La rocambolesca e affascinante storia della Cattedra di Pietro che la tradizione identitifica con quella utilizzata dal successore di Cristo. E le parole che utilizzò per essa San Paolo VI per incentivare il "culto amoroso, fiducioso e filiale al magistero ecclesiastico stabilito da Cristo; e sia a noi propizio l’Apostolo, che primo ne ebbe il mandato".
Cattedra di San Pietro, Roma – Basilica di San Pietro
Dice il Signore a Simon Pietro: «Io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede, e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli». Lc 22,32
Dicesi cattedrale la chiesa in cui un Vescovo risiede e da cui guida le anime a lui affidate. Da questa terminologia si evince la profonda considerazione che le comunità di ogni tempo hanno riservato al seggio episcopale. La Cattedra per eccellenza non può essere, allora, che quella di San Pietro, custodita nell’omonima basilica romana, a perenne memoria della podestà pastorale e magistrale del successore di Cristo che per primo l’aveva occupata.
Il trono ligneo che la tradizione identifica con il seggio utilizzato da San Pietro, arrivò a Roma nel IX secolo: nell’875, infatti, re Carlo il Calvo, sceso d’Oltralpe per farsi incoronare imperatore, ne fece dono a Papa Giovanni VIII, insieme ad altri preziosissimi regali. Per secoli lo splendido manufatto, continuamente spostato all’interno della basilica petrina, fu venerato come reliquia e portato in solenne processione durante la ricorrenza liturgica del 22 febbraio. E così avvenne fino al 18 gennaio del 1666 quando, per volere di Alessandro VII, fu definitivamente spostato nell’abside, inglobato nella monumentale composizione barocca firmata da Gian Lorenzo Bernini.
La cattedra antica è da sempre al centro di un dibattito
tra studiosi per quanto concerne la sua datazione e, quindi, la sua vera origine. Il legno di rovere che la compone è impreziosito, sotto la seduta, da un pannello in avorio con diciotto riquadri su cui sono intagliate le dodici fatiche di Ercole e figure mostruose. Se alcuni ritengono si tratti di un’opera di età carolingia, altri pensano che sia, in realtà, molto più antica. I fiori di loto e l’iconografia delle scene mostrerebbero affinità con le monete imperiali coniate ad Alessandria d’Egitto ai tempi di Costantino. Che sia dunque, questa, la spalliera del trono dell’imperatore donata a Papa Milziade nel 313? Se così fosse, essa sarebbe stata, poi, staccata e applicata al trono portato a Roma da Carlo il Calvo.
Quel che è certo e documentato è l’intervento di Bernini, chiamato in causa tra il 1656 e il 1665. La grande cattedra di bronzo, che nell’invenzione dell’artista sembra librarsi nell’aria, è sostenuta dai padri della Chiesa, quattro grandi simulacri che rappresentano due maestri latini, Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, e due orientali, San Giovanni Crisostomo e Sant’Atanasio, come a dire che la Chiesa poggia su un’unica fede.
Esattamente alle sue spalle si trova la finestra absidale di alabastro, perché la Chiesa si apre al mondo grazie alla luce che è dono dello Spirito Santo, qui presente in forma di sfolgorante colomba. Un tripudio di angeli accerchia il trono su cui scende un drappo con la rappresentazione della “traditio clavum”, ovvero la consegna delle chiavi da parte di Cristo a Pietro, che coincide con il conferimento del primato papale.
Dal III secolo la festa della Cattedra di San Pietro ricorre e si celebra il 22 febbraio. Con le seguenti parole papa Paolo VI concluse, in quel giorno del 1976, l’udienza generale: “Voglia il Signore conservare ed accrescere, per i bisogni del nostro tempo, questo culto amoroso, fiducioso e filiale al magistero ecclesiastico stabilito da Cristo; e sia a noi propizio l’Apostolo, che primo ne ebbe il mandato”.
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