venerdì 28 settembre 2018

ALL’IBM I DATI SENSIBILI DI 61 MILIONI DI ITALIANI

QUANDO C'ERA IL "BUON GOVERNO" DI RENZI...


Aberrante: è un segreto di Stato tricolore, anche se non riconosciuto formalmente: sui portali della presidenza del consiglio dei ministri e del garante per la protezione dei dati personali non c'è nulla in barba alla trasparenza amministrativa. Nel Memorandum of Understanding siglato il 31 marzo 2016 a Boston da Matteo Renzi, allora primo ministro sia pure di un governo senza mandato elettorale palesemente telecomandato da interessi finanziari stranieri, è scritto: 

«Come presupposto per realizzare il programma ed effettuare l’investimento Ibm si aspetta di poter avere accesso – in modalità da definire – al trattamento dei dati sanitari dei circa 61 milioni di cittadini italiani (intesi come dati sanitari storici, presenti e futuri) in forma anonima e identificata, per specifici ambito progettuali, ivi incluso il diritto all’uso secondario dei predetti atti sanitari per finalità ulteriori rispetto ai progetti».


All’insaputa degli italiani, il capo di un governo eterodiretto dall’estero, in cambio di un investimento a Milano, si mette d’accordo con una famigerata multinazionale già in affari con Hitler per schedare gli ebrei da sterminare nei lager.
  
Il punto di forza di un regime totalitario è il controllo capillare e centralizzato delle informazioni personali e sensibili di ogni persona, fin dalla nascita. Ormai il paradigma politico dell’occidente non è più la società, ma il campo di concentramento, non Atene bensì Auschwitz. Il trattamento sanitario  obbligatorio mediante ben 12 vaccini a neonati, bambini e adolescenti - mediante un infimo decreto legge incostituzionale - è un pericoloso esempio nostrano sottovalutato.

Un comunicato stampa del 3 maggio 2017 segnala: «Sanità, Maroni: sistema Watson Ibm è innovazione importante per salute nostri cittadini… Infatti, ha osservato il Governatore, nel memorandum firmato con l'azienda Usa, Palazzo Chigi, lo definisce uno strumento che serve 'per ammodernare il servizio sanitario nazionale e la pubblica amministrazione, con conseguenti benefici in termini di efficienza e qualità'. "Io credo - ha affermato - che sia un investimento utile e importante, che insieme a Human Tecnopole e Città della Salute, farà di Milano un punto di riferimento in Europa per la sanità del futuro"… Il garante della Privacy, ha ricordato Maroni, "è intervenuto, visto che si tratta di una questione di grande rilevanza. Ma - ha sottolineato il Presidente lombardo - non ha detto di no o che non si può fare. Con una lettera inviata al Governo e alla Regione Lombardia, ha specificato che 'il trattamento dei dati personali, effettuato da soggetti diversi dal titolare del trattamento deve essere posto in essere da soggetti appositamente delineati, responsabili esterni del trattamento, individuati fra soggetti che per esperienza, capacità e affidabilità, forniscano idonee garanzie del pieno rispetto delle vigenti disposizioni in materia di trattamento ivi compreso il profilo relativo alla sicurezza. Ciò premesso, al fine di garantire a questo ufficio di valutare compiutamente il trattamento dei dati personali in oggetto, si chiede di fornire precise indicazioni'. Cosa che noi - fa sapere Maroni - abbiamo fatto, il 20 di marzo, con una nostra lettera che specifica alcuni punti". Nella sua missiva, la Regione, ha proseguito Maroni, specifica che "noi non siamo parte sottoscrittrice dell'accordo. Sono stati il Governo e Ibm a identificare in Milano il luogo dove intervenire. Noi però abbiamo fatto sapere di essere fortemente interessati a questa prospettiva e valuteremo la proposta del Governo nell'ottica delle interessanti e postive ricadute che potrebbe portare alla collettività lombarda in termini di investimenti e riduzione del rischio e imprecisione nella diagnosi. Siamo consapevoli - ha aggiunto - di quanto precisato dal Garante della Privacy e prima di assumere impegni formali, avremo cura di effettuare, d'intesa con il Governo, una condivisione della procedura con il Garante della Privacy. Fino ad ora il Garante non ha risposto, attendiamo fiduciosi la sua replica, perché - ha ribadito - riteniamo che questo sia un investimento molto importante per la Lombardia e per l'Italia"».

Dunque, l’ultima brutta notizia documentata - un accordo di vendita sottoscritto da Renzi nel 2016 quando era presidente del Consiglio, per la cessione dei dati sanitari degli italiani all’IBM - è gravida di follia istituzionale  dimostra, ancora una volta, la completa sottomissione del nostro Paese agli Stati Uniti d’America, ma anche l'assenza di una pur minima opposizione politica a livello parlamentare. Non solo il governo italidiota si è impegnato a fornire i dati sanitari degli italiani, a cominciare da quelli della Lombardia, ma avrebbe anche elargito 60 milioni di euro all’IBM, in cambio dell’apertura sui terreni dell’Expo del centro europeo di Watson Healt, un cervellone elettronico che elabora dati medici, si occupa di genomica e di invecchiamento della popolazione. Un’azienda privata statunitense, insomma, che fa ricerca sulla pelle degli italiani, finanziata con soldi pubblici, mentre il servizio sanitario nazionale subisce sempre maggiori tagli, così come il settore della ricerca. 


