ISRAELE RADDOPPIA LE ESPORTAZIONI BELLICHE
IL PREMIER NETANYAHU IN TRIBUNALE PER I SOTTOMARINI
LA HOLDING ISRAELIANA SK-IWI NELLA BUFERA:
IL FUCILE TAVOR NELLE MANI DEGLI UCRAINI AZOV
ARRESTI PER CORRUZIONE SULLE NAVI ALLA NIGERIA
FABBRICA DI ARMI LEGGERE COL TYCOON DEL PUNJAB
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Tra i paesi più importanti, strategici e pericolosi del mondo nel traffico legale, ma anche illegale, di armi c’è sicuramente Israele. Negli ultimi anni il Governo di Tel Aviv, guidato dal premier Benjamin Netanyahu, in ottobre in Tribunale per l’inchiesta per tangenti sui sottomarini tedeschi, ha privatizzato le sue più importanti industrie nazionali IMI ed IWI ottenendo due risultati: fare cassa per lo Stato e mettersi al riparo da eventuali sanzioni o recriminazioni politiche per esportazioni in zone di guerra, quindi sotto embargo internazionale, compiute pur di incrementare il fatturato bellico.
Pur di lucrare su tale commercio proprio la Israel Weapons Industries, tra i leader mondiali nelle produzione di armi leggere, non s’è fatta grossi problemi a far arrivare una fornitura di Tavor, il fucile semi-automatico d’assalto concorrente del Kalashnikov cui assomiglia un poco anche nel design, ai neo-nazisti ucraini del Battaglione d’Azov, una delle componenti armate più feroci e sanguinarie nel conflitto del Donbass.
Il gruppo israeliano SK specializato nella difesa cui appartiene l’Israel Weapons Industries IWI ce produce armi leggere
Ma il gruppo SK, che controlla la IWI, divenuta famosa nel mondo per la produzione del mitra Uzi, è finito nell’occhio del ciclone anche per l’inchiesta su una sospetta frode da 15 milioni di dollari in una fornitura di motovedette firmata dall’ex presidente della Nigeria, Umaru Yar’Adua dell’etnia Hauda-Fulani di religione musulmana sunnita.
Questi fabbricanti di armi israeliani sono pure partner della più importante industria di difesa ed ingegneria energetica dell’India, la Punji Lloyd, specializzata anche in reattori e componenti nucleari, con sede nel Punjab induista ma filiali in 15 stati del mondo, di cui 10 a maggioranza musulmana sunnita. L’ennesima prova dell’amicizia tra gli islamici di questa confessione ed i sionisti, entrambi nemici storici degli Sciiti.
La fornitura militare ai neonazisti ucraini è avvenuta in sfregio ad ogni etica ancestrale di ferma condanna dell’antisemitismo, usato spesso per piangersi vittime di persecuzioni e quindi giustificare ogni azione assassina del Mossad, la potentissima intelligence israeliana, e dell’IDF (Israelian Defense Forces), l’esercito di Tel Aviv.
Prima di proseguire in questo secondo reportage sulla Lobby delle Armi dedicato ad Israele, successivo a quello sulle holding Usa partecipate dai fondi d’investimento controllati soprattutto da magnati sionisti, è doverosa una fondamentale premessa. Bisogna infatti fare un’attenta distinzione tra israeliti, ovvero reali discendenti della storica popolazione ebraica di alto fervore religioso, ed israeliani eredi del Movimento Sionista, un progetto politico di matrice askenazita.
SIONISTI ASKENAZITI NEL BOOM DEL MERCATO ISRAELIANO DELLE ARMI
Non tutti gli ebrei del mondo infatti si sentono cittadini di Israele soprattutto perché non ne condividono le politiche belliche. Nel paese mediorientale, infatti, la maggioranza della popolazione è ormai di discendenza Askenazita, gli ebrei di ceppo Cazaro che si insediarono in Germania nel Medioevo e diedero origine alla lingua Yiddish, una fusione tra ebraico e tedesco, diffusasi in tutta Europa, in Russia e nel mondo intero.
La matrice religiosa dei Kazari nacque intorno al X secolo, quando questa etnia turcofona occupava un vasto Khanato tra il Mar Nero e il Mar Caspio comprendente l’odierno Kazakista, l’Azerbajan, la penisola di Crimea, parti dell’Ucraina e della Russia meridionale. Il loro nome deriva etimologicamente da una parola turca che significa “vagadondare”.
