SE QUESTA E' GIUSTIZIA....
STRAGE DI VIA D’AMELIO: SOTTO ACCUSA
PER CALUNNIA CHE FAVORI’ COSA NOSTRA
ANCHE LA MAGISTRATA SOSPETTATA
NEL LIBRO D’INCHIESTA “I BOSS DI STATO”
DI AVER AVUTO L’AGENDA ROSSA SPARITA
COI SEGRETI DELL’EX GIUDICE ASSASSINATO
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
In questi giorni c’era fervida attesa per la decisione del Consiglio Superiore della Magistratura sui provvedimenti disciplinari nei confronti di alcuni magistrati che indagarono sulla strage di Via d’Amelio a Palermo del 19 luglio 1992 nella quale rimasero uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, invece ecco la clamorosa novità sull’inchiesta della Procura di Messina.Il giudice Paolo Borsellino assassinato dalla mafia
Il fascicolo sul depistaggio dell’eccidio non è più contro ignoti. Finalmente, dopo quasi 27 anni, «i pm della città dello Stretto hanno iscritto nel registro degli indagati due magistrati del pool che indagò sull’attentato. Sarebbero Carmelo Petralia e Annamaria Palma. L’indagine, che ipotizza il reato di concorso in calunnia aggravato dall’avere favorito Cosa nostra, è condotta dal procuratore di Messina Maurizio De Lucia» scrive il sito internet di Rai News insieme all’Ansa ed ai principali media.
I Vigili del Fuoco mentre domano le ultime fiamme dopo la tremenda esplosione in via D’Amelio a Palermo il 19 luglio 1992
Nell’ipotesi accusatoria, in concorso con i tre poliziotti sotto processo a Caltanissetta (Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo), i due magistrati allora in servizio alla procura di Palermo, Palma, attualmente avvocato generale a Palermo, e Petralia, procuratore aggiunto a Catania, avrebbero depistato le indagini sulla strage. «Uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana» scrissero i giudici nella sentenza di primo grado del processo Borsellino quater, dopo che in precedenza erano stati condannati all’ergastolo sette innocenti.
Il reato contestato ai magistrati e ai funzionari di polizia è la calunnia: i pm e i poliziotti avrebbero imbeccato tre falsi pentiti- costruiti a tavolino, tra cui Vincenzo Scarantino-, suggerendo loro di accusare falsamente dell’attentato persone a esso estranee. Ai magistrati si contesta, oltre all’aggravante di avere favorito Cosa nostra, anche quella che deriva dal fatto che dalla calunnia è seguita una condanna a una pena maggiore di 20 anni.
Carmelo Petralia, procuratore aggiunto della Procura di Catania
«A Palma e Petralia oggi è stato notificato dalla Procura di Messina, che indaga in quanto è coinvolto un magistrato in servizio a Catania, un avviso di accertamenti tecnici irripetibili – aggiunge Rai News – Stesso avviso è stato notificato ai sette condannati ingiustamente: Cosimo Vernengo, Gaetano La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto, Giuseppe Urso e Natale Gambino, persone offese dal reato. Tranne Urso e Gambino, che non hanno nominato legali, gli altri sono difesi dagli avvocati Rosalba Di Gregorio e Pino Scozzola». I due indagati hanno ovviamente tutta la possibilità di dimostrare la loro totale estranietà alle accuse al momento soltanto ipotizzate: l’avviso di garanzia è definito tale proprio perchè è un atto a tutela della persona sottoposta ad indagine.
IL MAGISTRATO CON L’AGENDA SEGRETA DI BORSELLINO
L’ex pm Anna Maria Palma
Il nome di Palma era balzato agli onori della cronaca il 27 giugno 2017, anniversario di un’altra strage rimasta nel mistero, quella di Ustica. In quella data presso la libreria Mondadori Mook di piazza Vanvitelli a Napoli, Roberta Ruscica, scrittrice e giornalista d’inchiesta, già collaboratrice per il Corriere della Sera e Sette, presentè il suo libro edito da Sperling & Kupfer, “I Boss di Stato – I protagonisti, gli intrecci e gli interessi dietro la trattativa Stato-Mafia”, come ricordato dal sito La Voce delle Voci (link a fondo pagina). A moderare il dibattito Sandro Ruotolo, protagonisti della discussione i magistrati Antonio Esposito, già presidente della prima sezione penale della Corte di Cassazione e Simona Di Monte della Procura generale di Napoli.
