Dico “nei confronti del sionismo” e non solo “nei confronti di Israele” perché il diffuso atteggiamento condiscendente e complice riguarda non solo lo Stato ebraico ma il complessivo progetto sionista in corso di realizzazione: non sappiamo fin dove intende espandersi territorialmente; certamente mira a uno Stato esclusivamente ebraico; certamente ambisce avere l’intera città di Gerusalemme come propria capitale.
Trump con la sua dichiarazione a favore di Gerusalemme capitale ha sbagliato la tempistica, forse mal consigliato dal genero Kushner; o forse ha volutamente forzato la mano, come è nel suo stile. Confidava in una reazione meno ostile della comunità internazionale o forse già sapeva che la reazione si sarebbe limitata alle parole. L’Italia è stata uno dei pochi Stati che non ha condannato la dichiarazione; ha parlato, e duramente, contro la dichiarazione, alla presenza di Netanyahu, Mogherini nella sua veste di alto rappresentante della UE ma dopo pochi giorni la stessa Mogherini ha ribadito il ruolo indispensabile degli USA nel cosiddetto “processo di pace”, a fronte della richiesta di Abu Mazen di estromissione degli USA dalle trattative.
Prendendo spunto da questa vicenda di Gerusalemme, ho ripercorso le tappe che hanno portato l’Italia ad essere il più fidato alleato di Israele in Europa.
Mi è stato chiesto di ricordare anche l’epoca in cui l’Italia ha avuto una politica diversa rispetto alla Palestina e al M.O. in generale. Lo posso fare, senza però dimenticare quell’appello a favore di Israele nel 1967 firmato da centinaia di intellettuali democratici: Balestrini, Sapegno, Lattuada, Monicelli, Lizzani, Rosi, Calvino, Fellini, Montale, Cassola, Sciascia, Camilla Cederna, Inge Feltrinelli, Nuto Revelli e tanti altri. Tutti, o quasi, caduti nella trappola della falsa rappresentazione della guerra dei sei giorni come guerra preventiva nella imminenza dell’attacco arabo.
Poi ci sono stati effettivamente episodi di segno contrario. Ricordiamo il famoso discorso di Pertini nel 1983, reduce dai campi ancora insanguinati di Sabra e Chatila. Ancora più famosa è la contrapposizione armata del 1985 a Sigonella, voluta da Craxi, allora primo ministro, tra 200 incursori USA e centinaia di carabinieri ed avieri italiani. Contrapposizione in difesa non tanto e non solo di Abu Abbas e dei dirottatori dell’Achille Lauro quanto soprattutto della nostra autonomia, politica e giurisdizionale (tutti sanno che la nave è territorio della bandiera, in questo caso italiana). Oltre alla prova di forza, occorre ricordare il discorso di Craxi in Parlamento quando rivendicò la legittimità della lotta armata dei palestinesi, rivendicazione del tutto conforme al diritto internazionale ma impensabile ai giorni nostri.
Posso ricordare anche la politica complessiva di Andreotti di apertura verso il M.O. e i Paesi arabi in generale nonché l’autonomia del suo pensiero rispetto alla NATO: nel 1999 criticò il Nuovo Concetto strategico della NATO che aveva aperto la strada agli interventi armati nel mondo a tutela dei propri interessi. Disse allora: “ E’ illegittimo il cambiamento del Patto Atlantico senza le procedure previste per i Trattati”.
Dal 2001 tutto è cambiato sino alla situazione attuale in cui abbiamo al governo un partito che neppure partecipa ai lavori della Commissione ONU per la messa al bando delle armi nucleari assumendo che la nostra adesione alla NATO ce lo impedisce ( cosa peraltro perlomeno discutibile). Continuiamo, così, ad essere deposito di armi nucleari per conto di USA e NATO in violazione del Trattato di non proliferazione mentre le coraggiose organizzazioni che fanno capo all’ICAN ricevono il premio Nobel (peraltro nel silenzio stampa più assoluto) per la loro vittoriosa battaglia che ha portato al recente Trattato di messa al bando delle armi nucleari..
Torniamo al tema principale e vediamo come si manifesta oggi questo cambiamento di atteggiamento nei confronti del disegno sionista. Partiamo dalla collaborazione nella propaganda sionista (hasbara).
