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mercoledì 22 maggio 2019
PROPONIMENTO DI OGGI
LITURGIA DI OGGI
LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
PRIMA LETTURA
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martedì 21 maggio 2019
Ecco il magistero di Papa Francesco su migranti, rifugiati, traffico di esseri umani
“Dopo che le persone vittime di tratta sono state rilasciate e rimpatriate nei loro Paesi di origine – notano gli Orientamenti Pastorali – c’è bisogno di un percorso di reintegrazioni, ma programmi del genere, nazionali o internazionali, sono rari”.
SUA SANTITA', SONO LE SUE STESSE PAROLE A CONTRADDIRLA NEL SUO ATTEGGIAMENTO DI CONDANNA DELLE POLITICHE DI CONTENIMENTO DEL FENOMENO MIGRATORIO DEL GOVERNO ITALIANO. POLITICHE CHE MIRANO PROPRIO A CONTRASTARE L'ODIOSO FENOMENO CHE FORAGGIA TRAFFICI E SFRUTTA IN MODO DISUMANO LA DISPERAZIONE DI TANTI MIGRANTI COSTRETTI A LASCIARE A MALINCUORE LA PROPRIA TERRA, NELLA QUALE VIVREBBERO VOLENTIERI SE VI FOSSERO LE CONDIZIONI NECESSARIE PER VIVERCI DIGNITOSAMENTE.
Sono divisi in dieci punti gli Orientamenti Pastorali sul Traffico di Esseri Umani delineati dalla Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Ed è parte di uno sforzo molto ampio del dicastero, che ha raccolto anche tutti i discorsi di Papa Francesco sul tema migranti e rifugiati, e li ha messi insieme in un progetto, “Luci sulle strade della speranza”, che è sia un libro che un database online che permette di ripercorrere il pensiero di Papa Francesco sul tema.
“Migrare non è sempre una esperienza felice – sottolinea Papa Francesco nella prefazione del volume – e peggio ancora è pensare ai devastanti viaggi forzati delle vittime di traffico di esseri umani”. Papa Francesco nota che la storia della salvezza è “stata caratterizzata da spostamenti di ogni sorta, e nonostante si è cercato un futuro comune in qualche altro posto”, e che anche nel nostro tempo “i movimenti di persone, pur causando dolore e sofferenze, arricchiscono le comunità”.
Sono stati moltissimi i discorsi del Papa sul tema, e sono tutti raccolti con una ricerca tematica interattiva. Ma questi discorsi si ritrovano anche a corollario degli Orientamenti Pastorali sul Traffico di Esseri Umani.
Papa Francesco ha chiesto sin dall’inizio del Pontificato di concentrarsi sul tema del traffico di esseri umani, e ne ha fatto in qualche modo il centro della sua azione diplomatica. La Pontificia Accademia per le Scienze Sociali è subito stata indirizzata sul tema, si è costituito il Santa Marta Group che mette insieme giudici e uomini di Chiesa nel combattere il traffico e che quest’anno è stato onorato al “Path to Peace Gala” organizzato ogni anno dall’Osservatore Permanente della Santa Sede a New York,
Gli orientamenti pastorali sono divisi in 10 punti: l’utilizzo delle persone come beni e lo sfruttamento; l’aspetto della domanda; la riluttanza a riconoscere la realtà del traffico di esseri umani; l’identificazione e il riportare del traffico di esseri umani; la connessione con il mondo degli affari; le condizioni di lavoro; la relazione tra traffico di esseri umani e contrabbando di migranti; la promozione della cooperazione; il supporto ai sopravvissuti dal traffico di esseri umani; la promozione della reintegrazione.
Padre Michael Czerny, sottosegretario della sezione Migranti e Rifugiati, sottolinea che gli orientamenti pastorali forniscono “una lettura, una comprensione e degli orientamenti all’azione”, e sono destinate a parrocchie, congregazioni, istituzioni religiose, ma anche laiche.
Nei dieci punti degli Orientamenti Pastorali, si trova, in fondo, un riassunto di tutto il magistero di Papa Francesco sul tema. E si trova anche una ulteriore implementazione delle quattro parole per i migranti cercatori di pace cui Papa Francesco ha dedicato il tema della Giornata Mondiale della Pace 2018, nonché una cornice generale delle venti linee guida che sono state un pò la bussola della Santa Sede nelle trattative per gli accordi globali su migranti e rifugiati.
Gli orientamenti pastorali vengono da un processo di consultazione durato sei mesi. Sono chiamati, si legge nel testo, ad essere “una cornice in cui pianificare, stabilire, condurre e valutare tutte le azioni verso l’importante e urgente obiettivo di sconfiggere il traffico di esseri umani”, definendo come obiettivo a breve termine quello di liberare e riabilitare quanti sono impigliati nel traffico di esseri umani, mentre l’obiettivo finale è quello di “smantellare e sradicare questa malvagia e peccaminosa impresa di inganno, imbroglio, dominio e sfruttamento”.
