sabato 4 maggio 2019

Il vero significato della pedofilia globale – di Roberto Dal Bosco ed Elisabetta Frezza

STATI UNITI D'EUROPA? NO, NAZIONI PEDOFILE UNITE. IL DISEGNO OCCULTO DEL MONDIALISMO


La pedofilia, ormai, è all’ordine del giorno nelle cronache secolari e non: anzi, è il mondo ecclesiale ad offrire sul tema ampia casistica, sintomo della dissoluzione più grande. Emerge una realtà diffusa in cui il tipo criminologico del pedofilo appare infiltrato nel tessuto sociale in modo capillare.
Nonostante la sua diffusione, lo spettatore però resta ancora sconvolto: ancora non è disposto, per grazia di Dio, a digerire una condotta che esprime il peggio della (dis)umana depravazione. Significa che Overton non fila via liscio come dovrebbe, perché l’elastico tende a rimbalzare verso la ripulsa del primo stadio, dove il fenomeno resiste come impensabile nel comune sentire. Il popolare, nonostante tutto, è lontano.
La finestra di Overton, si sa, è il modello di ingegneria sociale che dimostra per tabulas come qualsiasi tabù possa essere infranto e gradualmente liberato nella società, purché lo si incanali attraverso uno spettro di passaggi progressivi, che per il politologo Overton sono sei: impensabile, radicale, accettabile, sensato, diffuso, legalizzato.
Se per la pedofilia accade che la progressione overtoniana si inceppi e lo scandalo persista, è per la oggettiva difficoltà di guidare verso l’obiettivo segnato la macchina della propaganda nel campo minato delle pulsioni più belluine e delle reazioni più umane, dove il Male e il Bene si incrociano nella loro versione sommamente cruda, estrema, scarnificata.
Bisogna comprendere cosa muove sotto i fatti che escono sulla ribalta mediatica e che ci vengono rovesciati addosso un po’ intenzionalmente un po’ per errore del sistema di controllo.
Occorre distinguere, cioè, lo strato superficiale della pedofilia operativa, dallo strato più profondo della pedofilia programmata: due falde distinte, che rispondono a regole diverse e si muovono per tempi non sincronizzati. Sopra tutto, insiste un disegno ben definito, in via di rapida realizzazione, il cui significato va oltre la dimensione sociale, politica, giuridica, e impone una lettura metafisica.
Della grande rete pedofila globale – di suoi brandelli e di suoi attori, vittime e comprimari – parlano in molti, ma senza mostrare la maschera e il volto del mostro.
Ecco perché vogliamo provare qui a tracciare la morfologia di un fenomeno tanto raccapricciante quanto tentacolare, per svelarne la natura e gli intenti.
Vogliamo provare a cartografarlo, per offrire una specie di prima piccola mappa.
Andiamo con ordine.
Nazioni Pedofile Unite
Abbiamo letto, il mese scorso, che un ex consulente UNICEF attivista dei diritti dei bambini è stato condannato a più di sei anni di reclusione per aver abusato sessualmente di un dodicenne negli anni Sessanta.
Si tratta di Peter Newell, 77 anni.
Il suo contributo principale è il Manuale di attuazione dell’UNICEF per la Convenzione sui Diritti del Bambino che, tra le altre belle cose, esorta i genitori a non sculacciare i figli. Il sito web dell’Ufficio dell’Alta Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite in un post del 2013 identifica Newell come «il Coordinatore dell’Iniziativa Globale per porre fine a tutte le punizioni corporali dei bambini».
Ricordiamo che mentre promuove – chissà perchè.. – i «diritti dei bambini» alla libertà di coscienza, religiosa, di pensiero, a non subire interferenze nella propria vita privata (anche sessuale), l’elefantiaco apparato onusiano di cui Newell è parte lancia in giro per il mondo iniziative abortiste, beneficiando talvolta del supporto della Chiesa cattolica definitivamente convertita alla nuova religione universale dei diritti umani.
Nell’aprile 2017, l’Associated Press se ne esce con un’inchiesta dal Paese più povero e disgraziato del mondo: Haiti. Luogo, per inciso, noto per essere losca zona di traffico della Fondazione Clinton.
Pare che le forze di pace cingalesi avessero messo in piedi un traffico pedofilo di bambini nemmeno adolescenti pagati, per le loro prestazioni, in centesimi di dollaro o in biscotti.
«Non avevo nemmeno il seno», dice una ragazzina, conosciuta come V01 (che sta per Vittima n.1) che nei tre anni dai 12 ai 15 anni ha fatto sesso con quasi 50 forze di pace, tra cui un «Comandante» che le ha dato in cambio 75 centesimi.
Ma si tratta solo della punta dell’iceberg.
In 12 anni (tra il 2004 e il 2016), secondo l’inchiesta, sarebbero state quasi 2.000 le accuse di abusi sessuali e sfruttamento da parte dei peacekeepers e altro personale delle Nazioni Unite, in tutto il mondo. Solo ad Haiti 150.
«Più di 300 delle accuse riguardavano i bambini – sostiene l’AP – tuttavia solo una frazione dei presunti colpevoli ha scontato il carcere».
Il pedofilo ONU, insomma, la fa quasi sempre franca.
Sempre lo scorso mese, pochi giorni prima del caso Newell, un’altra piccola bomba scoppia sul tabloid britannico Sun.
Andrew MacLeod, ex capo delle operazioni del Centro di Coordinamento delle emergenze delle Nazioni Unite, nell’intervista dichiara che gli operatori delle Nazioni Unite negli ultimi dieci anni hanno violentato 60.000 persone, abusando della propria posizione verso le persone vulnerabili che in teoria avrebbero dovuto proteggere.
McLeod sostiene altresì che 3.300 pedofili lavorano per le agenzie delle Nazioni Unite.

