La scorsa estate si è tenuto il primo incontro fra i presidenti, Trump e Putin per definire i nuovi rapporti fra le due superpotenze per il superamento della nuova “guerra fredda”. Ma, a quanto pare, qualcosa dopo un anno deve essere andato storto. In realtà, ciò che è emerso da quel meeting è la conferma di un presidente Usa tenuto in ostaggio da più settori interni del “Deep State” che per districarsi da questa incomoda situazione si è venduto alla lobby più potente che esiste negli Stati Uniti, quella sionista/evangelica.
Questo spiega molte delle sue mosse "tattiche", come il riconoscimento di Gerusalemme capitale ed l’uscita unilaterale dal trattato sul nucleare con l’Iran. In particolare sembra evidente che “The Donald” ha consegnato la sua politica estera per il Medio Oriente interamente al genero Jared Kushner e si è del tutto piegato agli interessi prioritari di Israele e della cricca di Netanyahu. I rapporti con la Russia possono anche distendersi a condizione che la Russia abbandoni l’Iran e si avvicini ad Israele. A queste condizioni gli USA sono disponibili a lasciare campo libero a Mosca per l’Ucraina, mettendo in riga il Governo di Kiev e fare concessioni sulla Siria.
In cambio Trump, con tutta probabilità, ha chiesto a Putin di lasciare campo libero agli USA ed a Israele di muovere una guerra contro l’Iran, guerra che sarà in un primo tempo ibrida, con un tentativo di destabilizzazione interna e poi, se necessario, con una attacco militare diretto di tipo aeronavale missilistico.
Putin non è stupido e sa bene che la Russia si gioca la sua credibilità come alleato dell’Iran e dell’Asse della Resistenza (Iran-Siria-Hezbollah) e la posizione strategica di Mosca sarebbe compromessa se dovesse essere colpito l’Iran che in questo momento è il suo alleato strategico, assieme alla Cina, nella contrapposizione al Nuovo Ordine egemonico ricercato da Washington.
La strategia USA è quella di affrontare i nemici uno per volta: prima l’Iran, poi sarà la volta della Russia ed infine della Cina. Fondamentale per la riuscita di questa tecnica è isolare ciascuno dei rivali, indebolendolo con sanzioni e guerra ibrida, prima di colpirlo.
A proposito di "guerra ibrida", un'invenzione tutta americana
Una delle più antiche e influenti università americane, la Georgetown University, ha introdotto un corso di studio chiamato "guerra ibrida russa".
Dalla descrizione si deduce che gli studenti analizzeranno le storie dei "troll e dei bot russi", delle "operazioni di informazione" del Cremlino, delle "ingerenze" nelle elezioni americane e "dell'annessione della Crimea".
È stato riferito che le lezioni riguarderanno "la dottrina e l'ideologia russa". Gli studenti discuteranno gli "esempi" e "perché una tale sfida ora si pone agli Stati Uniti e ai loro alleati".
Dopo le elezioni presidenziali del 2016, gli Stati Uniti hanno iniziato attivamente a parlare della presunta "interferenza russa", che è indagata dal procuratore speciale Robert Mueller. Donald Trump ha ripetutamente definito questo argomento una "caccia alle streghe". Secondo il capo dello stato, i democratici hanno speculato attivamente su questo argomento per giustificare la sconfitta della loro candidata Hillary Clinton. Le autorità russe hanno anche ripetutamente negato l'interferenza nel processo elettorale statunitense. Allo stesso tempo, Mosca ha sottolineato che gli Stati Uniti hanno interferito ripetutamente negli affari interni di paesi terzi. E, obiettivamente parlando per esperienza diretta, chi in Italia, in Europa, in Medio Oriente si sentirebbe di attribuire la paternità della "guerra ibrida" a Mosca?
C.P.
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