Il khanato dei Cazari nel X secolo
Secondo alcuni storici la conversione del Khan Bulan al Giudaismo e la successiva imposizione di tale religione alla popolazione sarebbe avvenuta per ragioni di opportunità politica. In primis per abbandonare il Tengrismo che adorava il culto di Tengri, dio del cielo, in quanto legittimava l’uccisione dei governanti laddove eventuali disgrazie indicassero che avevano perso la benevolenza del Cielo.
In secondo luogo per scegliere una confessione differente dal Cristianesimo e dall’Islam per non essere soggiogati ai primi, di cui furono spesso alleati nel respingere i tentativi di invasione delle orde musulmane. In tale contesto si può ben comprendere che, per quanto l’indottrinamento sia avvenuto negli anni con l’aiuto di rabbini ebraici, non per tutti la fede si radicò con fervore mistico profondo e ancor più in molti casi si annacquò dopo l’invasione dei Mongoli e l’esodo dei Cazari in Europa Orientale e in Germania, dove avvenne la fusione con le popolazione celtiche germaniche e la nascita della stirpe degli Askenaziti.
Lo storico Arthur Koestler definisce gli Askenaziti la 13° tribù di Israele negando quindi che le loro radici antropologiche abbiano legami col patriarca Giacobbe-Israele, padre dei 10 figli e 2 nipoti che diedero il nome alle stirpi ebraiche. Si ritiene infatti che siano discendenti della stirpe di Jasnet e non di Sem. Giova ricordare che lo Stato di Israele nacque attraverso una lunga graduale gestazione internazionale conseguente al progetto tutto politico del Movimento Sionista fondato dal giornalista askenazita Theodor Herzi che evocò una contro-diaspora nelle terre della Palestina, nel frattempo dominate dagli arabi musulmani.
Ecco perché oggi quasi tutti gli Israeliani sono Sionisti ma la maggior parte è di derivazione askenazita-cazara e solo una minima parte israelitica. Ciò spiega perché l’Ebraismo sbandierato dai leader politici di Israele ha un’impronta religiosa ben lontana dai fondamenti dell’Antico Testamento che nelle figure patriarcali di Abramo, Isacco e Giacobbe già predicava la misericordia universale e la guerra solo come estrema ratio. Tanto che Re Davide abbandonò di sua sponte Gerusalemme, perché non fosse distrutta, quando il figlio Assalonne si ribellò contro di lui e riunì un esercito per muovergli guerra.
Un cacciabombardiere F-16 dell’Israel Defense Forces
E’ pertanto probabile che lo stesso biblico re oggi si rivolti nella tomba vedendo la Stella di David impressa sugli aerei caccia F-16 dell’IDF inviati dal premier Benjamin Netanyahu a bombardare la Palestina e la Siria in una campagna di terrore “preventivo” contro i palestinesi ed i musulmani Sciiti accolti da Damasco che, come scritto da Gospa News, ricorda l’epurazione etnica nazista di Adolf Hitler.
Ma tutto ciò fa parte della logica di incremento della macchina bellica che ha portato la nazione sionista all’ottavo posto nella classifica sulla percentuale di esportazioni mondiali dei paesi produttori di armi con una crescita vorticosa pari al 60 % nel raffronto tra il periodo 2009-13 e il 2014-18, come ben evidenziato nell’ultimo studio del SIPRI (Stockolm International Peace Research Institute). E per raggiungere questo risultato gli israeliani hanno individuato come primo cliente l’India e non si sono fatti problemi a vendere armi ai neonazisti.
I dati del Sipri sull’export mondiale delle armi rilevano l’enorme crescita d’Israele
IL FUCILE D’ASSALTO TAVOR PRODOTTO DALL’IWI AI NEONAZISTI AZOV
Miliziano del Battaglione Azov con il fucile Tavor prodotto dall’Israel Weapons Industries
«The Electronic Intifada è venuta a conoscenza del fatto che armi israeliane vengono inviate ad una milizia neonazista pesantemente armata in Ucraina La propaganda online di Azov Battalion mostra fucili Tavor con licenza israeliana nelle mani del gruppo di ultradestra, mentre attivisti israeliani per i diritti umani hanno protestato contro le vendite di armi all’Ucraina poiché le armi potrebbero finire in mano a milizie antisemite».
Risale al 4 luglio 2018 il reportage di Asa Winstanley sul portale d’informazione filopalestinese con sede a Chicago, ripreso dal sito italiano Invicta Palestina nella traduzione di Simonetta Lambertini in cui vengono accuratamente documentate le fonti.