L'IBM che fabbrica microchip da tempo, con i suoi potenti server controlla in Italia di tutto e di più, la sua centrale operativa si trova in puglia nella cittadella tecnologica di TECNOPOLIS che in tempo reale trasmette dati via satellite al cervellone dello zio Sam.



Ce n’è abbastanza per porre sotto processo Renzi e metterlo al bando dall’Italia, unitanente a tutti quelli che hanno consentito una simile mostruosità a danno della nostra intima sovranità.


MAURIZIO BASSETTI BERSAGLIO DI TORTURA ELETTRONICA DECEDUTO IL 9 OTTOBRE DEL 2010

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Maurizio Bassetti, economo del governo italiano, traslato 9 ottobre 2010, ex-testimone e bersaglio di torture elettroniche. (…).
Maurizio Bassetti
Nel 1994 Maurizio Bassetti, dopo essere stato militante dello PSIUP e del movimento negli anni ’60-70 lavora come economo alla Camera dei deputati, denuncia gravi irregolarità amministrative nella gestione delle forniture, una grande truffa di Stato, che ha portato al licenziamento di alcuni funzionari. La notizia, in piena Tangentopoli, finisce anche nei giornali e nasce il sospetto che i soldi servissero a finanziare dei “fondi neri”. Successivamente Bassetti viene richiamato dai superiori e invitato ad un incarico per l’America centrale, ma rifiuta preferendo la pensione.
Il dramma comincia quando nel Luglio del 2001 subisce una violenta rapina da parte di tre persone incappucciate che affermano di appartenere ai servizi segreti, chiedono i documenti e le foto compromettenti, subisce gravi percosse che gli causano la deviazione permanente dello sterno. Dal quel momento Bassetti subisce numerose violazioni di domicilio dove gli vengono portati via documenti e viene più volte manomesso il computer. Nel 2003 viene rinvenuta una microspia che, dopo gli accertamenti, risulta funzionante già dal 2000. Maurizio decide di installare delle telecamere nella sua casa e le visite cessano momentaneamente, nel Gennaio del 2004 viene rinvenuta un’altra microspia al piano inferiore.
La tortura tecnologica inizia nell’Agosto 2004 con delle scosse elettriche provocate, secondo Bassetti dopo aver consultato esperti in elettronica, da ultrasuoni. Bassetti sostiene che questi ultrasuoni gli interrompono il sonno e gli provocano dolori molto intensi in alcune zone del corpo, come il bruciore allo stomaco, all’intestino ed alla vescica; decide di trasferirsi a casa del figlio e poi in un nuovo appartamento. Nel novembre del 2004 comincia un vero e proprio bombardamento ad ultrasuoni, nel Gennaio 2005 rischia di perdere l’occhio sinistro. La tortura mira all’annientamento fisico e psichico della persona e gli impedisce una vita normale.
Recentemente la scoperta dell’uso di armi ad energia da parte dell’esercito nordamericano in Iraq nella battaglia dell’aeroporto a Bagdag, ha dato conferma dell’esistenza di questo tipo di armi tecnologiche. In realtà è in circolazione già da anni il Dizionario di tecnologie avanzate per la difesa (edizioni Murzia) di Mario Dearcangelis e Alberto Dearcangelis, in cui si parla di armi a radiofrequenza: i primi esperimenti sarebbero stati fatti in Russia per disturbare il cervello umano, con i risultati contrastanti di sonnolenza ed agitazione, euforia e depressione, ecc. Nel libro c’è un elenco sistematico di questo tipo di armi, in cui schematicamente si parla anche degli ultrasuoni di cui Bassetti denuncia essere vittima.
INTERVISTA A MAURIZIO BASSETTI VITTIMA DI TORTURE TECNOLOGICHE  
Michele_Fabiani
18 AGOSTO 2008   A cura di Michele Fabiani
(L’intervista è un’anticipazione del dossier in preparazione sulla tortura tecnologica e il controllo mentale in Italia)


