Come si pone Maria Simma nei riguardi del Concilio e del suo spirito? Per rispondere correttamente a questa domanda occorre tenere a mente la vera Riforma della Chiesa, spiegata e portata avanti da papa Benedetto XVI, e tenere a mente almeno il documento per noi fondamentale che conferma alcune rivelazioni di Maria Simma: la Sacramentum Caritatis (10). Parlare di post-concilio, ricorda Benedetto XVI, è sbagliato perché esiste un “dopo” del Concilio del quale siamo preoccupati, dal momento che è venuta nella Chiesa una grande tempesta. Questa tempesta ha oscurato le verità della fede e ha dato origine ad una profonda crisi che parte proprio dalla fede, specialmente quella liturgica, con la crisi di messe celebrate in modo sbagliato nelle quali è stato tolto il senso del sacro. E’ sempre il papa che sottolinea che chi difende una sorta di “spirito” del Concilio e di post-concilio non fa altro che difendere l’errore. Nell’indire l’Anno della Fede il papa corregge la rotta e sottolinea che il vero “spirito” del Concilio è nei suoi documenti correttamente interpretati e non in quel post-concilio che li ha strumentalizzati ed oscurati.
Chiarito questo aspetto, Maria Simma non discute assolutamente del Concilio, ma, proprio come il papa, spiega semmai ciò che furono gli errori scaturiti dalle false interpretazioni per rovinare la fede.
Le anime del Purgatorio rivelano a Maria Simma l’errore di chi ha divulgato, per esempio, la comunione alla mano.
Maria non incolpa affatto il Concilio o la Chiesa, ma le singole anime, specialmente sacerdoti, che in modo del tutto arbitrario assunsero delle decisioni sbagliate imponendole ai fedeli. Per comprendere meglio leggiamo questi episodi:
“L’anima di un sacerdote venne da me e mi disse di pregare per lui, perché doveva soffrire molto. Di più non poté dire; poi sparì. Un’altra anima del purgatorio mi spiegò in seguito: «Egli deve soffrire molto, poiché ha seguito l’uso di distribuire la Comunione nelle mani dei fedeli e perché ha fatto rimuovere i banchi che servivano per ricevere la Comunione in ginocchio. Si potrebbe aiutarlo rimettendo i banchi al loro posto, là dove egli li fece togliere, ed esortando coloro che furono abituati da lui a ricevere la Comunione nelle mani a non far più così!» Parlai con il decano del posto, che ebbe molta comprensione. Disse: «Non sono stato io ad introdurre l’uso della Comunione in mano. Per quanto riguarda i banchi, posso tentare di soddisfare questo desiderio, ma devo lasciare che decidano i sacerdoti del luogo». Parecchie volte venne l’anima di un altro sacerdote, lamentandosi che soffriva moltissimo, poiché aveva rimosso i banchi in chiesa, costringendo il popolo a ricevere la Comunione in piedi. Da ciò si capisce che qualcosa qui non funziona. E’ vero: il papa ha permesso di ricevere la Comunione anche in piedi. Chi però desidera inginocchiarsi, deve avere la possibilità di farlo. Così vuole il papa, e noi possiamo pretendere ciò da ogni sacerdote. Se un sacerdote, o un vescovo, sapessero qual è la loro grande responsabilità nell’introdurre l’uso della Comunione in mano, non lo farebbero certamente, e non lo permetterebbero.”
E’ assai probabile che certi difensori dello spirito progressista del Concilio rideranno davanti a questi fatti. Del resto, se essi stessi non credono più neppure alla presenza reale di Gesù tanto da trattarlo come un simbolo e sfrattarlo dalle chiese (ossia taluni hanno tolto il tabernacolo dalle chiese per metterlo in piccole cappelle esterne), inutile meravigliarsi del loro scetticismo anche di fronte a racconti come questi. Ma ciò che ci consola è la sensibilità testimoniata invece da Benedetto XVI il quale dal 2008 ha riportato nella Messa pontificia, oltre che il crocefisso sull’altare, anche l’inginocchiatoio, con la speranza che a breve tutte le comunità ecclesiali lo possano imitare.
E’ proprio la testimonianza e l’insegnamento di Ratzinger, sia da vescovo – cardinale e che da Pontefice, che ci danno prova come i racconti di Maria Simma non solo sono credibili, ma sono proprio lineari ai testi del Concilio il quale non aveva mai decretato lo stravolgimento della messa e di come ricevere la comunione.
