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giovedì 3 gennaio 2019

Dalle diete alla sessualità: gli adolescenti non parlano con i genitori, ma si rivolgono ad Internet

globalizzazione solitudine
Il 77% degli adolescenti italiani cerca sul web notizie, informazioni e risposte riguardanti diversi aspetti della propria salute. Tanti i click per le notizie legate al benessere, all’alimentazione, all’uso di alcol o droghe, alla sessualità e alle malattie sessualmente trasmissibili. E se i ragazzi cercano soprattutto informazioni sulla sessualità, le ragazze sono interessate soprattutto alle tematiche su dieta e alimentazione.
Sono alcuni dei risultati dello studio “Diagno//Click: quando il web influisce sulla costruzione identitaria dei giovani”, prima indagine europea che analizza il rapporto tra adolescenti, salute e web, presentata alla Biblioteca della Camera dei Deputati e condotta su circa 1.700 adolescenti di età compresa fra i 14 e i 19 anni, in 10 regioni italiane.
Il 77% degli adolescenti preferisce utilizzare Internet per avere risposte che riguardano il benessere e la salute, mentre solo il 45% decide di confrontarsi con i genitori dopo aver navigato in Rete.
Dai dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, è emerso come il 97% degli adolescenti tra i 14 e i 18 anni, tenda a scaricare applicazioni di ogni tipo sul proprio cellulare, anche quelle legate a diete, alimentazione e allenamento fisico. Le app sembrano rispondere alle proprie esigenze in maniera puntuale e veloce, tanto che in alcuni casi non si riesce più a farne a meno.

La salute per gli adolescenti

II concetto di salute per gli adolescenti è diverso da quello degli adulti, e per la maggior parte di loro essere in salute significa avere un corpo in forma. Le notizie più cliccate sono così quelle legate a forma fisica, alimentazione, utilizzo di alcol e droghe, sessualità, malattie sessualmente trasmissibili, medicine e farmaci. E se il 72% delle quindicenni ricerca notizie sull’alimentazione (contro il 28% dei ragazzi), il 63% dei quindicenni ricerca notizie sulla sessualità (contro il 37% delle coetanee).
I dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza confermano come 4 adolescenti su 10 seguano una dieta per dimagrire, in quanto non si accettano così come sono e non sono soddisfatti del loro corpo, adottando sempre più spesso diete “fai da te”: il 13%, infatti, riduce autonomamente il cibo e il 2,5% ha assunto farmaci per dimagrire, il 3% segue una dieta indicata dagli amici, il 2% ha scaricato un’app sullo smartphone e circa il 2% segue le indicazioni trovate in rete.


Per gli adolescenti Internet è meglio di genitori ed esperti

Il 92% dei ragazzi preferisce il web, rispetto al confronto con esperti o genitori, perché è sempre accessibile e la risposta arriva velocemente. Il web, inoltre, consente di avere risposte senza doverne necessariamente parlare con gli adulti (perché si vergognano o perché hanno paura di non essere compresi) e senza dover dichiarare ai coetanei di non conoscere alcune informazioni, soprattutto quelle legate alla sessualità.
I giovani cercano di reperire le informazioni attraverso gli strumenti che hanno a disposizione: internet e amici. Il 36% dei ragazzi ha, infatti, ricevuto indicazioni sul sesso parlando con gli amici, il 25% non ne ha parlato con nessuno, il 18% le ha trovate in Rete e solo in minima parte da genitori e scuola. Inoltre, i filmati pornografici online sono visti dal 24% degli adolescenti, a partire da età molto precoci, e spesso apprendono le informazioni sul sesso direttamente da questi siti (Dati Osservatorio Nazionale Adolescenza).
Tuttavia, dopo le ricerche fatte sul web, il 91% degli adolescenti dichiara di sentirsi in ansia perché non sa come gestire queste informazioni, l’88% si sente rassicurato perché comunque ha ottenuto una risposta e l’82% confuso perché non è riuscito a comprendere tutte le informazioni ricevute.
Dati importanti che confermano come, nonostante la tendenza dei ragazzi a spostare online tutte le loro richieste, il confronto e la condivisione con gli adulti sia fondamentale per comprendere realmente le informazioni ricevute e chiarire dubbi o difficoltà.