Miliziani del Battaglione Azov denunciato da Amnesty International
Il Battaglione Azov è uno dei gruppi armati che collaborano col Settore Destro, la formazione politica-militare che in Ucraina, dopo la rivolta di Piazza Maidan, ha aiutato l’esercito nella guerra civile contro le autoproclamate Repubbliche di Donetz e Lugansk, nel Donbass filorusso. Kiev ha anche inserito gli ultranazionalisti di destra del battaglione volontario Azov nella Guardia Nazionale Ucraina nonostante sia oggetto di reiterate denunce di Amnesty International per torture e crimini di guerra.
Nei mesi scorsi Gospa News aveva anche segnalato che i combattenti ceceni musulmani dell’Isis al rientro da Iraq e Siria si erano trasferiti in Ucraina per fiancheggiare proprio le formazioni di ultradestra. Ancora di recente, invece, Gordon Duff, reduce del Vietnam e Senior Editor del sito americano d’intelligence militare Veternas Today, ha ricordato che ben 1500 islamici spagnoli dell’Isis sono stati addestrati da Israele. Proprio come sarebbe stato addestrato da Isis e Mossad il terrorista Brenton Tarrant autore delle stragi alle moschee di Christchurch, in Nuova Zelanda.
In un simile scenario d’intrecci tra forze para-militari, Isis ed Israele diventa facilmente comprensibile perché il fucile semiautomatico d’assalto Tavor, l’imitazione israeliana dell’AK 47, il leggendario kalashnikov usato soprattutto dai terroristi musulmani, sia finito nelle mani del gruppo neonazista ucraino. Il Tavor Sar alla sua prima apparizione negli Stati Uniti nel 2014 fu premiato dall’American Rifleman Magazine con il Golden Bullseye Award come “Fucile dell’anno”
Le prove raccolte da Electronic Intifada non si limitano però alle foto ed al video di propaganda postato su YouTube (e poi rimosso) ma trovano conferme nelle ricerche e documentazioni dell’avvocato israeliano Eitay Mack, membro di un gruppo pacifista israeliano.
«In una lettera “sulle licenze per l’Ucraina” ricevuta da The Electronic Intifada, l’agenzia per le esportazioni di armi del ministero della Difesa israeliano afferma di “accordare le licenze” agli esportatori di armi “in pieno coordinamento con il Ministero degli Affari Esteri e altre entità governative” – scrive ancora il sito filo-palestinese – Il 26 giugno è stata inviata una lettera in risposta all’avvocato che aveva scritto una dettagliata richiesta con cui si chiedeva a Israele di mettere fine a tutti gli aiuti militari al paese»
«Lo status ufficiale di Azov nelle forze armate ucraine significa che non è possibile verificare che “armi e addestramento israeliani” non vengano usati “dai soldati antisemiti o neonazisti” – hanno scritto Mack e altri 35 attivisti per i diritti umani – Le forze armate ucraine usano fucili fabbricati in Israele “e sono addestrate dagli israeliani”, secondo quanto riferito nel paese».
Il logo dell’israeliana IWI nel sito del produttore di armi ucraino Fort
Il capo dell’agenzia israeliana per le esportazioni di armi, Racheli Chen, si è rifiutato di smentire i rapporti per motivi di “sicurezza”. Ma le immagini sul fucile Tavor in mano ad un combattente del Battaglione Azov restano assai eloquenti così come le connessioni tra l’Israel Weapons Industries che produce tale sofisticata arma leggera, e la Fort, la società di armi statale ucraina che la produce su licenza, dove compare ben evinte il marchio della stessa IWI.
Tale società nasce dalla privatizzazione nel 2005 della Magen, la Small Arms Division della Israel Military Industries ltd, fondata nel 1933 e possedutata dallo Stato di Israele fino al 2018 quando l’intero gruppo è stato privatizzato.
IWI progetta e sviluppa sistemi tecnologicamente avanzati per la sicurezza militare, nazionale e commerciale ed ha agenzie in tutto il mondo. Le gamme di prodotti IWI vengono implementate in stretta collaborazione con l’esercito israeliano (Israel Defense Force), alla ricerca di innovazione tecnologica, eccellenza produttiva e prestazioni eccezionali, come riporta in varie presentazione la stessa azienda.
INTRIGO TRA ULTRADESTRA UCRAINA, ISRAELE, CANADA E USA
IWI offre addestramento anti-terrorismo ai cittadini israeliani ma anche a governi stranieri: ad esempio collabora con il Metropolitan College of New York (MCNY) che offre lauree in Pubblica Amministrazione, Emergency Management e Homeland Security. Tutti gli studenti fanno seminari in Israele seguiti da esperti.