Maurizio Bassetti ha lavorato alla Camera dei Deputati dal 1979 al 1996. Negli ultimi anni da economo denuncia alcune gravi truffe, le sue denunce finiscono anche nei giornali. Una volta in pensione comincia a subire furti e aggressioni in casa da parte di sedicenti appartenenti ai servizi segreti. Si sente spiato e assume alcune agenzie investigative con il compito di controllare chi, a sua volta, lo segue. Vengono individuati dipendenti del SISDE, delle forze armate, o loschi personaggi che entrano ed escono dalla questura, in un caso si tratta di un noto spacciatore romano. La tragedia inizia nel 2004 quando comincia a subire la tortura tecnologica. Oggi è membro dell’Associazione vittime armi elettroniche e mentali, il suo è uno dei casi più concreti e dimostrabili: dichiara di subire scosse elettriche provocate dall’emissione di onde ad ultrasuoni, strumenti facilmente acquistabili che negli USA verrebbero usati anche come pistole “scaccia cani”. E’ un esempio drammatico di quanto siano capaci gli organi repressivi dello stato, che mette seriamente in dubbio la possibilità della libertà in Italia.
D: Non sei stato sempre economo a Montecitorio?
R: No, ma le cose più interessanti avvennero quando ero economo.
D: Era il periodo di Tangentopoli…
R: Io e un mio collega ci eravamo illusi di poter fare una piccola Tangentopoli anche a Montecitorio. L’unico appoggio che abbiamo trovato è stato solo da parte dell’onorevole Galasso, il famoso avvocato eletto con il gruppo della Rete. Lui lavorava a livelli più alti, noi fornivamo le informazioni di base. Egli si interessò di alcuni palazzi acquistati dalla Camera a dei prezzi esageratamente alti. Ricordo un caso particolare in cui la Camera acquistò un palazzo a 120 miliardi dal Banco di Napoli. Era evidente che dei soldi ritornavano ai partiti. Da sottolineare il fatto che la Camera dei deputati, in quanto organo costituzionale, non può essere controllato per evitare di subire influenze.
D: Finanziamenti ai partiti?
R: Si. La nostra ipotesi era che siccome i partiti si finanziavano con questi investimenti, in cambio pagavano e permettevano ai dipendenti di rubare, così da solidificare il livello di omertà. Le mie denunce riguardavano in gran parte i dipendenti. Io ricordo che da economo finanziavo circa 20 miliardi l’anno e gran parte ne sparivano.
D: Quale effetto ebbero le denunce?
R: Sulle mie denunce vennero fatte due commissioni di inchiesta parlamentare, con mia soddisfazione. La soddisfazione calò quando Galasso non venne rieletto e gli atti vennero secretati. Apparentemente, comunque, avevo vinto e i personaggi più compromessi vennero cacciati.
D: Un partito in particolare?
R: Un partito in particolare che mi deluse fu il PDS, o PCI ora non ricordo bene cosa fossero, insomma gli attuali DS. Ebbero concretamente l’occasione per scoperchiare il tutto, ma evitarono di farlo per impedire che lo scandalo li coinvolgesse. Siamo dovuti andare allo scontro frontale da soli.
D: Non è facile.
R: Si, anche perché io ero uno dei dipendenti più a sinistra e qualche anno prima vennero scoperti dei dipendenti che erano membri delle BR. Quindi c’erano molti controlli e forse temevano che anche io fossi un infiltrato che spiava i politici. Solo così mi spiego tanto accanimento contro di me anche ora.
D: Quando sei andato in pensione doveva finire tutto?
R: Io sono andato in pensione nel 1996, mi sono dedicato alla fotografia e non mi sono più preoccupato di questa faccenda.
D: Quando si è verificato il primo episodio?
R: Nel giugno 2001, subito dopo la vittoria del centrodestra. Non so se è un caso, c’è un minimo di speranza in me ora che ha vinto il centrosinistra. Non che io abbia alcuna fiducia verso la sinistra, so che sono totalmente immischiati.
D: Cosa è successo?
R: Il 13 giugno ho avuto uno strano furto. Sono riusciti ad entrare senza forzare le porte blindate, come se avessero una copia delle chiavi. Poco dopo, il 3 luglio, ho avuto l’episodio più grave: ho trovato a casa tre energumeni incappucciati probabilmente con delle calze, mi hanno sbattuto a terra e mi hanno incerottato con del nastro da pacchi, mi hanno preso a calci e mi hanno chiesto la chiave di una cassaforte. Si sono subito qualificati come agenti dei servizi segreti. Cercavano prove e documenti, hanno anche minacciato di colpire mio figlio. Io ho riportato una frattura allo sterno per i cazzotti.
D: Strano atteggiamento quello di un membro dei servizi segreti di qualificarsi spontaneamente come tale.
R: Infatti credo sia una copertura. Un modo per rendere i servizi non sospettabili e lasciarli a dirigere gli attacchi. I tre energumeni non credo proprio siano stati degli agenti. Io so chi è uno dei tre, ma non ho le prove: si tratta di un piccolo delinquente, uno spacciatore di droga.
D: Quando se ne sono andati?
R: Dopo avermi trattenuto per un’ora, a mezzogiorno, quando la ragazza delle pulizie ha suonato alla porta. Praticamente mi ha salvato. Questa persona li ha visti in faccia quando mentre uscivano di casa. Pensa che lei non è nemmeno stata contattata dalla polizia per identificare i rapinatori.
D: Poi cosa è successo?
R: Ora mi rendo conto di essere stato sotto sorveglianza, mi filmavano, ero seguito da personaggi che si sono ripetuti negli anni. Ho avuto piccoli furti e danneggiamenti, una volta in particolare mi hanno danneggiato la caldaia e ho corso il pericolo di morire soffocato.
D: Non hai pensato di fare una denuncia per tentato omicidio?
