lunedì 22 luglio 2019

TOGHE SPORCHE: GIUDICE IN MANETTE PER INTRIGHI COI CAMORRISTI



MENTRE L’ASSOCIAZIONE MAGISTRATI E IL CSM
ATTACCANO IL MINISTRO DELL’INTERNO SALVINI
PER I POST SULLA LIBERAZIONE DELLA CAPITANA
GRAVE CORRUZIONE NEL TRIBUNALE DI NAPOLI
DOPO GLI SCANDALI SU PM E GIUDICI ROMANI

___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___

Il depistaggio è una delle mode più diffuse tra i palazzi di giustizia. E’ antica quanto la nascita della Mafia: apparsa con l’Unità d’Italia come sostenne il giudice istruttore Rocco Chinnici, prima toga a cadere vittima di un attentato dinamitardo a Palermo. E proprio nel capoluogo siciliano, insieme ai primi mafiosi, nel 1860 vide la luce una loggia della Massoneria del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico e Accettato.



La vicenda della capitana dell’ong Sea Watch, arrestata e subito liberata dal Gip del Tribunale di Agrigento nonostante abbia speronato una motovedetta della Guardia della Finanza, diviene così lo strumento ideale di distrazione mediatica di massa preso in prestito dai più alti papaveri della magistratura italiana per accendere le sirene del solito allarme di attentato politico all’autonomia delle toghe e depistare l’opinione publica dal vero cancro della giustizia: la sempre più diffusa corruzione dei giudici.


UN ALTRO GIUDICE ARRESTATO PER CORRUZIONE

Ieri, mercoledì 3 luglio, il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Luca Poniz si è arrampicato sui vetri per respingere al mittente le accuse lanciate dal Ministro dell’Interno Matteo Salvini al Gip del Tribunale di Agrigento, Alessandra Vella per l’immediata scarcerazione della comandante della nave dei migranti approdata a Lampedusa senza autorizzazione.

Ieri i consiglieri togati del Consiglio Superiore della Magistratura hanno chiesto allo stesso Csm di aprire una pratica di tutela della collega Vella per le dichiarazioni del vicepremier, sempre più leader politico nazionale acclamato dal popolo in nome del quale i magistrati, non eletti, dovrebbero amministrare la giustizia.
Il Gip di Ischia, Alberto Capuano, arrestato per un grave caso di coruzione

Ma sempre nella giornata di ieri la Procura di Roma ha fatto arrestare un giudice del Tribunale di Napoli, il Gip di Ischia Alberto Capuano, insieme ad altre quattro persone indagate a vario titolo per una serqua di gravissimi reati: corruzione nell’esercizio della funzione,corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e in atti giudiziari, traffico di influenze illecite, millantato credito, tentata estorsione e favoreggiamento personale.

Come riportano con risalto Il Mattino e Il Fatto Quotidiano si tratta della conclusione dell’operazione San Gennaro, condotta dalla Squadra Mobile di Roma con l’esecuzione delle cinque ordinanze di custodia cautelare e delle perquisizioni, nell’ambito della quale sarebbero emersi anche contatti tra gli indagati e affiliati a clan camorristi.

A coordinare l’inchiesta c’è il procuratore aggiunto capitolino Paolo Ielo: lo stesso che si sta occupando del caso Consip (gli appalti miliardari delle forniture allo Stato) nel quale c’è stata la richiesta di rinvio a giudizio per l’ex ministro del Pd Luca Lotti. Quest’ultimo, proprio per cercare aiuto, avrebbe incontrato il pm romano Luca Palamara, già consigliere Csm e presidente dell’Anm, allo scopo, secondo la Procura di Perugia, di pilotare processi e nomine per il ruolo vacante di procuratore capo a Roma.