Una circostanza che prova la stabile collaborazione tra Usa ed Israele nel campo della difesa e ci induce a ricordare che il golpe di piazza Maidan fu fortemente appoggiato dalla Casa Bianca. Basti pensare che Hunt Biden, figlio dell’ex vicepresidente John Biden ora in corsa alle presidenziali americane 2020, pochi mesi dopo la fuga del presidente filo-russo Victor Janukovic, entrò nel Consiglio di Amministrazione di Burisma, una delle più importanti società energetiche ucraine che ha in mano proprio le concessioni per l’estrazione di petrolio e gas scisto nel Donbass controllato dalle repubbliche filorusse.
I ministri dell’Interno di Ucraina e Israele Arsen Avakov e Aryeh Deri in un recente incontro
«Oggi il Battaglione Azov è gestito da Arsen Avakov, ministro degli Interni ucraino. Secondo la BBC, paga i suoi combattenti e ha nominato uno dei suoi comandanti militari, Vadym Troyan, come proprio vice con la competenza sulla polizia – scrive ancora The Electronic Intifada – L’anno scorso il ministro dell’Interno ucraino Arsen Avakov ha incontrato il ministro degli Interni israeliano Aryeh Deri per discutere di “cooperazione fruttuosa”».
Il giovane fondatore di Azov e primo comandante militare Andriy Biletsky è oggi un deputato nel parlamento ucraino e leader della formazione di ultradestra National Corps. Secondo The Telegraph, Biletsky nel 2014 ha scritto che «la storica missione della nostra nazione in questo momento critico è quella di guidare le razze bianche del mondo in un’ultima crociata per la loro sopravvivenza. Una crociata contro esseri inferiori guidati da semiti».
Il guerrigliero Andriy Biletsky, oggi deputato di ultradestra, durante un’intervista con Ukrainian TV
Il riferimento è probabilmente circoscritto agli Israeliti autentici dato che i Cazari prima e gli Askenaziti poi si sono largamente diffusi nel Medioevo anche in Ucraina ed oggi i contatti tra esponenti del governo nazionalista di Kiev e quelli di Tel Aviv si sono intensificati.
«L’aiuto militare israeliano all’Ucraina e ai suoi neonazisti emula programmi simili da parte degli Stati Uniti e di altri paesi della NATO, inclusi Regno Unito e Canada – aggiunge il reporter Asa Winstanley – Post recenti sui siti web di Azov documentano un incontro di giugno con l’addetto militare canadese, il colonnello Brian Irwin. Secondo Azov, i canadesi hanno concluso il briefing esprimendo “le loro speranze per un’ulteriore fruttuosa cooperazione”. Irwin ha confermato la ricezione di una e-mail di The Electronic Intifada, ma non ha risposto alle domande sul suo incontro con la milizia neonazista».
Il sito filo-palestinese cita anche le rivelazioni di Max Blumenthal in merito all’addestramento ed alle armi statunitensi, comprese granate con propulsione a razzo, fornite ad Azov ma anche .«i tentativi da parte di alcuni al Congresso di impedire l’aiuto militare degli Stati Uniti ai nazisti in Ucraina che potrebbero spiegare l’aiuto militare da parte di Israele».
In pratica il sostegno occulto ad un partner della Casa Bianca che nel 2019 ha già stanziato 38 miliardi di aiuti militari per Israele suscitando una polemica in seno al Congresso per le osservazioni, ritenute antisemite, della deputata musulmana Ilhan Omar. Ciò secondo Wistanley rappresenta «un altro aspetto della crescente alleanza sionista-supremazia bianca».
Questa appare però una false-flag dietro alla quale si nasconde quel Deep International State di matrice sionista-massonica esperto in propaganda fuorviante che si arricchisce grazie alle speculazioni sulle Lobby delle Armi, fomenta gli scontri razziali solo quale strategia del terrore ma è assolutamente trasversale in ogni accordo transnazionale ed interrazziale.
A conferma di ciò basti ricordare il finanziamento del presidente afroamericano Barack Obama ai ribelli siriani FSA ed all’Isis, l’intervento nella guerra contro gli Sciiti Houti dello Yemen attraverso bambardamenti con droni ed aiuti militari all’Arabia Saudita, ritenuta fondatrice e finanziatrice di Al Qaeda, e i finanziamenti del tycoon britannico musulmano sunnita di etnia Tamil dello Sri Lanka Allirajah Subaskaran all’ex premier inglese David Cameron.
Ma soprattutto altre operazioni nel mercato delle armi della holding internazionale delle armi SK, che controlla l’israeliana IWI, è rimasta coinvoltain uno scandalo per una presunta frode sulla fornitura di armi alla Nigeria.
