura Macron). Castigo esemplare all'Italia? Risalterà a lettere di fuoco l'incapacitá di essere il perno idoneo ad articolare l'unitá geopolitica della penisola occidentale europea. Compito troppo grande per gli l'ossessionati dal proprio passato. Pervicace reiterazione -eroica e tragica- fino all'epilogo della debacle totale. Poca lungimiranza e grandezza, troppa ragioneria truffaldina, ergo nessuna capacitá di quagliare egemonia duratura. Troppo arrendevoli con gli USA e spietati con gli "europei" non banchieri, e i popoli eretici perché si discostano dal liberismo.
Dall'altra sponda, siamo al tramonto parallelo del biglietto verde sorto con l'annichilamento delle due economie egemoniche della Germania e del Giappone negli anni '40. Su questo potere distruttivo, USA disegnó il mondo alla misura dei propri appetiti onnivori. Dopo una breve parentesi terminata negli anni '60, perduto il primato mondiale delle esportazioni, tornarono all'essenza della forza marziale. A "Hiroshima, mon amour"come unico fondamento del dollaro. L'abbandono unilaterale dell'oro come copertura ha svelato una vuota autoreferenzialitá, che non giova piú alla convivenza fruttifera e pacifica delle genti.
La UE, fondata sulla sudditanza alla grande banca, ha una moneta fittizia e tributaria del dollaro. Serve per applicare gabelle e tribolazioni ai suoi popoli, ma non per pagare la fattura petrolifera all'Iran. Il patto di sangue tra Washington e la petromonarchia saudita: io stampo la cartamoneta dollaro, voi mettete gli idrocarburi. Chi deve comprare petrolio -e tutte le altre materie prime- deve rifornirsi di dollari. Il multipolarismo, peró, sta svincolando le principali materie prime dal dollaro. I giochi si sono riaperti.
Tutto questo mondo recante il marchio del 1945 é in via di archiviazione ma i
"saggi" yesman di Bruxelles -adusi solo a numeri e tabelline- assomigliano troppo a quei patrizi che alla quarta invasione e sacco dei Barbari, giuravano che Roma sprizzava di salute. Hanno perso la bussola, per questo non sopportano la critica. Non trattengono piú il livore contro tutto quel che evoca la parola popolo.
«Voglio parlare con la mamma di Desirée, perché so molto bene quello che sta provando in questo momento, perché so che posso aiutarla». Intervistata da il Messaggero, Alessandra Verni, la mamma di Pamela, la ragazza romana fuggita da una comunità di recupero di Macerata, stuprata e fatta a pezzi da carnefici nigeriani, “si confessa” senza filtri: «Senta, qui si parla ancora di razzismo. Io e Pamela non eravamo razziste, ma quando mai. I razzisti sono loro, gli extracomunitari, che non si integrano. Noi li accogliamo, sono loro che non ci accolgono. In una intercettazione come dicevano? Abbiamo una bianca da stuprare. Una bianca capito?».
La mamma di Pamela è un fiune in piena e attacca la retorica antirazzista sollevata a orologeria: «Sì fanno tante manifestazioni antirazziste, ma piuttosto difendessero i nostri figli», dice prima di confessare di riuscire a resistere al dolore straziante grazie alla fede. «Io Pamela la sento, mi manda segnali. Ora penso anche a Desirée, ridotta in quel modo. E alla sua mamma. Lo so solo io come sta».
La mamma di Pamela: razzisti sono gli immigrati
San Lorenzo? Alessandra Verni, romana doc, sa di cosa parla: «È un posto, in un contesto di degrado sociale che andava evitato, si poteva evitare. Anche stavolta non mancano gli imbecilli che dicono che se l’è andata a cercare, quasi che la colpa è della vittima e non del carnefice. Basta chiudere gli occhi di fronte a dati che sono oggettivi: sono tutti immigrati i protagonisti dei più orribili fatti di cronaca degli ultimi tempi».
Si è conclusa oggi a Malaga l’edizione 2018 della Conferenza Mediterranea dell’OSCE, che riunisce i 57 Stati Partecipanti dell’Organizzazione e i sei Paesi partner mediterranei dell’OSCE (Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Marocco, Tunisia). La Conferenza, quest’anno si è tenuta sotto la Presidenza slovacca del Gruppo di Contatto Mediterraneo dell’OSCE ed è stata dedicata al tema della cooperazione energetica nel Mediterraneo.
Nella sessione di alto livello odierna, che ha visto la presenza dei Ministri degli Esteri di Spagna e Slovacchia, è intervenuto per la Presidenza italiana dell’OSCE il Sottosegretario agli Affari Esteri e alla Cooperazione Internazionale, Guglielmo Picchi. Nel suo intervento, Picchi ha ricordato l’importanza per l’Italia del rafforzamento della cooperazione tra gli Stati partecipanti dell’OSCE e i partner mediterranei, specialmente su temi che sono al centro delle rispettive agende, come la gestione dei flussi migratori, la lotta alla tratta degli esseri umani, il contrasto al terrorismo e la cooperazione energetica.
“La dimensione di sicurezza mediterranea”, ha sottolineato il Sottosegretario Picchi, “presenta sfide da affrontare e opportunità da cogliere: per farlo, occorre una partnership rafforzata e una visione di lungo termine”. Picchi ha evidenziato anche il concreto impegno dell’Italia nell’OSCE a favore di progetti ed iniziative volte a rafforzare i legami di cooperazione con i Paesi della “Sponda Sud” del Mediterraneo.
Intervenendo ieri nella sessione di apertura, il Coordinatore per la Presidenza italiana dell’OSCE 2018, Amb. Vinicio Mati, aveva ricordato la specifica attenzione del nostro Paese per il rafforzamento della dimensione di sicurezza mediterranea dell’Organizzazione, che costituisce una delle priorità dell’azione dell’Italia alla guida dell’OSCE nel corrente anno, nella consapevolezza – ha aggiunto l’Ambasciatore Mati - che “la dimensione di sicurezza euro-mediterranea è indivisibile e complementare rispetto alla dimensione di sicurezza euro-atlantica ed euro-asiatica dell’OSCE”. La dimensione mediterranea della sicurezza sarà al centro anche del prossimo Consiglio Ministeriale OSCE, che si svolgerà a Milano il 6 e 7 dicembre, sotto la Presidenza italiana.
