lunedì 25 maggio 2020

Polizia nello Xinjiang: posti di blocco, campi e paura

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Gli agenti di polizia in servizio nello Xinjiang rivelano i dettagli delle misure di controllo adottate dal PCC per reprimere i musulmani uiguri


di Chang Xin

Un ventenne assistente di polizia in servizio nel nord dello Xinjiang ha riferito a Bitter Winter: «Lungo le strade di Urumqi, la capitale dello Xinjiang, ci sono posti di blocco ogni 500 metri e ognuno è sorvegliato da una ventina di agenti. Quattro posti di blocco costituiscono una stazione incaricata del pattugliamento nelle zone designate 24/7. Se c’è un problema viene dato l’allarme con i walkie-talkie e immediatamente dagli altri tre posti di blocco arrivano una decina di auto con circa 50 agenti». L’agente ha aggiunto che, per il mantenimento dell’ordine pubblico, gli agenti di polizia devono comparire sulla scena di un incidente entro un minuto dall’allarme. Chi non ci riesce viene punito.

L’agente ha affermato che a Urumqi sono di stanza oltre 100mila poliziotti, nonostante ciò gli organi preposti alla sicurezza pubblica continuano ad annunciare che nello Xinjiang vi sono numerosi posti vacanti. Visto che oltre il 90% degli uiguri non riesce a passare le revisioni politiche stabilite dal governo per lavorare nel servizio pubblico, un gran numero di agenti di polizia provenienti da tutta la Cina viene inviato nello Xinjiang per il «mantenimento della sicurezza». Quando hanno completato il loro servizio e tornano a casa, il Dipartimento per la sicurezza pubblica li ricompensa con particolari benemerenze.

Stazione di polizia nella contea di Manas nella Prefettura autonoma hui di Changji nello Xinjiang (foto fornita da una fonte interna)

L’agente ha continuato: «Ogni agente di polizia è dotato di uno smartphone jingwutong collegato a banche dati governative che gli consentono di controllare le informazioni di qualsiasi persona nello Xinjiang. Dove fanno rifornimento di carburante, dove pernottano in hotel, se usano internet, prendono un treno, ecc. Inoltre vengono controllate anche le informazioni delle loro famiglie. In qualsiasi momento la polizia può interrogare e indagare chiunque si trovi in strada. Un uiguro che conosco è stato fermato 34 volte in un solo giorno. Gli agenti possono ispezionare i telefoni delle persone alla ricerca di informazioni “sensibili” come per esempio osservazioni critiche sul governo». L’agente ha aggiunto: «In questo caso, ma anche se hanno credenze religiose, le persone possono essere inviate nei campi per la trasformazione attraverso l’educazione».

L’agente ha detto: «Quando ci vedono gli uiguri hanno paura e se notano un’auto della polizia in lontananza cambiano direzione».

Un altro agente ha aggiunto che le persone con precedenti sono soggette a sorveglianza a lungo termine. «Per tre generazioni i loro parenti stretti saranno ritenuti colpevoli per associazione, interdetti dal lavoro, dagli esami per il servizio civile o dai benefici statali. Non solo viene loro vietato viaggiare, ma anche le loro famiglie sono tenute sotto controllo e non possono lasciare la città». L’agente ha ricordato un uiguro di Bole, capitale della Prefettura autonoma mongola di Börtala nello Xinjiang, che per tre anni è stato nella lista delle persone sotto sorveglianza. Nonostante il termine fosse ormai scaduto, il suo nome era ancora nella lista e così quando alcuni suoi familiari avevano deciso di recarsi a Urumqi per una visita medica è scattato l’allarme. Ai parenti è stato detto di tornare a casa.

Un poliziotto della stessa prefettura ha rivelato a Bitter Winter che la maggior parte dei campi per la trasformazione attraverso l’educazione sono costruiti in luoghi relativamente remoti dello Xinjiang e ha aggiunto: «Non sono facili da individuare per le persone che non sono del posto. Gli incroci sulle strade che conducono ai campi sono sorvegliate da reparti speciali della polizia. Chi per caso dovesse percorrere queste strade sarà intimidito dalla presenza di agenti di polizia armati».

L’agente ha continuato: «A causa della segretezza anche gli agenti in servizio devono superare tre posti di blocco prima di entrare nei campi». L’agente ha ricordato una visita in uno dei campi per una verifica della sicurezza antincendio: «Nel primo posto di blocco ho dovuto consegnare i miei dispositivi elettronici e altri oggetti personali, come un tagliaunghie. Poi sono stato autorizzato a passare al secondo posto di blocco, dove mi hanno detto di togliermi le scarpe, mi hanno perquisito e sottoposto alla scansione del corpo. Infine sono arrivato al terzo posto di blocco all’interno del campo, qui mi è stato detto di non comunicare con gli “studenti”. Il personale comunica con i walkie-talkie perché i telefoni cellulari sono vietati per evitare che qualcuno scatti fotografie e che si verifichino fughe di informazioni».

Un poliziotto che ha prestato servizio nello Xinjiang per due anni ha detto a Bitter Winter di essere molto dispiaciuto «per le persone che devono rimanere a lungo in questi campi a studiare ogni giorno il maoismo e le politiche di Xi Jinping. Quando i prigionieri vengono rilasciati non sono più le persone che erano prima, di solito non distinguono più il bene dal male e hanno perso la normale capacità di giudizio. Spesso i loro parenti rifiutano di riconoscerli per timore di essere coinvolti».

Un altro agente di polizia, in servizio in un campo per la trasformazione attraverso l’educazione dopo essere stato reclutato nel 2018 tramite un apposito sistema online, ha ricordato che in una cella di dieci metri possono essere rinchiuse più di dieci persone e che in ognuna ci sono solo due letti così che i detenuti sono costretti a dormire a turno.

L’agente ha ricordato che una volta si era appisolato mentre era in servizio. Un superiore lo aveva scoperto e, per punizione, aveva dovuto stare seduto per 24 ore sulla panca della tigre, un dispositivo di tortura usato per interrogare i detenuti. L’uomo ritiene che le condizioni di vita nei campi siano intollerabili e infatti, non riuscendo a sopportarle, due terzi dei suoi trenta colleghi si sono dimessi.

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