INCHIESTA PER CORRUZIONE SULLE MOTOVEDETTE MILITARI ALLA NIGERIA
«Domenica, 18 marzo 2018, la polizia israeliana ha arrestato tre alti funzionari di Israel Shipyard con l’accusa di aver corrotto funzionari governativi in Nigeria. Il vicepresidente per il marketing della compagnia, Oded Breier, è stato arrestato. Il giorno seguente, Samy Katsav, un altro anziano uomo d’affari dell’holding di difesa israeliana, è stato interrogato dalla polizia in relazione allo stesso caso di corruzione. Sia Kastav che Breier sono stati successivamente rilasciati agli arresti domiciliari».
Iniziava così l’articolo scritto da Emmanuel Ogala per il media nigeriano Power Steering Magazine specializzato in scottanti investigazioni internazionali e proprio per questo di recente oscurato dalle autorità su internet. La notizia era però confermata nel dettaglio anche dal quotidiano israeliano Haaretz che ha riportato la comunicazione ufficiale dal gruppo Gold Bond, un fondo d’investimento sionista che controlla il 20 % del SK Group, a sua volta proprietario della già citata IWI e dell’Israel Shipyard.
L’israeliano Samy Katzav, presidente di SK group e dei cantieri navali della Israel Shipyard
Israel Shipyard è una delle più grandi aziende di costruzione e riparazione navale nel Mediterraneo orientale, specializzata nella nautica militare ma anche in progetti infrastrutturali, che puà vantare anche la gestione di un porto ad Haifa, importante per la movimentazione logistica delle stesse armi prodotte dal gruppo…
Katsav, controlla il 20,25% di Gold Bond ed è presidente sia di SK group che del cantiere navale. La polizia lo ha chiamato in causa dopo per l’arresto di tre manager dell’Israel Shipyard per un caso di corruzione sulla vendita gonfiata due motovedette dello Shaldag alla Marina nigeriana, un affare da 25 milioni di dollari nonostante il valore di mercato delle barche militari fosse di 5 milioni ciascuna.
Gold Bond ha dichiarato che la polizia ha imposto restrizioni su alcuni conti bancari di Israel Shipyards. Ma successivamente ha annunciato in un comunicato che le restrizioni non avrebbero riguardato né i cantieri navali israeliani né gli affari di Katsav. Corrompere un funzionario straniero è un crimine relativamente nuovo in Israele, aggiunto al codice penale nel 2008 come parte dell’adesione di Israele all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.
Una motovedetta d’assalto Shaldag Mk prodotta da Israel Shipyard del gruppo SK
«La polizia israeliana e le autorità fiscali sono convinti che i sospettati abbiano vinto il contratto dopo aver pagato tangenti a funzionari governativi in Nigeria – ha scritto Ogala denunciando un regime di cleptocrazia (governo del furto – ndr) nel settore della difesa del paese africano – L’accordo del 2010 ha visto il costruttore navale israeliano aggiudicarsi un contratto da 25 milioni di dollari per rifornire la Marina nigeriana con due barche d’assalto veloci. Il loro valore di mercato era stimato in $ 5 milioni ciascuno La Nigeria, quindi, ha perso $ 15 milioni nell’accordo. Non è chiaro se e come l’esubero di $ 15 milioni sia stato diviso tra tutti i soggetti coinvolti, ma la polizia israeliana ha stabilito che l’intermediario, Amit Sade, ha ricevuto 1,47 milioni di dollari in quella che ora viene definita commissione di intermediazione»
«In un accordo tipico, l’appaltatore riceve fondi, di solito il valore annunciato del contratto, mantiene la sua commissione di intermediazione, restituisce un pezzo ai “ragazzi” del governo, paga ogni altro partecipante al suo livello prima di pagare il produttore effettivo, se necessario» riferiva sempre il giornalista. Né sul quotidiano israeliano Haaretz né su altri media internazionali si trovano ulteriori notizie sugli sviluppi dell’inchiesta che sarebbe ancora in corso.
Il media nigeriano rammenta che l’accordo Shaldag è stato tramandato all’ex presidente Goodluck Jonathan dal suo predecessore, Umaru Musa Yar’Adua. Il contratto fu firmato con la Marina nigeriana, intestata all’epoca Ishaya Ibrahim. Gli succedette Ola Sa’ad Ibrahim, che in seguito divenne Capo di Stato Maggiore della Difesa nel 2012.
Sia il presidente Yar’Adua che l’ammiragio Ibrahim sono musulmani dell’etnia Huasa Fulani di confessione Sunnita che ha imposto la Sharia in vari stati federali della nazione, tra cui quello di Kaduna dove sono stati cruenti gli attentati e gli scontri tra comunità islamica e cristiana, minoritaria. Dopo aver venduto armamenti agli Islamisti gli stessi israeliani di SK non si sono fatti problemi ad entrare in affari con gli Induisti di uno dei più importanti gruppi internazionali nel campo delle infrastrutture per la filiera del petrolio, della difesa e del nucleare.
