Di Romana Rubeo e Ramzy Baroud.
Un disegno di legge depositato presso il Senato della Repubblica Italiana prevede pene severe per coloro che intendano boicottare Israele. In passato, una simile iniziativa sarebbe stata inconcepibile. Purtroppo, la politica italiana, storicamente solidale con la causa palestinese, è cambiata in modo sensibile negli ultimi anni. E, cosa ancor più sorprendente, la Sinistra e la Destra si equivalgono nel tentativo di compiacere Tel Aviv, a scapito dei diritti dei Palestinesi.
La triste realtà è che l’Italia è ormai tra i Paesi più vicini a Israele e questo non riguarda solo le decisioni politiche, ma anche il dibattito pubblico. Le priorità di Tel Aviv, così come articolate dalla hasbara (propaganda ufficiale sionista), sono diventate parte integrante del vocabolario dei media e della classe politica, determinando una sostanziale convergenza tra gli obiettivi perseguiti dai due Paesi.
L’Italia, nata dalla Resistenza anti-fascista e dalla lotta contro un’occupazione militare, è oggi affidata a una classe politica che non si fa scrupoli a piegarsi alle pressioni delle lobby filo-israeliane, la cui influenza è in continua crescita.
Reinterpretare la storia.
Durante la cosiddetta “Prima Repubblica” (1948-1992), l’Italia era considerata il Paese europeo più solidale nei confronti della lotta Palestinese; non solo per un sentimento diffuso tra la popolazione, ma anche per l’effettivo orientamento politico dell’epoca. L’Italia era consapevole del suo ruolo nel Mediterraneo: le forze di governo dimostravano lealtà al Patto Atlantico, ma non esitavano a intrattenere rapporti proficui con il mondo arabo. Un delicato equilibrio, questo, non sempre facile da mantenere, che ha condotto a scelte giudicate “radicali”e che in seguito sono state condannate e rinnegate.
L’avvicinamento alle posizioni filo-israeliane è iniziato già da anni. In una famosa intervista al quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth nel 2008, l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga si rivolse agli ebrei italiani, dichiarando: “Vi abbiamo venduto”. Cossiga si riferiva al cosiddetto “Lodo Moro”, un patto segreto la cui esistenza non è mai stata comprovata. Fu presumibilmente siglato negli anni ’70 dall’allora primo ministro Aldo Moro e dai leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), a cui sarebbe stata garantita una certa libertà di movimento sul territorio italiano; in cambio, essi assicuravano che non avrebbero colpito il Paese con attentati terroristici. Il “Lodo Moro” è stato citato a più riprese dalla hasbara israeliana per condannare le scelte politiche del passato e continuare ad associare la Resistenza palestinese al terrorismo.
Nell’intervista, Cossiga si spinge oltre, accusando il PFLP della Strage di Bologna, che devastò la stazione ferroviaria della città nel 1980, uccidendo 85 persone. Le accuse, per quanto aderenti alla retorica filo-israeliana, sono assolutamente infondate: gli esecutori dell’attentato furono infatti i neofascisti del NAR. Purtroppo però, le dichiarazioni di questo controverso personaggio non sono isolate e la sua parabola è rappresentativa del cambiamento di sensibilità nei confronti della Palestina e di Israele, che si fonda anche su una reinterpretazione dei fatti storici.
Tra passato e presente.
Nel 1974, il Governo Italiano sostenne con forza la partecipazione del leader palestinese Yasser Arafat all’Assemblea Generale dell’ONU. Nel 1980, aderì alla Dichiarazione di Venezia, che riconosceva il diritto dei Palestinesi alla “autodeterminazione” e che fu ovviamente ostacolata da Israele e dagli USA.
Negli anni ’80, l’atteggiamento dei vari governi che si sono succeduti in Italia era così apertamente filo-palestinese che si determinarono spesso tensioni con Israele e i benefattori americani, in particolar modo durante la Crisi di Sigonella nel 1985. Durante un intervento dinanzi al Parlamento italiano, il primo ministro socialista Bettino Craxi sostenne che la lotta armata dei Palestinesi era legittima. Nel 1982, il presidente della Repubblica parlò a lungo del massacro di Sabra e Shatila durante il tradizionale discorso di fine anno.
Le forze più progressiste della Democrazia cristiana sostenevano la Palestina per ragioni di opportunità e per mantenere un rapporto privilegiato con i Paesi arabi. I partiti di sinistra, invece, erano mossi anche dal principio della lotta anti-imperialista. Oggi, il quadro è decisamente cambiato: viviamo in un’era “post-ideologica”, in cui gli ideali sono stati dichiarati morti. I partiti di sinistra non avvertono più l’esigenza di schierarsi al fianco delle nazioni che resistono. In un mondo dominato dalla globalizzazione, l’interesse nazionale viene barattato per assicurarsi il beneplacito di Washington, che spesso passa per quello di Tel Aviv.