«Nel dibattito, e soprattutto nell’intervento di Ruscica, fanno capolino non poche notizie da novanta – riferisce il sito La Voce delle Voci – Una su tutte. Ecco cosa ricostruisce la giornalista: “Ho lavorato per diversi anni a Caltanissetta e a Palermo. E ho seguito molto da vicino l’inchiesta sulla strage di via D’Amelio e visto nascere il pentito Scarantino. Devo dire in tutta sincerità che, col senno di poi, mi sono sbagliata anch’io. Ero convinta di quanto mi diceva Anna Maria Palma, ero profondamente convinta di quella pista, ero convinta di quell’esito giudiziario”».
La giornalista e saggista Roberta Ruscica e la copertina del suo libro sugli intrighi tra politica e Cosa Nostra
Ma la notizia bomba è un’altra: «Sono diventata se così si può dire amica di Anna Palma, ho frequentato alcune volte la sua casa, la stimavo per il suo lavoro – aggiunge Ruscica – Eravamo arrivate a un punto tale di confidenza che un giorno mi disse che era entrata in possesso dell’agenda di Borsellino. Un fatto al quale non potevo credere, ma lei me lo disse con estrema naturalezza».
Se fosse quella di colore rosso sparita, dove il giudice conservava gli appunti più scottanti e segreti ed è da anni al centro di uno dei tanti misteri della vicenda, oppure fosse una delle altre di differente colore dovrà chiarirlo la stessa togata davanti ai magistrati di Messina che l’hanno messa sotto inchiesta. Sempre che ritengano il particolare attinente con le indagini.
LE REGISTRAZIONI: PROVE A RISCHIO DI DETORIAMENTO
Gli accertamenti tecnici irripetibili disposti dalla Procura di Messina riguardano le cassette con le intercettazioni delle conversazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino registrate durante il periodo in cui questi era sottoposto al programma di protezione. Periodo in cui, secondo una ipotesi accusatoria, Scarantino sarebbe stato indotto, anche con la violenza dal pool di poliziotti che indagava sull’attentato, a mentire sulla fase esecutiva della strage, incolpando persone innocenti.
Le cassette, essendo di oltre vent’anni fa, potrebbero deteriorarsi, da qui la necessità di far partecipare agli accertamenti i consulenti degli indagati e delle persone offese. Del pool di investigatori che indagò sulla strage, facevano parte i poliziotti sotto processo Bo, Ribaudo e Mattei, guidati dall’ex capo della Mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, poi deceduto, e ritenuto dagli inquirenti la mente della cospirazione depistatrice anche in virtù del suo incarico nel Sisde.
Un ruolo nei servizi segreti interni che il numero 3 dell’intelligence di allora, il superpoliziotto Bruno Contrada, a sua volta finito nei guai con la giustizia per altre questioni, ha rivelato di non conoscere affatto quando è stato chiamato a testimoniare durane le udienze del processo nisseno in corso.
Fiammetta Borsellino, la figlia del giudice assassinato
La misteriosa appartenenza al Sisde di La Barbera, ignota ad uno dei vertici, è un altro dei tanti particolari sconcertanti che si aggiunge alla storia del depistaggio di Via D’Amelio avvenuto in un intrigo tra politici, 007, poliziotti e magistrati: alcuni dei quali anche iscritti alla massoneria (nonostante sia proibito) come dichiarato apertamente dalla figlia del giudice assassinato, Fiammetta Borsellino, e come ben evidenziato da Gospa News in un precedente reportage sugli inquietanti retroscena dell’inchiesta.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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