Le cene pre-conclave di Bergoglio con Tornielli & Co.
Dal libro di O’Connell sul “team Bergoglio” al pre conclave emerge che nei giorni convulsi che portarono all’elezione di Francesco un ruolo lo avrebbe avuto anche un laico che oggi riveste una posizione di estrema importanza in Vaticano: Andrea Tornielli, oggi responsabile della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione, incontrò due volte durante i sui primi giorni romani colui che sarebbe divenuto papa Francesco.
di Nico Spuntoni (15-04-2019)
È uscito negli Stati Uniti The Election of Pope Francis: An Inside Account of the Conclave That Changed History. Il testo, scritto dal vaticanista di America Gerard O’Connell, ha l’ambizione di fare una sorta di cronaca di quanto sarebbe avvenuto nei giorni che separarono l’annuncio della rinuncia di Benedetto XVI dalla salita al soglio pontificio di papa Francesco. Abbiamo visto ieri come nell’opera, accanto al riepilogo delle preferenze riscosse nelle votazioni, venga offerta una ricostruzione del lavoro che avrebbero svolto “dietro le quinte” una serie di cardinali, elettori e non, per “sponsorizzare” la candidatura del profilo ritenuto più adeguato.
Gerard O’Connell confermerebbe l’esistenza di quel “team Bergoglio” di cui aveva parlato Austen Ivereigh nella biografia Tempo di misericordia. Animatori di questo “team” che operò, secondo quanto scritto da questi due autori, a sostegno della candidatura dell’argentino ma senza il suo esplicito consenso, sarebbero stati alcuni cardinali definiti kingmakers e fra i quali spicca il nome del britannico Murphy-O’Connor. Questi kingmakers sarebbero stati protagonisti di incontri privati per convincere altri cardinali dell’affidabilità di quella candidatura ed avrebbero anche fugato i dubbi sorti tra alcuni membri del Collegio sulla figura del futuro pontefice. Tornielli e Bergoglio.
Ma dal libro di O’Connell sembrerebbe emergere che nei giorni convulsi che portarono all’elezione di Bergoglio un ruolo lo avrebbe avuto anche un laico che oggi riveste una posizione di estrema importanza in Vaticano: Andrea Tornielli, all’epoca coordinatore di Vatican Insider ed oggi responsabile della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione, incontrò colui che sarebbe divenuto papa Francesco durante il suo primo giorno romano. Il giornalista e l’arcivescovo di Buenos Aires trascorsero una serata insieme a cena in compagnia di Gianni Valente, altro vaticanista di fama. Secondo quanto scrive O’Connell nel suo libro, gli stessi commensali si sarebbero rivisti il 10 marzo per un’altra cena. Non a caso, Gianni Valente (marito di Stefania Falasca, altra giornalista molto in sintonia con l’attuale pontificato) ricevette una chiamata al telefono di casa dal neoeletto Francesco proprio la sera del 13 marzo.
Il pontefice regnante frequentava la casa romana della famiglia Valente già da anni: Gianni lo aveva intervistato nel 2002 a Buenos Aires e in quell’occasione nacque una solida amicizia protrattasi negli anni. Anche Tornielli poteva vantare un legame consuetudinario con l’allora cardinale Bergoglio, il quale gli aveva concesso solo pochi mesi prima un’intervista in cui presentava la sua idea di Chiesa ed anticipava alcuni temi e determinati toni che avrebbe poi utilizzato più volte negli anni del suo pontificato: sulla percezione della Curia romana dall’esterno, ad esempio, disse che “i giornalisti a volte corrono il rischio di ammalarsi di coprofilia e così fomentare la coprofagia; che è poi il peccato che segna tutti gli uomini e le donne, cioè quello di guardare sempre alle cose cattive e non a quelle buone”.