In occasione della prossima Presidenza italiana del 6 e 7 dicembre del Consiglio Ministeriale OSCE che si terrà a Milano, si auspica che l'agenda all'ordine del giorno possa includere anche un primo giro di consultazioni sulle strategie di difesa esterna ed interna dei Paesi europei membri della NATO, in vista di un futuro smantellamento o dismissione dei siti di stoccaggio di armi nucleari nelle basi militari USA presenti sul territorio di alcuni Paesi europei primo fra tutti l'Italia, che percepisce l'urgenza di trovare al più presto una soluzione ad un problema incombente di Sicurezza Nazionale. L'Italia dovrebbe prendere in considerazione l'idea di abbandonare la NATO in forza della violazione del trattato di non proliferazione nucleare da parte degli USA. La NATO si è resa responsabile di aver disseminato l'intero territorio italiano, da nord a sud, di pericolosi ordigni nucleari che mettono in serio pericolo l'incolumità dell'intera popolazione italiana, oltre ad aver inabissato nei nostri mari tonnellate di scarti radioattivi.
Il governo del Myanmar ha pubblicato il Piano per la promozione degli investimenti 2018 (Mipp), un documento elaborato dalla Myanmar Investment Commission (Mic) in collaborazione con la Japan International Cooperation Agency che, partendo dalla legge sugli investimenti del 2016, sostituisce il Fdi Promotion Plan varato nel 2014 presentando un percorso ventennale di attrazione degli investimenti.
Il programma si pone tre obiettivi: la trasformazione del Myanmar in un Paese a reddito medio entro due decenni; l'incremento del Pil pro capite dai 1.451 dollari del 2017 a 4.400 dollari nel 2035 e il miglioramento del clima imprenditoriale. Il piano governativo per la promozione degli investimenti approfondisce sia le criticità (tra cui rischio politico, crisi nel Rakhine, incertezza del quadro regolamentare, debolezza del settore finanziario, assenza di infrastrutture), che le opportunità (collocazione geografica strategica tra Cina e India e nell'Asean, abbondanza di risorse naturali, crescita del mercato interno e costo contenuto della manodopera) connesse con la possibilità di investire in Myanmar. Riconoscendo la necessità di sostenere gli investimenti attraverso la creazione di un sistema regolamentare chiaro e prevedibile, la Commissione per gli investimenti ha individuato cinque "percorsi di crescita a lungo termine" incentrati su: aumento delle esportazioni, fronte sul quale il Myanmar auspica di poter trarre vantaggio dal costo contenuto della propria manodopera; potenziamento del mercato interno e del tessuto economico locale; sviluppo infrastrutturale; promozione del terziario, con un'attenzione particolare alle tecnologie per l'informazione e la comunicazione; sfruttamento delle risorse naturali. In particolare, il Governo stima che il settore Oil & Gas riceverà una quota rilevante degli investimenti esteri il prossimo anno, grazie al previsto avvio di nuove gare d'appalto. Dal punto di vista organizzativo, sarà istituito un nuovo Comitato per la promozione degli investimenti, che dovrebbe essere presieduto dal ministro per l'Unione U Thaung Tun e che, avvalendosi del Directorate of Investment and Company Administration, valutera' su base quinquennale l'attuazione del Mipp. Il Governo riserverà grande attenzione alla protezione della proprietà intellettuale degli investimenti stranieri; verrà data priorità agli investimenti e alle attività economiche in grado di alimentare le esportazioni o di sostituire le importazioni.
Con il Piano per la promozione degli investimenti per il 2018 del Myanmar, si aprirebbe per l'Italia un importante e allettante sbocco delle esportazioni verso questo Paese in costante sviluppo che, grazie all'amministrazione capace e lungimirante della sua leader Aung San Su Khi, sta ricevendo nuovo slancio e nuove prospettive di crescita. La posizione geostrategica del Myanmar in Asia, con tutti i vantaggi che comporta, unita al basso costo della manodopera, e alla necessità di infrastrutture per modernizzare il Paese, può rappresentare per l'Italia un ottimo biglietto di ingresso negli scambi commerciali da e verso i paesi asiatici. L'Italia sarebbe orgogliosa di promuovere nuovi affari con il Governo del Myanmar, attraverso opportuni investimenti atti a favorire e sostenere la ripresa economica di questo bellissimo e affascinante Paese.
Se una struttura come Stay Behind è riuscita ad operare impunemente per tanti anni all' interno delle nostre istituzioni, possiamo avere la certezza che sia stata smantellata efficacemente proprio durante il governo di Giulio Andreotti nel 1990? Se si ragiona su come sono stati fatti fallire alcuni processi per le stragi di Mafia si potrebbe pensare che questa doppia struttura sia davvero ancora stata in funzione
Qualche anno fa è stato declassificato un documento di particolare interesse: la riconferma dell’accordo tra il servizio segreto americano (Cia) ed il servizio segreto Italiano (SIFAR)firmato il 28 Novembre 1956. Riguarda la creazione da parte della Cia e del Sifar di una rete clandestina “Stay Behind” rete che doveva essere istruita, addestrata, coinvolta in esercitazioni, e fatta operare in attesa di diventare operativa non appena una potenza straniera avesse occupato il nostro territorio. L’accordo era a conoscenza della Commissione Parlamentare sulle Stragida tempo ed è stato pubblicato nel bel libro di Sergio Flamigni Dossier Gladio, Kaos Edizioni. Se siete attenti lettori non vi sarà sfuggita l’antinomia da me scritta poche righe sopra “fatta operare in attesa di diventare operativa”. Se la rete viene fatta operare in attesa di diventare operative, significa che è già operativa, ed infatti è quello che è avvenuto, perché l’ Italia non è mai stata invasa ed invece quella rete ha sempre operato impunemente. C’è un altro aggettivo che merita di essere analizzato in quel documento del 28 Novembre 1956: “clandestino”. Perché la Cia ed il Sifar creano una rete clandestina e non segreta? Quale è la differenza tra clandestino e segreto? Le strutture segrete statali sono ammesse quando che per una ragione di Stato sia necessario mantenere il segreto su alcune operazioni. Quale è il caso in cui una struttura viene definita clandestina? Quando la sua esistenza viola la legge dello Stato in cui opera, dunque è illegale e la sua clandestinità le permette la sopravvivenza. Perché la struttura “Stay Behind” era clandestina? Perché è considerato illegale che un servizio straniero (La Cia ) crei un esercito clandestino all’interno del territorio italiano lo gestisca, e lo addestri e lo faccia operare assieme al nostro servizio segreto ma al di fuori delle istituzioni italiane, infatti dell’esistenza di questo esercito segreto sono molti i Governi Italiani a non esserne mai stati informati. Il motivo è semplice: il progetto di questa struttura segreta è stato utilizzato per condurre una guerra fredda, una guerra non dichiarata che ha utilizzato la minaccia del Colpo di Stato e gli attentati terroristici per influenzare e condizionare la vita politica del nostro Paese. Questa è l’origine della maggioranza dei misteri e delle stragi avvenute nel nostro Paese.