E’ noto il tentativo in atto di far partire le prime tre tappe del prossimo Giro d’Italia da Israele. Non credo che sia stato scelto il Giro invece del Tour de France o della Vuelta spagnola solo perché il Giro parte a Maggio, in coincidenza con il 70° anniversario della nascita dello Stato ebraico. Israele sapeva di poter contare sulla più completa collaborazione (debitamente foraggiata) degli organizzatori italiani. E così è stato. Lo dimostra un fatto. Alla presentazione del Giro trasmesso dalla RAI il 29 Novembre 2017 il direttore del Giro, Vegni, ha commesso due errori agli occhi degli israeliani: ha definito Tel Aviv capitale di Israele e ha parlato di Gerusalemme Ovest, implicitamente ammettendo l’esistenza di una parte Est non israeliana. Il giorno dopo sono insorti due ministri israeliani e gli organizzatori sono stati costretti a rimuovere dai pannelli la scritta “Ovest” e a giustificarsi dicendo che quel punto cardinale “non aveva alcuna valenza politica”. Non solo, ma pensate che gli organizzatori non sapessero perché era stata scelta la data del 29 Novembre per la presentazione? Il 29 Novembre è la giornata internazionale ONU di solidarietà col popolo palestinese. La scelta di quella data è una palese esibizione di arroganza, eppure nulla è stato obiettato ( cosa impediva di spostare di un giorno?).
Veniamo ai piani alti della politica. E’ noto che l’Italia ha accordi economici e militari con Israele, con ricadute anche sul piano accademico. Questi accordi non sono giustificati neppure da un eventuale interesse economico perché, a ben vedere, non comportano neppure un ritorno vantaggioso. Posso portare l’esempio della vendita dei 30 aerei cacciabombardieri M346 dell’Aermacchi. Il contratto è stato firmato nel 2012 mentre era in corso l’eccidio a Gaza, e i primi due aerei sono stati consegnati nel 2014 mentre era in corso il successivo eccidio a Gaza (Margine protettivo). Il corrispettivo per gli aerei consiste in tecnologia israeliana in materia di sicurezza per un importo superiore al prezzo degli aerei. Insomma restiamo debitori. Una denuncia mia e di altri all’autorità giudiziaria per violazione della legge 185/90 che vieta la fornitura di armi a Paesi in fase di conflitto è stata archiviata e neppure siamo riusciti a conoscere i nomi dei due intermediari nell’affare che hanno intascato cifre iperboliche ( oltre 11 milioni di euro solo di provvigioni). Insomma, facciamo con Israele affari sporchi, illegali e lucrosi (per pochi).
Gli accordi militari consentono ai caccia con la stella di David di addestrarsi nei nostri cieli, soprattutto quelli della Sardegna, prima di andare a bombardare Gaza, Siria e altrove.
Sul piano legislativo abbiamo fulgidi esempi: il disegno di legge anti-BDS che ci è stato richiesto espressamente dagli israeliani ed è in linea con la legge israeliana che vieta l’ingresso nel Paese ai sostenitori del BDS e l’aggravante di pena per il reato di istigazione all’odio razziale.
Il disegno di legge anti-BDS pende in attesa di approvazione dall’Agosto 2015 e va a colpire gli attivisti del BDS. La legge è palesemente incostituzionale per molteplici motivi benchè tra i proponenti vi siano illustri giuristi che, evidentemente, mettono da parte il loro sapere e fanno prevalere la ragione di Stato sulla ragione di diritto.
Secondo questo disegno di legge coloro che praticano uno strumento di lotta pacifico come il boicottaggio, che vanta l’illustre precedente storico del Sudafrica, rischiano pene sino a 6 anni di reclusione.
L’aggravante di pena, invece, è già operativa e intende colpire i responsabili del reato di istigazione all’odio razziale quando questo riguarda la Shoah. Compare espressamente il termine Shoah nonostante già fosse stato citato nell’articolo il termine genocidio, categoria giuridica in cui certamente rientra la Shoah. La legge è del tutto superflua perché vi erano già la legge del 1975 (art.3) e la legge Mancino. L’art.3bis della nuova legge eleva la pena ad anni 6 ma il vero e proprio omaggio a Israele consiste nella citazione della Shoah, citazione tecnicamente inutile ma politicamente significativa. Questa sorta di diritto “pubblicitario” vede attivi parlamentari di vari partiti ( il filosionismo è trasversale) ma in prima fila e proponenti sono sempre quelli del PD.