«I reati di stupro minorile vengono inavvertitamente finanziati in parte dai contribuenti del Regno Unito», dice l’ex alto funzionario ONU al quotidiano britannico.
E dai contribuenti dello Stato italiano, aggiungiamo noi.
«Ci sono decine di migliaia di operatori umanitari in tutto il mondo con tendenze pedofile, ma se indossi una maglietta dell’UNICEF nessuno ti chiederà cosa stai facendo», continua.
«Hai l’impunità di fare tutto ciò che vuoi».

Questo problema è «endemico nel settore degli aiuti di tutto il mondo».
Ne esce un’immagine dell’ONU non proprio edificante: un covo di pedofili incalliti, che approfittano del loro proprio lavoro per consumare la più sporca perversione nelle disperazioni del Terzo Mondo.
Pare di leggere Bersagli Mobili, un vecchio libro pressoché introvabile di tale Marc Saudade, pseudonimo di Furio Colombo, giornalista di origine ebraica e fiduciario degli Agnelli negli USA, eterno figurante in RAI, all’Unità, sul Fatto Quotidiano, sul New York Times, nel Parlamento PDS, alla presidenza nazionale di «Sinistra per Israele», a fianco di Joan Baez, Pasolini, Pannella e varia umanità.
Jet-setter, goscista, intellettuale, esemplare pressoché perfetto di radical chic. Un piccolo funzionario dell’élite transnazionale.
Una quarantina di anni fa, quando stava a New York e curava le pubbliche relazioni di FIAT negli USA, Marc Saudade pubblicò tre romanzetti pornografici per i tipi di Mondadori, «con sesso, sadismo e un pizzico di pedofilia», come scrive un vecchio articolo de Il Giornale.
«Il più noto, Bersagli mobili, parlava di funzionari ONU coinvolti in traffici di bambini laotiani e cambogiani. C’erano frasi tipo: «Da queste parti, una bambina pelle e ossa è considerata un’ottima merce». Libri che potevano passare per denuncia, ma in cui prevaleva un losco erotismo. Cosa spingesse Saudade a scriverli è ignoto. Forse sublimava in letteratura una certa primordialità, a volte latente anche negli uomini più raffinati».
Il libro, ribadiamo, ha quasi quarant’anni. Parla di cose di oggi.
Pedofili all’ONU per soddisfare i loro mostruosi appetiti? Con la tacita approvazione dell’élite internazionale?
In realtà, è più complesso di così.

