L'EVENTUALE VINCITA DI BIDEN RAFFORZERA' IL GOVERNO ITALIANO E APRIRA' IL MONDO ALL'INVASIONE COMUNISTA CINESE....
La contrapposizione tra Cina e USA ha acquisito nuova forza da quando la guerra commerciale si è spostata sul campo tecnologico.
Finché Washington bloccherà i prodotti cinesi perché considerati una minaccia alla sicurezza nazionale, la Cina minaccerà di sfruttare la sua arma principale: svendere un portafoglio di obbligazioni di Stato americane del valore di 1.000 miliardi potrebbe far crollare il cambio del dollaro e l’intero mercato obbligazionario.
Si tratta di uno scenario estremamente pericoloso per l’intera economia mondiale. In questo articolo capiamo fino a che punto è pronta a spingersi Pechino.
Una guerra tecnologica
Nel mese di gennaio le due maggiori economie al mondo hanno compiuto un passo importante verso la fine della guerra commerciale: hanno siglato un accordo detto di “prima fase” finalizzato a ripristinare gradualmente le attività commerciali. Tuttavia, la pandemia di COVID-19 ha cancellato tutto. Washington ha accusato Pechino di aver diffuso il coronavirus e ha richiesto delle compensazioni in denaro. Inoltre, gli americani hanno chiesto di lasciare l’OMS accusando l’Organizzazione di connivenza nei confronti della Cina.
Con l’avvicinarsi delle presidenziali americane le tensioni crescono.
Trump ha nuovamente posto l’accento sui danni economici che le società cinesi avrebbero inferto all’economia statunitense. Infatti, gli americani credono che i cinesi abbiano rubato i loro segreti tecnologici.
Nel mese di agosto Washington ha accusato Pechino di ingerenza nella campagna elettorale su Internet e tramite i social network.
Nel mirino delle accuse si è trovata l’app cinese TikTok. La Casa Bianca ha dichiarato che TikTok doveva essere bandita, altrimenti il governo cinese avrebbe avuto accesso ai dati dei cittadini americani. Alla cinese ByteDance, proprietaria di TikTok, è stato intimato di vendere l’attività ad alcune società statunitensi entro il 12 novembre. In caso contrario, Trump minaccia di bloccare il servizio.
Ancora non è nota la risposta di Pechino. Gli esperti ritengono che le autorità cinesi non abbiano ragione di prendere le difese di TikTok in quanto secondo loro questo strumento è “dannoso”, divulga “contenuti volgari”, non è in linea con i “valori socialisti” e contribuisce a deviare i giovani cinesi.
Ma Washington fa pressioni anche su Huawei, una delle maggiori società cinesi del settore tech. E Pechino ha già minacciato di bandire le esportazioni di tecnologie e materiali strategici verso società straniere che potrebbero costituire “una minaccia alla sicurezza nazionale”.
Dialogo maturo
Parallelamente Pechino ricorda di essere in possesso di leve di influenza ben maggiori: si tratta di obbligazioni di Stato statunitensi per un valore di 1.000 miliardi di dollari.
Per via della guerra commerciale con gli USA la Cina ha già cominciato a disfarsi di questi titoli.
Con valori massimi pari a 1.320 miliardi di dollari nel mese di novembre 2014 gli investimenti nel debito pubblico americano si sono ridotti di oltre 200 miliardi.
Di conseguenza, a luglio 2019 il maggior detentore straniero di treasuries è diventato il Giappone con 1.120 miliardi.
Come dimostra il più recente rapporto del Ministero americano delle Finanze, a metà settembre il portafoglio cinese di titoli americani si attestava a 1.080 miliardi.
Nel primo semestre dell’anno Pechino ha ceduto 106 miliardi di treasuries a un ritmo di vendita inedito sin dal 2015.
Tuttavia, le motivazioni non risiedono soltanto nella contrapposizione economica.
Una delle ragioni per cui la Cina continua a disfarsi del debito pubblico americano è legata ai rischi di svalutazione del dollaro in seguito all’immissione troppo massiccia di nuova moneta sul mercato.
Il debito continua ad aumentare. In 8 mesi gli USA hanno emesso 7.700 miliardi di obbligazioni di Stato. Si tratta di un vero e proprio record. Ciò significa che l’economia del Paese è retta esclusivamente da questa tipologia di debito.
Pechino ritiene che Washington non sia in grado di risolvere i problemi economici senza immettere nuova moneta sul mercato. Pertanto, osserva la cinese Global Times, investire nel debito pubblico USA è alquanto rischioso.
Svendita generale?
Il giro di vite degli scontri tra USA e Cina non fa che alimentare questi timori: d’un tratto il secondo maggior creditore straniero dell’economia americana potrebbe avviare una massiccia svendita di treasuries.
Le conseguenze di questo fenomeno sarebbero catastrofiche, si scatenerebbe il panico.
Tuttavia, un simile scenario non beneficerebbe nemmeno la Cina. Vendere in un breve periodo di tempo obbligazioni per 100-200 miliardi inevitabilmente ne farebbe crollare i prezzi.
Il valore degli attivi esterni della Cina registrerebbe un significativo calo paragonabile al rimborso dei titoli di Stato svalutati.
Inoltre, crollerebbe il dollaro, il che colpirebbe anche la Cina. Il calo del valore della valuta americana, infatti, renderebbe più costose le esportazioni cinesi.
Si consideri altresì che la svendita di titoli di Stato USA limiterebbe significativamente le opportunità di Pechino di gestire lo yuan qualora la guerra commerciale sfuggisse dal controllo delle parti. Infatti, i dollari ricavati dalla vendita dei treasuries dovrebbero essere investiti in qualche modo e il compito non è dei più semplici.
“Far crollare la piramide delle obbligazioni americane significa gettare il mondo intero in una situazione di caos finanziario rispetto alle quale le crisi del 1998 o del 2008 sembrano una passeggiata. Pertanto, è altamente improbabile che accada qualcosa di simile in un prossimo futuro”, spiega Michael Ross-Johnson, direttore della banca di criptovalute Chatex.
È più probabile che l’abbandono di dollari e treasuries avvenga gradualmente, come sta accadendo negli ultimi anni. Secondo le stime di Xi Junyang, uno dei principali economisti cinesi e docente presso l’Università di Shanghai, Pechino “ridurrà gradualmente” la quota di obbligazioni di Stato USA in portafoglio fino a 800 miliardi di dollari “nel caso di un normale sviluppo degli eventi”.
Tuttavia, non si escludono nemmeno le alternative più estreme, ad esempio in caso di conflitto armato.
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