Alla conquista dei denari degli italiani, nonostante una congiuntura economica a dir poco asfittica, c’è la fila. E i motivi sono essenzialmente due: il primo è dovuto al fatto che la quota di risparmio privato continua a essere molto appetibile. In base agli ultimi dati di Bankitalia, infatti, nel 2016 la ricchezza finanziaria è salita del 2,2% superando quota 4 mila miliardi di euro (4.117 miliardi) grazie alla rivalutazione delle attività in portafoglio (azioni, bond, fondi e polizze) che hanno beneficiato dell’andamento positivo dei mercati. Il secondo motivo è legato al fatto che nel Paese è in atto una riorganizzazione del sistema bancario e, di conseguenza, dell’attività di private banking, terreno di caccia privilegiato dai grossi asset manager stranieri che nelle nuove strutture ad hoc trovano gli interlocutori più adatti. Nel corso degli anni, i grandi nomi dei fondi di investimento sono arrivati in massa. E l’elenco è lungo. Presenti in Italia ci sono Blackrock, Fidelity International, Franklin Templeton, Invesco, Jp Morgan am, Morgan Stanley, M&G Investments, State Street Global Advisors, Société Générale, Credit Suisse, Allianz, Amundi Group, Axa, Natixis, Pimco, Gruppo Bnp Paribas, Gruppo Deutsche Bank, Pictet asset management, Ubs asset management, Candriam, Bny Mellon, Aviva investors, NN investment Partners, Aberdeen asset management, T.Rowe Price, Columbia Threadneedle Investments. Un esercito di operatori stranieri del risparmio gestito e del wealth management che sono alla conquista di importanti fette del risparmio italiano. Senza considerare che i due terzi dei fondi venduti in Italia sono domiciliati in Lussemburgo o in Irlanda. Asimmetrie legislative, regolamentari e fiscali hanno infatti reso molto più oneroso operare in Italia rispetto ad altri paesi europei. E, per completare il panorama, ci sono anche grandi gruppi dell’investment banking americano che puntano alle pmi italiane. Che, di questi tempi, trattano a sconto.
Donald Trump accoglie il ceo di Wal-Mart Doug McMillon (a sinistra) e il ceo di Blackrock Larry Fink alla casa Bianca. Chip Somodevilla/Getty Images
Obiettivo Italia. Punta a rafforzarsi sul mercato domestico Robeco, gestore patrimoniale internazionale che offre una vasta gamma di investimenti attivi, dalle azioni alle obbligazioni. Il colosso olandese, che ha masse per 137 miliardi di euro ed è presente a Rotterdam, Zurigo, Boston, Mumbai e Hong Kong, ora è sbarcato anche a Milano in via Monte di Pietà 21. La ricerca è al centro del suo approccio agli investimenti e così è stato fin dalla sua fondazione a Rotterdam nel 1929. La società, attiva già da qualche anno sul segmento della clientela istituzionale italiana tra cui assicurazioni, fondi di fondi e banche, ha deciso di avere una presenza fisica con un ufficio che conta su tre professionisti tra cui Fabio Pioppini e Marcello Matranga come country head Italia e punterà anche sulla clientela retail attraverso accordi di distribuzione.
Torre Isozaki, la nuova sede di Allianz Italia. Dino Fracchia / AGF
In Italia anche Lombard Odier, banca privata fondata nel 1789 che a livello globale gestisce un patrimonio di 206 miliardi di franchi svizzeri, ha inaugurato la struttura italiana di private banking, guidata da Massimiliano Sorbi. «L’obiettivo è costituire una squadra snella, che a regime conterà otto senior banker a Milano e sette specialisti in tema di wealth management. A questi si aggiungeranno quattro o cinque professionisti con contratto di agenzia, dedicati a presidiare alcune aree importanti del paese», ha detto Sorbi, entrato in Lombard Odier nel 2010 per dirigere la succursale di Lugano, prima di diventare direttore della branch italiana. Il target di clientela si colloca nella forbice tra i due e i cinque milioni di euro e l’interesse va soprattutto alle imprese. «Sosteniamo gli imprenditori italiani e le loro famiglie da molto tempo. Rimaniamo sempre colpiti dallo spirito imprenditoriale italiano e dalla qualità delle sue aziende manifatturiere», ha precisato Frederic Rochat, managing partner di Lombard Odier Group.