Hollywood e dintorni: la pedofilia overtonizzata
In verità, la marcia della pedofilia mondiale parrebbe aver subìto una battuta di arresto.
Sulla scorta dello scandalo Weinstein – il produttore punito per aver fatto quello per cui uno vuole fare il produttore – è emersa, sia pure in maniera goffa, la coda squamosa del mostro pedofilo globale.
Nella rete di questa improvvisa vampata di neopuritanismo (a Hollywood Babylonia!), finisce  anche Kevin Spacey, denunciato per essersi approfittato di aspiranti attori quattordicenni.
Il celeberrimo divo cerca di difendersi, annuncia al mondo di essere gay. Emergono dettagli del traumatico rapporto con il padre. La reazione del pubblico è di rigetto totale, forse anche perché la pazzesca dichiarazione punta verso il tabù dei tabù LGBT: la correlazione tra omosessualità e pedofilia.
Hollywood e il suo pubblico – cioè il mondo intero – parrebbero aborrire la pedofilia.
Sarà vero?
Lo scandalo della pedofilia ad Hollywood è sempre lì lì per detonare.
Vi sono diversi punti caldi: il regista Snyder (X-MenSuperman) e le sue orge drogate con ossuti minorenni; il caso di Corey Feldman (il bambino dei Goonies) che accusa tutti ma – a parte il defunto Michael Jackson e qualche Carneade –  fa pochi nomi; il manager di boy band (tra cui quella di Justin Timberlake) Lou Pearlman, ora morto anche lui.
E poi, candidato a diversi Oscar quest’anno, un film italiano del furbo regista-socialite Luca Guadagnino, Chiamami con il tuo nome. Trama: uomo maturo (Armie Hammer, nipote dell’oscuro miliardario che faceva da tramite tra Washington e l’URSS) seduce un minorenne, e viceversa.
Ma nonostante gli sforzi, la pubblica reazione di disgusto verso la pedofilia persiste ed è innegabile.
Spacey, capro sacrificale, è ufficialmente bandito dal regno dell’audiovisivo.
Cosa è successo?
Semplice: la Finestra di Overton, per la pedofilia, non è ancora completa, si inceppa in fase di apertura.
Prima che qualcosa sia legalizzato, bisogna che divenga popolare, e prima ancora sensato, e prima ancora accettabile.
Le fasi precedenti – impensabile radicale – sono già superate: basti pensare alla presenza di gruppi organizzati – come il famoso partito olandese – che predicano apertamente la pratica pedofila, o alla indimenticata conferenza scientifica all’Università di Cambridge (2014) che stabilì che «l’interesse pedofilo è naturale e normale per il maschio umano».
Sulle tappe dell’accettabile e del sensato hanno lavorato di fino i giornali, con le incredibili difese d’ufficio e confessioni di pedofili «innocenti» comparse sul New York Times («Pedofilia, un disordine non un crimine») e sull’Huffington Post («Sono un pedofilo, ma non un mostro»).
Tuttavia il momento dello sfondamento verso il popolare, nonostante tutto, nonostante gli Oscar, non è ancora arrivato.
Quindi, si può dire che c’è un problema di fretta?
Che vogliono non solo sdoganare, ma legalizzare in toto la pedofilia prima ancora che la proposta appaia ricevibile dalla gente comune?
Le prove documentali di questo push legislativo – all’ONU, alla UE, all’OMS – in verità abbondano.