Gli Orientamenti Pastorali sono destinati soprattutto al mondo cattolico. Si strutturano come una analisi della situazione, accompagnata dalle parole di Papa Francesco sul tema, e poi con una serie di linee guida che dicono al mondo cattolico come comportarsi in alcuni particolari casi.
Quali sono i punti salienti del documento? Prima di tutto, si nota che da un punto di vista cristiano e antropologico, “la santità della vita umana, dal concepimento alla morte naturale, è l’inalienabile dignità di tutti e ciascun essere umano, costituiscono il punto di partenza e il focus centrale di ogni iniziativa”.
Si legge negli Orientamenti Pastorali che, se si vuole davvero sradicare il traffico di esseri umani, è la società che deve cambiare, fino a trasformare le abitudini, contenere i propri appetiti, vivere in spirito di moderazione e disciplina.
E questo perché il traffico di esseri umani nasce per rispondere ad un bisogno che è generalmente un bisogno di soldi, e le comunità cattoliche sono chiamate a “denunciare questa falsa divinità del denaro”, e ad essere “lievito nelle società per promuovere cambiamenti significativi a livello locale, verso uno sviluppo umano integrale per tutti”.
Gli Orientamenti Pastorali sottolineano anche che il problema non sta tanto nel traffico di esseri umani, ma nella “domanda” di traffico di esseri umani. “Si dice poco dei consumatori, la domanda che i trafficanti continuano a soddisfare”, si legge.
Quindi, più che punire quanti vengono sfruttati, le sanzioni dovrebbero andare al “grande mercato di questi servizi”, a quanti acquistano “i cosiddetti servizi sessuali”, la criminalizzazione di quanti “traggono vantaggio dalla prostituzione”, mentre c’è bisogno di una maggiore individuazione delle responsabilità, e quindi c’è bisogno di promuovere “campagne di consapevolezza” sulla responsabilità di quanti domandano il traffico.
Un altro tema è quello del riconoscere il fatto che ci sia un traffico di esseri umani, e questo riguarda anche le vittime, che spesso “sono manipolate e intrappolate in schemi psicologici che non permettono loro di scappare, chiedere aiuto o anche avere una chiara comprensione di essere state, o, peggio, essere ancora, vittime di una attività criminale”.
Gli Orientamenti Pastorali chiedono maggiore informazione sul traffico di esseri umani quando questo avviene alle frontiere, e la promulgazione di leggi nazionali e internazionali.
Ai cattolici è chiesto di impegnarsi nelle famiglie, per migliorare la comprensione del fenomeno. Avvocati, membri della società civile, organizzazioni religiose, dovrebbero invece poter “agire a fianco dei sopravvissuti in investigazioni e processi”, perché il peso della prova non sia solo sulle spalle dei sopravvissuti.
Quello contro il traffico di esseri umani è un impegno globale, che va a toccare vari aspetti. Per esempio, la Santa Sede ne ha parlato nel Congresso Internazionale sulla pesca di Taiwan del 2017, quando ha denunciato le condizioni dei pescatori costretti a firmare accordi e a vivere in vere e proprie condizioni di schiavitù.
La denuncia era parte di un impegno di lungo termine che si ritrova negli Orientamenti Pastorali. Lì si legge, infatti, che “frequentemente, i lavoratori non hanno altra scelta che firmare contratti con condizioni di sfruttamento”, e che dunque c’è bisogno di “una vera valutazione etica della dimensione umana della produzione di servizi, distribuzione e riciclaggio”, che accade raramente.
Il consiglio ai businessmen cattolici è di “mettere gli insegnamenti della Chiesa in pratica, fornendo decenti condizioni di lavoro e paga adeguata per supportare la famiglia di ciascuno”.
Altro tema, quello del traffico di migranti. La linea che distingue il contrabbando dal traffico di esseri umani è sempre più sottile, un “contrabbando di migranti può facilmente diventare traffico di esseri umani”, e questo è successo spesso in questi ultimi anni, con “il flusso massivo di migranti e rifugiati, molti disperati, spinti dalla mancanza di alternative accessibili e legali anche a causa delle politiche migratorie sempre più restrittive”.
Anche qui, gli Orientamenti guardano prima di tutto alle famiglie, le prime a dover arginare il traffico di esseri umani, mentre la Santa Sede auspica anche una condivisione di dati tra Stati, in modo da sviluppare una risposta globale.
L’ultimo punto è quello della promozione della reintegrazione. “Dopo che le persone vittime di tratta sono state rilasciate e rimpatriate nei loro Paesi di origine – notano gli Orientamenti Pastorali – c’è bisogno di un percorso di reintegrazioni, ma programmi del genere, nazionali o internazionali, sono rari”.