R: Si ma tanto non servono a nulla le denuncie. Essendo contro ignoti non hanno effetto. Come posso dimostrare di non essere stato io a fare i danni per manie di protagonismo? In ogni caso non credo si fosse trattato direttamente di un tentativo di omicidio, anche se in quella occasione rischiai seriamente di perdere la vita. Con i mezzi che hanno avrebbero potuto uccidermi in mille modi. Credo piuttosto che vogliano spaventarmi.
D: Continuiamo…
R: Ho avuto una serie di questi episodi. Ricordo in particolare un furto in un mio box dove hanno portato via carte e materiali del lavoro a Montecitorio. Poi ho provato più volte a cambiare casa, ma queste cose si ripetevano lo stesso. Con agenzie private abbiamo ricostruito che dietro potrebbero esserci personaggi dei ROS e del SISMI. Ho dei filmati in cui abbiamo effettuato dei contropedinamenti e una delle persone che mi segue è proprio un dipendente del SISMI. Pensa che oggi al piano di sopra del mio appartamento c’è un albergo dove vive sempre la stessa persona, la quale sembra non lavori mai e passa il tempo a controllarmi, mentre al piano di sotto ci vive un carabiniere con una donna. Una volta, non sopportando più la tortura di cui sono vittima, ho perso la pazienza e sono andato al piano di sopra, nella camera di albergo in cui secondo me c’è qualcuno che mi spia, ho preso un treppiede e gli ho spaccato la finestra. Nella casa c’era sicuramente qualcuno, la luce era accesa. Immaginavo sarebbero venuti a protestare…invece si sono limitati a spegnere la luce e sono rimasti in silenzio. Non è il normale comportamento di chi gli viene danneggiata la finestra di casa, ne tanto meno è il normale atteggiamento che un albergatore ha nei confronti della sua proprietà quando viene danneggiata. Non ho ricevuto alcuna protesta. E’, secondo me ,una prova della loro malafede.
D: Parlavi di filmati e prove. Tutto questo sarebbe emerso dai contropedinamenti?
R: Da questi pedinamenti nei confronti di chi a sua volta mi pedinava, effettuati da agenzie investigative private alle quali mi sono rivolto, sono uscite altre cose molto interessanti: ho un filmato in cui alla stazione ci sono tre tipi, uno dei quali mi riprendeva con una telecamera che poi è andato in Questura. La cosa più stupefacente è lo straordinario impegno di mezzi e costi usati contro di me.
D: Quando è cominciato la cosiddetta “tortura tecnologica”?
R: Verso l’estate del 2004 sono cominciati gli ultrasuoni, una cosa che in principio mi ha particolarmente terrorizzato. Mi sono fatto una cultura, nel tempo, degli ultrasuoni, so che possono passare muri e porte. Sono mezzi che si usano in medicina per sciogliere i calcoli renali, o li usano contro i piccioni o contro gli stormi; vengono usati anche agli occhi per rimuovere la cataratta e molte altre applicazioni ancora…
D: Cosa senti?
R: Ci sono due tipi di reazioni, in genere, che subisco: con l’ultrasuono le piastrine e le particelle di ferro vengono attratte e provocano una forte fitta; oppure possono essere più diffusi e si sente una sorta di calore che aumenta fino al dolore. Il peggio è quando si soffermano sui testicoli e su altre parti delicate del corpo. Ultimamente sembra che vada un po’ “meglio”. O sono io che mi sono abituato o loro che hanno imparato a gestirli. Questa tecnica la usano in particolare la notte per svegliarmi.
D: Tutto ciò si verifica solo dentro casa?
R: In principio erano portati a farmelo ovunque. Dovrebbe trattarsi di apparecchi piccoli e maneggevoli. Forse era un modo per farmi capire che potevano raggiungermi ovunque. Recepito il messaggio sono passati ad attaccarmi in particolare a casa. Ora mi sono fatto costruire un apparecchio, una sorta di calamita che attira gli ultrasuoni e evita che mi cadano addosso.
D: Come hai fatto a scoprire che quelle scosse era in realtà provocate da ultrasuoni?
R: Sempre con le agenzie private. Hanno fatto venire a casa degli esperti che hanno misurato il tasso di elettricità nell’appartamento. Indirettamente ho avuto la conferma anche dal fatto che l’apparecchio che mi hanno dato funzionava.
D: Come fanno a coinvolgere solo te e non colpire altre persone? Come fanno a guidare le emissioni?
R: E’ come per un’arma. Ora dire una pistola è banale, ma per farti capire. In internet ho trovato chi vende questi prodotti, in america vengono usati contro i cani. Quando ci sono altre persone in casa questi episodi non si verificano, credo che mi controllino molto spesso. Capita però che quando sto fermo in una posizione riescono a colpire solo me evitando gli altri.
D: Perché avrebbero scelto proprio te? Solo come vendetta delle denuncie alla Camera?
R: La cosa che non capisco è proprio perché ce l’hanno con me. Alla fine non mi occupo di politica da decenni. Forse credono che io sappia più di quanto so, e in questo caso hanno preso un grosso abbaglio, oppure con l’11 settembre, con il pretesto della guerra al terrorismo, si permettono di usarci tutti come cavie…
D: Non c’è nessuno che possa vigilare? Nessuno che possa indagare sull’attività dei servizi segreti?
R: Secondo la nostra associazione anche a sinistra c’è molta convivenza. Il Manifesto e Liberazione non dicono quasi mai nulla, Dorigo ipotizza che il suo microchip sia stato impiantato nel 1996, con il centrosinistra al governo in Italia e per anni in seguito è stato Ministro della Giustizia Diliberto, segretario del PdCI, inoltre i deputati della sinistra fanno parte delle commissioni di controllo sui servizi, come possono non sapere nulla?