Incontri tra politici e magistrati divenuti oggetto di ulteriori indagini per una presunta corruzione in atti giudiziari dello stesso Palamara, avvertito del procedimento a suo carico davanti al Csm dalle presunte “spiate” del pm Luigi Spina, dimessosi da consigliere del Csm per tornare a fare il sostituto procuratore, e del Procuratore Generale della Corte di Cassazione che, in qualità di membro di diritto del Consiglio Superiore della Magistratura, avrebbe informato il collega indagato.




IL GIP DI ISCHIA SOTTO ACCUSA COME L’EX PM DI TRANI

Mentre questa fetente melma, con tanto di scottanti intercettazioni raccolte dalla Guardia di Finanza di Perugia, imbratta le toghe fino ai più alti vertici della giustizia svelando un intreccio tra magistrati sospettati di corruzione ed altri di favoreggiamento, in comunella con deputati del Partito Democratico come Lotti e l’ex giudice Cosimo Maria Ferri, l’Associazione Nazionale Magistrati ed il Csm si sperticano nella difesa della Super Casta messa alla berlina dagli attacchi mediatici di Salvini sul caso Sea Watch.L’ex pm di Trani poi giudice a Roma Antonio Savasta

Ma ciò avviene proprio quando un’altra toga finisce in manette per fatti recenti sebbene già indagata e prosciolta per analoghi episodi. Una vicenda che ricorda quella dell’ex pm di Trani, Antonio Savasta, il giudice romano portato dietro le sbarre da accuse di aggiustamenti di processi a favore dell’affarista degli outlet, Luigi Dagostino, che in un’altra inchiesta fece andare sotto processo per una fattura sospetta pure i genitori dell’ex premier Matteo Renzi (Tiziano Renzi e Laura Bovoli).




«Il giudice arrestato è il gip di Ischia Alberto Capuano. Il magistrato, 60 anni, è in servizio presso la sede distaccata sull’isola del Tribunale di Napoli ed è stato arrestato assieme al consigliere circoscrizionale della X municipalità di Bagnoli (Napoli), Antonio di Dio, che fu eletto in una lista a sostegno del sindaco Luigi De Magistris, all’imprenditore Valentino Cassini e al pregiudicato Giuseppe Liccardo, ritenuto da investigatori ed inquirenti vicino al clan Mallardo di Giugliano – scrive Il Fatto Quotidiano – Gli arresti domiciliari sono invece stati disposti nei confronti di Elio Bonaiuto, avvocato del foro di Napoli».
Il gip del Tribunale di Iscia Alberto Capuano

Il giudice «Capuano era già stato indagato dalla Procura di Roma per presunte utilità o vantaggi incassati in cambio di una gestione morbida del patrimonio dei fratelli Ragosta, accuse poi archiviate. Due anni di indagini, almeno tre mesi di intercettazioni, con una cimice piazzata nell’ufficio dell’ex gip partenopeo (oggi assegnato in una sezione di tribunale a Ischia) – aggiunge Il Mattino – E’ stato arrestato per aver avuto biglietti aerei, tessere gratis per stabilimenti balneari e perfino l’acquisto di pastiere e bottiglie di vino tra le utilità che otteneva in cambio di favori».

«Settantamila euro, in due tranche, per condizionare il collegio penale che avrebbe giudicato tre imputati in odore di camorra. È questa una delle accuse che hanno portato in carcere il gip di Ischia Antonio Capuano – precisa il giornalista Nico Falco su Fanpage – Secondo gli inquirenti il magistrato, in servizio nel Tribunale di Napoli, avrebbe accettato la promessa di una grossa somma di soldi in cambio di favori, non solo ad amici e conoscenti ma anche a persone legate alla camorra, in questo caso specifico legate al clan Mallardo di Giugliano, una delle cosche più influenti del Napoletano e tra i tre vertici dell’Alleanza di Secondigliano».La sede giudiziaria distaccata di Ischia del Tribunale di Napoli