Sono questi i punti salienti del documento, che è inframezzato con le parole del Papa, in varie occasioni, sui temi. C’è ora, insomma, un archivio generale delle parole di Papa Francesco sul traffico di esseri umani. Lo potrà usare la diplomazia pontificia. (ACI STAMPA)
STOP 5G, MORATORIA SUBITO IN DIFESA DELLA SALUTE PUBBLICA
Maurizio Martucci ha lanciato questa petizione e l'ha diretta a Governo Italiano e a 12 altri/altre
Dott.ssa Fiorella Belpoggi per l’alleanza italiana Stop 5G
Considerata la Risoluzione di Vicovaro seguita al 1° meeting nazionale Stop 5G in cui, tra gli altri, hanno preso parte medici e scienziati di fama internazionale; depositata in Parlamento una prima petizione sottoscritta da oltre 11.000 cittadini italiani; tenute audizioni medico-scientifiche in IX Commissione permanente; tenute due conferenze stampa presso la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica; con una nuova raccolta firme, l’alleanza italiana Stop 5G rinnova al Governo la richiesta di una moratoria sul 5G, tecnologia non sicura per umanità ed ecosistema, che si serve di inesplorate radiofrequenze prive di studi preliminari sul rischio per la salute della popolazione che si troverebbe esposta alle irradiazioni di ubiquitari campi elettromagnetici a microonde millimetricheda antenne installate sui lampioni della luce, nei tombini dei marciapiedi, sui balconi dei palazzi e persino dentro le case, oltre che col Wi-Fi dallo spazio da satelliti in orbita e droni nel cielo per coprire il 98% del territorio nazionale di radiofrequenze e servire il 99% della popolazionecon il wireless di quinta generazione. Milioni di nuove mini-antenne che inevitabilmente andranno a sommarsi alle già esistenti circa 70 mila Stazioni Radio Base per telefonia mobile 2G, 3G, 4G e alle decine di migliaia di Wi-Fi pubblici attivi. Ciò comporterà un’esposizione massiccia della popolazione all’inquinamento elettromagnetico ed è stato preannunciato un innalzamento delle soglie limite per i valori di irradiazione, dalla cautelativa media attuale dei 6 V/m, fino a 61 V/m (ovvero, in fisica, 110 volte più di oggi!).
Eppure dal 2011 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondale della Sanità ha classificato le onde non ionizzanti a radiofrequenza come “possibili cancerogeni” inserendoli nel gruppo 2B. Inoltre, entro 2-3 anni, attraverso le “Raccomandazioni del gruppo consultivo sulle priorità per la Monografia IARC” per il periodo 2020-2024, è prevista la rivalutazione della classificazione per portarla eventualmente a Classe 2A (probabili cancerogeni) se non addirittura in Classe 1 (cancerogeni certi), facendo seguito ai nuovi dati epidemiologici e soprattutto sperimentali contenuti nel rapporto finale del National Toxicology Program, dal quale è emersa una «chiara evidenza che i ratti maschi esposti ad alti livelli di radiazioni da radiofrequenza, come 2G e 3G, sviluppino rari tumori delle cellule nervose del cuore», e «alcune evidenze di tumori al cervello e alle ghiandole surrenali»; anche l’Istituto Ramazzini (Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni) che ha considerato sperimentalmente esposizioni alle radiofrequenze della telefonia mobile mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio statunitense, riconducibili alle esposizioni attuali alle antenne della telefonia mobile nell’uomo, ha riscontrato gli stessi tipi di tumore. Infatti, sono emersi aumenti statisticamente significativi nell’incidenza degli schwannomi maligni, tumori rari delle cellule nervose del cuore, nei ratti maschi del gruppo esposto all’intensità di campo più alta, 50 V/m, e ha osservato un aumento dell’incidenza di altre lesioni, già riscontrate nello studio americano: iperplasia delle cellule di Schwann e gliomi maligni (tumori del cervello) alla dose più elevata.
Sono poi quasi 200 gli scienziati indipendenti che, guidati dal Prof. Lennart Hardell, hanno sottoscritto l’appello internazionale per una moratoria del 5G. E un altro appello ha già raccolto le adesioni di ricercatori, cittadini e organizzazioni di 96 paesi al mondo e mette a disposizione una bibliografia ricchissima, che attesta numerosi rischi biologici da elettrosmog. In Italia, non da ultimo, nel 2018 i medici di ISDE Italia hanno chiesto al Governo Conte “un piano di monitoraggio dei possibili effetti sanitari e una moratoria per l’esecuzione delle sperimentazioni 5G su tutto il territorio nazionale sino a quando non sia adeguatamente piani¬ficato un coinvolgimento attivo degli enti pubblici deputati al con¬trollo ambientale e sanitario”.
