Il programma di guerra biologica statunitense
Gli storici della York University di Toronto, Stephen Endicott e Edward Hagerman, dopo venti anni di ricerche e studi pubblicarono nel 1998 il libro “The United States and Biological Warfare. Secrets from the Early Cold War and Korea”, nel quale dimostrano, con un’accurata e inedita documentazione, lo sviluppo del programma di armamento biologico statunitense ed il suo utilizzo a scopo di offesa. Un documento del febbraio del 1977 del Dipartimento dell’Esercito USA asserisce che “la politica degli Stati Uniti riguardante la guerra biologica tra il 1941 e il 1969 era, in primis, improntata a scoraggiare il suo uso contro gli Stati Uniti e contro il suo esercito, e, in secondo luogo, ad essere utilizzata a scopo di rappresaglia1”. I due storici confutano questa politica, svelando, attraverso lo studio di alcuni documenti recentemente declassificati (molti su loro espressa richiesta) dai governi di Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna, e la consultazione degli Archivi Centrali Cinesi relativi alla guerra batteriologica, come gli USA abbiano sviluppato un programma di guerra biologica, non solo a scopo di rappresaglia, ma anche come mezzo di offesa al pari di altre armi di distruzione di massa.
Gli Stati Uniti non ratificarono il Protocollo di Ginevra del 1925 relativo al divieto di utilizzare armi chimiche e agenti biologici e batteriologici contro il nemico. Le prime ricerche sulle armi biologiche risalgono al 1941, quando al colonnello James S. Simmons fu affidato uno studio, dal Generale Medico dell’Esercito, sulle armi batteriologiche da sottoporre all’attenzione dei medici militari, dei ricercatori civili medici e scientifici e dell’intelligence militare statunitense. Le raccomandazioni di Simmons portarono alla decisione di sviluppare e produrre armi batteriologiche di difesa e di offesa. La ricerca difensiva sarebbe stata affidata ai reparti medici dell’esercito, quella offensiva, a scienziati civili. Nell’ottobre del 1941, il Segretario alla Guerra, Henry Stimson, sollecitò il presidente della National Academy of Sciences a nominare un comitato per la guerra batteriologica, il Bacteriological Warfare Committee (WBC, Comitato della Guerra Batteriologica), costituito da nove dei migliori biologici civili statunitensi, che fin da subito entrarono in contatto con i colleghi ricercatori inglesi e canadesi. Nel febbraio 1942, il WBC concluse che una ricerca sulle potenzialità delle armi batteriologiche era raccomandata sia a scopo difensivo che da utilizzare come arma d’attacco. Stimson si rivolse anche al Joint Chiefs of Staff (Capo di Stato Maggiore Congiunto), che sebbene favorevole allo sviluppo di armi biologiche, non voleva essere direttamente coinvolto nella ricerca, per impedire che l’opinione pubblica ritenesse il Dipartimento della Guerra USA responsabile della produzione di terribili germi letali. Stimson inviò un memorandum al presidente Roosevelt, per promuovere l’urgente e segreto sviluppo di un arsenale batteriologico da parte di un’agenzia civile e non militare. Un documento declassificato (Appendice 2, p. 212) datato 1942, stilato dalla National Academy of Sciences, sottolinea la fattibilità di condurre ricerche nel campo degli agenti biologici letali da utilizzare contro il nemico e che “l’efficacia della guerra biologica sarà una questione discutibile fino a quando non sarà chiaramente provata dall’esperienza”. Probabilmente questo memorandum top secret convinse il presidente Roosevelt a creare un’agenzia civile, il War Research Service (WRS, Servizio di Ricerca della Guerra), nel marzo del 1942. Alla guida del WRS fu nominato George W. Merck, già a capo dell’importante industria farmaceutica Merck&Company, con l’incarico di coordinare in assoluta segretezza il lavoro sulla ricerca relativa alla guerra biologica, sull’uso di microrganismi come arma di guerra e sui mezzi di difesa contro un eventuale attacco biologico portato contro gli Stati Uniti. L’investigazione sugli sviluppi delle altre nazioni nel campo della guerra batteriologica venne affidato all’esercito, all’Office of Naval Intelligence (Ufficio dell’Intelligence della Marina), all’Office of Strategic Service (OSS, Ufficio dei Servizi Strategici, antenato della CIA) e al Federal Bureau of Intelligence (FBI). Per garantire la totale segretezza, la WRS fu accorpata alla Federal Security Agency (Agenzia Federale per la Sicurezza). La National Academy of Sciences partecipò attivamente alle ricerche in supporto ai lavori di Merck, istituendo, il 16 ottobre 1942, uno speciale comitato, ABC Committee, costituito da scienziati delle più rinomate università statunitensi. Nel giugno del 1944, Roosevelt diede il compito al Dipartimento della Guerra, in stretta collaborazione con il Dipartimento della Marina USA, di ampliare il programma di Merck. Con questo ordine, il presidente spostò le responsabilità delle ricerche biologiche a scopo offensivo dai civili all’esercito, in particolare al Corpo Medico e al Chemical Warfare Service (Servizio di Guerra Chimica), guidato dal generale William Porter.