«Secondo quanto ricostruito dalla Procura di Roma, Antonio Capuano ha accettato da due intermediari di Giuseppe Liccardo, pregiudicato del clan Mallardo, la promessa di 70mila euro per “aggiustare un processo”, ottenendo l’assoluzione: 20mila sarebbero stati secondo gli accordi pagati prima, gli altri 50mila sarebbero arrivati dopo la sentenza – evidenzia Fanpage – Il gip sarebbe dovuto intervenire su uno o più componenti del Collegio penale designato per decidere il processo penale che vedeva alla sbarra Giuseppe Liccardo, il fratello Luigi Liccardo e la madre. I tre sono sotto processo con l’accusa di trasferimento illecito di valori, con legami col clan Mallardo, il processo si sarebbe dovuto tenere il 25 giugno ma è stato rinviato di qualche mese».


L’INTERMEDIARIO POLITICO E LA COLLAUDATA CORRUTTELA

Intermediario di questi aggiustamenti sarebbe stato Antonio Di Dio, il consigliere comunale della X Municipalità, anche lui finito in carcere per un’intercettazione in cui avrebbe rassicurato Liccardo non solo sull’esito del processo ma anche sulla restituzione dei beni. Di Dio fu eletto a Bagnoli nella lista Solo Napoli, in appoggio alla rielezione del sindaco napoletano Luigi De Magistris e guidata dall’attuale assessore all’Ambiente del Comune di Napoli, Raffaele Del Giudice, che si dice “sorpreso e dispiaciuto” precisando come l’esponente municipale arrestato fosse “fuoriuscito dalla maggioranza più di un anno e mezzo fa”.
Il Palazzo di Giustizia di Napoli

Il gip di Roma, Costantino De Robbio, nelle pagine dell’ordinanza parla anche della “situazione di estrema vulnerabilità del Tribunale di Napoli, a causa del collaudato sistema di corruttela operante e di cui gli indagati Di Dio e Capuano appaiono i terminali principali”. Il dominus era il gip Antonio Capuano, grazie al quale “tutto si può ottenere, tutto si può comprare”, si legge nell’ordinanza, “pronto a spendere i suoi rapporti in cambio di elargizioni di denaro ed altre utilità anche di entità economica relativamente modesta oltre a lavori di ristrutturazione, biglietti aerei intercontinentali e pacchetti vacanze in Colombia a prezzi di favore, tessere gratis per stabilimenti balneari ma anche pastiere e bottiglie di vino, fino alle somme di denaro in contanti”.

Sul caso è intervenuta la Giunta esecutiva della sezione di Napoli dell’Associazione nazionale magistrati: “Le notizie di stampa relative all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un giudice del Tribunale di Napoli, indagato per gravissimi fatti di corruzione in atti giudiziari e, addirittura, accusato di aver avuto contatto con sodalizi camorristici – si legge nella nota – lasciano sgomenti i magistrati del Distretto. La magistratura napoletana è un’istituzione sana, quotidianamente impegnata con professionalità e dedizione in delicatissime funzioni giudiziarie di ripristino della legalità e di contrasto della criminalità anche organizzata. Ribadisce a voce alta che il rigore etico e deontologico costituisce un indefettibile presupposto per la credibilità dell’istituzione. Stigmatizza senza riserve le condotte, da accertare nelle sedi competenti, di chi tradisce questi valori”.

L’ASSOCIAZIONE MAGISTRATI CONTRO SALVINI

Parole di circostanza che peraltro non sono state ribadite dai vertici nazionali Anm tutti concentrati sul caso della capitana Carola Rackete liberata nello sconcerto di gran parte dell’opinione pubblica, dei media e della stessa Guardia di Finanza che aveva proceduto al suo arresto per accusata di rifiuto di obbedienza a nave militare e tentato naufragio per lo speronamento della motovedetta delle stesse Fiamme Gialle.
Il vicepremiere Matteo Salvini, Ministro dell’Interno

«Ho letto oggi una dichiarazione che trovo inaccettabile perché violenta e che respingo al mittente, che i magistrati per colpa di queste vicende hanno perso la loro credibilità. Questo va respinto con forza, perché noi siamo i magistrati italiani, siamo parte della storia migliore di questo paese». Lo ha detto il presidente Anm Luca Poniz all’Ansa.