Nel 2019 il Comitato Scientifico sui rischi sanitari ambientali ed emergenti (SCHEER) della Comunità Europea ha quindi affermato che il 5G “evidenzia criticità sconosciute sui problemi di salute e sicurezza. La polemica è in merito ai danni causati dalle attuali tecnologie wireless 2G, 3G e 4G.” E ancora. “Gli effetti della radiazione elettromagnetica sono stati generalmente ben studiati, tuttavia la radiazione elettromagnetica di bassa frequenza è meno studiata.” E infine dichiara che la questione di come “l’esposizione ai campi elettromagnetici potrebbe influenzare l’uomo, rimane un’area controversa e gli studi non hanno fornito prove chiare dell’impatto su mammiferi, uccelli o insetti. La mancanza di prove chiare per informare lo sviluppo delle linee guida sull’esposizione alla tecnologia 5G lascia aperta la possibilità di conseguenze biologiche non intenzionali”».
Sempre nel 2019 uno studio della Direzione generale per le politiche europee del Dipartimento tematico per le politiche economiche, scientifiche e di qualità della vita, incaricato dalla Commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento Europeo per analizzare lo sviluppo del 5G in Europa afferma che “i campi (elettromagnetici) siano altamente focalizzati a raggiera, che essi varino rapidamente con il tempo e il movimento e quindi siano imprevedibili, poiché i livelli e i modelli del segnale interagiscono come un sistema a circuito chiuso. Questo (comportamento) deve ancora essere studiato in modo affidabile per situazioni reali, al di fuori del laboratorio”, sostenendo che “il problema è che al momento non è possibile simulare o misurare accuratamente le emissioni di 5G nel mondo reale”.
E’ poi necessario evidenziare come proprio le “Linee guida sulla protezione della popolazione mondiale dall’esposizione alle radiofrequenze e microonde” considerino solo gli effetti termici a breve termine simulati sui cosiddetti phantoms, ovvero manichini riempiti di gel, e che questi studi derivino dalla c.d. Commissione internazionale sulla Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), ovvero da un organismo privato con sede in Germania già al centro di numerose polemiche e attacchi da parte di scienziati, medici e ricercatori di mezzo mondo che lo accusano di conflitti d’interesse e scarsa trasparenza nell’operato, motivo per cui tali studi non vengono considerati dai tribunali italiani, poiché ICNIRP seguita a perorare una tesi negazionista sui cosiddetti effetti non termici a medio-lungo termine, ovvero rimane ferma su parametri obsoleti e superati dalla letteratura biomedica che invero attesta effetti biologici da irradiazione a radiofrequenze. La commissione ICNIRP è costituita da fisici, ingegneri e altri professionisti, senza la necessaria conoscenza sulla biologia degli organismi viventi.
Martin Pall, professore emerito di biochimica e scienze mediche di base della Washington State University (USA) nonché più esperti al mondo in materia di interazione tra campi elettromagnetici e salute, nel Commento dell’8 Ottobre 2018 alle ‘Linee Guida’ dell’ICNIRP e alle relative ‘Appendici sui Limiti per l’Esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo (da 100 kHz a 300 GHz)’ ha denunciato il pericolo per la salute umana correlato alle radiofrequenze compreso il 5G, sottolineando storture, falle metodologiche e grossolani limiti di contenuto nel controverso documento diffuso dell’ICNIRP.
Riscontrati gli “effetti nocivi sulla salute umana” il 15 Gennaio 2019 il TAR del Lazio ha così condannato i Ministeri di salute, ambiente e pubblica istruzione a promuovere un’adeguata campagna informativa “avente ad oggetto l’individuazione delle corrette modalità d’uso degli apparecchi di telefonia mobile”, mentre una serie di sentenze emesse nell’ultimo decennio dalla magistratura internazionale e italiana (l’ultima dal Tribunale di Monza nel Marzo 2019) attestano il danno da elettrosmog, l’elettrosensibilità e il nesso telefonino=cancro oltre ogni ragionevole dubbio (Cassazione 2012), tanto che note compagnie internazionali di assicurazione come Swiss Re e Llyoid’s non ne coprono più il danno e l’Alleanza Contro il Cancro (fondata dal Ministero della Salute, ne fa parte pure l’Istituto Superiore di Sanità) sta studiando le cause di un tumore maligno al cervello (glioblastoma) puntando sull’invisibile inquinamento dei cellulari.
Proprio per questo oltre 300 Sindaci americanipromettono strascichi in tribunale mentre il 5G è stato bloccato a Bruxelles e in tre cantoni svizzeri, così come Olanda e Germania pretendono test che possano scongiurare un’overdose da elettrosmog e il Comune di Ravensburg progetta zone Free (cioè senza irradiazioni del 5G) per proteggere malati e categoria più a rischio, motivo per cui Portogallo e Malta non hanno ancora messo all’asta le nuove bande, al contrario del nostro Paese che s’è spinto molto più in là.