L’estate del 2015 ha ispirato un’altra singolare iniziativa filosionista: il conferimento della medaglia d’oro al valore militare alla Brigata ebraica. Non è possibile ripercorrere in questa sede la storia della Brigata ebraica, operativa solo negli ultimi due mesi prima della Liberazione e coinvolta in operazioni militari non significative nella zona di Ravenna. Preme osservare come, pur di concedere questo alto riconoscimento alla Brigata in chiara risposta alla contestazione della sua presenza ai cortei del 25 Aprile, è stato violato il Codice di ordinamento militare. Il Codice, infatti, prevede che non debbano trascorrere più di sei mesi tra l’azione meritoria e il riconoscimento ( qui siamo oltre i 70 anni) e la proposta deve pervenire dai superiori militari ( qui proviene da Quartapelle e Fiano passando per Cicchitto, giungendo a Scotto: ampia trasversalità).
Non possiamo non ricordare, infine, la recente legge n. 86/2017 che ha ratificato l’Accordo tra Italia e Israele in materia di pubblica sicurezza. Israele ci insegnerà a gestire l’ordine pubblico in occasione di grandi eventi e manifestazioni di massa. Prevedo già cariche a cavallo, pallottole di gomma e poi vere, infiltrati e provocatori. Chi è stato relatore? Paolo Corsini che si è spostato a sinistra del PD aderendo a MDP art. 1 e che è reduce dalla firma della proposta di legge anti-BDS di cui si è detto.
La contrattualistica e la produzione legislativa servile ed ossequiente sono affiancate da comportamenti concreti significativi. Il nostro consolato, ad esempio, è a dir poco inattivo quando dovrebbe intervenire a favore di connazionali che vengono espulsi da Israele immotivatamente al loro arrivo all’aeroporto Ben Gurion; è accaduto recentemente con una piccola compagnia teatrale di giovani attori, respinta all’aeroporto dopo l’arresto , con un particolare accanimento nei confronti di uno di loro italiano ma di origine marocchina.
La cosiddetta unica democrazia del Medio Oriente si erge a carceriere della popolazione sotto occupazione e decide chi può fargli visita e chi no, con la differenza che in carcere c’è un regolamento da rispettare, in Israele vige l’arbitrio più assoluto. In carcere, inoltre, ci sono persone condannate o in attesa di giudizio perché imputate per crimini, in Palestina ci sono persone colpevoli solo di essere palestinesi.
Non si può non ricordare anche il recente caso di Leila Khaled: i funzionari di Fiumicino hanno eseguito l’ordine di Israele e Leila è stata respinta appena sbarcata dall’aereo . Ancora una volta l’Italia spicca nel panorama europeo perché solo un mese prima Leila era stata accolta in Spagna e in Belgio, ove aveva addirittura tenuto una conferenza al parlamento europeo.
Infine una notizia di questi giorni: il Senato ha approvato in via definitiva una legge per l’istituzione della “Giornata in memoria dei giusti dell’umanità” ed è stata scelta la data del 6 Marzo. Le parole di Gabriele Nissim in lode della legge ci consentono di avviarci alle conclusioni; dice Nissim: “ La legge ha un valore particolare di fronte alle recenti derive dell’oggi: nazionalismi, razzismi, rischi di guerra, terrorismo. E‘ necessario riaffermare i valori del dialogo, della pace, dell’inclusione”. Come possa Israele e chi lo sostiene ergersi a paladino di questi valori non è dato capire. Lasciamo pure stare la vecchia questione dell’assimilazione sionismo-razzismo di cui tanto si è discusso nel 1975 nella Assemblea dell’ONU che ha dichiarato il sionismo forma di razzismo, dichiarazione revocata nel 1991 e poi riaffermata a Durban nel 2001. Prendiamo esempi più recenti provenienti dall’interno di Israele.
L’Alta Corte di giustizia israeliana svolge un ruolo politico significativo ed è uno strumento di legittimazione della occupazione ma in modo raffinato: cerca di accreditare una immagine democratica dello Stato attraverso il simulacro della tripartizione dei poteri ( legislativo, esecutivo e giudiziario). Si pensi alla condanna del 2004 di una piccola porzione del Muro di separazione ( ovviamente non un briciolo di cemento è stato mai tolto).Talvolta, invece, non ci sono margini di compromesso tra volontà politica e decisione giudiziaria. Recentemente la Corte ha avuto modo di ribadire, conformemente alle scelte politiche del governo, la natura etnico, razziale, confessionale dello Stato di Israele.