«Nessuno ci ha mai intimidito – ha aggiunto – non le pallottole, non il tritolo, non le oscene manifestazioni della politica sulle scalinate di questo tribunale». Poniz probabilmente si è dimenticato che ben due magistrati sono indagati per calunnia nell’ambito del «più grave depistaggio della storia giudiziaria d’Italia» così definito dall’ultima sentenza della Corte d’Assise di Caltanisetta ed avvenuto proprio nelle indagini sulla strage col tritolo in via d’Amelio del 19 luglio 1992 dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta.
Il giudice Paolo Borsellino assassinato dalla mafia



Dovrebbe essere quindi quantomeno imbarazzante per il numero uno dell’Associazione Magistrati pronunciare tali riferimenti agli attentati dinamitardi per i quali, proprio a causa del pessimo lavoro della magistratura, sono stati condannati innocenti e non sono state accertate le vere responsabilità in una ridda di menzogne di Stato come le stragi di Ustica e di Via Fani, prologo del delitto dell’ex statista Dc Aldo Moro.


IL CSM ATTACCA IL MINISTRO DELL’INTERNO
Il Palazzo dei Marescialli sede del Csm a Roma

Analogo imbarazzo, nel giorno dell’ennesimo arresto di un giudice, dovrebbe provare il Consiglio Superiore della Magistratura, falcidiato dallo scandalo Palamara e dalle ultime implicazioni con il procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio per aver fatto la spiata al collega sul fascicolo a suo carico arrivato al Csm.

Invece no. Nello stesso giorno in cui un giudice napoletano finisce in carcere per presunte corruzioni con esponenti della Camorra i consiglieri togati di Palazzo dei Marescialli scendono a gamba tesa contro il vicepremier della Lega Mattero Salvini in difesa della collega nell’occhio del ciclone per la scarcerazione della comandante di Sea Watch chiedendo l’apertura di una pratica a sua tutela.

«Nel documento si attacca direttamente il ministro dell’Interno, che ha pronunciato “commenti sprezzanti che trascendono in insulti” e che con le sue parole alimenta un “clima di delegittimazione ed odio” nei confronti del gip di Agrigento, “come si evince dal tenore dei numerosi post di minacce e insulti pubblicati sui social nelle ultime ore”» riporta Il Giornale.

Ciò, secondo i magistrati, impone “l’esigenza” dell’intervento del Csm “a tutela dell’indipendenza ed autonomia della giurisdizione” e riportano alcune delle frasi di Salvini che stanno rimbalzando in un’onda oceanica di consensi su ogni social.

«Per la magistratura italiana ignorare le leggi e speronare una motovedetta della Guardia di Finanza non sono motivi sufficienti per andare in galera» è una delle varie frasi di Salvini additate dai togati. «La vita di un finanziere vale meno della vita di un clandestino, è una bella responsabilità che questo giudice si è preso, e questo è follia, non è indipendenza della magistratura, è follia. Si aggrediscono i militari italiani e la magistratura lascia correre».

«Chi viola la legge diventa un’eroina e chi ha difeso la patria tra un po’ passa per delinquente» è invece la dichiarazione anonima rilasciata da un militare delle Fiamme Gialle al quotidiano Il Giornale.

Silenzio tombale del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che in qualità di Capo dello Stato è presidente del Consiglio Superiore della Magistratura e dovrebbe vigilare affinchè questo organo di autocontrollo sia qualche volta anche capace di difendere la giustizia più che la Super Casta dei magistrati. Troppo spesso impuniti anche per fatti gravissimi: come nel caso dell’ex pm Giancarlo Longo che patteggiando 5 anni per corruzione in atti giudiziari si è tolto la toga ed ora fa l’istruttore di fitness

Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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