Adolescenti che invertono il giorno con la notte. Cosa devono fare i genitori?

inversione notturna
Durante le vacanze, anche brevi, di qualche giorno, gli adolescenti sentono l’esigenza di uscire, di non rimanere in casa, si sentono liberi dai vincoli e dagli orari in quanto non hanno più l’obbligo di svegliarsi presto la mattina e invertono molto spesso il giorno con la notte. Finché si tratta del fine settimana o di giorni limitati di vacanza non ci sono problemi, ma quando si vive di notte e si dorme di giorno per rimanere attaccati alle chat, ai social network, a visionare film o serie tv in streaming, per navigare in rete, ALLORA SÌ CHE DIVENTA UN PROBLEMA.

Gli adolescenti scambiano il giorno per la notte invertendo i ritmi biologici


Tantissimi genitori si lamentano del fatto che i figli trascorrono un numero eccessivo di ore a giocare a chattare e scombinano completamente i ritmi biologici. Il problema, infatti, non sarebbe una notte o più notti in cui magari si decide con gli amici di giocare o di divertirsi in rete, parliamo di troppi giorni consecutivi in cui si vedono ragazzi in versione zombie durante il giorno, con le occhiaie, apatici, perché non si rendono conto che questa inversione fa male all’organismo e il sonno diurno non è qualitativamente come quello notturno PER CUI RISCHIANO DI ANDARE IN DEPRIVAZIONE DI SONNO E IN OVERDOSE DA SMARTPHONE.
La tecnologia, inoltre, sollecita tantissimo i sensi, c’è un’iperstimolazione che porta a stressare il sistema nervoso, a produrre gli “ormoni dello stress” che sono nocivi per la salute, a mangiare male e  in maniera sregolata.
Troppi adolescenti vivono inoltre le relazioni sentimentali in rete, si conoscono online, parlano, si innamorano, litigano e fanno sesso, infatti, 1 su 5 ha una relazione amorosa online (Comunicato stampa Osservatorio Nazionale Adolescenza e Skuola.net del 18-07-2016). Questo li induce in tanti casi a passare ore e ore della propria nottata con lo smarpthone in mano, finché l’alba non li separa.
Infine, tantissimi adolescenti trascorrono le notti insonni o vanno a letto tardissimo per vedere film e serie TV in streaming , anche una dietro l’altra. A volte si guardano intere serie, vengono catturati dallo schermo e non sanno calcare il tasto stop.
Play Station, film e videogiochi da una parte, relazioni sentimentali e chat in rete dall’altra, preoccupano fortemente il genitore che non sa come gestire queste situazioni. Si passa dalle punizioni, al sequestro del mezzo, fino al “arrangiati fai come vuoi”.

Andare a letto tardi alimenta il senso di libertà e la rottura delle regole


Sicuramente è importante fare una breve premessa: è importante sottolineare che l’adolescente di per sé è in un certo senso attratto dall’inversione del giorno con la notte, si sente grande, si sente più “figo”, a volte forzano intenzionalmente l’orario in cui andare a dormire, perdono tempo, pur di dire che hanno raggiunto una determinata ora, vanno contro il ritmo dei genitori e infrangono le regole. Andare a dormire molto tardi o non andare per niente dà anche un senso di libertà, alla fine, è fin da piccoli che gli insegniamo che i bambini vanno a letto presto e i grandi possono andare anche tardi.
QUINDI VIENE QUASI NATURALE IN VACANZA FARE TARDI ED E’ ANCHE IMPORTANTE CHE LO FACCIANO. Un conto però è se escono con gli amici, fanno vita sociale, vanno in posti dove socializzano e si divertono, in questo caso non dormire sottolinea il senso della vacanza e i suoi benefici legato allo svago e all’essere svincolati dalle regole, un altro è se si rinchiudono in camera e stanno tutta la notte o tutto il giorno attaccati allo smartphone.

Come si deve comportare un genitore?


È indubbio che sequestrare il telefono non abbia minimamente senso, significherebbe tagliarli completamente fuori dal mondo, subirebbero la punizione, vi odierebbero e andreste ad intaccare il rapporto con loro.