Infatti in Italia, bandita nel 2018 l’asta da 6,5 miliardi di euro per l’aggiudicazione dei lotti di tre nuove bande di radiofrequenze, è stata avviata la fase di sperimentazione del 5G nelle città di Prato, L’Aquila, Matera, Bari, Milano, a cui si sono aggiunte Roma, Torino, Genova e Cagliari, mentre con Delibera n° 231/18/CONS l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha poi individuato un’ulteriore lista di 120 piccoli comuni d’Italia in cui, nei prossimi mesi, è prevista l’adozione del 5G.
Eppure, a vario titolo istituzionale, tra Regioni, Province e Comuni si contano circa 50 amministrazioni in cui - all’indomani della Risoluzione di Vicovaro - sono state approvate delibere per la moratoria sul 5G, mozioni ispirate al principio di precauzione oppure sono state presentate interrogazioni regionali, provinciali o comunali da vari consiglieri con l’intento di approfondire i lati oscuri dell’Internet delle cose, mentre ben sette interrogazioni sono state presentate alla Camera dei Deputati e in Senato da parlamentari appartenenti a diversi schieramenti politici, così come una recente mozione presentata a Montecitorio da cinque deputati chiede una moratoria sul 5G.
Infine numerose sono state anche le diffide all’adozione del 5G sottoscritte da cittadini, comitati e associazioni rivolte ai membri del Governo e/o ai Sindaci in qualità di massima autorità sanitaria sul territorio, senza contare gli esposti per la prevenzione di eventuali danni alla salute già prodotti presso alcune Procure della Repubblica.
PER TUTTE QUESTE RAGIONI I FIRMATARI DELLA PETIZIONE CHIEDONO AL GOVERNO ITALIANO:
1) di sospendere con una moratoria qualsiasi forma di sperimentazione tecnologica del 5G su tutto il territorio nazionale in attesa della produzione di sufficienti evidenze scientifiche per giudicarne l’innocuità, promuovendo uno studio sugli effetti biologici delle radiofrequenze 4G e 5G presso un ente indipendente e privo di conflitti d’interessi con l’industria, attesa la disponibilità dell’Istituto Ramazzini che ha già provata esperienza nel tipo di studio necessario;
2) mantenere gli attuali valori limite di legge nella soglia d’irradiazione elettromagnetica, puntando sulla minimizzazione del rischio proprio come indicato nei Report del Bioinitiative Group, dal Parlamento Europeo nella Risoluzione del 2009 e l’Assemblea del Consiglio d’Europa con la Risoluzione n° 1815 del 2011, volta ad un abbassamento dei limiti di legge a 0,6 V/m nell’immediato e a 0,2 V/m sul lungo termine, valutando tutte le opinioni critiche e i giudizi negativi giunti dalla comunità scientifica in merito agli effetti di un eventuale innalzamento dei limiti di legge, abrogando altresì l’articolo 14 del Decreto Sviluppo “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (DL n° 179 del 18/10/2012 pubblicato sulla G.U. n° del 19/10/2012), che impone una misurazione dei campi elettromagnetici su una media di 24 ore(valore arbitrario), anziché sui 6 minuti (valore basato su motivazioni biologiche);
3) minimizzare il rischio sanitario promuovendo anche uno studio epidemiologico sui campi elettromagnetici che sia sviluppato da enti indipendenti non riconducibili alle aziende di telecomunicazione interessate a sviluppare la tecnologia 5G anche a discapito della salute della popolazione.
Dott.ssa Fiorella Belpoggi per l’alleanza italiana Stop 5G
E' "L'apocalisse": trovate 10mila api morte in Veneto!
09/05/2019 - Gli apicoltori intorno al Piave denunciano l’uso di pesticidi a base di neonicotinoidi. Non è la prima volta che succede. Nel 2018 erano stati trovati morti 60mila insetti impollinatori.
10mila api morte sono state ritrovate dagli apicoltori di Musile, comune veneto compreso tra i fiumi Piave e Sile. Le prove raccolte sinora fanno pensare al solito colpevole: i pesticidi a base di neonicotinoidi. Gli apicoltori infatti denunciano l’uso di diserbanti spruzzati vicino a fossati e corsi d’acqua, che inquinano fiori ed erba e di conseguenza anche le api, morte in massa davanti ai loro alveari.