Michele Fabiani

FONTE : ANARCHAOS.ORG

Secondo l’Istat una donna su tre è vittima di abusi

Il 25 di novembre, come ogni anno, si è celebrata la giornata che ricorda la violenza sulle donne e sono stati resi noti i dati riguardanti lo scorso anno, forniti dall’Istat. In questo rapporto sono forniti dati che sintetizzano la gravità del problema, anche se in alcuni casi emergono dei miglioramenti.
L’Istat registra che nel corso della loro vita, almeno una donna su tre subisce abusi, per un totale di circa 7 milioni di donne. Il dato che segnala il miglioramento, è quello degli ultimi 5 anni analizzati, durante i quali la percentuale delle donne che hanno subito violenze sessuali o fisiche è diminuita, passando dal 13,3% all’11,3%. Nello stesso periodo però, sono aumentate notevolmente, passando al 40,2% dal 26,3%, le violenze classificate “gravi”, che comportano ferite nella donna che le subisce.
Un altro dato sul quale riflettere è rappresentato dalla percentuale dei giovani che giustificano le violenze, che secondo un dossier presentato da We World Onlus, è del 25%. Sempre il 25 novembre, Action Aid ha denunciato come ci sia poca trasparenza per quanto riguarda l’uso dei fondi che il governo ha stanziato per la lotta alla violenza, nell’ambito della legge sul femminicidio.
I dati del dossier Istat parlano di 6 milioni e 788mila donne colpite da violenza fisica o sessuale durante l’arco della loro vita, con una percentuale che nelle donne di età compresa tra i 16 ed i 70 anni, raggiunge il 31,5%. La percentuale delle vittime di violenza fisica è al 20,2%, quella di violenza sessuale al 21%, e i casi più gravi di stupri o tentati stupri sono rispettivamente 652mila e 746mila.
Quando si parla di molestie, nella stragrande maggioranza dei casi, il 76,8%, i responsabili sono degli sconosciuti. Per quanto riguarda gli stupri, invece, il responsabile è nel 62,7% dei casi il partner attuale della donna oppure il precedente, con il quale è stata interrotta la relazione. Nel 10,6% dei casi la violenza sessuale sulle donne ha come protagoniste ragazze di età inferiore ai 16 anni. Cresce anche la percentuale dei bambini che hanno dovuto assistere a episodi di violenza in famiglia, nella maggior parte dei casi contro la propria mamma, che sale al 65,2% nello scorso anno, mentre nel 2006 era al 60,3%.
A fronte di questi dati c’è però da registrare una maggiore “consapevolezza” da parte delle donne. Ciò ha permesso un calo della percentuale di violenze negli ultimi 5 anni. Ora le donne riescono ad uscire con più facilità dalle “relazioni a rischio”, in molti casi anche con una denuncia alle autorità. I numeri in questo caso segnano un aumento dal 6,7% all’11,8%. Per quanto riguarda invece gli stupri e i tentativi di stupro, non ci sono variazioni tra il 2006 e il 2014, con la percentuale che è rimasta all’1,2%.
Incrociando questi dati con quelli contenuti nel rapporto “Rosa Shocking 2. Violenza e stereotipi di genere: generazioni a confronto e prevenzione”, che è stato presentato da We World Onlus, insieme a Ipsos Italia emerge un’affermazione abbastanza pericolosa. Il 32% dei maschi di età compresa tra 18 e 29 anni ritiene che gli episodi di violenza devono essere affrontati e risolti all’interno della mura di casa. Oltre a questo, il 25% degli intervistati ha definito come giustificazione delle violenze il troppo amore nei confronti della propria donna, oppure l’esasperazione alla quale i violenti arrivano per colpa di atteggiamenti delle donne.
ActionAid ha invece posto l’attenzione sull’utilizzo dei fondi stanziati contro la violenza sulle donne, sottolineando come ci sia in effetti poca trasparenza. Solo 6 milioni dei 16,4 stanziati, infatti, sono effettivamente arrivati alle “case rifugio”. Viene anche evidenziato come solo 10 regioni mettono a disposizione la lista delle strutture che hanno ricevuto i contributie solo cinque di queste hanno pubblicato online i dati relativi ad ogni singola struttura.

La condizione delle donne in Guinea: matrimoni forzati e violenza domestica

Costrette a sposarsi da adolescenti e spesso sottoposte a violenze e maltrattamenti dai loro stessi mariti: è questa la tragica condizione di molte donne in Guinea, schiave fra le mura domestiche e poco tutelate dalla legge.
La maggioranza delle donne in Guinea non è libera di scegliere il proprio consorte ma viene costretta a sposarsi ancora minorenne con un uomo molto più grande designato ed imposto dalla sua famiglia. Non è un caso se nel Paese l’85% delle violenze perpetrate a danno delle donne si svolgono fra le mura domestiche.