• Bisogna parlare con loro e spiegargli che quello che fanno, anche se a loro sembra così normale e non ci vedono niente di strano visto che lo fanno quasi tutti, non fa bene alla salute.
• Non parlate con loro in termini di paternale, con toni punitivi e minacciosi, ma da genitore consapevole di quello che gli sta dicendo, altrimenti non vi ascoltano, vi dicono sì e come vi girate o andate a dormire si riattaccano immediatamente. Loro non conoscono i danni che tutto questo può generare perché si rendono conto solo di ciò che vedono, sono concentrati solo sul presente, non su quello che può accadere un domani.
• Non imponete regole troppo rigide, concordate modalità e tempi con loro, magari che abbiano una certa elasticità, sono comunque in vacanza e hanno bisogno di maggiore libertà rispetto al periodo scolastico. Limitate la Play Station quando potete e non fateli giocare di notte. Alzatevi a controllare se stanno dormendo e se è troppo tardi fateli staccare, senza farlo voi di forza.
• Il giorno non fateli dormire fino al pomeriggio ma svegliateli ad una certa ora, almeno riescono a mantenere una sorta di equilibrio e che riescano a mangiare anche ad un orario decente e cibo commestibile, non solo alimenti che trovano qua e là.
• Esortateli a fare qualche attività ricreativa e coinvolgeteli in qualche cosa che state facendo o che pensate di fare.
• Dategli qualche compito domestico da svolgere come per esempio comprare qualcosa al supermercato, buttare la spazzatura, fare qualche attività utile alla famiglia. Sbufferanno, si lamenteranno in tutti i modi perché loro sono la generazione degli stanchi, ma a voi questo non deve importare perché significa farli aderire alla realtà e quindi significa fargli del bene. Gli pesa tutto quello che riguarda casa e che esula dalle loro importantissime attività però èimportante che questa DEPRESSIONE TECNOLOGICA in qualche modo non li schiacci e non invada le loro vite.