Lo ha fatto nel 2013 respingendo la domanda del prof. Uzzi Ornan che voleva vedersi riconoscere la cittadinanza israeliana non in forza della religione ma in forza della residenza ( nel suo caso dal 1923!). Lo ha ribadito nel caso dei beduini del Negev, affermando la necessità che costoro lascino il posto a “ebrei etnicamente puri”. Sic !
Israele applica nei Territori Occupati leggi che Begin nel 1945 definì “peggiori delle leggi naziste” quando le subivano anche gli ebrei durante il mandato britannico. Israele pratica la tortura, si veda il recente rapporto di B’Tselem e Ha Moked pubblicato da Zambon editore. Israele viola costantemente il diritto internazionale e lo fa impunemente da sempre. Eppure si propone come modello!
Ecco il punto decisivo. Lottare per i diritti del popolo palestinese non è solo una forma di solidarietà ( un tempo avremmo detto internazionalista). E’ anche un modo di difendere i nostri interessi di democratici rispetto al tentativo di esportazione di un modello ispirato a valori antitetici a quelli della nostra Costituzione ( legge fondamentale che non a caso Israele non ha).
La recrudescenza nazista in Ungheria e in Polonia non è tranquillizzante; ora è il turno anche dell’Austria. Israele ha criticato il nuovo governo austriaco di estrema destra ma come concilia questa critica con il fatto che la nuova ministra degli esteri austriaca, Kneissl, è favorevole allo spostamento della ambasciata a Gerusalemme? Come concilia questa critica con il fatto che anche l’Austria ora pretende la cittadinanza su base etnica? Il nostro sottosegretario agli esteri Della Vedova ha definito questa pretesa “ crisma del pugno di ferro etnonazionalista; sdoganare la cittadinanza su base etnica avrebbe effetti gravissimi”. Perché non è mai stato detto nulla di simile a proposito di Israele?
Ho riletto uno scritto di Warschawsky (ebreo israeliano antisionista) del 2012 in cui spiega perché è legittimo definire Israele Stato fascista oltre che coloniale. Io ho sempre avvertito resistenza a farlo, mentre non ne ho mai avuta nel definirlo razzista. Warschawsky ora mi ha convinto perché non si deve far prevalere l’aspetto formale di democrazia parlamentare su quello sostanziale, che è il solo che conta.
Se allora è giusta questa definizione si pongono problemi al limite della schizofrenia: a destra come possono conciliare il loro antisemitismo con il loro filosionismo? E a sinistra come possono conciliare il loro asserito antifascismo con il filosionismo?
Quando l’ANPI si deciderà a rispettare l’art. 2 del suo Statuto che gli impone la solidarietà verso le lotte di liberazione e si schiererà a fianco del popolo palestinese, operando finalmente una cesura netta tra i crimini subiti dagli ebrei e i crimini posti in essere dalle bande terroristiche ebraiche prima e dallo Stato ebraico dopo?
Emanuele Fiano cerca di accreditare una immagine antifascista sua e del suo partito con una ennesima proposta di legge su un tema già molto legiferato ( legge Scelba del 1952 e legge Mancino del 1993). Il PD lo fa anche con operazioni “maquillage” come quella di Como in risposta alla irruzione degli skinhead nella sede di “Como senza frontiere”. L’antifascismo va praticato costantemente, non solo inserito in un disegno di legge o declamato ai microfoni.
Concludiamo. Israele è uno Stato che pratica colonialismo da insediamento, tendente alla espulsione dei nativi e di chi ebreo non è. E’ stato detto anche da voci ebraiche (Pegna, Peled) che è uno Stato a vocazione genocidiaria. Ma Israele è anche una entità politica, militare, economica, mediatica estremamente pervasiva. Da sempre si accredita come potenza europea nonostante la sua collocazione geografica: alla BIT (Borsa italiana turismo), all’Artigiano in fiera, nell’Europa League, ovunque, sino al recente ridicolo autoinvito di Netanyahu a un summit di ministri degli esteri europei.
E’ evidente il suo tentativo di esportare il suo modello di società, fortemente militarizzato (anche nelle menti) e razzista. In Palestina si espande territorialmente, nell’Europa ideologicamente. Dobbiamo respingere con forza il modello Israele, occorre una svolta netta nelle relazioni con questo Paese.
Siamo già un avamposto, cerchiamo di non diventare una colonia.
Ugo Giannangeli
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