Partiamo dal 1964 quando il Generale de Lorenzo (proprio quello che ha firmato l’ accordo con la Cia) al vertice dell’arma dei carabinieri fa convergere a Roma per la festa della Repubblica e per il 150 °anniversario della nascita dell’Arma dei carabinieri ,un enorme quantità di ufficiali dei carabinieri, con il segreto progetto di realizzare un colpo di Stato che impedisca al governo Morol’apertura al Partito Socialista. Il Golpe prevedeva gli arresti un lungo elenco di 731 dirigenti del Partito Comunista, del Partito Socialista e del Sindacato da trasferire a capo Marrargiu in Sardegna in una base costruita su terreno acquistato dalla Cia e poi passato in gestione agli italiani. Il presidente della Repubblica Segni per la prima ed unica volta nella storia della Repubblica , convoca per consultazioni non solo i segretari ,dei Partiti ma anche il Generale De Lorenzo a capo dell’ arma dei Carabinieri ed il capo di stato Maggiore della Difesa Generale Aldo Rossi. Segni fa intendere che non sarebbe stato ostile ad un governo di Cesare Merzagora che da tempo prevedeva vita breve per i Partiti, a quel punto il segretario del Partito Socialista Pietro Nenni decide di abbassare di molto i progetti di riforme del suo governo. La crisi viene superata ma si deve aspettare il 1967 per leggere sul settimanale L’Espresso i piani del golpe del generale De Lorenzo. I giornalisti Eugenio Scalfari e Lino Iannuzzi vengono condannati per la pubblicazione di materiale coperto dal segreto di Stato, ma il Partito Socialista li candida alle elezioni politiche del 1968 e riesce a farli eleggere e far evitare loro la prigione. Ma non si pensi che fu un tentativo di golpe da operetta. Quando nel 1969 la Commissione Parlamentare che indagava su quei fatti chiese l’audizione del vice comandante dell’arma dei carabiniere Gen. Giorgio Manes, questi si presentò a Montecitorio in abiti borghesi e disse alla moglie di passare dopo 45 minuti, la moglie ritornò all’entrata del Parlamento dopo poco più di mezzora e le fu comunicato che il marito aveva avuto un malore. Fu accompagnata all’ospedale e trovò il marito dentro una bara già in divisa militare e con tutte le sue medaglie al petto, ovviamente non fecero alcuna autopsia. Il generale accetto un caffè questo fu il suo errore.
La strage di piazza Fontana, considerata la madre di tutte le stragi avvenne il 12 Dicembre del 1969: 17 morti e 88 feriti. Non ci fu solo la bomba esplosa a Milano ma anche le altre tre bombe fatte scoppiare a Roma, due all’ altare della patria ed una vicino alla Banca Nazionale del lavoro. Questa ondata di attacchi di terrorismo avrebbe dovuto dare il via al golpe Borghese ma la risposta composta e massiccia dei cittadini milanesi, poco inclini alle Jacqueries e l’incredibile dinamica della morte dell’anarchico Giuseppe Pinelli, volato fuori da una finestra della Questura, non fecero scattare quell’ondata di rabbia popolare che gli strateghi del colpo di Stato avevano previsto per poter innescare il golpe del comandante Junio valerio Borghese. Il golpe fu rimandato alla notte dell’immacolata del 1970 tra il 7 e l’ 8 dicembre, 187 uomini della Guardia Forestale si accamparono di fronte alla sede della Rai di via Teulada per occuparla, un gruppo di Ordinovisti entrò al ministero degli Interni e si impadronì di diverse armi, secondo i piani era previsto anche il rapimento del capo dello Stato Giuseppe Saragat e l’assassinio del capo della polizia Angelo Vicari, nel progetto di golpe risultò essere coinvolto anche lo stesso capo del Sid Vito Miceli, ma una telefonata misteriosa ricevuta dal comandante Junio Valero Borghese lo convinse a bloccare immediatamente l’operazione. Uno dei personaggi coinvolti nel tentativo di golpe del 1970, Il colonnello Amos Spiazzi è stato uno dei primi testimoni a parlare dell’esistenza di una struttura clandestina interna e parallela a quella istituzionale.
La Struttura” sarebbe nata dall’aborto del colpo di stato, “il Piano Solo” che abbiamo appena trattato. Amos Spiazzi ha confermato che la Struttura era “parallela alla struttura ufficiale del Sid chiamata ‘I’ , ed ha operato sempre in funzione anticomunista”. I membri che operano in questa struttura godono di un nullaosta di sicurezza (NOS), di livello superiore al COSMIC, che ufficialmente dovrebbe essere il livello di sicurezza più elevato. Questa gerarchia, nata fuori dalle istituzioni, ha determinato strane situazioni, perché talvolta personalità di massimo livello istituzionale non vengono considerate abbastanza affidabili, e di conseguenza il super-comitato può anche decidere di provocare il “siluramento” politico del soggetto indesiderato”. Riportiamo alcune delle sue dichiarazioni in aula durante il processo che fu costretto ad affrontare.
