Il quotidiano dell’episcopato italiano Avvenire, fondato nel 1968, ha pubblicato domenica 9 dicembre 2018, il Manifesto sul diritto alla vita nel settantesimo anniversario della Dichiarazione dei diritti dell’uomo (p. 16). Tale Manifesto è stato sottoscritto (per ora) da 42 associazioni di ispirazione cristiana: da Alleanza Cattolica al Comitato difendiamo i nostri figli, dall’Associazione degli psicologi e psichiatri cattolici all’Associazione nazionale Famiglie numerose, dal Movimento cristiano lavoratori sino a Pro Vita e all’Unione farmacisti cattolici.
Il testo del documento si compone di una premessa di carattere storico-esplicativo e di due articoli: il primo dedicato all’identità umana del concepito (feto, embrione, infante) e la seconda contenente una bella meditazione sulla maternità e la gravidanza.
Secondo le 42 associazioni “La Dichiarazione dei diritti dell’uomo è intervenuta al termine di tre terribili decenni caratterizzati da due conflitti mondiali con decine di milioni di morti, devastazioni materiali e morali”. Il che è senz’altro storicamente vero. E’ bene d’altronde che non si faccia alcuna distinzione, in questa premessa, tra vittime (di serie A) e vittime (di serie B), poiché la storia solitamente la scrivono i vincitori. E certi bambini innocenti massacrati sono stati dimenticati e cancellati, specie se confrontati con i figli dei vincitori della seconda guerra mondiale. Si pensi, per fare un esempio tra i tanti, alla tragedia tutta italiana delle Foibe.
Giustamente i redattori del Manifesto notano che “la violazione dei diritti dell’uomo è continuata” anche dopo la fine del conflitto mondiale. Basti pensare al terrorismo, a tante guerre tribali in Africa, alle guerre dette umanitarie, alla violenza ordinaria patita ogni giorno da tante persone nel mondo intero, specie bambini, donne, malati e anziani. D’altra parte, “Ancora più grave è il rifiuto di riconoscere la dignità di esseri umani che sono i più piccoli e i più poveri: i figli concepiti e non ancora nati”.
Il documento fa qui un’affermazione forte e coraggiosa. Se le dittature del passato vengono criticate per le guerre che causarono, come bisogna valutare le odierne democrazie liberali se queste ultime, assi più di quelle, respingono totalmente la dignità del concepito e anzi fanno del diritto all’aborto una delle loro bandiere? Evidentemente, sotto il profilo dei veri diritti umani, a partire dalla Dichiarazione dell’Onu del 1948 sino ad oggi, non c’è stato un progresso, ma un’incalcolabile regresso storico.
Nessuno Stato infatti, neppure gli Stati schiavisti e totalitari dell’Ottocento, ha mai fatto dell’aborto libero un vanto, una prerogativa e un fiore all’occhiello. E se, come dice il Manifesto, questa violazione della dignità umana è più grave di altre violazioni per la fragilità del concepito, ecco che il mito dell’irreversibile progresso storico è certamente da rivedere e da ribaltare.
Una cosa infatti è tollerare un male che non si riesce a sradicare completamente (come per esempio l’aborto clandestino). Una cosa bene diversa invece è promuovere un male come l’aborto, che è un omicidio secondo il Catechismo e la stessa ragione naturale, come se fosse un diritto della donna.
Così, il Manifesto insorge contro l’attuale “pretesa di una parte del femminismo – propagandata da potenti lobby internazionali – di considerare l’aborto come diritto umano fondamentale”. Il che fa altresì capire quanto il femminismo, almeno nelle sue componenti più laiche e scriteriate, sia contrario al bene comune della nazione, della famiglia e della pace. Se il femminismo giustifica l’aborto, e se come disse madre Teresa di Calcutta, l’aborto è il nemico numero 1 alla pace nel mondo, il femminismo è violenza che porta alla guerra, sotto le mentite spoglie di progresso, libertà e diritti.
Circa l’identità umana del concepito non c’è in verità molto da dire. Il Manifesto scrive giustamente che “La scienza moderna e la ragione provano che il figlio concepito è un essere umano”: non serve nessuna fede o rivelazione divina per capire che 2 più 2 fa quattro. E neppure per distinguere un uomo da una formica. E neppure per capire che un uomo in formazione è un uomo e non una pianta. Secondo il testo gli abortisti giocano con il linguaggio per meglio ingannare. E così l’aborto sarebbe solo una IVG (interruzione di gravidanza), si tratterebbe di salute sessuale e riproduttiva della donna, eccetera. Mentre invece la scienza moderna, come dice il documento, permette a chiunque di cogliere la differenza biologica e genetica tra la mamma e il bambino che porta in sé. Ma se gli scienziati negano in gran parte questa differenza, associando il feto ad un dente cariato da recidere, non lo fanno in nome della scienza ma dell’ideologia.
Contro una lettura minimalista della lotta all’aborto, il documento fa questa ragionevole ammissione: “la consapevolezza della identità umana del concepito è il massimo elemento di prevenzione dell’aborto”. Quindi se è lecito dire alle donne che abortire porta malessere e sensi di colpa, come del resto compiere qualunque delitto, la prima ragione per non abortire si situa a livello morale: 1. Non si può uccidere un essere umano innocente. 2. Il feto è un essere umano innocente. 3. L’aborto è male. Semplice e accessibile!
Illudersi poi che la contraccezione possa almeno diminuire il numero degli aborti è sciocco e utopico. L’Evangelium vitae lo ricordava già tanti anni fa. E se la contraccezione è aumentata in Occidente dal ’68 ad oggi, l’aborto non è mai diminuito, salvo nobili eccezioni. Soprattutto non è mai diminuita la sua legittimazione morale. Fino al punto che oggi nella fragilissima Unione Europea si discute apertamente se togliere ai medici obiettori la facoltà di obiettare.
Su maternità e gravidanza il testo spende belle parole a cui rinviamo il lettore. E’ giusto sottolineare che la generazione dei figli, il miracolo della vita, sia una “prerogativa esclusivamente femminile”, così come la gravidanza, l’allattamento, etc.
Ma forse si poteva aggiungere che proprio in nome del femminismo, dello Stato laico, del progresso e della democrazia, si fa di tutto oggi per scoraggiare le nascite, sfavorire la famiglia in genere e la famiglia numerosa in particolare. E non è un caso che i matrimoni calino di anno in anno, mentre aumentano i divorzi e le separazioni, le coppie di fatto e le richieste di matrimoni gay.
E tutto questo non avviene perché qualcuno vuole che ciò accada.
Le lobby di potere, evocate nel testo, fanno di tutto per favorire una dis-società assai ben organizzata, combattendo tutte le realtà che costruiscono concretamente il bene comune della specie: in primis proprio la Chiesa e la famiglia.
Auguriamoci che i (veri) diritti dell’uomo, a partire proprio dal diritto alla vita del bambino innocente, tornino in auge, dopo 70 di sistematiche violazioni compiute anche in nome dei (falsi) diritti dell’uomo.
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