Henri de Castries, storico chairman di Axa, al fianco del suo successore (a sinistra) Denis Duverne e al ceo Thomas Buberl. ERIC PIERMONT/AFP/Getty Images
E la lista continua. A metà giugno 2016, con l’arrivo di Andrea Boggio (ex responsabile del wholesales di Nordea) si è dato avvio alla branch italiana di un altro colosso inglese, Jupiter (46 miliardi di euro di masse in gestione). «L’idea di business è semplice», spiega il country head. «Avendo ottimi prodotti abbiamo una grande facilità nel farci conoscere dai fund buyer. E adesso stiamo cominciando a muoverci sul lato distribuzione in modo selettivo, attraverso qualche veicolo assicurativo (per esempio con le unit linked) o la gestione di fondi. Non puntiamo a essere comunque e dovunque ma a interlocutori elevati, come quelli del private banking. Se parliamo di retail puro, non è l’obiettivo di adesso. Noi abbiamo il privilegio di scegliere i nostri partner e di stare alla finestra. Del resto, con Mifid 2 (la nuova regolamentazione sul profilo di rischio dei clienti) molte cose cambieranno e noi ci riserviamo di vedere cosa succede sul fronte delle reti prima di puntare al retail. Il private è un mondo per noi interessantissimo anche perché in forte evoluzione, segmentazione e specializzazione. Basti vedere alle nuove realtà di Mediobanca pb, Cordusio sim», ha commentato Boggio. E ha concluso: «In questo mondo essere un nome nuovo e brillante vuol dire avere chance da subito. Abbiamo una gamma storica Uk (nelle unit trust) e poi abbiamo una Sicav dove sono state messe tutte le specialità: al momento i comparti sono 19. E non aderiremo ad Assogestioni».
Jamie Dimon, ceo di JP Morgan
Anche Vanguard, il gigante americano dei fondi passivi che controlla Wall Street (si parla di oltre 3.400 miliardi di dollari in gestione), ha voluto far sapere di essere a un passo dal debutto sul mercato italiano, forse con l’intenzione di creare aspettative dato che lo sbarco è stato più volte annunciato ma finora mai avvenuto con il leit motiv di non aver ancora individuato la figura apicale a cui affidare il business italiano. Sta di fatto che la società fondata nel 1975 da John C. Bogle ha già fondi autorizzati alla distribuzione per la clientela istituzionale e che per far crescere la raccolta sembrerebbe pronta ad aggiungere alle sedi di Londra e Parigi anche Milano.
È arrivata in Italia anche BMO Global Asset Management (Bank of Montreal), società globale di gestione degli investimenti con più di 250 miliardi di dollari in gestione, e ha ampliato il team di distribuzione in Europa con la nomina di Giampaolo Giannelli a responsabile per la distribuzione in Italia. Il manager viene da Invesco Asset Management Italia e oggi è responsabile per l’Italia della distribuzione delle soluzioni di investimento della società alla clientela wholesale e istituzionale.
Yves Perrier, direttore generale di Amundi Asset Management Kenzo Triboullard AFP/Getty Images
E a debuttare in Italia ci sono anche i protagonisti dell’investment banking e dell’advisory. Dopo la Lincoln International, che ha accorpato la struttura della Rondelli Advisers e Houlihan Lokey, che si è unito con Leonardo & Co, anche l’americana Jefferies ha deciso di aprire una sede a Milano in via Gastore Pisoni 6 con Mauro Premazzi, banchiere con una lunga esperienza in Bank of America Merrill Lynch, come managing director. Una strategia di crescita nella consulenza alle medie imprese italiane tanto che il gruppo è sempre alla ricerca di bravi professionisti.
L’obiettivo delle società americane che puntano all’Italia è approfittare della debolezza del mercato, andando a competere con altre presenti storicamente nel Paese come Rothschild e Lazard. Tutti pronti a mettere le mani sul variegato mondo delle piccole e medie imprese (spesso a proprietà familiare), oggi a buon mercato o comunque disponibili a cedere o ad aprire il capitale a investitori istituzionali. E a breve potrebbero arrivare altre come William Blair, Robert W. Baird e Harris William. Anche queste americane.
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