FABBRICA DI ARMI LEGGERE ISRAELIANE PER L’ESERCITO INDIANO
Punj Lloyd Ltd (attraverso la sua consociata controllata Punj Lloyd Industries Limited) e la sua joint-venture partner Israel Weapon Industries (IWI) ha inaugurato il primo settore privato del paese piccolo stabilimento di produzione di armi a Malanpur in Madhya Pradesh. La compagnia JV, Punj Lloyd Raksha Systems Pvt Ltd, produrrà armi leggere nello stabilimento per le forze di difesa indiane e anche per esportazioni.
La notizia del 4 maggio 2017 ebbe grande risalto sui media indiani come The Hindue anche perché alla cerimonia inaugurale parteciparono l’ambasciatore d’Israele in India Daniel Carmon e Shivraj Singh Chauhan, primo ministro del Madhya Pradesh fino al 2018 ed oggi parlamentare, membro di spicco del Bharatiya Janata Party (BJP), partito della destra nazionalista Hindu che vanta il record di iscritti in tutto le organizzazioni politiche del mondo.
Shivraj Singh Chauhan, primo ministro del Madhya Pradesh e l’ambasciatore d’Israele in India Daniel Carmon durante l’inaugurazione della nuova fabbrica di armi leggere
«Questa è la prima opportunità per il paese di ottenere le proprie armi leggere Made in India. La necessità dell’ora è di sostituire le armi di difesa del paese con prodotti sofisticati e di alta precisione e Punj Lloyd Raksha Systems è la risposta alle esigenze immediate della nazione. Questi sono prodotti collaudati e già utilizzati all’interno del paese» ha commentato Atul Punj, presidente e fondatore della Punj Lloyd, nata dall’ampliamento della holding energetica di famiglia nel Punjab, cuore della comunità indiana Sikh che si rifà alle dottrine induiste, e regione altamente strategica in quanto confinante con il Pakistan islamista.
Atul Punj, presidente della holding Punj Lloyd
«Attraverso questa collaborazione, offriamo la combinazione della tecnologia di combattimento IWI e competenza di un rinomato partner commerciale indiano. Sono estremamente ottimista sulle opportunità nel settore e fiducioso di contribuire al programma Made in India» ha aggiunto il Ceo e proprietario di SK Grop Samy Katsav (finito poi ai domiciliari per lo scandalo nigeriano).
«Il Ministero della Difesa israeliano sostiene pienamente e con tutto il cuore questa cooperazione e continuerà a sostenere il trasferimento di tecnologia e informazioni anche in futuro, per il miglioramento di strumenti avanzati migliorati. Israele e l’India considerano la loro cooperazione nel settore della difesa un monumentale passo in avanti verso un futuro» affermò il generale in pensione Michel BenBaruch, Ministro della Difesa di Israele e capo dello Sibat (il quartiere generale di difesa e cooperazione internazionale).
L’INDUSTRIA BELLICA CHE OPERA ANCHE NEL NUCLEARE
Punj Lloyd Limited può vantare un fatturato annuo di 857 milioni di dollari e 9.900 dipendenti nei distribuiti nei 15 paesi del mondo dove ha aperto filiali dalla sua fondazione nel 1988. E’ impegnata in attività di ingegneria, approvvigionamento e costruzione, nonché nel commercio di prodotti in acciaio. I segmenti della società comprendono i servizi di ingegneria e costruzione (EPC) nei settori petrolifero, del gas e delle infrastrutture come piattaforme terrestri, condotte e terminali criogenici e di stoccaggio.
L’azienda offre una gamma di soluzioni solari, che includono il fotovoltaico a concentrazione e la concentrazione di calore ed energia. Nel settore della difesa, Punj Lloyd è focalizzata su sistemi di terra, difesa aerospaziale, elettronica di difesa e ingegneria del design. E’ quanto si legge nella presentazione sintetica sul sito ufficiale della holding dove si omette il riferimento ad un ramo più marginale ma d’importanza mondiale: quello nucleare.
Il settore sviluppato è al servizio della compagnia pubblica nazionale Nuclear Power Corporation of India Ltd di Mumbai (prima chiamata Bombay) che ha sedi a Surat (Gujarat) e Kota (Rajasthan). Punj Lloyd è specializzata nella fornitura, fabbricazione, montaggio e collaudo di attrezzature, tubi, raccordi, valvole, elementi di strumentazione, acciaio strutturale e supporto alla precommissioning per il sistema di isole nucleari.
Ma anche nella fabbricazione di componenti sofisticati per Energia nucleare al MSID (Lavorazione di profili ID complessi e misurazione del flusso del canale del reattore nucleare dispositivo, lavorazione superficiale interna di alta precisione). Infine si occupa anche di saldatura accurata, assemblaggio e finitura di parti utilizzate negli impianti nucleari.
Si tratta di componenti destinate ad un uso civile nel campo dell’energia nucleare ma è altresì evidente che se ci fosse una produzione atomica a scopo bellico non sarebbe certamente pubblicizzata sul sito ufficiale del gruppo Punj Lloyd ma sarebbe ben coperta da ragioni di sicurezza nazionale.
CENTINAIA DI MISSILI NUCLEARI IN INDIA COL BENESTARE USA
Un missile nucleare delle forze armate indiane
«L’India vede la sua capacità di armi nucleari come parte integrante della sua visione come una grande potenza e il suo programma nucleare è importante sia per il suo prestigio che per la sua dottrina della sicurezza – scriveva nel 2015 sulla testata americana di geopolitica The Nation Interest il giornalista indiano Akhilesh Pillalamarri segnalando che allora l’esercito, uno dei più potenti al mondo, disponeva di 110 testate missilistiche nucleari – L’India non è firmataria del trattato di non proliferazione nucleare (NPT) e non è una delle cinque potenze nucleari riconosciute dal trattato. I test nucleari dell’India del 1974 e del 1998 hanno portato a critiche e persino sanzioni»
Il riferimento è al Patto di non Proliferazione Nucleare del 1968 ma l’India non risulta firmataria nemmeno del successivo JOCPA del 14 luglio – 18 ottobre 2015 cui aderirono UE, Cina, Germania, Francia, Russia, Regno Unito, Usa ed Iran e sta suscitando le tensioni nel Golfo Persico per il ritiro dall’accordo di Washington e quello successivo di Teheran, duramente colpito dalle sanzioni della Casa Bianca invece molto più permissiva verso il governo indiano.
«Da allora le sanzioni sono state revocate e gli Stati Uniti hanno tranquillamente accettato il possesso indiano di armi nucleari fintanto che l’India non effettuerà ulteriori test atomici, sebbene ufficialmente gli Stati Uniti non abbiano riconosciuto l’India come uno stato di armi nucleari – sottolineava The National Interest – Ciò ha anche portato a molte affermazioni di doppio standard da parte degli Stati Uniti per fare eccezioni per l’India, tra cui ottenere che il gruppo di fornitori nucleari accetti una deroga alle restrizioni all’esportazione di materiali nucleari per l’India, che non sono state concesse a nessun altro paese. Ciò dimostra l’importanza strategica dell’India per l’Occidente e la generale percezione globale della sua affidabilità e stabilità».
Fairchild Republic A 10 Thunderbolt II con cannone GAU-8A Avenger Gatling. nel riquadro, che sparò 300 tonnellate di proiettili anticarro all’uranio impoverito nella prima Guera del Golfo
Va ricordato che nell’ambito di un piano di sviluppo dell’energia nucleare sul metallo debolmente radioattivo Thorio, di cui l’India ha grossi giacimenti, dal 2008 Punj Lloy collabora con la società energetica statunitense Thorium Power Ltd. Questo materiale è più abbondante sulla terra rispetto all’uranio e produce scorie atomiche che esauriscono la loro radiotossicità in periodi inferiori rispetto a quelle dei reattori uranio-plutonio.
Non essendo fissile il Thorio non può essere usato per testate missilistiche nucleari detonanti ma potrebbe diventare componente delle cosiddette “bombe sporche” per inquinamento ambientale radioattivo o essere sperimentato per un impiego bellico simile a quello dell’uranio impoverito per le munizioni chiamate nella terminologia militare API, Armor Piercing Incendiary, ovvero munizioni perforanti incendiarie. Non esiste infatti alcun trattato o divieto internazionale sull’uso dei proitettili ad Uranio impoverito massivamente adoperati nella Prima Guerra del Golfo dall’Esercito Usa con i cannoni GAU-8 Avenger montati sotto la prua degli aerei d’attacco al suolo A-10 Thunderbolt USAF (Us Air Force) e successivamente in quella dei Balcani.
Ecco perché l’alleanza strategia tra l’industria bellica Punj Lloyd e quella israeliana di SK –IWI, partner dell’Israel Defense Force, l’esercito di Tel Aviv, assume una rilevanza notevole essendo Israele storico alleato degli Usa ma anche di alcuni paesi musulmani come l’Arabia Saudita, con la quale l’amministrazione Donald Trump ha avviato le trattative per un progetto di sviluppo sul nucleare, ufficialmente solo per utilizzo civile.
La Punj Lloyd indiana ha sedi in ben 15 paesi del mondo, dieci dei quali a maggioranza islamica sunnita
Non va infine dimenticato che dei 15 paesi dove opera Punj Lloyd ben 10 sono a maggioranza islamica di confessione Sunnita, ostile a quella Sciita di Iran, Siria Libano ed Iraq, e tra questi c’è anche il Regno Saudita. In questo contesto assume sempre più rilevanza la stretta collaborazione tra Trump ed il premier israeliano (attualmente in proroga in attesa di nuove elezioni) Benjamin Netanyahu che ha ottenuto dalla Casa Bianca il riconoscimento delle Alture del Golan, strappate alla Siria nel 1967, come territorio israeliano nonostante le opposte risoluzioni Onu per la restituzione dell’area ai Siriani.
NETANYAHU SOTTO ACCUSA AD OTTOBRE PER LE TANGENTI SUI SOTTOMARINI
Il presidente americano Donald Trump firma il riconoscimento del Golan come territorio di Israele davanti al premier sionista Benjamin Netanyahu
Il primo ministro sionista si è sdebitato fondando nel Golan la cittadina Ramat Trump (Alture di Trump) dedicata al presidente americano di cui è stata posata la prima pietra domenica 16 giugno. Ma lo stesso Netanyahu non può sentirsi troppo sicuro dopo che il suo partito Likud nel maggio scorso non è riuscito a tessere alleanze con gli altri partiti utili a formare il nuovo governo obbligando il parlamento di Israele (Knesset) a fissare nuove elezioni per il 17 di settembre 2019.
Ciò avverrà nell’imminenza dei procedimenti giudiziari nei quali Netanyahu è stato di recente incriminato ufficialmente dalla Procura Generale per tre storie di presunta corruzione dato che il procuratore Avichai Mandelbilt ha respinto formalmente la richiesta di rinvio della prima udienza preliminare fissata per ottobre, giustificata dal premier israeliano per il suo impegno nella campagna elettorale nelle consultazioni anticipate. Una motivazione non sufficiente per la magistratura israeliana.
«Il caso più serio è invece il “3000”, quello della vendita di sottomarini tedeschi Dolphins a Israele. Il caso implicherebbe il pagamento di vere e proprie tangenti, anche rilevanti; coinvolge un legale che è l’anima nera del premier e soprattutto riguarda una questione di sicurezza Nazionale: eventuali tangenti per armi che servono a difendere Israele – ha scritto il quotidiano Repubblica – Nel settembre 2017 seguendo l’inchiesta la polizia ha arrestato l’ex capo dello staff del premier, David Sharan. Con lui sono stati fermati e interrogati un ex capo della Marina israeliana, l’ex capo di una unità di commando della marina e un ex ministro. L’inchiesta sta andando avanti fra mille difficoltà: la polizia ha fatto di Sharan un testimone di giustizia, ma molti dei passaggi di denaro riscontrati fino ad ora sono stati pagati e fatturati con un giro di consulenze e ricevute che potrebbe rendere poco chiaro l’eventuale coinvolgimento del primo ministro. Il percorso giudiziario di Benjamin Netanyahu sarà ancora lungo, probabilmente molto doloroso».
Nel corso della prossima analisi sulla Lobby delle Armi resteremo sempre in Israele ma ci soffermeremo invece sul tycoon che vanta uno dei più giganteschi patrimoni personali nell’industria bellica ed attraverso la sua holding ha appena concluso l’acquisto della azienda statale Israelian Military Industries. Un sionista DOC premiato per la sua filantropia nel 2017 dalla loggia dell’Ordine Indipendente B’nai B’rith o Bené Berith di Washington.
Questa organizzazione rappresenta l’anello di congiunzione tra la Massoneria sionista e quella americana del Supremo Consiglio del Rito Scozzese Antico Accettato, la cui Loggia Madre del Mondo, fondata a Charleston nel 1801 fu poi trasferita nella capitale degli Stati Uniti d’America.
Tale connessione ha consentito il dominio incontrastato dell’alta finanza sionista sia nel mondo bancario, nella Federal Reserve e nelle speculazioni dei fondi d’investimento nelle corporations degli armamenti, principali registi di quel Deep International State in cui operano i fanatici del Nuovo Ordine Mondiale, i governi controllati dai loro servizi segreti ed i terroristi estremisti adoperati quali strumento nella strategia della tensione per scatenare nuove guerre e lucrare sul mercato delle armi.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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