– Come lei forse saprà, io ho chiesto, prima di essere interrogato, di essere dispensato dal segreto, al quale, nel mio ruolo, sono tenuto, ma il mio generale mi ha vietato nel modo più assoluto di rivelare informazioni coperte da segreto. Durante il processo è venuto in aula, e davanti al magistrato ha detto in modo plateale: “ parli pure liberamente”. Ma mentre mi diceva questo, guardandomi dritto negli occhi, con la mano che aveva poggiata sul ginocchio, mi faceva chiaramente segno di no, muovendo l’indice a destra e a sinistra.. Comunque non ho parlato.
– Di cosa è accusato, colonnello?
– Di cospirazione politica e insurrezione armata contro lo Stato: in particolare di aver partecipato a un tentativo di golpe e di essere un affiliato della cosiddetta Rosa dei Venti
– Lei ha dichiarato che all’origine dei vari golpe nei quali è stato coinvolto c’era una organizzazione dentro l’organizzazione che ha praticamente spezzato in due i nostri servizi di sicurezza.
– Dentro le istituzioni ci sono persone che appartengono a una organizzazione che non ha finalità eversive e tanto meno criminose, ma si propone di proteggere le istituzioni vigenti contro ipotetici avanzamenti dei comunisti nel nostro Paese. Questa organizzazione ha una struttura gerarchica non necessariamente coincidente con quella delle forze armate. Ovviamente all’interno di questa struttura ci si riconosce non tanto per frequentazione personale, quanto per mezzo di segni convenzionali. Io ad esempio non conosco tutti i membri di questo sistema e non so da chi e come vengano scelti, pur supponendo che ci si basi su criteri non troppo diversi da quelli che vengono utilizzati per scegliere gli ufficiali dei servizio Interno, cioè criteri di sicurezza. Voglio aggiungere che questo organismo non si identifica in nessun organismo di sicurezza ufficiale.
– Lei mi sta dicendo che esiste una organizzazione clandestina dentro il nostro Stato che non risponde alla gerarchia ufficiale ma solo ai suoi riferimenti politici anticomunisti?
– Ho fatto oggi delle dichiarazioni che non avrei mai dovuto fare sull’esistenza di un organismo di sicurezza interno, segreto, ma le ho fatte perché ritengo che abbia una sua funzione legale e debba essere tutelato come gli altri organismi dello Stato. Che io sappia esiste dal 1972, si tratta di una organizzazione caratterizzata da una gerarchia verticale e che è parallela alle istituzioni ufficiali. Ad esempio, uscendo da questo studio io non potrei mettermi in contatto direttamente con il personaggio a me superiore, che mi hai dato l’ordine di predisporre l’incontro con i finanziatori, ma sarebbe lui a farmi contattare. Solo chi è al vertice conosce tutta la struttura ed esistono, a vari livelli, dei vertici parziali. Inserirsi in questo reticolo è impossibile e comporterebbe dei rischi notevolissimi per chi lo facesse.
Per entrare in questa organizzazione occorre avere sentimenti anti-marxisti e aver svolto determinati compiti informativi nelle caserme. Non si chiede di entrare a farne parte, perché, di fatto, il chiederlo implica l’entrare in contatto con un terminale dell’organizzazione, ma si viene scelti, dopo essere stati osservati. La gerarchia di questa organizzazione segreta, dai cui ordini dipendono i sottoposti, non coincide necessariamente con quella della struttura ufficiale, col risultato di possibili sovrapposizioni e conflitti nell’esecuzione dei comandi.
Suppongo che in questa rete di militari e civili abbiano una parte parecchio rilevante le organizzazioni criminali del sud, ma sono ipotesi che non posso dimostrare, avendo io da sempre operato nel solo quadrante nord est.
La testimonianza di Amos Spiazzi non è stata l’ unica a far affiorare l’ esistenza di questa rete parallela, anche Vincenzo Vinciguerra l’ autore della strage che ha ucciso tre carabinieri a Peteano nel 1972 ha dichiarato nel corso delle sue interviste: Sono giunto alla conclusione che tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia a partire dal 1969 appartengono ad una unica matrice organizzativa che obbedisce ad una logica secondo la quale le direttive partono da apparati inseriti nelle istituzioni e per l’esattezza in una struttura segreta del Ministero dell’Interno, più che dei carabinieri. Già da ora indico la strage di via Fatebenefratelli a Milano come uno dei momenti più interessanti per capire la strategia complessiva del fenomeno, mi limito a segnalare che le indagini sono state concluse rapidamente con incriminazione del solo attentatore come esecutore materiale senza sfiorare il livello dei mandanti. Quanto alla strage dei 3 carabinieri, il meccanismo di copertura scattò automaticamente all’insaputa del responsabile della strage, posso indicare in alcuni quadri di Ordine Nuovo nel Veneto i personaggi che da molto tempo e ancora oggi sono inseriti nella struttura occulta di cui ti parlerò. …Si è formata così in me la convinzione, avvalorata da successivi riscontri come, ad esempio, le ammissioni di Giorgi sulla sua intima amicizia con un altissimo funzionario del Ministero degli Interni; la confidenza fattami daRognoni e da Francesco Zaffoni, in Spagna, circa le marce, notturne di membri di Orizzonte Nero che indossavano la tuta mimetica dei carabinieri, nella zona di Varese, dell’esistenza, sotto la facciata di Ordine Nuovo di una struttura occulta all’interno della quale operavano personaggi come Giugni, Giorgi, Carlo Del Fiore , Signorini. In posizione di vertice, Giuseppe Rauchi.Struttura a sua volta inserita in una apparato composto da civili e militari arruolati dalla Nato sulle base delle loro convinzioni anticomuniste. Studiando gli atti di terrorismo avvenuti nella prima Repubblica alle luce delle dichiarazioni qui presentate e tenendo presente il documento dell’accordo Sifar Cia del 1952 recentemente declassificato ,viene da porsi la seguente domanda: se una struttura di questo genere è riuscita ad operare impunemente per tanti anni all’ interno delle nostre istituzioni, possiamo avere la certezza che sia stata smantellata efficacemente proprio durante il govero di Giulio Andreotti nel 1990? Possiamo avere la certezza che una struttura clandestina interna e parallela alle nostre istituzioni mai esplorata seriamente, sia stata smantellata davvero? Se si ragiona su come sono stati fatti fallire alcuni processi per le stragi di Mafia si potrebbe pensare che questa doppia struttura sia davvero ancora stata in funzione. In campo letterario si moltiplicano i libri di autobiografie di agenti dal doppio passaporto che hanno operato fino a tempi recenti sia per la Cia che per le nostre istituzioni, sono solo finzioni letterarie o ci siamo ormai abituati a questa misteriosa presenza e non ci stupiamo più di nulla? Non sarebbe ora che la politica italiana facesse terminare le ingerenze della Cia nei nostri affari nazionali?