Leggi pedofile in tutto il mondo
 In sostanza, c’è un doppio livello: i cooperanti e gli onusiani – dicono le cronache sopra riportate – vivono una pedofilia già operativa nella predazione sessuale del Terzo Mondo, dove i bambini sono tanti e sono a buon mercato.
Si tratta della parte più superficiale della rete pedofila, quella degli utilizzatori finali che consumano e che lavorano all’ONU e nelle ONG, così come i loro omologhi di basso livello fanno i bidelli o gli allenatore dei pulcini.
Vi è però un cerchio più profondo, quello che del progetto globale costituisce la matrice legislativa: qui operano gli architetti della fine del penultimo tabù, ovvero coloro che scrivono i documenti utili a incrementare, liberalizzare, depenalizzare i rapporti sessuali con i minori.
Costoro stanno lavorando alacremente da decenni, al di fuori dai radar della gente comune e al riparo dei paraventi umanitari, per preparare il terreno favorevole alla libera pratica pan-sessualista (e quindi anche pedofila), da promuovere pedagogicamente a grandi e piccini in versione paludata e sterilizzata, come cosa bella, buona e giusta nel mondo nuovo dei liberi&uguali.
Sono la mens di questa manovra diabolica di programmatico stupro dell’innocenza.
Hanno puntato, frigido pacatoque animo, sul lungo periodo e messo, uno a uno, i mattoncini di una struttura normativa destinata a produrre compiutamente i suoi frutti quando la dissoluzione fosse abbastanza compiuta.
Oggi che i germi libertari si sono propagati a dovere nel corpo sociale tutto, e hanno aggredito anche i luoghi del sacro, tanta produzione legislativa o para-legislativa affastellata negli anni può ben essere decifrata secondo il suo vero significato, strumentale e scellerato.
È a partire dal secondo dopoguerra che gli organismi sovranazionali attivi sul fronte del controllo delle nascite – Planned Parenthood, SIECUS, OMS e satelliti vari gravitanti nell’orbita ONU – si prodigano per «educare obbligatoriamente i bambini alla sessualità», sin dalla più tenera età. Allo scopo, dichiarato, di sradicare dalle giovani menti ogni principio morale assorbito, soprattutto, in famiglia.
La funzione della cosiddetta «educazione alla sessualità» (ora arricchita dell’additivo rassicurante della «affettività» per renderla digeribile anche ai più sospettosi) è quella di disinibire i piccoli inducendoli ad abbattere la soglia del pudore, sì che vincano ogni resistenza morale ed educativa e si predispongano ad elaborare positivamente ogni istinto, e quindi ad assecondarlo: il sesso deve essere presentato loro come unico vero orizzonte, totalizzante, e ogni comportamento e/o tendenza sessuale come ugualmente buono.
I protocolli di educazione sessuale «globale» – secondo la dicitura in voga nei documenti internazionali (vedi ad esempio Risoluzione Rodrigues del settembre 2015) – diramati dall’OMS (Standards europei per l’educazione sessuale, 2010) o recentissimamente dall’UNESCO (Guida tecnica per l’educazione sessuale, 2018), declassano la famiglia a «fonte informale» di educazione, per definizione inattendibile; erigono la scuola, debitamente riformata, a «fonte formale» di insegnamenti scientifici, neutrali, veritativi, somministrati per il tramite di «esperti» certificati.
Per altro verso, e in parallelo, la martellante campagna planetaria di promozione dei Children’s Rights chiude il cerchio, consolidando nel ben-pensiero collettivo la bontà dell’idea della emancipazione del fanciullo, sul presupposto della sua capacità di autodeterminarsi.
Anche qui, l’etichetta attraente quanto capziosa dei “diritti dei bambini”, che evoca l’idea nobile e benemerita della protezione dell’infanzia indifesa sotto l’usbergo dell’Istituzione, ha giocato un ruolo determinante per l’affermarsi, nel palcoscenico politico e mediatico, di un sistema di pensiero per cui tutto quanto il bambino fa liberamente, assecondando i propri desideri, è per lui buono – fosse anche il rapporto sessuale con adulti di vario numero e genere – se e in quanto sia fondato sul suo «consenso»: il fanciullo tutelato dalle Carte ONU è infatti il fanciullo autodeterminato, titolato dall’autorità a perseguire in autonomia il proprio “interesse” soggettivo.
Guarda caso il movimento per i diritti del bambino, nato in ambiente femminista radicale (abortista, divorzista, genderista), ha trovato una delle sue più ferventi paladine in Hillary Clinton, che arrivò a sostenere profeticamente nel suo libro Children’s Rights: Contemporary Perspectives (1979) che «Le decisioni riguardo alla maternità e all’aborto, alla scuola, alla chirurgia estetica, ai trattamenti di malattie veneree, di lavoro o altro, la scelta o la mancanza di queste, che segneranno significativamente il futuro del bambino, non dovrebbero essere prese unilateralmente dai genitori».
Esattamente ciò che si sta verificando oggi: di fronte a determinati «interessi» del minore considerati prevalenti – ad esempio quello ad avviare terapie ormonali in vista della c.d. riassegnazione di sesso – le prerogative dei genitori in campo educativo si dissolvono, al punto che una loro eventuale reazione o opposizione alle scelte del figlio debba essere segnalata ai servizi sociali.
In Canada, vincitore del trofeo di paese tra i più child-friendly del pianeta, succede esattamente così.
Lo slittamento della pederastia verso la piena normalizzazione deve quindi compiersi, agghiacciante paradosso, nel nome dei «diritti dei bambini», in esecuzione del disegno criminoso che sfrutta il supposto «consenso» del minore quale elemento legittimante ogni genere di rapporto con l’adulto depravato.
Con queste premesse, si può comprendere appieno la micidiale portata eversiva di norme di indirizzo quale quelle contenute nella Risoluzione del Comitato dei Ministri dell’Unione Europea 5/2010 – fonte ispiratrice determinante della produzione legislativa e amministrativa interna in tema di «discriminazione» – che esortano gli Stati membri ad abrogare le disposizioni penali «che stabiliscano una distinzione tra l’età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali».
Norma che, in un colpo solo, mentre contiene un invito esplicito alla legalizzazione della pedofilia, certifica la smaccata contiguità tra omosessualismo e pederastia nell’orizzonte «culturale» dell’UE.

Distruzione della Famiglia
Non è difficile scorgere come il vero significato profondo del progetto pedofilo globale sia la distruzione definitiva del concetto di famiglia, ultima isola di libertà e di autonomia morale fondata sul legame di sangue tra i suoi componenti.
Laddove cada il tabù del sesso con i minori, cade anche il tabù dell’incesto.
Si passa così dal penultimo all’ultimo tabù: quello su cui si regge, praticamente, ogni comunità umana.
La rivoluzione sessuale si arricchisce, all’ultimo stadio, dello sfondamento della barriera edipica, katechon della liberazione sessuale totale.
Memento Shulemith Firestone, corifea del femminismo radicale lesbico, morta suicida, che già una cinquantina di anni fa, nel suo Dialectics of Sex scriveva del «ritorno ad una incontrastata pansessualità, il “perverso-polimorfo” di Freud, [che] probabilmente sostituirà l’etero/omo/bisessualità».
Prevedeva la conseguente abolizione della famiglia e l’istituzione di una vera società socialista, per la cui istituzione serve «una conquista del controllo della riproduzione (…), una conquista del controllo sulla fertilità umana» finché «la tirannia della famiglia biologica sarà distrutta».
Il pansessualismo apre alla riproduzione zootecnica dell’uomo. E la riproduzione zootecnica dell’uomo –  lo vediamo proprio ora con la fecondazione in vitro inserita nei LEA e pagata dal contribuente – apre la strada all’incesto genetico: è molto facile che fratelli genetici (persone che hanno per padre un unico donatore seriale) si possano incontrare ed accoppiare, più o meno coscienti del legame biologico che li unisce.
Ma al di là della biotecnologia e della fabbricazione in laboratorio di esseri umani, un’anteprima di questo mondo di sessualità sfrenata e di incesto sistemico ce lo ha presentato il Forteto, la cooperativa «catto-comunista» della Toscana di Don Milani dove i bambini erano costretti a intrattenere rapporti sessuali con i genitori affidatari dello stesso sesso, mentre gli apparati dello Stato – la magistratura, i partiti, i servizi sociali – per decenni fornivano carne fresca a questo laboratorio satanico di ingegneria sociale.

La catto-pedofila
Non ci sono difese dinanzi al montare del piano pedofilo globale.
Come ormai arcinoto dopo una ventina di anni di scandali conclamati (senza contare il sommerso), la pedofilia – e non solo nella variante efebofila tipica di certi appetiti omosessuali – è incistata negli stessi apparati ecclesiali, ove alberga non occasionalmente ma in pianta stabile.
Torniamo qui al punto di partenza: se i pedofili di primo livello (quelli «operativi») amano nascondersi nelle società di cooperazione internazionale, si capisce come la Chiesa con le sue strutture (parrocchie, seminari, scuole, missioni) offra in tal senso enormi possibilità di consumo agevolato, essendosi totalmente trasformata in quella che Bergoglio negava essa fosse: «una ONG pietosa».
E tuttavia la stessa chiesa comprende anche una organizzazione di secondo livello, di tipo programmatico, impegnata a overtonizzare la pedofilia.
Così come l’ONU, la UE e l’OMS, anche la Chiesa ha dimostrato di avere in agenda la normalizzazione della pedofilia.
Basti considerare il recente, eclatante caso Don Milani.
Nume tutelare della sinistra pretesca e dell’educazione sessantottina votata all’ignoranza egualitaria, il curato di Barbiana viene dipinto apertis verbis, in un libro edito da Rizzoli, come pedofilo.
Il clamore è tale che la cosa finisce nella prima pagina dei maggiori giornali nazionali: mentre tutti i soloni interpellati smentiscono l’audace illazione, dai carteggi di Milani emergono dichiarazioni dirimenti, del tipo: «E chi potrà amare i ragazzi fino all’osso senza finire di metterglielo anche in culo, se non un maestro che insieme a loro ami anche Dio e tema l’Inferno?».
Lo scandalo, incredibilmente, non fa desistere nessuno dalle celebrazioni.
L’Opera Omnia di Don Milani, curata dal catto-progressista Melloni per I Meridiani Mondadori, esce in pompa magna alla fiera del libro, accompagnata dal Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli in carne ed ossa e da Bergoglio in videomessaggio. Don Milani, dice l’argentino, era «innamorato della Chiesa, anche se ferito».
Quella ferita, par di capire, è compatibile con la vita ecclesiastica, così come da dottrina Ricca: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Ricordiamolo per l’ennesima volta: la frase è stata pronunziata in aereo di ritorno dal Brasile in risposta a una precisa domanda della giornalista Ilze Scamparini sullo scandalo del «prelato della Lobby Gay» Battista Ricca; in pratica, la giustificazione papale della mafia sodomita vaticana.
Poche settimane dopo la presentazione del Meridiano Mondadori, è lo stesso Bergoglio che, apparentemente incurante del cortocircuito di senso ingenerato con la decantata «lotta alla pedofilia» condotta dal suo papato materiale, si reca in pellegrinaggio devozionale sulla tomba di Don Milani: «l’esempio di Don Milani possa guidarmi».
Don Milani, nel frattempo, è celebrato nelle scuole di ogni ordine e grado, e in chiese, oratori, accademie, quale eroe nazionale della pedagogia illuminata. Un eroe bifronte: educatore modello e sacerdote “ferito”.
Difficile pensare che un’operazione così eclatante e poderosa da coinvolgere in simultanea tutto l’apparato mediatico che conta, non sia strategicamente teleguidata: che non si tratti, cioè, visto lo straordinario spiegamento di forze, di un caso apparecchiato ad hoc per intraprendere un processo di de-radicalizzazione della pedofilia persino all’interno della chiesa.
Lo stesso Bergoglio, del resto, non è estraneo a vicende non del tutto limpide. Quella della Casita de Dios, per esempio, con diecine di bambini sordomuti abusati per anni nell’Argentina di cui fu primate.
O, ultimamente, la goffa copertura (con tanto di menzogna papale!) di Barros-Karadima, e della rete catto-pedofila cilena.
Sorge spontaneo il confronto tra queste ultime esibizioni e il trattamento draconiano riservato contemporaneamente al cardinale Pell.
Forse potremmo chiedere lumi a Mary Collins, alto membro della Commissione vaticana sugli abusi, dimessasi anzitempo per le «resistenze» incontrate nel suo lavoro.
Insomma, vien da dire che a questo punto, se così è, non si tratta più di capire che esista una lobby pedofila nella chiesa, fatto notorio e  incontrovertibile; si tratta di capire che essa comanda.
La Chiesa fa parte a tutti gli effetti della rete della pederastia internazionale.
Di più ancora: essa è coinvolta nel cambio di paradigma planetario che porta la pedofilia sulla via della normalizzazione.

Il significato ultimo della pedofilia globale
Il significato ultimo della pedofilia globale non è, abbiamo visto, la soddisfazione degli appetiti perversi di quanti meriterebbero solo cure drastiche e galera.
Non è nemmeno (solo) quello di approntare la legislazione necessaria alla trasformazione dei fanciulli in oggetti sessuali.
Più in profondità, è quello di avanzare l’umanità verso il pansessualismo più sfrenato, il quale può reggersi solo con la riproduzione artificiale.
Riassumendo: il sesso pedofilo, come quello omosessuale da cui deriva, è per lo più sterile.
Una società in cui la sessualità è distaccata dalla riproduzione al punto da divenire pura indicibile perversione è una società che può popolarsi (poco) solo tramite la riprogenetica: fecondazione in vitro, imminente eugenetica a mezzo CRISPR, uteri surrogati o – a brevissimo – artificiali.
Tutte tecniche già considerate, e celebrate, dalla comunità omosessuale.
«Gratta l’omosessuale e trovi la provetta (e l’utero in affitto)» continua in: «gratta il pedofilo e trovi la provetta e (l’utero artificiale)».
Ma vi è forse un significato ancora più profondo, ed è l’ultimo livello possibile.
Nella pedofilia, e nell’incesto che ne è diretta conseguenza, si realizza l’umiliazione definitiva della Sacra Famiglia, cioè il luogo nel quale Dio ha deciso di venire al mondo.
La pedofilia non è solo una violenza al bambino, è un attacco diretto al Bambino. All’immagine e alla carne innocente del Figlio di Dio.
Un attacco alla stessa struttura della Santissima Trinità, perché il padre divora il figlio.
Simbolicamente, e non solo simbolicamente, è calpestato così l’inizio della storia della salvezza dell’Uomo.
L’uomo nuovo, incapace di scorgere la scintilla divina e la strada del Bene, è lanciato a tutta velocità verso la propria autodistruzione.
E convinto di essere dio, invertendo l’ordine del Creato, costruisce l’inferno sulla terra.
Ecco il vero satanico significato di questa rete tentacolare, subdola e beffarda, stesa sul pianeta a ghermire l’innocenza.

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