L’unica ideologia ancora in piedi sembra essere quella neo-liberale del mercato universale che ha devastato l’Europa nel corso degli ultimi anni e l’Italia non si sottrae a questa logica.
Nell’ottobre del 2016, si è astenuta dal voto sulla risoluzione UNESCO che condannava l’occupazione israeliana di Gerusalemme Est. Questa posizione, seppur cauta, ha scatenato le ire di Israele, suscitando le proteste dell’ambasciatore israeliano a Roma.
L’allora primo ministro Matteo Renzi si è affrettato a rassicurare Israele, spendendo parole dure nei confronti della proposta dell’UNESCO. “Allucinante”, aveva detto, “la decisione su Israele. Basta con queste risoluzioni che penalizzano Gerusalemme”. Un anno prima, invitato al Knesset, Renzi aveva ribadito la vicinanza dell’Italia a Israele, definendo il BDS “sterile e stupido”.
Nel suo discorso inaugurale, l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affrontato il tema della “minaccia del terrorismo internazionale” scegliendo di citare l’attentato del 1982 alla Sinagoga di Roma. Le sue parole hanno “profondamente commosso gli ebrei italiani”, secondo il giornale di destra Jerusalem Post.
L’influenza sionista è sempre più forte.
I gruppi sionisti compiono un’azione incessante, nel tentativo di condizionare l’opinione pubblica italiana, con una strategia che si fonda su due linee direttrici: da un lato, con un reiterato senso di vittimismo, che dipinge Israele come una “povera nazione” che lotta per la sopravvivenza in un universo ostile di Arabi e Musulmani; dall’altro, facendo leva sulla carta dell’anti-semitismo, sfoderata contro chiunque osi sfidare la narrazione israeliana. Le armi della hasbara sono efficaci al punto che la politica e la cultura italiane sono sempre più vicine a Israele. Il sentimento filo-israeliano è sempre più diffuso anche nei partiti di sinistra.
Secondo Ugo Giannangeli, illustre avvocato penalista che si dedica da anni alla difesa dei diritti dei Palestinesi, il Parlamento italiano sta lavorando a una serie di leggi (che egli definisce “norme spot”), il cui unico scopo sarebbe quello di compiacere Israele. Tra queste, il Disegno di legge 2043 (Norme contro le discriminazioni). Si tratta, in sostanza, di un provvedimento anti Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni. I firmatari paragonano apertamente il boicottaggio di Israele a una forma “mascherata di antisemitismo”, accogliendo pienamente il vocabolario e la retorica dei gruppi sionisti. Qualora fosse approvata, la norma prevederebbe sanzioni esemplari per gli attivisti italiani del movimento per il BDS.
Tra i firmatari figurano anche Emma Fattorini, membro del Partito Democratico e della “Commissione per la tutela e la promozione dei diritti umani”. I diritti umani dei Palestinesi, evidentemente, non figurano tra le sue priorità.
Un altro firmatario è Paolo Corsini, che ha lasciato il Partito Democratico per aderire a MDP – Articolo 1. Corsini era stato anche relatore dell’ “Accordo tra Italia e Israele in materia di pubblica sicurezza”, già ratificato dal Parlamento italiano con la legge 86/2017. Le relazioni tra i due Paesi diventano più forti e si prevede anche uno “scambio di esperienze relative alla gestione dell’ordine pubblico in occasione di grandi eventi e manifestazioni di massa”.
Sono poche e isolate le voci che si levano a contestare questo rapporto di subordinazione culturale e politica nei confronti di Israele e che, quanto meno, oppongono delle criticità. L’ex ministro degli Esteri Massimo D’Alema, ad esempio, ha fortemente criticato il mutato atteggiamento italiano. In una recente intervista rilasciata all’Huffington Post, ha espresso le sue perplessità in merito al tentativo costante dell’Italia e di altri Paesi Europei di compiacere Israele, richiamando anche la sinistra al suo ruolo storico di sostegno al popolo palestinese.
L’esperienza italiana dovrebbe servire da monito per attivisti e politici di tutto il mondo: la solidarietà con la Palestina inizia dal proprio Paese. Bisogna opporsi strenuamente ai tentativi di criminalizzazione del BDS e adottare misure che contrastino la hasbara israeliana, che sta permeando ogni aspetto della nostra società.
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