Dalle cronache giudiziarie appare un altro caso di presunti malaffari intorno ai parenti di Matteo Renzi, il cui padre Tiziano è indagato per lo scandalo Consip ed una maxi fatturazione sospetta da 195mila euro, la clamorosa inchiesta fiorentina che vede coinvolti il cognato e due suoi fratelli in una presunta distrazione di fondi destinati ai bambini africani da fondazioni americane. Ma se si fanno opportune ricerche emergono strane coincidenze che, come in un intrigo politico internazionale, conducono alla donazione di una fondazione Usa in cui siede nel Board un ex senatore democratico, vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti d’America, braccio destro di Barack Obama, l’ex presidente statunitense che per primo benedisse la nomina di Renzi a Palazzo Chigi, venendo in italia apposta nel marzo 2014 a dare il suo imprimatur. Non solo. Un’altra parte della donazione proviene da quell’Unicef in cui l’ex segretario nazionale Pd Walter Veltroni è al suo secondo mandato come componente del Comitato Direttivo in Italia.
LA GIRANDOLA DI FINANZIAMENTI PER L’AFRICA
«Oltre 6,6 milioni di dollari destinati ad attività di assistenza di bambini africani sarebbero transitati sui conti privati di Alessandro Conticini, fratello maggiore di uno dei cognati di Matteo Renzi, e utilizzati in gran parte per cospicui investimenti immobiliari e in misura minore (per circa 250 mila euro) per l’acquisto di quote di alcune società della famiglia Renzi o di persone ad essa vicine – riportano le cronache di Firenze del quotidiano Repubblica dell’8 agosto – Quel che è emerso dalle indagini della Guardia di finanza e dalle rogatorie all’estero disposte dal procuratore aggiunto Luca Turco e dal sostituto Giuseppina Mione è tuttavia piuttosto allarmante. Alessandro Conticini, 42 anni, e il fratello minore Luca, 37, che poteva operare sui conti della Play Therapy Africa e su quelli personali del fratello, sono sotto inchiesta per appropriazione indebita aggravata e autoriciclaggio. Il terzo fratello, Andrea, gemello di Luca e marito di Matilde Renzi, sorella dell’ex presidente del Consiglio, è indagato per riciclaggio, per gli acquisti, a nome del fratello Alessandro, di quote di tre società: la Eventi 6 della famiglia Renzi, la Quality Press Italia e la Dot Media di Patrizio Donnini e di sua moglie Lilian Mammoliti, legati ai Renzi. Queste operazioni risalgono al 2011. Alla Eventi 6 sono arrivati 133 mila euro, alla Quality Press Italia 129 mila, alla Dot Media 4 mila».
L’INCHIESTA APPESA AD UN FILO
Accuse pesanti fortemente respinte nelle dichiarazioni ai media dall’avvocato Federico Bagattini, che difende i tre fratelli con la collega Chiara Zecchi di Bologna, il quale, oltre ad affermare che ogni operazione sarà puntualmente spiegata in una memoria che verrà depositata alla conclusione delle indagini preliminari, si è premurato di fare rilevare che nessuna delle organizzazioni che hanno donato contributi di beneficenza alla Play Therapy Africa Ltd, di cui Conticini era socio e direttore, “ha fatto la benché minima denuncia nei suoi confronti”. Una circostanza, quest’ultima, che rappresenta il rischio che cada una pietra tombale sull’intero procedimento giudiziario. Proprio in virtù della Riforma Orlando approvata dal Governo Pd del premier Gentiloni (in regime di prorogato post Elezioni Politiche del 4 marzo) è stata estesa la procedibilità a querela di parte per molti reati penali, anche per la appropriazione indebita aggravata, violazione prima procedibile d’ufficio. Pertanto, siccome finora nessuno dei donatori ha presentato denuncia, la Procura si è sentita in dovere di avvisare della modifica legislativa Unicef, Fondazione Pulitzer, Operation Usa e le altre associazioni benefiche invitandole a comunicare se intendano sporgere querela, senza la quale il reato di appropriazione indebita diventerebbe improcedibile e, estinguendosi, farebbe svanire anche l’accusa di riciclaggio.
MILIONI DI EURO DALL’AMERICA
Ma chi ha effettuato quelle laute donazioni che sarebbero oggetto della presunta donazione? «Alessandro Conticini, che vive all’estero, è stato il rappresentante dell’Unicef ad Addis Abeba, poi si è avvicinato alla Associazione per la Play Therapy fondata a Londra nel 1982, con la quale ha costituito la Play Therapy Africa, e fra il 2008 e il 2016 ha raccolto circa 10 milioni di dollari di fondi destinati ai bambini africani. Il principale donatore è stata la Fondazione Pulitzer, che attraverso la organizzazione no profit Operation Usa ha versato alla Play Therapy Africa 5,5 milioni di dollari, seguita da Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia) che ha donato 3,8 milioni di dollari e da altre organizzazioni umanitarie australiane, americane ed europee, che complessivamente hanno versato quasi 900 mila dollari» spiega nel dettaglio Repubblica.