di Maura Manca, Psicoterapeuta
Direttore AdoleScienza.it


Allarme adolescenti: raddoppiati tentativi di suicidio


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“Ho cercato di uccidermi, non ci sono riuscito, penso che lo rifarò, la mia vita non ha senso”: nel migliore dei casi tutta la sofferenza di un ragazzino disorientato, insicuro, incapace di gestire emozioni e conflitti arriva all’orecchio di uno psicologo. Ed è già un grande passo avanti.
In Italia il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani.
Secondo l’Osservatorio Nazionale Adolescenza i tentativi di suicidio da parte dei teenager in due anni (dal 2015 al 2017) sono quasi raddoppiati: si è passati dal 3,3% al 5,9%, ovvero 6 su 100 di età tra i 14 e i 19 anni hanno provato a togliersi la vita. Un dramma che riguarda soprattutto le ragazze (71%). Il 24% degli adolescenti ha invece pensato almeno una volta a un gesto estremo.
Una fotografia che mette a nudo un crescente disagio giovanile: ragazzini già stanchi di vivere quando tutto è solo cominciato.
Un giovane si lancia nel vuoto e muore: la notizia, letta su un giornale o passata in tv, è sempre un pugno allo stomaco. Fanno notizia i casi di bullismo, meno quelli i cui contorni restano sfocati. Quando in sostanza è il ‘malessere dell’anima’ a togliere l’ultimo respiro.
“Circa la metà del campione che l’Osservatorio ha intervistato (10.300 adolescenti, ndr) si percepisce depresso: una sensazione di tristezza, di malumore che colpisce oggi il 53% dei ragazzi e delle ragazze, la percentuale nel 2015 era pari al 33%. Inoltre quasi il 36% ha dichiarato di avere frequenti crisi di pianto”, afferma all’Adnkronos la psicoterapeuta Maura Manca, presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza, premettendo che la depressione nell’adolescente si presenta con caratteristiche ben diverse rispetto all’adulto. E che il fenomeno che porta talvolta a gesti disperati è “spesso sottovalutato”“Bisogna fare più prevenzione, specie nelle scuole”, è l’invito della psicoterapeuta.
Secondo Manca “ci sono dei campanelli di allarme in famiglia e anche a scuola che non vanno mai sottovalutati: il suicidio non è un raptus ma l’ultimo atto di un percorso di sofferenza in cui matura il disagio esistenziale. Arrivano ad uccidersi perché nel momento in cui decidono di farlo non trovano nessun’altra risorsa interna a cui aggrapparsi. E’ come se fossero in una bolla isolante”.
Ragazzi e ragazze che giorno dopo giorno si sentono sempre più oppressi da un senso di vuoto che difficilmente riescono a comunicare. “Sono sempre più piccoli – riflettiamo! – i ragazzi che tentano il suicidio per una sofferenza che spesso non riescono ad esprimere a casa, ad amici, insegnanti”, riferisce l’esperta. Ecco perché ai primi segnali – isolamento, cambio delle abitudini quotidiane e dell’umore, irritabilità, disinteresse, impulsività – i familiari “hanno il dovere di rivolgersi a uno specialista”, suggerisce la psicoterapeuta. “Per non parlare poi di quando hanno già provato a togliersi la vita, il rischio sale drasticamente. E non può rimanere un fatto privato, bisogna parlarne, confrontarsi, chiedere aiuto”.
“Sia chiaro – insiste Manca – non è un evento stressante, come per esempio la litigata con la fidanzatina o i brutti voti a scuola, la causa del comportamento suicidario. Il rischio è dentro una vulnerabilità già manifesta, che dipende da fattori diversi lungo un ‘vissuto depressivo’ mal gestito”. I più esposti sono gli ipersensibili e “coloro che non hanno strumenti per affrontare le sfide della vita”.
Restano così incastrati in un tunnel che li isola dal mondo esterno. Si sentono incompresi, in realtà non sanno trovare risorse per lottare, per gestire i sentimenti, spesso non hanno direzioni cui guardare.
“La parola ‘solitudine’ – spiega la presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza – è quella che sento più spesso da parte di questi ragazzi fragili, si tratta di ‘solitudine emotiva’ non fisica. Il dolore poi cresce quando l’aspettativa di chi dovrebbe comprendere o semplicemente ascoltarli – genitori, amici, amata – va delusa”.
Cosa si può fare? “Primo passo non avere paura di guardarli, di ascoltarli. I genitori non si fermino al rendimento scolastico del figlio ma provino a squarciare silenzi. E in caso vengano colti determinati segnali, rivolgersi subito a centri specializzati, c’è un’ampia rete di accoglienza sul territorio. La scuola, da parte sua, faccia più prevenzione su autolesionismo e suicidio in adolescenza. L’alleanza scuola-famiglia su questi temi è di vitale importanza”, conclude Manca.

lunedì 17 dicembre 2018

Natale: il miracolo di Gesù Bambino davanti alla scolaresca ammutolita


PRIMA DI ISCRIVERE I FIGLI A SCUOLA BISOGNEREBBE SEMPRE PRENDERE INFORMAZIONI SUGLI INSEGNANTI, LA LORO PREPARAZIONE, LE ESPERIENZE PRECEDENTI E LE LORO REFERENZE. SPESSO, LE IDEE POLITICHE DI IMPROBABILI EDUCATORI VENGONO PORTATE SUI BANCHI DI SCUOLA COME STRUMENTI DI INDOTTRINAMENTO E MANIPOLAZIONE MENTALE, CHE TANTO RICORDANO QUEI BUI PERIODI STORICI IN CUI IL TOTALITARISMO IDEOLOGICO ENTRAVA DI PREPOTENZA NELLE AULE. INOLTRE, SOPRATTUTTO A NATALE, SPIEGHIAMO AI BAMBINI L'IMPORTANZA DELLA FESTA COME ESPERIENZA DI FEDE NEL MIRACOLO DI DIO CHE NASCE E SI FA UOMO COME NOI, PIU' CHE RIDURRE IL NATALE A FESTA CONSUMISTICA DOVE NON SI ATTENDE PIU' L'ARRIVO DI GESU' SALVATORE, MA DI BABBO NATALE CARICO DI REGALI. LA FUTURA MATURAZIONE SPIRITUALE E MORALE DEI VOSTRI FIGLI UN GIORNO VI RINGRAZIERA'. DIFENDIAMO SEMPRE I NOSTRI VALORI CRISTIANI, E FACCIAMO RISCOPRIRE AI BAMBINI TUTTA LA GIOIA E LA CONFORTANTE PRESENZA DEL PRESEPE IN CASA E A SCUOLA. 

La nota scrittrice Maria Winowska (1904-1993, Austria) ha impresso, nero su bianco in un suo libro, una storia che, a Natale, è sempre bene rammentare e diffondere il più possibile.

La Winowska, che poteva vantarsi dell’amicizia con Papa Giovanni Paolo II, riporta il racconto di un parroco ungherese, Padre Norbert, che ebbe 32 piccoli testimoni dei fatti: gli allievi di una scuola elementare.

Lui operava in una parrocchia di pochi abitanti, in un paese dove la maestra di ruolo, la signorina Gertrud, era dichiaratamente atea. La maestra faceva della sua lotta contro Dio nel tentativo di cancellarne la memoria dalle giovani menti dei suoi scolari il perno delle sue lezioni.

Natale: la signorina Gertrud era completamente atea

Quei bambini, però, appartenevano a famiglie cristiane e, dunque, avevano una formazione religiosa che li invogliava a rispettare i Sacramenti.

“La signorina Gertrud sembrava avere un fiuto misterioso per individuare chi si era comunicato e queste sue “pecore nere”, come lei le chiamava, le trattava con sfrenata rabbia. Sembrava che lo avesse saputo da questa o da quella spia.
Nella IV/a, c’era Angela di dieci anni. Era molto intelligente e capace, ma le sue compagne non la invidiavano perché aveva un cuore d’oro ed era sempre pronta ad aiutarle. Un giorno mi chiese di poter fare tutti i giorni la Santa Comunione. Ma sai di cosa ti carichi?”, le chiese il parroco.

Ma la bambina sapeva fin troppo bene cosa voleva e rispose: “Signor Parroco, la maestra non mi potrà rimproverare facilmente, glielo posso assicurare. Sarò ancora più diligente … Per favore, non mi dica di no. Quando prendo la Comunione mi sento più forte. Dica di sì, devo dare il buon esempio e perciò devo avere molta forza!”.
Natale

Il parroco non poté proprio scoraggiare quella richiesta: Angela si stava immolando, sottoponendosi ad ogni interrogatorio/interrogazione possibile, in quanto, da quel momento, divenne il bersaglio della maestra.
“La maestra voleva, attraverso questa fragile bambina, colpire un bene comune, il tesoro della fede. I genitori incoraggiavano la loro figlia a resistere ed improvvisamente Angela si trovò al centro dell’interesse comune. Tutti ammiravano la sua forza. Solo lei non se ne rendeva conto. Si sentiva umiliata per la sua incapacità a difendersi e per non saper portare dei motivi per la sua fede”.

Natale: Angela cerca di riportare tutti alla fede

Poi, arrivò il periodo prenatalizio. Era esattamente il 17 Dicembre, quando la signorina Gertrud decise di sferrare un attacco deciso contro Angela, convinta che, facendo cadere la sua convinzione, la sua fede, l’avrebbe avuta finalmente vinta, su chiunque, intorno a lei, parlasse di Dio.

La maestra chiese: “ “Che cosa fai se i tuoi genitori ti chiamano?”. “Vado”, rispose la ragazzina timidamente sottovoce. “Molto bene. Ti senti chiamare e vai subito, come fa una brava bambina. Che cosa succede se i tuoi genitori chiamano lo spazzacamino?”. “Viene”, rispose Angela.
(…) “Bene, mia piccola. Lo spazzacamino viene perché c’è, perché è vivo”. Un momento di silenzio. “Tu vieni perché sei viva. Però, per esempio, i tuoi genitori chiamano la nonna che è morta. Verrà?”. “No, non credo”. “Brava. E se chiamano Barbablù? Oppure Cappuccetto Rosso? Oppure Pollicino? Ti piacciono le fiabe, no? Allora cosa succederà?”. “Non verrà nessuno, perché sono fiabe”. Angela sollevò il suo sguardo limpido, però lo riabbassò subito. (…) “E adesso supponiamo di chiamare Gesù Bambino. C’è ancora qualcuno di voi che crede in Gesù Bambino?”. Per un attimo tutto tace. Poi, alcune voci timide dicono: “Sì, sì …”. “E tu, Angela, credi tu che Gesù Bambino ti senta se lo chiami?”. Angela si sentì improvvisamente sollevata da un peso. Ecco dunque il tranello di cui non poteva immaginare la portata.
Con grande slancio rispose: “Certo, credo che mi senta”. “Molto bene, adesso facciamo un tentativo. Se Gesù Bambino c’è, entrerà se voi lo chiamate. Chiamate dunque tutti insieme molto forte: Vieni, Gesù Bambino! Uno, due, tre, tutti insieme”. I bambini abbassarono la testa e in un silenzio di tomba si sentì una risata satanica. “E qui vi volevo. Questa è la mia prova. Non avete il coraggio di chiamarlo, perché non esiste, come Pollicino, Barbablù, perché sono semplicemente delle favole … storie per vecchietti seduti di fronte al camino, storie che nessuno prende seriamente, perché non sono vere”.
Natale
La maestra credeva davvero di aver ottenuto la sua tanto agognata vittoria, ma aveva esultato troppo presto.
Angela parlò alla classe e invogliò tutti gli altri bambini a chiamare Gesù perché si palesasse: “Vieni, Gesù Bambino!”, cominciarono a dire, e le loro invocazioni crescevano e si facevano pregne di fede, di fiducia in colui che chiamavano in mezzo a loro. E cosa accadde?

La porta si aprì silenziosamente. Videro che una forte luce si concentrava sulla porta. Questa luce cresceva, cresceva, poi divenne un globo di fuoco. Ebbero improvvisamente paura, però tutto accadde così in fretta che non ebbero nemmeno il tempo di gridare. Il globo si aprì e dentro apparve un Bambino splendido, come non ne avevano mai visto. Il Bambino sorrideva loro, senza dire una parola. La sua infinita presenza era una infinita dolcezza. Non avevano più paura, c’era solo gioia.

(…) Il Bambino era vestito di bianco e sembrava un piccolo sole. La luce proveniva da lui stesso. La luce del giorno sembrava scura al confronto”.
Poi, Gesù Bambino scomparve e tutto tornò come prima, ma la maestra: “Quasi impazzita e con gli occhi che le uscivano dalle orbite, la maestra gridò: “è venuto, è venuto!”, poi scappò e sbatté dietro di sé la porta. Ad Angela sembrava di svegliarsi da un sogno. Disse semplicemente: “Avete visto, Gesù Bambino esiste. E adesso ringraziamo”.

Tutti si inginocchiarono commossi e recitarono un Padre Nostro, un’Ave Maria ed un Gloria al Padre”.
La maestra non si riprese mai più dalla visione di quell’evento straordinario, da quella rivelazione che aveva annientato la sua incredulità. Padre Norbert e tanti altri pregarono per lei.

venerdì 14 dicembre 2018

IL PROBLEMA NON E’ SFERA, SIETE VOI



Ho studiato la Trap come fenomeno sociale, sia quella italiana che americana. Ho fatto delle interviste qualitative ai ragazzi che l’ascoltano, li ho frequentati, sono andato (sto andando) negli istituti superiori a parlarne, ho organizzato pure un paio di concerti per loro. Quindi ho qualche vaga nozione di quello che sto per scrivere. L’ultimo problema che abbiamo in Italia (credo se la giochi alla pari con il terrapiattismo) è Sfera Ebbasta. Il ragazzotto in questione fa esattamente il mestiere per cui è pagato e seguito: racconta i conflitti, desideri, problemi della sua generazione e di quella seguente. Lo fa con un linguaggio (musicale e testuale) comprensibile al suo uditorio, linguaggio che non ha inventato lui, ma è una fusione delle serie tv, dei film, della musica pop e del gergo giovanile della sua generazione. Lui non ha creato nulla, lo ha solo interpretato e reso visibile.

E qui sta il vero problema, che non è suo né del suo uditorio, ma vostro. La realtà che vi sputa in faccia senza filtri non la capite, vi fa paura, vi sembra un incubo distopico. Codeina ed eroina sono tornate, circolano fra i ragazzi in quantità che non immaginate, a costi bassi nemmeno fossero brani scaricabili da Spotify. Le ha diffuse la Trap? No, circolavano da tempo come sedativi contro l’ansia dell’isolamento sociale, del non avere futuro, dell’essere inchiodati nel circolo eterno di lavori precari e sottopagati. La Trap si limita a farvi vedere quanto sono presenti e pervasive.

Le ragazzine minorenni che vendono immagini/video porno per una ricarica da 10 euro del cell, che scopano con il ragazzo con più follower della scuola per poi postare una foto su Instagram e guadagnare 100 like in più, che si fanno chiamare troie e se ne vantano in opposizione al neobigottismo del politicamente corretto, non esistono perché ci hanno scritto delle barre Sfera o la Dark Polo Gang. Sono le sorelle povere e politicamente scorrette di Chiara Ferragni, la stessa che portate in palmo di mano come esempio di giovane imprenditrice di successo, innovatrice di marketing, donna consapevole ed emancipata. Il motto “No way out” che è la bandiera della Trap, non l’hanno coniato Lil Peep o Ghali, ma è ripreso da un famoso discorso della Margaret Thatcher, in cui la premier di ferro inglese davanti alla macelleria sociale conseguenti alle riforme neoliberali sosteneva non ci fosse altra strada, altro mondo possibile, se non quello del tutti contro tutti per le ultime briciole del benessere.

Voi questo discorso l’avete ripetuto fino alla nausea nelle scuole, nei media, nelle convention di marketing ed economia, che loro l’hanno interiorizzato, fatto diventare un’estetica e uno stile di vita. Vi fa schifo vederli agghindati con rolex da 50.000 euro, Nike anni ’90 da 500 euro a botta, felpe Pyrex pagate 10 volte il loro prezzo di produzione? Chi ha inventato il feticismo del logo, il marketing che associa dei “valori” ad un brand aziendale, la delocalizzazione per aumentare i dividendi degli azionisti? Non certo loro, non erano nemmeno stati concepiti quando voi idolatravate MTV, celebravate i prodotti Apple come fossero rivelazioni divine, vi riempivate la bocca di delocalizzazione e abbattimento dei costi di produzione per favorire la ripresa del consumo.

Adesso vedete gli effetti incarnati di quello che predicavate (ma soprattutto praticavate ogni giorno, da 30 anni a questa parte) e vi fanno paura? Il problema non è di Sfera né dei ragazzini che lo ascoltano, ma vostro. Vi fanno ribrezzo perché sono voi senza le vostre menate buoniste, la vostra retorica dei veri sentimenti, il vostro moralismo da squali che piangono dopo aver divorato la preda? Nessuno ama guardarsi allo specchio, ma proprio per questo è necessario, e la musica pop è il più grande e fedele fra gli specchi.
Comunque la Trap non è un problema, anzi: permette un ponte fra le generazioni, di entrare nell’immaginario dei giovani e giovanissimi per capire il loro problemi e provare a dare loro una risposta, permette di avere un linguaggio condiviso per parlarci da pari a pari. Ma a voi capire e dare risposte ai loro problemi non interessa, non vi interessa nemmeno parlarci. Vi basta metterli in riga, farli stare zitti, nascondere sotto il tappeto le contraddizioni e la solitudine a cui li costringete. Non siete intellettuali, critici, insegnanti o educatori: siete l’ennesima incarnazione dell’eterno fariseo.




lunedì 17 settembre 2018

SE VOGLIAMO PREVENIRE LE PATOLOGIE DEI FIGLI CURIAMO PRIMA I GENITORI

Stiamo assistendo ad un fallimento del ruolo genitoriale di massa che indirettamente grava sulla salute mentale dei figli. Se mancano i punti di riferimento i figli cresceranno senza una direzione e ci sarà chi compenserà e chi devierà.
I disturbi psicopatologici di bambini e adolescenti si stanno aggravando in termini di intensità e di frequenza e non possiamo stare inermi a guardare questa lenta ed inesorabile distruzione di massa. Se vogliamo fare prevenzione dobbiamo accettare questa condizione e cambiare ciò che non funziona. Se prima di fare i cambiamenti non aggiustiamo ciò che non funziona, prima o poi i cerotti si staccano.
La prima infanzia è una fase estremamente delicata in cui si pongono le basi solide su cui si costruirà un’identità stabile, una personalità forte, un’adattabilità del bambino, poi adolescente e infine adulto. E’ un periodo di plasticità neuronale e muscolare in cui il bambino è fortemente condizionabile in termini positivi e negativi, anche e soprattutto dall’apprendimento indiretto, ossia dall’esempio delle figure che lo accudiscono e dalle esperienze di vita che caratterizzeranno la sua vita.
I bambini hanno bisogno del legame, del confronto con il genitore, delle relazioni sociali, dell’attività fisica, di esprimersi da un punto di vista psicologico e fisico sentendosi contenuti da un adulto in grado di fargli da guida, di dargli la mano quando serve e di dirgli “vai ce la puoi fare da solo” quando necessario.
Hanno bisogno di chi non fa da paracadute solo per un egoismo personale, perché si fa prima, perché è meno faticoso, perché non si ha voglia di discutere con il figlio senza capire che se lo si cresce con la consapevolezza che avrà sempre e comunque un paracadute non spiegherà mai le sue ali. Deve crescere con la consapevolezza di un legame stabile, di essere riconosciuto e accettato, di avere un porto sicuro che gli permetterà di partire, di osare, di sperimentarsi perché sa che avrà dei pilastri su cui contare.

Ciò che invece tristemente vedo è che non si prende più in braccio un figlio per calmarlo, non ci si siede più con lui per farlo ragionare e capire cosa sta accadendo e di cosa ha bisogno, si dà uno smartphone, un tablet, una sorta di ciuccio digitale che serve da calmante e da ansiolitico. E’ più facile, è più rapido, i bambini vengono anestetizzati davanti agli schermi e il genitore può fare i benemeriti affari suoi in santa pace.

Posso comprendere i casi straordinari di necessità, ma ciò che distrugge un figlio è la continuità, la sistematicità, non l’occasionalità. Oggi siamo arrivati anche a non far camminare più i figli, a non insegnargli neanche dove mettere i piedi. Sono dotati di scarpe con le rotelle, di hoverboard (gli skate elettrici) per cui si vedono bambini sfrecciare da soli e genitori che non si rendono conto dell’importanza di prendere la mano di un figlio e di camminare al suo fianco.
Il problema non è solo psichico, emotivo e di acquisizione di competenze psichiche, è anche fisico, mi trovo sempre più bambini che non sanno correre, saltare, andare in bicicletta, fare una capriola, che sono completamente scoordinati e non hanno il senso dell’equilibrio. I bambini hanno bisogno di sporcarsi le mani e di sbucciarsi le ginocchia, di confrontarsi con gli altri coetanei, non solo con la tecnologia e con gli adulti, non devono solo competere a chi è più bravo, più bello, a chi fa più cose, a chi è più talentuoso, a chi si mette meglio in posa, a chi fa i video e i selfie più belli e prende già tanti like sui social. Hanno bisogno di litigare e di fare pace, di capire i propri limiti, il senso dell’amicizia che non è essere amici suoi social o mandarsi i cuoricini su WhatsApp, le distanze, l’empatia e il rispetto.
Devono crescere sviluppando le capacità di problem solving e le capacità intellettive attraverso la sperimentazione e le prove ed errori. Se si vuole insegnare ad un figlio ad essere responsabile bisogna prima essere responsabili e comportarsi da genitore responsabile.
Inoltre ci si deve ricordare che “in motu vita est”, la vita è movimento. La staticità spegne, blocca e porta ad una morte psichica. Affrontare la vita di petto e in maniera dinamica è il segreto per non ammalarsi e per non farsi schiacciare dagli eventi, anche se troppo spesso questi bambini non sanno neanche cosa sia la motivazione, la grinta, il credere in se stessi ed in qualcosa o qualcuno e il senso della fatica. Rischiano di aver perso una partita in partenza perché nessuno ha “perso tempo” ad insegnargli a giocare la loro partita.

Allora non gridiamo allo scandalo, non arriviamo sempre dopo per chiederci il perché, la famiglia deve essere  una risorsa fondamentale nella crescita di un figlio da cui non si può prescindere ed è lì che dobbiamo investire se vogliano evitare di continuare a parlare di patologia, disagi e devianza e smetterla di essere il Paese del dopo, della pietà e dello scandalo, ma iniziare ad essere il Paese del prima.

di Maura Manca, Psicoterapeuta
Presidente Osservatorio Nazionale Adolescenza
Fonte: