giovedì 24 settembre 2020

Una legge iniqua non può mai essere bene applicata


Lo abbiamo visto verificarsi tante volte. Fatta una legge piena zeppa di paletti, questi paletti prima o poi saltano tutti. Qualche esempio. Legge 898 del 1970 sul divorzio: inizialmente si poteva divorziare solo dopo tre anni dalla separazione. La nuova disciplina abbassa il termine ad un anno e addirittura a sei mesi se la separazione è stata consensuale. Legge 194 del 1978: stabilisce che l’aborto «non è mezzo per il controllo delle nascite». Questo “divieto” (le virgolette sono d’obbligo dato che è un divieto privo di sanzione) è rimasto sulla carta ed è stato ampiamente eluso dalla prassi. Oggi l’aborto, per lo più, viene interpretato come mero strumento contraccettivo. La 194 prevedeva inoltre solo l’aborto chirurgico, ma passa qualche decennio ed ecco spuntare diversi preparati abortivi chimici: RU486, pillola del giorno dopo, pillola dei cinque giorni dopo. Legittimato poi l’aborto con la RU, ma solo tramite ricovero ordinario di tre giorni e non oltre la settima settimana, le recenti nuove linee guida fanno saltare anche questi vincoli: ora il ricovero è in day hospital e l’assunzione di mifepristone può avvenire fino alla nona settimana.

Legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale: divieto di fecondazione eterologa, divieto per le coppie fertili di accedere alla pratica della fecondazione extracorporea, limite massimo di tre embrioni per ogni impianto, divieto di diagnosi pre-impianto. Anche in questo caso e soprattutto per opera della magistratura, tutti questi paletti sono stati divelti. Legge sulle Unioni civili (76/2016): equiparazione piena tra matrimonio ed unioni civili, eccezion fatta per il dovere di fedeltà e per la filiazione. Ma su questo ultimo punto i magistrati sono stati creativi e hanno trovato il modo, tramite la stepchild adoption e il riconoscimento di filiazioni avvenute all’estero, di evadere il divieto.

Legge sull’eutanasia 219/2017: divieto di praticare l’eutanasia tramite l’aiuto al suicidio. Ecco arrivare la Corte costituzionale e dare semaforo verde al suicidio assistito. Per quale motivo questi divieti sono saltati? Le motivazioni di ordine sociale, politico, culturale sono sicuramente più di una. Qui vogliamo mettere sotto la lente di ingrandimento una motivazione di carattere giusfilosofico. Questi divieti sono stati superati perché in contrasto con la ratio delle norme che li prevedevano. La ratio di una norma è lo scopo principale per cui è stata varata, quindi rappresenta la sua essenza, la sua natura, la sua intima struttura, la sua anima, il suo spirito giuridico. Il fine di un ente, qualsiasi esso sia, chiede di essere soddisfatto: ogni ente, compresa una legge, esige di perfezionarsi, di essere sempre “più se stesso”, di attualizzare le sue potenzialità intrinseche, di concretare la propria identità. Ecco perché ogni limite al fine, alla natura di qualsiasi cosa entra in rotta di collisione con la cosa stessa, perché la natura di un ente mal sopporta costrizioni alla sua natura stessa. Mettete un leone dietro una gabbia: impazzirà, perché il leone è fatto per cacciare libero nella savana. Provate ad ingabbiare una legge malvagia fatta per uccidere. Prima o poi le sbarre di quella gabbia verranno da essa divelte e la legge malvagia fuggirà.

La biografia giuridica di molte leggi inique, come accennato sopra, conforta la validità di questa tesi. Ad esempio la ratio della legge sul divorzio è quella di rompere il vincolo coniugale. Quindi lasciare un tempo di ripensamento di tre anni è, in accordo a questo fine, esagerato. La ratio della 194 è permettere di abortire, considerare l’aborto un diritto. Se è un diritto non deve conoscere limiti, quindi via libera anche all’aborto per limitare il numero di nascite. Se è un diritto deve essere esercitato in tutte le sue modalità, compreso l’aborto chimico e nelle forme meno vincolanti possibili. Ecco spiegato il ricovero in day hospital e l’estensione del limite temporale per l’assunzione della RU486. La natura della legge sulla fecondazione artificiale è quella di produrre bambini sani per soddisfare il desiderio di genitorialità delle coppie. In tal senso sarebbe stato contraddittorio vietare pratiche che permettono più agevolmente di soddisfare questo desiderio, come la fecondazione eterologa, la diagnosi pre-impianto, l’accesso a coppie fertili. Per lo stesso motivo prima o poi anche la pratica della maternità surrogata diventerà lecita nel nostro Paese.

Il fine proprio della legge sulle Unioni civili è avere il matrimonio civile omosessuale. Ma se parliamo di matrimonio anche per le coppie omosessuali, va da sé che i coniugi omosessuali e quelli eterosessuali hanno pari diritti. Dunque anche alle coppie gay deve essere riconosciuto il “diritto” di diventare genitori. Vietare l’omogenitorialità sarebbe contraddittorio con la natura intima della legge.

Infine scopo primario della legge 219 è legittimare l’eutanasia. In tal senso appare irrazionale vietare alcune pratiche eutanasiche: perché dovrebbe essere legittimo morire per mano altrui e non per mano propria con l’aiuto di terzi? Spiegato quindi, limitatamente al piano dell’analisi del diritto, perché una legge malvagia tende per sua natura a farsi sempre più malvagia, liberandosi di tutti quei ceppi che le impediscono di diventare sempre più se stessa.

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