L’inchiesta della Procura di Firenze nasce dalle perplessità di Monika Jephcott, già direttrice della casa madre Play Therapy ltd Londra, e dalle segnalazioni bancarie sui conti correnti personali di Alessandro Conticini presso la Cassa di Risparmio di Rimini, agenzia di Castenaso (città di origine dei tre fratelli), dove sarebbero transitati – secondo i magistrati – quasi 6,6 milioni di dollari provenienti dalle donazioni: una parte utilizzati nel 2015 per sottoscrivere un prestito obbligazionario di 798 mila euro emesso da una società dell’isola di Guernsey, e un’altra parte finiti fra il 2015 e il 2017 in un investimento immobiliare in Portogallo per un importo di 1 milione e 965 mila euro.
LA FONDAZIONE OPERATION USA E IL SENATORE DEM
Per comprendere le connessioni internazionali che soggiaciono alle dinamiche di questi generosi finanziamenti è bene comprendere chi sia e chi rappresenti il più importante finanziatore dell’associazione di Conticini. Operation USA, conosciuta anche come OpUSA, Operation California, o OpCal, è un’organizzazione umanitaria fondata nel 1979 con sede a Los Angeles senza scopo di lucro, dedicata ad aiutare le comunità ad alleviare gli effetti di disastri, malattie e povertà endemica in tutto il mondo fornendo aiuti umanitari e per lo sviluppo. È finanziato esclusivamente privatamente, senza ricevere alcuna assistenza dal governo federale degli Stati Uniti. L’OPUSA ha registrato un fatturato di oltre 22 milioni di dollari nell’anno fiscale 2012 e ha inviato oltre 425 milioni di “forniture mediche, nutrizionali e di riparo ad alta priorità” sin dal suo inizio, incluse le spedizioni ad Haiti, Giappone, Cile, Kenya e Pakistan nel 2011 e 2011.
Tra i membri del Consiglio direttivo di tale fondazione filantropica c’è l’ex senatore democratico Gary Hart il cui nome, oltreché nella storia dell’ente, compare di recente tra i componenti del Board firmatari di un appello pubblico sul sito per una campagna di fundraising a sostegno del diritto alla cura sanitaria dei cittadini americani meno abbienti. Gary Warren Hartpence (Ottawa, 28 novembre 1936) noto solo come Gary Hart è un ex procuratore distrettuale eletto al Senato Usa nello stato del Colorado nel 1975 e rimasto in carica fino al 1987 quando si dedicò alla preparazione della corsa alle Primarie presidenziali del 1988 per i Dem. Una candidatura in cui fu bruciato dallo scandalo per una relazione extraconiugale che ebbe molto risalto sui giornali anche per l’impegno del senatore nella chiesa metodista americana. Ma soprattutto perché lo stesso Hart era un politico di spicco: già direttore della campagna elettorale di McGovern all’epoca dello scandalo Watergate che travolse Nixon, mise la sua esperienza in campo giudiziario al servizio della Commissione di Sicurezza per il 21° secolo (U.S. Commission on National Security for the 21st Century) nota anche come Commissione Hart – Rudman che ebbe il merito vano di predire l’attacco dell’11 settembre alle Twin Towers. Fu proprio Hart, il 6 settembre 2001, ad allertare il Segretario di Stato Condoleza Rice circa il possibile attacco aereo e duramente contestó poi al presidente George W. Bush il fatto di non aver preso in considerazione l’avvertimento.
UOMO DI OBAMA NELLA SICUREZZA NAZIONALE
In virtù di queste sue grandi esperienze ha ricevuto importanti prestigiosi incarichi dal presidente Usa Barack Obama durante il suo mandato. Dal 5 giugno 2009 all’8 febbraio 2011 è stato infatti vicepresidente del Comitato Consultivo sulla Sicurezza Nazionale (Homeland Security Advisory Council), uno degli Uffici Esecutivi alle dirette dipendenze dal Presidente, una struttura di grande importanza strategica in America, creata dopo l’attacco terroristico dell’11 settembre, che dal 2005 è presieduta dall’ex direttore della CIA (Central Intelligence Agency) William Hedgcock Webster. Lo stesso Hart, che è componente dell’importante “think tank“ Council on Foreign Nation, l’organizzazione di ricerca e indirizzo sulle politiche e gli affari internazionali, dal 21 ottobre 2014 al 20 gennaio 2017 è stato Inviato Speciale per gli Usa in Irlanda del Nord, missione che gli è valsa il pubblico plauso del cantante degli U2 Bono per il contributo alla pacificazione. L’ex senatore democratico del Colorado, dal 2006 docente all’Università di stato a Denver, è anche prolifico scrittore e, dal 2005, dopo aver avviato un suo blog personale, è diventato un opinionista di punta dell’Huffington Post, la cui edizione italiana è cofinanziata dal Gruppo L’Espresso di proprietà di Carlo De Benedetti, tessera n. 1 del Partito Democratico.
GLI ALTRI SOLDI DALL’UNICEF IN CUI OPERA VELTRONI
Una tranche sempre cospicua delle donazioni oggetto dell’inchiesta giunge invece dall’Unicef (non è dato sapere se filiale italiana o estera) che, secondo le verifiche dei magistrati diffuse dai quotidiani, avrebbe donato 3,8 milioni di euro alla Play Therapy Africa di Alessandro Conticini. Ebbene tra gli amministratori di spicco della Unicef Italia figura proprio un compagno di partito di Matteo Renzi: si tratta di Walter Veltroni, già segretario nazionale del Partito Democratico dal 2007 al 2009 e giunto al suo secondo mandato come componente del Comitato Direttivo Unicef Italia dove fu nominato per la prima volta nel 2014.
