giovedì 24 settembre 2020

Taglio dei Parlamentari. Dalla P2 di Gelli al PD fino al M5S: quella democrazia che fa tanto fastidio




LA MASSONERIA HA ASSESTATO UN ALTRO COLPO ALLA SOVRANITA' E ALLA DEMOCRAZIA D'ITALIA 

Il taglio dei parlamentari, salutato come una riforma storica dal M5S di Grillo e Di Maio, era uno dei punti del “Piano di rinascita democratica” della Loggia massonica P2 del Venerabile Maestro Licio Gelli

“Ho una vecchiaia serena. Tutte le mattine parlo con le voci della mia coscienza, ed è un dialogo che mi quieta. Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore. La giustizia, la tv, l’ordine pubblico. Ho scritto tutto trent’anni fa”.

Queste parole furono pronunciate da Licio Gelli in un’intervista concessa a Concita De Gregorio per laRepubblica il 28 settembre 2003. Al tempo vi era il governo Berlusconi, la sinistra si atteggiava ancora a passionaria e proletaria – più o meno – e né il PD – nato nel 2007 – né il M5S – nato nel 2009 – erano ancora stati fondati. Licio Gelli, passato alla storia della nazione come Maestro Venerabile della P2, è morto il 15 dicembre 2015 a Villa Wanda ad Arezzo, all’età di 96 anni. 

Ecco, è certamente impressionante che, a grandi linee, il Piano di rinascita democratica, ritrovato e sequestrato il 4 luglio 1981 nel doppiofondo di una valigia della figlia Maria Grazia, sembra in qualche modo non solo essergli sopravvissuto, ma anche continuare ad attuarsi.

E’ di ieri l’ultima indegna riforma – in nome di un presunto risparmio, dimenticando che “la Democrazia non ha prezzo” – voluta dal M5S di Grillo e Di Maio del governo guidato dall’uomo di Villa Nazareth, “Giuseppi” – per dirlo alla Trump – Conte. Parliamo ovviamente dell’Ok definitivo dell’Aula della Camera al taglio dei parlamentari. Un disegno di legge costituzionale che riduce i deputati a 400 dai 630 attuali ed i senatori a 200 dagli attuali 315. L’approvazione definitiva si è avuta con ben 553 voti a favore, 14 contrari e due astenuti. Praticamente tutti i parlamentari hanno votato a favore, andando anche contro i loro principi politici. Caso eclatante è Giacchetti – exPD ora Italia Viva – che ha dichiarato in Aula: “Io lo voterò, ma non lo faccio convintamente. Lo voto perché sta dentro un accordo di programma, quello di questo governo. Oggi voterò sì ma non è finita qui per quel che mi riguarda – assicura in Parlamento -. Finisce il mio dovere di lealtà al governo su questo tema. Un secondo dopo il mio voto su questa riforma, mi adopererò affinché assieme alla mia firma vi sia il numero necessario tra Camera e Senato per ottenere lo svolgimento del referendum. Se ci fossero le firme necessarie costituirò un comitato per il no a questa riforma”.


Che poi, a voler essere maligni, si potrebbe dire che alcuni parlamentari siano addirittura andati contro i loro squallidi interessi di poltrone, dato che tanti dei deputati che hanno votato la riforma non potranno essere rieletti. Sicuramente un comportamento molto curioso per i politici italiani, che la fedeltà al Governo Conte BIS valga così tanto?


Con questa riforma comunque, l’Italia diverrà il Paese dell’UE con il minor numero di deputati in rapporto alla popolazione: con 0,7 “onorevoli” ogni 100.000 abitanti, praticamente supererà la Spagna che deteneva il primato con 0,8 e che ha dimostrato in recenti anni ampia cultura democratica mandando l’esercito a fermare le libere elezioni indipendentiste della Catalogna.

Licio Gelli dicevamo, il suo ricordo salta fuori proprio in virtù di quel Piano di rinascita democratica della P2, in cui, tra i punti fondamentali, si auspicava proprio la riduzione del numero dei parlamentari. Anche se, ad essere precisi, i “ragazzi meravigliosi” di Grillo hanno voluto una riforma ancor più dura di quella auspicata da Gelli: per la P2 infatti sarebbe bastato abbassare il numero dei deputati a 450 e diminuire il senato a 250 seggi.


Un’analogia interessante quella tra la riforma imposta dal M5S al Governo ed uno dei punti del piano di Gelli, tanto che il filosofo Paolo Becchi – ex “idologo” del M5S, allontanatosi per sua scelta ed in forte polemica –, dopo aver lanciato un appello alla Lega di Matteo Salvini di lasciare l’aula al momento del voto – appello non raccolto -, ha scritto su Twitter: “Con la riduzione di circa il 40% di parlamentari l’Italia sarà in Europa il Paese con il minor numero di rappresentanti – premette -. Un colpo micidiale alla volontà popolare. Neanche la proposta della loggia massonica P2 di Licio Gelli si era spinta a tanto”.

Ma Paolo Becchi non è nuovo a “ricollegare” Grillo ed il M5S alla P2. Ad Agosto 2019, durante la convulsa fase della creazione del Governo Conte Bis, sempre su Twitter, Becchi commentò gli interventi di Grillo – che in quel periodo parlava di Conte Elevato e di ministri tecnici – dicendo: “Beppe Grillo di fatto ormai ha esautorato il capo politico del Movimento delineando un programma non molto diverso da quello della loggia massonica P2 di Licio Gelli: dimezzamento dei parlamentari e governo di tecnici. Non è solo la fine del Movimento ma un attentato alla democrazia”.

Certo, le parole di Becchi sono forti, tanto da spingerci a capire se veramente, in qualche modo, le idee di Gelli siano ancora “vive” nella politica italiana. Il piano di rinascita democratica di Gelli si trova facilmente online, ed anche Wikipedia ne fornisce un sunto.

Tra i punti fondamentali vi era:

1) La nascita di due partiti maggioritari: uno di destra e uno di sinistra, entrambe con all’interno un’anima democristiana, situazione che a ben pensare, ricorda vagamente quel tentato dualismo del PD e del fortunatamente defunto PDL.

2) Un progetto di controllo o di lobbismo sui mass media per controllare giornali e giornalisti, per le TV si voleva la soppressione della RAI, liberalizzazione e privatizzazione. Tutte tematiche più volte riprese a vario titolo da vari partiti, tra cui M5S e PD.


3) Superamento del bicameralismo perfetto attraverso una “ripartizione di fatto di competenze fra le due Camere (funzione politica alla Camera dei deputati e funzione economica al Senato della Repubblica)“. Anche in questo caso, il superamente del bicameralismo è argomento attualissimo, tanto che era uno dei nodi centrali della fallita riforma costituzionale di Renzi.

4) Riforma della magistratura: separazione delle carriere di P.M. e magistrato giudicante, responsabilità del CSM nei confronti del parlamento, da operare mediante leggi costituzionali (punto I, IV e V degli obiettivi a medio e lungo termine – vedi infra). Anche in questo caso se ne è parlato spesso, ma il potere politico sembra ancora troppo debole per affrontare una riforma simile.

5) Riduzione del numero dei parlamentari, come meglio spiegato sopra.

6) Abolizione delle province. E qui c’è ben poco da dire.

7) Abolizione della validità legale dei titoli di studio, altro cavallo di battaglia del M5S.

E’ certamente un caso curioso che praticamente tutti i punti di cui Gelli e la P2 auspicavano una riforma siano ancora oggi oggetto di controversia, a 40 anni di distanza, ma è ancora più curioso che molti di quei punti siano sollevati dal partito “anti-casta”. Chissà cosa ne penserebbe il Venerabile.

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