I primi fondi per il programma furono di 250.000 dollari e il centro delle attività fu la base di Camp Detrick, nel Maryland, fondata nell’aprile del 1943, a cui furono aggiunte tre installazioni per gli esperimenti: presso Horn Island, attiva dall’estate del 1944, a Granite Peak, Utah, e a Vigo, nell’Indiana. I primi studi dei circa quattrocento scienziati di Camp Detrick vennero effettuati su antrace, brucellosi, botulino, peste, morva, tularemia, rickettsia, encefalite, colera, tifo e una svariata serie di parassiti e agenti patogeni delle piante e dei raccolti, stando alle parole di Merck, “tutti gli agenti viventi possibili, o i loro prodotti tossici, che sono considerati patogeni per l’uomo, gli animali e le piante2”. I microrganismi su cui più si concentrarono furono quelli di antrace e botulino. Lavorarono anche alla produzione su larga scala di agenti patogeni, alla fabbricazione e all’ideazione di efficaci mezzi di diffusione degli organismi letali, sempre in collaborazione con i reparti di guerra biologica canadesi e inglesi. La ricerca difensiva correva di pari passo a quella offensiva: vaccini contro tularemia, brucellosi, morva e botulino vennero perfezionati dagli scienziati statunitensi, per immunizzare le proprie truppe che si accingevano a invadere l’Europa, dopo che un’erronea nota dell’OSS aveva allarmato gli Alleati su un eventuale utilizzo da parte della Germania nazista di tossine di botulino per arrestare l’avanzata delle truppe alleate.
A Camp Detrick si lavorava anche alla messa a punto di bombe batteriologiche, in continua cooperazione con Canada e Gran Bretagna. Soprattutto quando il generale William Porter, nel 1945, prese il posto di Merck nella direzione e ricerca della guerra batteriologica, si diede il via alla progettazione di bombe capaci di disperdere bacilli dell’antrace su vaste aree. Più volte, Porter propose di utilizzare le sue armi invisibili, prima contro la Germania, convinto che la nota dell’OSS fosse veritiera, poi, poco prima del lancio delle due bombe atomiche, contro le colture di riso giapponesi, ma, vista ormai l’imminenza dell’invasione del territorio nipponico, la distruzione dei raccolti avrebbe causato agli Stati Uniti enormi problemi di approvvigionamento della popolazione.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale, gli USA incrementarono i fondi al programma di guerra batteriologica, soprattutto dopo essersi assicurati, nel 1948, l’esclusivo possesso dei dati e della ventennale esperienza del programma di armamento biologico giapponese e della sperimentazione sugli esseri umani. Il 14 giugno 1945, Stati Uniti, Canada e Gran Bretagna firmarono una dichiarazione d’intenti per continuare la collaborazione nello sviluppo della guerra batteriologica. Gli inglesi in vari rapporti evidenziavano come le armi batteriologiche erano preferibili e molto più vantaggiose rispetto ad altre armi di distruzione di massa appoggiandone il “loro uso in guerre minori dove non è utile utilizzare ordigni atomici; o nelle maggiori nelle quali esse sono state bandite3”.
Verso la fine degli anni ’40, il Dipartimento della Difesa USA organizzò Commissioni speciali per rafforzare il programma di guerra biologica, la Commissione Noyes (1948), Haskins (1949) e Stevenson (1950). Quest’ultima produsse un rapporto molto importante, destinato ad influenzare le future decisioni relative alle armi invisibili. La Commissione fu promossa dall’emissario particolare del presidente Truman incaricato di svolgere le indagini in Giappone relative alle varie Unità di Ishii Shiro, Karl T. Compton, che sollecitò Earl P. Stevenson a presiedere la nuova Commissione. Stevenson era a capo di un’importante società di consulenza di Cambridge, nel Massachusetts, particolarmente legata al programma di guerra biologica statunitense. La Commissione, il 30 giugno 1950, sottopose il proprio Rapporto all’attenzione del Segretario alla Difesa, George Marshall. Riaffermava la linea seguita durante tutta la Seconda Guerra Mondiale: si raccomandava la ricerca sia difensiva che offensiva e si opponeva a qualsiasi obiezione morale sull’uso delle armi biologiche, facendo appello alla cruda realtà della guerra moderna, essa stessa arma di distruzione di massa.
Non esiste alcun dato che permetta un’analisi autorevole sulla possibile letalità di questi agenti quando vengono disseminati in modo intenzionale. E’ opinione degli esperti che non esistano procedure certe per produrre epidemie su larga scala tra gli esseri umani. Il modo in cui una malattia possa diffondersi in una comunità o in una nazione è largamente governata da fattori tuttora sconosciuti. […] Così, ad eccezion del fatto che l’uso di agenti patogeni contro i raccolti o gli animali potrebbe creare una seria carenza di cibo, la classificazione degli agenti biologici come «armi di distruzione di massa» è del tutto ingiustificata4.
La Commissione Stevenson sottolineò anche l’importanza che una netta superiorità militare avrebbe avuto in un eventuale scontro con l’Unione Sovietica, anch’essa attivamente impegnata nella ricerca sulla guerra biologica. Perciò fu raccomandato un ampliamento dei fondi destinati alle armi batteriologiche, per renderle operative e sfruttabili il prima possibile.
Il 27 ottobre 1950, Marshall approvò gran parte del Rapporto Stevenson. Il Dipartimento della Difesa portò a 345 milioni di dollari i fondi per i successivi tre anni (nel 1950 erano 5.3 milioni di dollari) e venne più che raddoppiato il personale impegnato nella ricerca e nello sviluppo del programma di guerra biologica.
Nei primi anni della Guerra Fredda, fu affidata al generale maggiore Egbert F. Bullen la responsabilità dello sviluppo della guerra chimica e biologica. Nel febbraio del 1952, Bullen tenne una conferenza all’Hunter College, a New York, per pubblicizzare il suo lavoro nelle attività di guerra tossica e chimica in Corea. I Corpi Chimici dell’esercito statunitense erano operativi in Corea già da due settimane dallo scoppio del conflitto e, in base alle stime di Bullen, una media di 315.000 litri di napalm venivano gettati ogni giorno sul nemico e sulle linee di approvvigionamento. Il capo del Comando della Ricerca e del Genio del Corpi Chimici, William M. Creasy, era il responsabile della guerra biologica. Egli fu un fervido fautore dell’uso strategico e tattico di tali armi non-convenzionali e dei numerosissimi vantaggi di un attacco biologico contro il nemico. Creasy pose l’accento sugli effetti psicologici della guerra biologica, “il timore delle malattie negli uomini è universale5”. Enfatizzò l’uso del botulino sia per i suoi effetti letali sia per gli enormi progressi degli scienziati di Camp Detrick nell’immunizzazione contro questa tossina. Il Rapporto Creasy dà anche enorme importanza al contemporaneo uso di armi biologiche e di defolianti chimici per stanare le truppe nemiche nascoste.
Con l’inizio delle ostilità in Estremo Oriente, il programma di armamento biologico ricevette un’enorme spinta. Tra l’ottobre del 1950 e il luglio del 1951, vennero classificati i germi letali in ordine di priorità: antrace, brucellosi, tularemia, peste e botulino come agenti contro l’uomo, la ruggine dei cereali e i regolatori chimici della crescita come agenti distruttori dei raccolti, ma non fu data troppa attenzione agli agenti patogeni contro gli animali. Il Corpo Chimico si concentrò essenzialmente su tutti quegli agenti che potevano essere disseminati per via aerea, quindi quelli che potevano facilmente essere racchiusi all’interno di bombe, cosparsi su piume o oggetti di comune utilizzo, su roditori infetti o su altri tipi di vettori animali. Dopo numerosi esperimenti, gli scienziati di Camp Detrick conclusero che l’obiettivo delle loro ricerche, per poter meglio disseminare malattie, era l’apparato respiratorio, quindi si focalizzarono su tutte le armi e le munizioni che avrebbero potuto disperdere nubi di aerosol letali. Nel Rapporto Creasy si dà molta importanza all’uso strategico delle bombe ad aerosol. Lo scopo di questo tipo di armi è di demoralizzare e spaventare e, se usate insieme alle armi convenzionali, possono creare consistenti danni alle strutture difensive nemiche. Grande considerazione viene data al fattore sorpresa, sia per non dare scampo all’avversario sia per rendere l’effetto psicologico delle armi biologiche devastante. Creasy considerò anche gli svantaggi di tali armi a diffusione aerea che, a causa di fattori incontrollabili (clima, eventi atmosferici, fenomeni naturali), avrebbero potuto causare danni rilevanti alle stesse truppe amiche o gli stessi nemici infetti avrebbero potuto trasmettere le malattie letali. Si cominciò così a sperimentare vari tipi di bombe biologiche per testarne l’efficacia: le bombe a grappolo M33 ed E61, le E133 utilizzate per diffondere spore d’antrace, le M16-A1 al cui interno vi erano scompartimenti in cui inserire piume, erba o insetti infetti di agenti letali. La Marina e le Forze Aeree statunitensi sperimentarono molti tipi di bombe biologiche che potevano essere usate contro installazioni nemiche, porti, importanti vie di comunicazione e di approvvigionamento, raccolti e risorse umane primarie.
Si fecero numerosi studi per verificare la possibilità di utilizzare insetti come vettori di malattie. Più e più volte i militari statunitensi smentirono il fatto che a Camp Detrick si portassero avanti esperimenti per la diffusione di germi letali tramite insetti-vettori, ma un documento datato 30 ottobre 1950 rivela che 160.000 dollari erano stati destinati alla ricerca su tale campo ed altri 380.000 andarono, dal 1951 al 1953, alla Johns Hopkins University per uno studio sul virus dell’encefalite diffuso da mosche e da usare come arma nella guerra biologica. Il dottor G.B. Reed, del Laboratorio di Ricerca Difensiva canadese, pioniere nella ricerca degli insetti-vettori, lavorò in stretta collaborazione con i Laboratori della Sezione Medica di Camp Detrick e con l’entomologo statunitense Dale W. Jenkins. Il progetto n° 465-20-001, intitolato “Meccanismi di Immissione e Azione di Composti Insetticidi e di Repellenti per Insetti” dimostra l’esistenza della ricerca statunitense sugli insetti vettori utilizzati nella guerra biologica difensiva ed offensiva in strettissima collaborazione con i laboratori canadesi6. Ishii Shiro e la sua numerosissima equipe avevano studiato per anni i modi migliori per diffondere malattie letali tramite insetti-vettori, e tutti i dati relativi a tali ricerche erano ora in possesso degli scienziati di Camp Detrick. Sembra quasi impossibile credere che gli USA non abbiano utilizzato i risultati dei giapponesi e che non abbiano condotto accurati esperimenti sugli insetti, come continuarono ad affermare per anni.
Il memorandum top secret JCS 1837/26 dell’Advanced Study Committee al Capo di Stato Maggiore Congiunto datato 21 settembre 1951 (Appendice 3, p. 213) rafforzò ancor più la convinzione dell’effettiva potenza di queste armi non convenzionali e spinse ad un’accelerazione nella messa a punto della guerra biologica. In un periodo di estrema tensione internazionale, il JSC 1837/26 affermava che, per la sicurezza nazionale, era fondamentale possedere una forte capacità offensiva relativa alle armi biologiche; ricordava ancora una volta i vantaggi economici e strategici della guerra dei germi, il suo costo relativamente basso, la sua grande potenza psicologica nell’indebolire il morale, la sua capacità di isolare o negare l’accesso alle truppe nemiche in determinate aree. Al punto 5 si enfatizzava la necessità della sperimentazione: “un più efficace programma di sperimentazione, che includa anche test su larga scala, dovrebbe essere condotto per verificare l’effettività di specifici agenti di BW [guerra biologica] in condizioni operative”. I punti 8 e 9 del memorandum sottolineavano l’urgenza di creare un’adeguata struttura organizzativa di coordinamento e d’indottrinamento per la guerra biologica. Il Capo di Stato Maggiore Congiunto accettò la maggior parte delle raccomandazioni del JSC 1837/26 il 26 febbraio 1952.
Importanti documenti statunitensi di recente declassificazione rivelano una lunga catena di comandi, divisioni e agenzie governative segrete collegate alla guerra batteriologica e chimica in Corea. Nell’estate del 1951, venne creata la USAF BW-CW Division (Divisione della Guerra Biologica e Chimica delle Forze Statunitensi), con a capo i generali H.G. Bunker e T.D. White, con il compito di stabilire le evidenti possibilità della guerra dei germi. Ad una seconda divisione, la Psychological Warfare Division (Divisione della Guerra Psicologica), venne assegnata “la funzione di integrare le capacità ed i fabbisogni per la guerra chimica e biologica nei piani di guerra e di partecipare alla decisione delle richieste di munizioni non convenzionali per realizzare i piani approvati7”. La guerra psicologica include una vasta serie di attività volte a ritardare, sabotare, diffondere panico, impaurire e demoralizzare le attività del nemico. Poteva impiegare un’estesa quantità di mezzi, che andavano da semplici volantini al mandato di utilizzare armi atomiche, radiologiche, biologiche e chimiche. Durante la Guerra di Corea, alla Divisione Psicologica venne aggiunta la 581° ARCW (581° Ala di Comunicazione e Approvvigionamento), una forza aerea di stanza in Asia sotto la copertura di un semplice servizio di trasporto militare, ma non era altro che un braccio armato della Divisione Psicologica. Quattro bombardieri B-29 vennero mandati alla base aerea statunitense di Yakota, in Giappone; quattro aerei C-119 alla base di Ashiya, Giappone; trentasei ufficiali e novantotto piloti vennero accorpati alla 5° Forza Aerea Statunitense in Corea. Con tutta probabilità si può collegare il lavoro della 581° ARCW con la guerra batteriologica in Corea: nell’equipaggiamento in dotazione alla 581° si trovavano contenitori di paglia e tre refrigeratori portatili dalla capacità di oltre 4000 dmq. I contenitori di paglia potevano essere utilizzati per disperdere erba, paglia e piume come vettori di malattie letali oppure per contenere insetti-vettori; i refrigeratori potevano servire a molti scopi, anche a quello di trasportare e mantenere vivi e attivi alcuni agenti patogeni. Tuttavia sono solo supposizioni, nulla di ufficiale è stato ancora scoperto per comprovare queste argomentazioni.
Anche la Central Intelligence Agency (CIA) era implicata nelle operazioni di copertura della guerra biologica. Nel 1948, il presidente Truman costituì, all’interno della CIA, l’Office of Policy Coordination (OPC, Ufficio di Coordinazione Politica), conosciuto anche come “Dipartimento dei Trucchi Sporchi”, con la responsabilità di organizzare azioni segrete, anche con l’utilizzo di armi non-convenzionali, come quelle biologiche, per scopi di guerra psicologica. Nel 1952, l’OPC aveva un budget di 82 milioni di dollari ed impegnava sul campo 2.812 agenti. Il capo dell’OPC in Giappone e Corea negli anni 1950-1951 era Hans V. Tofte. Egli organizzò sei strutture in Giappone, la più grande delle quali situata a Yokohama, in cui venivano addestrati gli agenti scelti per le operazioni segrete di sabotaggio in Corea. La 581° ARCW, dall’estate del 1952, era la principale forza aerea utilizzata dalla CIA nelle sue missioni segrete speciali.
1 George A. Carruth, U.S. Army Activity in the U.S. Biological Warfare Programs, volume 1, 24 febbraio 1977, p. 25.
2 Sheldon H. Harris, Factories of Death, op. cit., p. 157.
3 Stephen Endicott, Edward Hagerman, The United States and Biological Warfare, op. cit., p. 44.
4 Stephen Endicott, Edward Hagerman, The United States and Biological Warfare, op. cit., p. 46.
5 Stephen Endicott, Edward Hagerman, The United States and Biological Warfare, op. cit., p. 67.
6 Stephen Endicott, Edward Hagerman, The United States and Biological Warfare, op. cit., p. 77.
7 Stephen Endicott, Edward Hagerman, The United States and Biological Warfare, op. cit., p. 120.
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