Orbene è evidente che la semplice connessione quasi naturale tra Democratici americani ed esponenti italiani del Partito Democratico, ed in particolare tra Obama, Hart, Renzi, De Benedetti, non è certo sufficiente a dimostrare che quella donazione di Operation USA da ben 5,5 milioni di euro ad un parente dell’ex premier abbia avuto una gestazione da simpatia politica. Né tanto meno rileva alcunchè circa un loro benchè minimo coinvolgimento nella distrazione di tali fondi per l’Africa ed eventuali reati che debbono peraltro ancora essere provati dalla magistratura anche a carico degli unici indagati, i fratelli Conticini. Analoga posizione di totale estraneità all’inchiesta vale per il piddino Veltroni; non si sa nemmeno se fosse a conoscenza della donazione (e se sia avvenuta prima o dopo il suo ingresso nel Cda), se sapesse della destinazione al parente di Renzi e della successiva distrazione dei fondi. Anche perchè dei circa 10 milioni di euro raccolti dalla fondazione umanitaria di Conticini ci sarebbero le tracce di una presunta appropriazione pari a 6,6 milioni, quindi 3,4 sarebbero arrivati a destinazione: in questa vorticosa girandola di movimentazione di denaro, i condizionali sono assolutamente d’obbligo.
Ma alla luce di tutte queste interessanti correlazioni è davvero fondamentale capire se l’Unicef e la Operation Usa sporgeranno denuncia contro i fratelli del cognato di Renzi per consentire la procedibilità giudiziaria e l’eventuale richiesta di risarcimento in caso di condanna; oppure, in virtù della vicinanza politica tra l’ex premier e il compagno Veltroni, e la consolidata confidenza tra lo stesso Renzi ed il presidente Usa, e la collaborazione di fiducia tra quest’ultimo e il senatore Hart, rinunceranno ad ogni azione legale come può accadere in gruppo di buoni amici dinnanzi a “imprevisti” finanziari. Con tanti saluti ai bimbi africani…
Se non fossimo nel paese delle toghe rosse dove l’Uomo Nero Massimo Carminati, sfuggito agli ergastoli pur avendo militato nei Nar e nella Banda della Magliana, pur essendo stato imputato ed assolto per il delitto di Mino Pecorelli dopo aver svaligiato il caveau della Banca di Roma nel Palazzo della Giustizia romano per ricattare giudici e avvocati, è diventato capo della Mafia Capitale col benestare di politici neri e rossi e perciò condannato a 14 anni di reclusione (dopo un’altra pena di medesima entità scontata in minima parte per l’indulto) ci sarebbe da stupirsi che 42 migranti fuggiaschi (e perciò presunti clandestini non avendo atteso l’esito delle richieste di asilo politico) possano valutare di costituirsi parti offese in un procedimento giudiziario contro il Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, reo, agli occhi di un magistrato in gioventù attivista del Pci, di aver sequestrato gli immigrati della nave Diciotti. Un membro del Governo indagato a prescindere da ogni valutazione circa una legittima azione per ragioni di sicurezza nazionale, laddove l’Unione Europea non ha risposto agli appelli di condivisione delle emergenze migratorie.
Ma siamo in questa Repubblica, di cui è arbitro un presidente votato dalla sinistra e di essa ultimo baluardo di resistenza, che da oggi non è più delle Banane ma del Baobab! Perché se quei 42 migranti fuggiacchi possono ponderare di sporgere querela contro un Ministro è solo grazie ad un’associazione borderline che fu fondata, come ricorda Il Giornale, proprio dal compare di Carminati, ovvero Salvatore Buzzi, re delle cooperative dell’accoglienza e sponsor della giunta di destra di Gianni Alemanno – come evidenzia la sconcertante foto di una cena al Baobab che lo ritrae insieme a Luciano Casamonica (imparentato con l’omonima clan malavitoso e già arrestato nel 2009 per spaccio di droga insieme alla moglie Annunziata Spada, altra famiglia nota agli inquirenti), quanto dell’amministrazione capitolina del piddino Ignazio Marino e sovvenzionatore – a suo stesso dire – persino del premier Matteo Renzi. Quel Buzzi condannato nei giorni scorsi in Appello a 18 anni con l’aggravante di associazione di stampo mafioso, ovvero del 416 bis come l’Uomo Nero Carminati che pure dal carcere minaccia i giornalisti che fanno inchieste su di lui come Lirio Abbate (libro La lista sui misteri dell’assalto al caveau, link in fondo all’articolo).
LA STORIA DEL CENTRO BAOBAB
«In principio era un centro culturale dove si poteva mangiare della buona cucina africana. Situato in via Cupa, nei pressi della stazione Tiburtina, il Baobab nasce nel 2004 al posto di una vetreria abbandonata – scrive Francesco Curridori su Il Giornale dell’8 settembre 2018 – Ben presto finisce sotto la gestione della cooperativa “29 giugno” di Salvatore Buzzi, quello che sosteneva che con i migranti si facessero più soldi che con la droga. Ed è qui che, nel 2010, viene scattata la ‘foto simbolo’ dell’inchiesta ‘Mondo di mezzo’ che ritraeva Buzzi insieme all’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno e all’ex ministro del welfare, Giuliano Poletti, all’epoca presidente nazionale di Legacoop. Nel dicembre 2015, dopo gli attentati che hanno insanguinato Parigi, l’allora commissario straordinario di Roma Capitale, Francesco Paolo Tronca, decide di chiudere il centro Baobab che dal mese di maggio aveva “cambiato gestione”. Al posto del Baobab di Buzzi nasce il Baobab Experience, associazione capitanata dall’attivista Andrea Costa (già consigliere dell’ex III municipio per i DS nei primi anni 2000) che ha lo scopo di aiutare i migranti transitanti che arrivavano dalla stazione Tiburtina dando loro un pasto caldo, cure mediche e una tenda dove passare la notte».