Bergoglio, inoltre, dissertando della funzione del cardinalato si scagliò contro la “vanità autoreferenziale” intesa come “atteggiamento della mondanità spirituale, che è il peccato peggiore nella Chiesa” e che si manifesta con la ricerca di avanzamenti e con il carrierismo. Un pensiero riproposto poi numerose volte dopo la sua elezione in tanti discorsi ed omelie dedicati a denunciare i risvolti negativi del “clericalismo”. Com’è noto, dunque, l’attuale responsabile della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione conosceva molto bene il futuro Francesco e fu l’unico vaticanista a considerarlo “in pista” per succedere a Benedetto XVI dopo la storica rinuncia di quest’ultimo.
Roma 7 Marzo 2009 – Il Cardinal Jorge Mario Bergoglio con Giulio Andreotti
La cena di Bergoglio a casa della famiglia Valente nei giorni precedenti al Conclave del 2013 era divenuta di dominio pubblico già all’indomani dell’avvenuta elezione; il libro di O’Connell ha rivelato, ora, la presenza di Andrea Tornielli e un’altra occasione conviviale in cui sarebbero stati presenti tutti e tre sempre in quei giorni di marzo 2013. A portarli dietro la stessa tavola, probabilmente, un’amicizia nata grazie alla collaborazione comune con la rivista 30Giorni per la quale scrivevano sia Tornielli che Valente e che ospitò interviste ed interventi anche dell’allora cardinale Bergoglio. Fu Giulio Andreotti, all’epoca direttore del periodico, il talent scout che, dopo averlo conosciuto ad una messa da lui celebrata nella chiesa di San Lorenzo fuori le Mura, volle fortemente “arruolare” il futuro papa Francesco tra le “penne” di 30Giorni, unica rivista che a tutt’oggi può vantare la collaborazione di ben due pontefici: Ratzinger e Bergoglio.
FRANCESCO: UN'ELEZIONE PREPARATA DA ANNI
Questa notizia non meraviglia affatto, noi stessi abbiamo scritto più volte che l'elezione di Mario Bergoglio poteva essere solo preparata, sia per l'indole dei prelati della neo-Chiesa abortita dal Vaticano II, sia per l'evidente caratura deprimente del personaggio scelto ad occupare il Soglio di Pietro.
Tutto questo era a perfetta conoscenza dell'emerito Cardinale Ratzinger, che pensò bene di farsi indietro per permettere che si realizzassero i disegni dei prelati modernisti e affossatori della Chiesa cattolica. Seppure si volesse sostenere che questi stessi prelati abbiano brigato in tutti i modi per farlo “dimettere”, resta il fatto che Ratzinger sapeva benissimo cosa si stava preparando, e al bene della Chiesa, semmai lo avesse preso in considerazione, preferì il proprio bene personale.
Tosatti fa riferimento ad un articolo apparso sul sito del giornale belga Le Vif , che qui riportiamo in calce.
Articolo di Marco Tosatti
24/09/2015
L’elezione di Jorge Bergoglio è stato il frutto delle riunioni segrete che cardinali e vescovi, organizzati da Carlo Maria Martini, hanno tenuto per anni a San Gallo, in Svizzera. E’ quanto sostengono Jürgen Mettepenningen et Karim Schelkens, autori di una biografia appena pubblicata del cardinale belga Godfried Danneels. Che chiama il gruppo di cardinali e vescovi un “Mafiaclub”.
Danneels secondo gli autori, avrebbe lavorato per anni a preparare l’elezione di papa Francesco, avvenuta nel 2013. Egli stesso d’altronde, in un video registrato durante la presentazione del libro a Bruxelles ammette di aver fatto parte di un club segreto di cardinali che si opponevano a Joseph Ratzinger. Ridendo, lo definisce “un club mafia e portava il nome di San Gallo”.
Il gruppo voleva una drastica riforma della Chiesa, molto più moderna e attuale, con Jorge Bergoglio Papa Francesco alla testa. Come poi è accaduto. Oltre a Danneels e Martini, del gruppo secondo il libro facevano parte il vescovo olandese Adriaan Van Luyn, i cardinali tedeschi Walter Kasper e Karl Lehman, il cardinale italiano Achille Silvestrini e quello britannico Basil Hume, oltre ad altri.
Scrive il giornale belga “Le Vif”: “Il 13 marzo 2013 una vecchia conoscenza era al fianco del nuovo papa Francesco: Godfried Danneels. Ufficialmente, era là in quanto decano dei cardinali-preti, ma in realtà ha operato per degli anni come creatore di re discreto”.