Schiave fra le mura domestiche

Il 67% dei casi riguarda aggressioni in cui gli aguzzini sono i mariti, mentre nel restante 33% si tratta di altri componenti del nucleo familiare. In base ai dati forniti dallo studio “Un ritratto di violenza contro le donne in Guinea- Bissau”, il 41% delle donne intervistate ha dichiarato di non aver scelto liberamente il proprio coniuge.
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I diritti (calpestati) delle donne

Nel 2014 in Guinea Bissau è stata promulgata la legge “sulla criminalizzazione di tutti gli atti di violenza praticati nell’ambito delle relazioni domestiche e familiari” ma a tutt’oggi non esistono casi giudicati, nonostante i dati parlino chiaro circa la condizione delle donne fra le mura domestiche. Fra il 2006 e il 2010 le autorità di sicurezza e giudiziarie hanno registrato ben 23.193 casi di violenza domestica ma la maggioranza delle vittime, il 71%, non ha mai sporto denuncia. Ogni anno in tutto il Paese vengono denunciati in media solo 5 casi di violenza domestica.
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I motivi che spingono una donna a non denunciare è anzitutto la non conoscenza della legge che le tutela e dei diritti legali delle donne, ma anche la mancanza di competenza da parte delle strutture statali e della polizia e l’incapacità dello Stato stesso e delle organizzazioni tradizionali di creare una rete di protezione a favore delle vittime.

I matrimoni forzati e le spose bambine

I matrimoni forzati sono una pratica consolidata in Guinea-Bissau e non esiste una normativa chiara in merito, pertanto molte ragazzine già dall’età di 14 anni vengono costrette a sposarsi e ad essere precocemente madri. Come spiega la coordinatrice del progetto “Mani Tese” Paola Toncich, “Il matrimonio forzato non solo influenza i principi di libertà ed autodeterminazione di una donna, ma mette anche a rischio la sua integrità morale e fisica. La situazione è ancora più grave se associata al matrimonio in tenera età, con conseguenze negative come abusi sessuali, gravidanza precoce, abbandono scolastico e mortalità materna”.
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“Libere dalla violenza”, un progetto in aiuto delle donne della Guinea

In occasione della giornata internazionale della donna ha preso il via il progetto “Libere dalla violenza” finanziato dall’Unione Europea, al fine di sostenere ed accompagnare le donne vittime di maltrattamenti e violenze. L’impossibilità di accedere al sistema giudiziario formale per le donne della Guinea è uno dei grandi scogli da superare per assicurare alle vittime un’adeguata protezione giudiziaria e delle forze di polizia, oltre a garantire i servizi sociali di emergenza in modo da facilitare il recupero e il reinserimento sociale di quelle donne vittime di violenza, incluse le ragazzine che fuggono da un matrimonio forzato.
Nel Paese verranno creati tre centri regionali per il servizio di attenzione alla vittima e una casa rifugio che servirà a garantire assistenza psicologica, sociale, educativa e legale a queste donne”, ha spiegato Paola Toncich. Oltre a questi spazi, ne verranno adibiti altri più informali formati da gruppi di famiglie che in maniera indipendente e autonoma accoglieranno le donne. Il progetto è in collaborazione con un partenariato internazionale.

Torture, abusi e molestie: ex colf indiane descrivono gli orrori sul lavoro in Arabia Saudita

La coraggiosa testimonianza di due donne tenute in schiavitù dai propri datori di lavoro arabi.
Due donne indiane che lavoravano come domestiche in Arabia Saudita hanno deciso di testimoniare la loro terribile esperienza per rompere il silenzio sulle condizioni lavorative disumane alle quali centinaia di donne migranti vengono sottoposte ogni anno. Le due infatti venivano tenute in stato di schiavitù dai propri datori di lavoro e sono state oggetto di torture ed abusi sessuali.

La coraggiosa testimonianza di Noorjahan

“I proprietari della casa in cui lavoravo mi hanno trattato davvero male: erano soliti picchiarmi ogni giorno, molestarmi e torturarmi” ha dichiarato la trentottenne Noorjahan Akbar Husen durante un’intervista rilasciata a Rt News. Lei e suo marito erano stati truffati da un agente di Mumbai, che aveva promesso loro un lavoro sicuro a Riyadh, ma poi, una volta arrivati in Arabia Saudita erano stati separati e la donna è stata condotta in un’altra città, a Dammam, dove è cominciato l’incubo. Veniva costretta persino a prostituirsi nella casa in cui veniva tenuta in prigionia. La sua lotta per ottenere la libertà è durata diversi anni.
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“Quando ho informato l’ambasciata indiana mi è stato detto di continuare a lavorare, e che se mi fossi lamentata delle mie condizioni il proprietario avrebbe potuto avanzare una falsa denuncia nei miei confronti, facendo arrestare sia me che mio marito. Chiedevo loro aiuto tutti i giorni, ha raccontato Noorjahan, che ora vive nuovamente a Ahmedabad, in India.

Un incubo senza fine

Il datore di lavoro, grazie alle sue numerose conoscenze all’ambasciata indiana, le aveva impedito in ogni modo di lasciare il Paese. “Mio marito ha chiesto aiuto in molte occasioni al ministro degli Esteri indiano Sushma Swaraj ma lui non è mai intervenuto” ha spiegato la donna, aggiungendo che l’unico modo per riuscire ad ottenere aiuto è stato quello di corrompere i funzionari dell’ambasciata. “Alla fine mi dissero che potevano aiutarmi, ma per la cifra di 250 mila rupie [circa 3.700 dollari]. Ho chiesto un prestito per avere quella somma. Mio marito sta ancora lavorando in Arabia Saudita per poter rimborsare quel denaro ai creditori”.

Un fenomeno molto diffuso ma di cui non si parla

Noorjahan ha raccontato di aver visto circa 200 ragazze nella sua stessa condizione a Dammam. Donne che, come lei, avevano deciso di emigrare in Arabia Saudita con la speranza di poter guadagnare bene ma che poi si sono ritrovate in condizioni di schiavitù e sottoposte ad ogni tipo di vessazione da parte del datore di lavoro. L’umiliazione era parte del lavoro: venivamo trattate come animali. Se anche osavamo accennare una protesta venivamo picchiate e trascinate per i capelli”.
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Il racconto di Fatima

Un’altra donna, Anjum Fatima, anche lei truffata da dei presunti agenti di lavoro, ha raccontato che le persone che l’avevano assunta come domestica la costringevano a lavorare anche dopo essersi ammalata. “Mi picchiavano molto. Ho sofferto di terribili mal di stomaco e non mi hanno mai dato medicine per curarmi. Per sei mesi ho lavorato sino alle 2 del mattino, anche quando stavo male, e durante la notte mi torturavano. Se non erano soddisfatti del mio lavoro, mi lanciavano acqua bollente sul viso” ha raccontato Fatima.
La sua storia è molto simile a quella di Noorjahan: anche lei migrata in Arabia Saudita insieme al marito per cercare fortuna. Le era stato promesso un lavoro come cuoca a Medina, invece il suo datore di lavoro l’aveva condotta in una zona rurale della provincia Al-Qassim, offrendole una paga che era meno della metà della somma pattuita inizialmente, soldi che in realtà non ha mai ricevuto. Per poter tornare a casa lei ed il marito si sono rivolti alla polizia locale, che però si è sempre rifiutata di intervenire. Fatima ha deciso infine di inviare la sua storia al Times of India, uno dei più importanti quotidiani indiani. Quando la notizia si è diffusa, il datore di lavoro ha smesso di torturarla e alla fine le ha permesso di rimpatriare.

L’appello delle due donne affinché si sappia ciò che accade in Arabia Saudita

Noorjahan e Fatima hanno voluto testimoniare la loro traumatica esperienza per salvare altre donne dagli orrori che sono state costrette a sopportare e hanno lanciato un appello per dissuadere le persone dall’emigrare in Arabia Saudita in cerca di lavoro. “Vorrei dire a tutti coloro che vogliono trasferirsi in Arabia per lavorare e che sognano di diventare ricchi che è tutto falsoè una grande menzogna. Le persone che finiscono là vengono torturate, vessate e sfruttate sessualmente. Personalmente ho speso più soldi di quelli guadagnati in Arabia Saudita per tornare al mio Paese. Le altre donne dovrebbe evitare di andarci e non ripetere il mio stesso errore. Ho toccato con mano quanto possa essere orribile la vita in Arabia Saudita”, ha detto Fatima.

Le violazioni dei diritti umani in Arabia: leggi mai applicate

Nel 2013, l’Arabia Saudita ha approvato una legge sugli abusi domestici, la prima nella storia del Paese. Essa afferma che tutte le forme di abuso fisico e sessuale in ambiente domestico e sul posto di lavoro sono punibili con fino adun anno di prigione e una multa. A detta dei funzionari si tratterebbe solo della prima di una serie di misure per far diventare l’Arabia Saudita un Paese islamico tollerante. Nonostante ciò, l’Arabia fa ancora notizia per le ripetute violazioni dei diritti umani.
Secondo un recente rapporto di Amnesty International donne e bambine continuano a subire discriminazioni e non sono adeguatamente protette contro gli abusi sessuali. Sono ancora considerate legalmente subordinate ed inferiori rispetto agli uomini. L’organizzazione internazionale Human Rights Watchha attaccato più volte il Paese per la critica situazione sui diritti umani. Gran parte dei 9 milioni di lavoratori immigrati in Arabia Saudita, che costituiscono la metà della forza lavoro del Paese, subiscono ogni giorno abusi, percosse, stupri e sfruttamento in condizioni di semi schiavitù.

Violenza sugli uomini da parte delle donne: non parliamo solo di femminicidio!

Non solo femminicidio: la violenza di genere è anche quella delle donne sugli uomini, molto più subdola e psicologica. La violenza di genere porta a pensare al femminicidio, ma si tratta di violenza contro un genere, sia esso quello femminile che quello maschile. Senza nulla togliere alla violenza contro le donne che è un reato ignobile che merita le punizioni sancite dalla legge (e a volte anche più pesanti) non bisogna dimenticare che esiste anche il reato della violenza delle donne contro gli uomini. Certo non si tratta di una violenza fisica, non si tratta di una violenza che fa male nel comune senso del termine, ma che è più subdola e altrettanto lesiva. Sono donna e so quanto una donna può essere cattiva, calcolatrice e subdola quando lo vuole e il maschicidio, anche se nessuno ne parla, provoca circa 200 suicidi l’anno.

L’uomo è la parte forte e aggressiva? Non sempre

Legati agli stereotipi che l’uomo è la parte forte della coppia, che è la parte aggressiva, che è più forte fisicamente e che un uomo che subisce una violenza è un debole  molto spesso gli uomini che subiscono ingiustizie e violenza preferiscono tacere piuttosto che parlarne e soffrono in silenzio.
Sono 5mila gli uomini che ogni anno subiscono violenza silenziosamente dalle donne: false accuse di stalking (non che poi non ce ne siano a migliaia di vere!), false accuse di violenza sessuale, pressione esercitata dalle madri sui figli per allontanarli dal padre, richiesta di mantenimento come arma di vendetta in caso di separazione e divorzio, lancio di oggetti come reazioni a liti, morsi, pugni, graffi. Le violenze, quindi, sono sia fisiche che psicologiche e l’uomo, molto spesso, non risponde perché reagire con uno schiaffo a quello della donna sarebbe sproporzionato.
Ogni anno, in Italia, ci sono 200 padri si suicidano perché le ex mogli gli impediscono di vedere i figli, donne che usano i bambini quali strumento di vendetta, che denigrano la figura paterna non pensando minimamente che non fanno del male solo all’ex marito ma anche alla prole che, per vergogna, arriva a negare di avere un padre subendo, quindi, dei gravi squilibri psicologici. Si tratta di quella che in Italia è stata chiamata alienazione parentale e che molti giudici stanno cercando di contrastare escludendo le mamme dall’affidamento dei figli(solo nei casi più gravi però). L’Europa, però, ha più volte bacchettato l’Italia per non garantire al padre il diritto di visita ai figli minori ma in Italia mancano proprio le leggi a tutela del diritto di visita.

Violenza di genere: femminicidio e maschicidio

Quale donna non abborro soltanto il femminicidio ma la violenza in genere, su ogni persona, maschio o femmina che sia: chi è vittima di violenza è indifeso e vittima, chi pratica la violenza è il carnefice.
Quindi quando sento parlare di violenza da parte delle donne sugli uomini non me la sento di dire che è un sorte di legge del contrappasso per pareggiare i conti per le migliaia di vittime di femminicidio: non sono stati quegli uomini lì a commettere violenza sulle donne. Ogni violenza è a sè e ogni carnefice va punito ma il punto fondamentale è che le donne, essendo più subdole la loro violenza la fanno non lasciando tracce visibili, non la praticano lasciando lividi ma ferite interiori molto più difficili da rimarginare proprio perché nessuno le vede e nessuno le conosce.

Le Start up nella Blockchain Finance a livello internazionale



di Filippo Renga, Laura Grassi e Giacomo Vella

Osservatorio Digital Finance, School of Management del Politecnico di Milano
L’Osservatorio Digital Finance della School of Management del Politecnico di Milano si è recentemente occupato, nell’ambito di un importante progetto sul tema Blockchain, dell’analisi delle startup attive in ambito finance, identificandone 63 finanziate per più di 1 milione di dollari a livello internazionale.
A differenza dei primi anni, in cui la gran parte delle startup e dei finanziamenti si è concentrata negli Stati Uniti (36 startup finanziate per 781 milioni di dollari), recentemente sono nate diverse realtà anche nel resto del mondo, in paesi quali Gran Bretagna e Irlanda (4 startup finanziate per 145 milioni di dollari), Giappone(3 startup finanziate per 39 milioni di dollari) e Canada (2 startup finanziate per 87 milioni di dollari) o nuove realtà come Singapore (3 startup finanziate per 28 milioni di dollari) e Israele (2 startup finanziate per 21 milioni di dollari), con un livello complessivo di finanziamenti delle prime dieci startup pari a oltre 800 milioni di dollari.
Inoltre, dallo studio sono emerse 3 principali tipologie di servizi offerti dalle startup, evidenziando l’eterogeneità delle soluzioni adottate per sfruttare le caratteristiche della Blockchain. Alcune startup sviluppano soluzioni verticali (16% del campione), ossia creano una Blockchain ad hoc per uno specifico utilizzo (ad es. Ripple) o una Blockchain multipurpose adattabile a vari utilizzi a seconda delle esigenze (ad es. Chain). Altre stanno sviluppando soluzioni e offrendo servizi grazie all’interazione con una Blockchain già esistente (79% del campione), sfruttando ad esempio le caratteristiche di Bitcoin, di Ripple o di Ethereum. Infine, ci sono startup che hanno sviluppato soluzioni accessorie (5% del campione), che non comportano quindi un’aggiunta di informazioni sulla Blockchain di riferimento: è questo il caso di Elliptic che permette di identificare attività illecite sulla Blockchain del Bitcoin.
Abbiamo accennato in questo primo articolo a due dei numerosi messaggi emersi che verranno discussi e approfonditi in pubblicazioni dedicate e in occasione del Tavolo di Lavoro in partenza.



Le caratteristiche delle tipologie di servizi offerti dalle startup


Segnaliamo la lettura del servizio dedicato alla presentazione dei dati dell’Osservatorio Digital Finance sul mondo banking pubblicato da Pagamenti Digitali
Segnaliamo anche la lettura dell’articolo di Pagamenti Digitali
Fonte: