giovedì 14 febbraio 2019

Il fronte anti-Italia si dissolve. Macron e Merkel perdono la Spagna


Con la prossima fine del governo di Pedro Sanchez, il fronte anti-Italia potrebbe perdere un pezzo importante. La Spagna, insieme a Francia e Germania, rappresenta il blocco progressista che si è opposto in questi mesi al governo di Giuseppe Conte. La terza gamba dell’asse franco-tedesco che ha provato a sfruttare l’isolamento di Roma rispetto a Berlino e Parigi per aumentare le proprie credenziali nei confronti delle due capitali dell’Unione europea-

Sanchez, insieme a Angela Merkel ed Emmanuel Macron, sperava di poter raggiungere un obiettivo difficile, anche se non impossibile, cioè escludere l’Italia dal grande gioco dell’Europa grazie allo scontro su alcuni punti chiave fra Conte e l’Ue. A cominciare dal tema migranti, in cui il governo spagnolo ha provato a formare un blocco comune con quello tedesco e francese (sponsorizzato da Bruxelles) per costringere l’Italia a rivedere i piani sulla chiusura dei porti e sulla volontà di modificare le regole di sbarco e di distribuzione.

Il governo spagnolo, formato da una coalizione composta da Partito socialista, Podemos e altre sigle indipendentiste e della sinistra radicale, ha tentato di compattare questo fronte progressista per ergersi a terza potenza europea dopo Francia e Germania. Sfruttando l’isolamento dell’Europa nei confronti dell’esecutivo italiano, colpevole di aver lanciato la sfida alle regole imposte dall’Ue, Madrid ha provato a prendere il posto di Roma. Ma ha commesso un grave errore di valutazione: il governo era troppo fragile per assumere un ruolo anche solo di sostegno. Mentre Macron e Merkel hanno provato a acquistare una “stampella” che si è dimostrato da subito fin troppo debole per sorreggere il peso di un asse che prova a ricostruire l’Europa a sua immagine e somiglianza.

La debolezza del governo di Spagna si è palesata con il voto del parlamento sulla legge di bilancio. La maggioranza non esiste più. E adesso si aspetterà il consiglio dei ministri di venerdì prossimo per capire fin dove è disposto ad andare avanti il governo del Psoe. Con una certezza ormai chiara: la Spagna non è più rappresentata dall’attuale governo. E l’hanno dimostrato le manifestazioni di piazza ma anche le elezioni in Andalusia, in cui il Psoe ha perso il suo feudo a discapito di un blocco composto da Popolari, Ciudadanos e dai sovranisti di Vox.


Se l’Andalusia, storicamente “rossa”, ha cambiato così radicalmente volto, tutto fa presagire che anche il resto di Spagna si stia spostando a destra. E gli ultimi sondaggi danno un quadro abbastanza netto: un eventuale blocco composto da Ciudadanos, Popolari e Vox potrebbe arrivare al 50% dei consensi. Come riporta El Pais, il Psoe sarebbe comunque sempre la prima forza, con il 24% dei voti, seguito da Pp (21%), Ciudadanos (18%), Unidos-Podemos (15%) e Vox (11%). Naturalmente tutto è passibile di cambiamenti, ma è del tutto evidente che sarà difficile (se non impossibile) ricostruire una maggioranza fatta di partiti di sinistra.

La questione per l’asse franco-tedesco è particolarmente complessa. Da un lato, la Spagna non è mai stata naturalmente in grado di rappresentare una forza decisiva in Europa. Dall’altro lato, poteva essere quel terzo elemento utile a dare un sostegno all’alleanza per isolare ancora di più l’Italia sui temi che le sono più cari e soprattutto nel Mediterraneo.

Adesso, con il prossimo crollo del governo di sinistra, è del tutto evidente che Madrid non potrà più rappresentare quel partner utile alla causa. Se vince, come probabile, la destra, quello che sicuramente cambierà è l’approccio alle regole europee su alcuni temi essenziali, in primis sul fronte dell’immigrazione.

Fondamentale in questo senso non solo lo spostamento del Partido Popular a destra con la scelto di Pablo Casado come leader, ma anche la possibile convergenza di Voz nel blocco di governo. La domanda è cosa potrebbe fare Ciudadanos, che è un partito di centro che contrasta fortemente le derive secessioniste ma non guarda con estremo favore alla possibilità di un accordo con i sovranisti. Ma il laboratorio andaluso è stato chiaro: il compromesso è possibile.





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