Nel giugno 2018 un caso analogo: trovate morte 60mila api. Non è la prima volta che nel basso Piave si assiste a una morìa del genere: a giugno dello scorso anno, infatti, dall’altra parte del Piave, nella provincia di Treviso, c’era stata una vera e propria strage con 60mila api morte, almeno 20mila per arnia. In quel caso un’indagine della procura di Udine aveva portato alla denuncia di 38 persone per inquinamento ambientale: l’utilizzo di neonicotinoidi e antiparassitari nei campi di mais avrebbe infatti causato uno spopolamento degli alveari. Proprio su questo punto, gli agricoltori friulani hanno annunciato una manifestazione di protesta nella città friulana con i loro trattori, perché stanchi di essere additati come unici colpevoli.
La vendita di pesticidi è in crescita
Nonostante i neonicotinoidi siano già stati banditi integralmente da alcuni Paesi, come la Francia, in Italia solo alcuni composti come il clothianidin, thiamethoxam e imidacloprid sono vietati, così come vuole la direttiva comunitaria. Intanto gli apicoltori veneti si dicono preoccupati per come stanno andando le cose:“In questi casi sono sempre i diserbanti a essere i primi incriminati”, ha detto Italo De Pieri, un apicoltore decano di questa attività nel basso Piave.
“Parliamo di sostanze che avvelenano le api e fanno loro perdere l’orientamento. Le api sono sentinelle dell’ambiente, senza di loro scomparirebbe anche il genere umano e la vita sulla terra perché verrebbe a mancare l’agente fondamentale per il ciclo di vita delle piante. Certi segnali non vanno pertanto presi sottogamba o minimizzati perché potrebbero nascondere qualcosa di molto più grave per l’ambiente che ci circonda”. Purtroppo però, come emerso dallo studio del Wwf sui dati Arpav, la vendita dei pesticidi è in crescita: nel 2016 si contavano 16.920 tonnellate in tutto il Veneto pari a 3,4 chili per abitante.
https://terrarealtime3.blogspot.com/2019/05/e-lapecalisse-trovate-10mila-api-morte.html
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LA GUERRA TRA CINA E USA PASSA ANCHE PER L'INDONESIA
Una guerra per procura illegale non dichiarata tra la Cina e gli Stati Uniti sta imperversando in tutto il mondo e si sta intensificando. I dazi e l'inserimento del gigante delle telecomunicazioni Huawei nella lista nera USA è solo una salva iniziale in una guerra che potrebbe divenire molto calda, concordano fonti multiple. I cinesi hanno già detto agli americani: "Se volete parlare, la porta è aperta; se volete combattere, combatteremo sino alla fine".
Il più grande campo di battaglia che questa guerra sta per coinvolgere è il Sud-est asiatico. Le navi da guerra cinesi, americane e australiane e gli aerei d'attacco i caccia francesi si stanno radunando attorno all'Indonesia in preparazione di importanti battaglie quando saranno contestati i risultati delle elezioni presidenziali annunciati per domani 22 maggio, dicono le fonti. Le elezioni in Indonesia, con oltre 190 milioni di aventi diritto che devono scegliere sia il nuovo presidente sia i 711 deputati del parlamento, sono, assieme a quelle indiane, una delle più complesse tornate elettorali del pianeta. Gli occhi sono puntati soprattutto sulla scelta del nuovo presidente il cui mandato, in una repubblica dove il capo dello Stato è il dominus dell’esecutivo, dura cinque anni, fino al 2024. I due candidati, il presidente uscente Joko Widodo, che secondo i primi risultati avrebbe vinto, e l'ex militare Prabowo Subianto, fanno a gara per mostrarsi fedeli all'Islam mentre al centro della campagna elettorale, come sempre più spesso accade nelle elezioni dei paesi asiatici, è finita proprio la Cina. La Cina infatti sostiene il presidente in carica, Joko Widodo. Ma la situazione per lui si fa incandescente perché dovrà affrontare dimostrazioni di massa di studenti e attivisti musulmani che si lamentano della frode elettorale a sostegno del suo avversario anti-cinese Prabowo Subianto. Prabowo è sposato con la figlia del dittatore di lungo termine Suharto ed è stato anche a capo delle forze speciali indonesiane. Prabowo tempo fa avvertì il padre fondatore del Singapore Lee Kuan Yew che "i cinesi in Indonesia erano a rischio perché in qualsiasi disordine - rischiavano d'essere perseguitati in quanto minoranza". Nelle dimostrazioni previste ci "saranno attacchi con gas velenosi e armi biologiche", dicono le fonti.