Danneels è stato invitato di nuovo da papa Francesco al Sinodo sulla Famiglia che si svolgerà in ottobre (2015) a Roma. La sua figura è stata però molto criticata. Ha cercato di dissuadere una vittima di abusi sessuali dal denunciare l’autore, un vescovo (zio della vittima), e per questo motivo all’epoca del Conclave 2013 in Belgio c’era chi chiedeva che non fosse ammesso a eleggere il nuovo Papa.
Inoltre le sue posizioni sul matrimonio omosessuale e sull’aborto (secondo la rivelazione di due parlamentari avrebbe scritto al re del Belgio esortandolo a firmare la legge che lo consentiva) non sembrano in sintonia con il Magistero della Chiesa. E anche con quello che papa Francesco afferma.
Godfried Danneels ha lavorato per anni
all’elezione di Papa Francesco
Gli storici della Chiesa, Jürgen Mettepenningen e Karim Schelkens, hanno appena pubblicato una biografia del Cardinale Godfried Danneels, nella quale l’arcivescovo appare come un difensore della Chiesa moderna. Egli avrebbe anche lavorato per anni all’elezione di Papa Francesco.
L’Arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, opposto al crescente potere di Ratzinger e della sua cricca in Vaticano, a partire dal 1996 incominciò ad organizzare delle riunioni “segrete” di vescovi e di cardinali a San Gallo in Svizzera. Questi incontri erano vagamente a conoscenza di certi specialisti, ma solo in questa biografia di Jürgen Mettepenningen e Karim Schelkens sono presenti dei resoconti dettagliati delle attività del “gruppo di San Gallo”.
Nel 1999 Danneels si unì al gruppo, del quale facevano già parte il vescovo olandese Adriaan Van Luyn, i cardinali tedeschi Walter Kasper e Karl Lehman, l’inglese Basil Hume e l’italiano Achille Silvestrini. Per Danneels e gli altri si trattava di “vacanze spirituali”, una forma di consolazione e di mutuo sostegno in un periodo buio.
Il Vaticano inviò il sinistro Cardinale Camillo Ruini per sondare di cosa si trattasse, ma questi fece fiasco. Contemporaneamente il “gruppo di San Gallo” cercava di influenzare i comportamenti del Vaticano. La domanda che ci si poneva in modo sempre più pressante era: “Che succederà dopo Giovanni Paolo II? Come evitare che Ratzinger diventi papa?”
Al momento del conclave del 2005, Ratzinger si dimostrò molto forte. Danneels e gli altri membri del “gruppo San Gallo” riuscirono a malapena a nascondere la loro delusione e attribuirono alla stanchezza la loro mancanza di entusiasmo. Tuttavia, la loro analisi fondamentale circa la necessità che si rinnovasse l’apparato del Vaticano e che il messaggio della Chiesa dovesse essere molto più ottimista, si dimostrò premonitore. Il pontificato di Ratzinger fu una catastrofe e la Chiesa soffrì per le storie di costume e di corruzione.
Danneels fu anche coinvolto negli scandali: venne indotto dal vescovo di Bruges, Roger Vangheluwe, a passare gli alimenti alla famiglia del nipote, col quale aveva avuto una “piccola relazione”, e fu sospettato nell’“Operazione Calice”.
Tuttavia, l’elezione di Mario Bergoglio mise fine a questo periodo buio. “L’elezione di Bergoglio venne preparata a San Gallo, su questo non c’è alcun dubbio; e le grandi linee del suo programma sono quelle di cui discutevano Danneels e i suoi confratelli da più di dieci anni” scrive Schelkens.
D’altronde, il 13 marzo 2013 [giorno dell’elezione di Mario Bergoglio], al fianco del nuovo Papa Francesco, era presente una vecchia conoscenza: Godfried Danneels. Ufficialmente in quanto decano dei cardinali-preti, ma in realtà perché aveva lavorato per anni come procuratore discreto di un papa capace di dare un avvenire alla “sua” chiesa.
Fonti:
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