Lascio ai lettori più curiosi l’onere di leggere tutta la storia (sul link a fondo pagina) di un centro spontaneo, ovvero non autorizzato da alcuna istituzione, di accoglienza ai migranti e salto all’oggi: «Attualmente – scrive ancora Il Giornale gli attivisti del Baobab hanno trovato una nuova sede per la loro ‘tendopoli’ nel Piazzale Maslax, un’area così ribattezzata dal nome di un migrante che, proprio quell’anno, si tolse la vita. Dal 2015 a oggi le forze dell’ordine hanno effettuato oltre 20 sgomberi con l’intento di riportare l’ordine e la quiete in una zona, quella della stazione Tiburtina, che oltretutto viene vandalizzata anche dagli schiamazzi e dai litigi dei clochard che popolano il quartiere. Una situazione sempre più insostenibile per residenti e passanti e che, a distanza di anni, non sembra destinata a cambiare».
LA FUGA DAL CENTRO CARITAS AL BAOBAB
Sebbene quindi sia un’associazione senza riconoscimento ufficiale delle istituzioni Baobab è balzata agli onori della cronaca per aver dato asilo ai fuggiaschi: quelli collocati dal Ministero dell’Interno, con coordinamento di Prefettura e Questura, nel Centro Caritas di Rocca di Papa da dove sono scappati probabilmente consapevoli che come il 70 % dei migranti non avrebbero ottenuto l’asilo politico per mancanza di requisiti. «Sedici immigrati che erano a bordo della nave della Guardia costiera Diciotti e che, una volta sbarcati, sono poi scappati dal Centro Caritas di Rocca di Papa sono stati trovati nascosti dagli agenti al Baobab, l’accampamento di tende dove opera Medici senza Frontiere. I 16 extracomunitari fuggiti dalla Caritas erano stati accolti dal personale del Centro, una specie di suq che si trova dietro a piazzale Tiburtino a Roma – scrive Paolo Lami sul Secolo d’Italia del 7 settembre 2018 – La spiegazione la danno gli esponenti del Baobab: “non abbiamo ritenuto rendere pubblica la loro sosta al nostro campo per proteggerli, proteggerli dalle dittature dalle quali fuggono, proteggerli dai media e dalla narrazione tossica con la quale spesso viene rappresentata la migrazione, proteggerli dal razzismo e dalla xenofobia dilaganti alimentate ad arte da chi vuole costruire consenso su una ingiustificata paura e proteggerli per garantire loro quello di cui ogni essere umano dovrebbe poter godere: la libertà di movimento. Ci sentiamo, assieme a tante donne e tanti uomini in Italia ed in Europa, loro complici”. I sedici extracomunitari della Diciotti sono stati poi rilasciati dopo essere stati identificati».
IL VIAGGIO IN BUS VERSO LA FRANCIA
Sebbene le autorità francesi siano purtroppo note per un rigore che non ha ancora attirato le attenzioni dell’Onu ma ha fatto morire una migrante incinta, sebbene il presidente della Francia Emmanuel Macron sia il portavoce dei buonisti verso gli immigrati (ma solo se in casa d’altri), alcuni fuggiaschi della nave Diciotti sono stati portati a Ventimiglia per tentare un transito verso la Francia proprio dall’organizzazione Baobab che continua così ad operare in barba ad ogni legge e regolamento di accoglienza. Ecco la semplice sintesi del Corriere del 10 settembre 2018: « Un gruppo di migranti, compresi alcuni sbarcati dalla nave Diciotti (a cui fu consentito di sbarcare dopo essere state tenta per giorni davanti alle coste siciliane), è stato intercettato dalla polizia nei pressi di Ventimiglia. Gli stranieri – 48 per la precisione, tutti di nazionalità eritrea – viaggiavano su un autobus che era stato noleggiato dal centro “Baobab Experience” di Roma, la struttura alla quale si rivolgono spesso i migranti che sbarcano in Italia. La notizia è stata confermata da esponenti di Boabab: sull’autobus fermato dalla polizia nel corso di un controllo, c’erano anche quattro operatori del centro».
L’ASSURDA DENUNCIA CONTRO IL GOVERNO
Non pago di far scorrazzare per l’Italia immigrati senza documenti che possano accreditarne la legittima permanenza, in questo Stato che è sempre più di diritto solo per chi è fuorilegge, ecco che il centro Baobab, memore che la miglior difesa è l’attacco, annuncia la querela di 42 dei migranti, al momento irregolari nella nostra nazione, come rivela in anteprima l’Ansa: «Quarantadue migranti che erano a bordo della nave Diciotti sono pronti a costituirsi parte civile in un eventuale processo. A renderlo noto i rappresentanti di Baobab Experience in una conferenza stampa a Roma. “I migranti hanno presentato delega ai legali che collaborano con Baobab per valutare se ci sono gli estremi per costituirsi parte civile al processo penale e per una denuncia civile per detenzione illegittima a bordo della nave” ha spiegato Giovanna Cavallo, Responsabile del Team Legale Baobab Experience – scrive l’Ansa – “42 presunti profughi pronti a denunciarmi. Per me sono altre 42 medaglie! La pacchia è finita, prima gli italiani!” è la replica del ministro dell’Interno Matteo Salvini, commentando la notizia dei 42 migranti che erano a bordo della nave Diciotti pronti a costituirsi parte civile in un eventuale processo».
LA REPUBBLICA DEL BAOBAB
Rilevato che l’intervento della magistratura che ha sbloccato lo sbarco dei migranti dalla nave Diciotti dovrebbe estendersi anche a rilevare le eventuali violazioni da loro commesse lasciando i centri di accoglienza – dove sono stati sistemati per un accertamento sui requisiti di asilo politico idonei a legitimarne la presenza in Italia, in assenza dei quali risulterebbero clandestini da ricercare ed espellere dal paese – ecco il paradosso di questa Repubblica che dopo essere stata delle Banane diventa del Baobab; dove l’illegalità viene sbandierata come diritto sotto lo sguardo complice di un fantasma dalle sembianze mefistofeliche che dall’alto del Quirinale richiama all’osservanza della legge un Ministro, autonomo per istituzione e tutelato dall’articolo 289 del Codice Penale: quest’ultimo sancisce infatti l’autonomia del Governo punendo ogni azione volta a coartarne l’operato anche con una violenza soltanto impropria come un’intimidazione. Intimidazione che se commessa con azioni giudiziarie potrebbe essere ritenuta pure aggravata dal ruolo di pubblico ufficiale.