Ma chi pensa che, come fu nel 2014, la sfida tra Jokowi e Prabowo sia tra vecchio e nuovo, laici contro islamisti, civili contro militari, progressisti contro conservatori, ora deve ricredersi. Jokowi il riformatore è anche l’uomo che ha continuato l’opera di rimozione della memoria delle stragi che diedero il via dal 1965 alla dittatura di Suharto ed è anche un presidente che si è distinto per l’applicazione della pena capitale. Non di meno resta un riformatore nel sociale con un welfare innovativo, l’aumento dell’accesso a scuole e servizi e la lotta alla corruzione. La Cina è per distacco il principale partner commerciale dell'Indonesia, con un interscambio che nel 2017 si è attestato intorno ai 57 miliardi di dollari, con la bilancia tra import ed export comunque a favore di Pechino. La presenza di investimenti cinesi è aumentata però esponenzialmente negli ultimi anni, soppiantando quelli giapponesi e sudcoreani nell'ambito della Belt and Road. Molti indonesiani temono un aumento dell'influenza economica di Pechino e la retorica dello stesso Subianto rischia di alzare tensioni sociali all'interno dell'Indonesia, dove vive una numerosa comunità di origine cinese, che spera di non rivivere le limitazioni e le discriminazioni dell'era di Suharto. Dopo aver appreso il risultato del voto, le politiche concrete di Widodo ci diranno il futuro di un paese il cui peso economico e politico aumenterà nei prossimi anni e decenni. Secondo i dati del network internazionale PricewaterhouseCoopers, entro il 2050 Giacarta dovrebbe diventare la quarta economia mondiale alle spalle di Cina, Stati Uniti e India.
I cinesi, dal canto loro, non hanno in programma di rispondere con mezze misure. Da fonti di intelligence militare cinese pare che la Cina abbia predisposto piani di contingenza per occupare l'India, la Corea e il Sud-Est asiatico (meno il Vietnam) entro due mesi in caso di eccessive provocazioni da parte americana. Di sicuro, qualcosa di grosso sta per accadere nella penisola coreana, confermano le fonti della Società Segreta nordcoreana e asiatica. Kim Jong Un intensifica le sue attività nella Corea del Sud. "Kim ha raggiunto un accordo in cui lui sarà imperatore della Corea mentre il presidente [della Corea del Sud] Moon Jae In sarà il presidente", dice la fonte. Le truppe statunitensi nella regione si ritroveranno di fronte a un fatto compiuto, dicono le fonti. Non solo, Kim ambisce a estromettere l'imperatore giapponese Naruhito, secondo una fonte dei servizi nordcoreani.
Anche le fonti del Pentagono confermano riguardo al conflitto con la Cina, affermano che "la guerra commerciale ai cinesi e i pregiudizi contro Huawei potrebbero essere usati dalla Cina per attuare boicottaggi globali con, revoca di ordini, revisione delle certificazioni e negazione di sbarchi e dello spazio aereo, per demolire la Boeing".
Insomma, pare che la guerra commerciale tra Usa e Cina possa trascinare con sé molti altri attori internazionali in un gioco di alleanze e interessi che si fa di giorno in giorno incandescente.
CINZIA PALMACCI
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Allarme dell’Ingv: il Radon sprigionato dall’Etna è pericoloso
di Annalisa Maugeri
Dw-Roma. L’Etna potrebbe essere la causa dell’insorgenza di tumori al polmone. L’Ingv (Istituto Nazionale di geofisica e vulcanologia) lancia l’allarme sulla pericolosità delle emissioni del gas radioattivo sprigionato dal vulcano Etna. Ogni volta che si apre una faglia, ad ogni scossone della terra, ad ogni nuova eruzione, si sprigiona nell’aria il pericoloso gas che arriva fino alle abitazioni.Ci si ammala lentamente con il gas radon. L’ultima grande scossa di terremoto (magnitudo 4,9), quella che ha devastato i territori diZafferana Etnea, Acireale, Aci Sant’Antonio, Aci Catena, Aci Bonaccorsi e Santa Venerina, risale al 26 dicembre del 2018, ma le scosse erano già iniziate da tempo, le emissioni di cenere e fumi non hanno mai smesso di susseguirsi: una serie di effetti collaterali ai quali gli abitanti alle pendici dell’Etna si sono pazientemente abituati. Ma che l’Etna fosse l’artefice di un avvelenamento continuo e subdolo, non ce lo si aspettava. Adesso è una possibilità ritenuta concreta.
Il radon è un gas radioattivo naturale molto pericoloso per la salute, fuoriesce dalle crepe del terreno o ce lo ritroviamo direttamente dentro le nostre abitazioni, poiché è presente anche in alcuni materiali da costruzione (laterizi, cemento, graniti, tufi).Quando si disperde nell’aria, si espande rapidamente ed è considerato il più pericoloso dei gas negli ambienti chiusi. È un gas subdolo, invisibile, incolore e inodore, impossibile accorgersi della sua presenza in mancanza di appositi apparecchi che lo individuano e ne rivelano la concentrazione nell’aria. Nel tempo,l’esposizione a concentrazioni elevate di radon aumenta il rischio di tumori polmonari, secondo gli studi compiuti negli ultimi decenni.
Il Radon è stato inserito dall’ Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) nell’elenco delle 75 sostanze ritenute cancerogene per l’uomo. I fumatori sono esposti al rischio di tumore al polmone con un’incidenza quindici volte superiore rispetto ai non fumatori. Inoltre, secondo gli esperti, essere esposti in modo prolungato a bassi livelli di gas radon è più pericoloso per la salute che essere esposti ad alte concentrazioni per tempi brevi.Dunque, le popolazioni alle pendici dell’Etna convivono da secoli, a loro insaputa, con un nemico tanto invisibile quanto pericoloso.
Lo studio è stato eseguito dall’Ingv con l’ausilio di 12 sensori. Coinvolte le città e i paesini alle pendici dell’Etna: Zafferana Etnea, Giarre, Aci Catena, Aci Castello e Paternò. I sensori sono stati collocati su sette edifici dei comuni menzionati, rivelando una concentrazione media annuale che in alcuni punti esterni degli edifici è superiore a 1.000 Bq/m3 (Bequerel per metro cubo), mentre la Comunità Europea raccomanda che i valori nelle abitazioni non superino i 400 Bq/m3 per le vecchie costruzioni e 200 Bq/m3 per le abitazioni di nuova costruzione, oltre queste soglie sarebbe opportuno intervenire. Ma nel caso di un’esposizione al gas radon dovuta ai capricci di un territorio che fa i conti da sempre con “la montagna”, come viene riduttivamente e bonariamente chiamata dagli abitanti delle zone interessate, la soluzione diventa complicata e richiede degli approfondimenti specifici e una valutazione attenta per salvaguardare la salute degli abitanti.
Genova: bloccata nave saudita con carico di armi
di Annalisa Maugeri
Dw-Roma.La nave cargo Bahri Yanbu, battente bandiera saudita, è arrivata al porto di Genova poco dopo le 5:30 del mattino. Al suo interno, il carico di armi da guerra che ha come meta finale Gedda in Arabia Saudita. Le armi sono, con tutta probabilità, destinate alla guerra nello Yemen. Malgrado le rassicurazioni dell’armatore, che aveva escluso categoricamente che la nave trasportasse armi belliche, un centinaio di persone tra lavoratori portuali e cittadini, non si sono fidati e hanno atteso la nave per dimostrare tutta la propria disapprovazione.
Tutti insieme per chiedere al governo attuale di interrompere gli accordi commerciali sugli armamenti con l’Arabia Saudita, come previsto dal trattato internazionale che prevede il divieto di vendere armi ai paesi coinvolti in conflitti di guerra per non alimentare azioni belliche e rendersi complici delle conseguenze drammatiche sulla popolazione. A denunciare giorni fa l’imminente arrivo della nave cargo, erano state le associazioni Amnesty International Italia, Rete per il Disarmo, Oxfam Italia, Greenpeace, Fundipau, Rete della Pace, Save the Children Italia, Comitato per la riconversione RWM e il lavoro sostenibile, Fondazione Finanza Etica e Movimento dei Focolari Italia.
Sciopero dei lavoratori portuali, fumogeni e striscioni per protestare contro la nave della morte. Intanto, il governo italiano ha finora taciuto, appassionato sempre più alla lotta contro i gommoni carichi di disperati completamente disarmati e contro le Ong che li traggono in salvo. La naveYanbu avrebbe toccato il porto di Genova, con la complicità del governo italiano e nel più totale silenzio mediatico, se non fosse stato per l’inchiesta giornalistica del sito francese Disclose che ha scoperto e rivelato per primo cosa stava avvenendo. Otto cannoni Caesar dovevano essere caricati sulla nave cargo nel porto francese di Le Havre, ma le organizzazioni pacifiste, insieme ai lavoratori portuali francesi, lo hanno impedito, costringendo la nave a far rotta verso Santander. Oggi, l’azione dei lavoratori portuali italiani e dei cittadini genovesi ha permesso di lanciare un segnale chiaro al governo: gli italiani non vogliono essere complici nelle strategie e nelle azioni di guerra.
Questo genere di navi e questo tipo di carichi, non sono una novità dei nostri giorni, hanno sempre solcato i mari, così come il commercio delle armi continua a crescere e a contribuire e alimentare sempre più un’economia che si sporca della morte di centinaia di persone fra uomini, donne e bambini; quello che adesso è cambiato è la consapevolezza che restare a guardare ci rende tutti complici, come i governi che incentivano la produzione e la vendita di armi, o i giornali che preferiscono tenere l’attenzione sui carichi di uomini e donne sprovvisti di armi in cerca di salvezza, piuttosto che sui carichi di armi belliche che la salvezza la negheranno di certo una volta giunti a destinazione.
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