SIMMA: “I COMANDAMENTI DI DIO NON SI POSSONO MODERNIZZARE: CESTINATE IL CATECHISMO OLANDESE, TORNATE AL VECCHIO CATECHISMO”
Spiega ancora Maria:
“E’ chiaro che oggi i tempi sono cambiati: noi viviamo in un mondo moderno. Ma i comandamenti di Dio non si possono modernizzare. I comandamenti di Dio fanno ancora parte dell’insegnamento religioso. Si metta da parte il catechismo olandese, che mette in dubbio alcune importanti verità di fede, o le passa sotto silenzio. Tornate al catechismo tradizionale, come fanno in Svizzera, dove si stampano di nuovo migliaia di vecchi catechismi, affinché i bambini possano essere istruiti convenientemente. Se il sacerdote o i catechisti non lo fanno più, allora lo facciano i genitori.”
Benedetto XVI ha dato origine, insieme al suo predecessore, al nuovo Compendio del Catechismo: per otto anni ha supplicato tutte le diocesi del mondo e tutte le famiglie a fare uso di questo prezioso strumento, ma sono molti che ancora non gli obbediscono.
Così come all’inizio del secolo scorso il grande San Pio X ebbe la felice intuizione di compilare quel Catechismo che porta il suo nome (11) e di cui parla Maria Simma, dal momento che quello nuovo non era stato ancora redatto mentre scriveva questo libro del 1968, questo Compendio della nostra generazione reca davvero la firma e il nome di Benedetto XVI. Nuovo non significa affatto che quello antico sia perduto o annullato, ma semplicemente arricchito, come ha spiegato lo stesso Papa emerito, prima delle sue dimissioni, il quale ha lodato chi mantiene ancora, o ha mantenuto vivo, il ricorso al Catechismo antecedente.
Maria Simma è una mistica più che del “post” proprio “del” Concilio, delle sue corrette intenzioni ed interpretazioni. Se vogliamo possiamo dire che la sua esperienza mistica ci conferma il grado della autentica Riforma in quell’essere davvero obbedienti alle richieste che ci indirizzano i Pontefici.
Quando Maria Simma spiega che “Le anime dei Purgatorio dicono che il rito latino deve restare vicino a quello nella lingua materna, affinché anche i fedeli che parlano altre lingue possano partecipare con raccoglimento alla celebrazione festiva. Così desidera anche il Papa.”, essa dice una grandissima verità, poiché Giovanni XXIII non abolì mai la lingua latina dalla Messa (12), e lo stesso Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis lo ricorda e riporta la supplica a tutti i sacerdoti di riportare il latino almeno alla Consacrazione e alle grandi messe di popolo. L’11 novembre 2012 Benedetto XVI ha firmato il MP Latina Lingua con il quale ha instituito la Pontificia Accademia Latinitatis per la difesa e il ritorno del latino nei seminari, nella liturgia ma anche nella società laica. (13)
Le anime del Purgatorio, che ci dicono gli errori che abbiamo compiuto, non fanno altro che confermare uno stato disagiato che da anni tutti subiamo per colpa di chi non obbedisce al Pontefice e alle norme vigenti.
E’ vero che alcuni errori ed ambiguità sono state taciute dai Pontefici stessi, o meglio sono stati tollerati: basti pensare alla differenza di celebrazione della messa sotto gli ultimi due papi, prima di Papa Francesco, per capire lo stato di confusione e di stranezze alle quali eravamo stati abituati. A noi, però, interessano i documenti ufficiali, le norme da applicare e non ciò che i Papi ritengono tollerabile per un certo periodo di passaggio. “Si tollera ciò che deve essere poi corretto, ma ciò che si tollera non diventa mai la normativa della Chiesa” (J. Ratzinger, Introduzione allo spirito della liturgia).
E’ vero che lo stesso Paolo VI, seguito poi da Giovanni Paolo II, fu costretto a cedere, dando ad alcuni gruppi e conferenze episcopali l’indulto a ricevere la comunione alla mano, ma resta indiscutibile che la norma è quella che egli stesso ricorda nell’Enciclica Mysterium Fidei: “Né si deve dimenticare che anticamente i fedeli, sia che si trovassero sotto la violenza della persecuzione, sia che per amore di vita monastica dimorassero nella solitudine, solevano cibarsi anche ogni giorno dell’Eucaristia, prendendo la santa Comunione anche con le proprie mani, quando era assente il sacerdote o il diacono. Non diciamo però questo perché si cambi il modo di custodire l’Eucaristia o di ricevere la santa Comunione stabilito in seguito dalle leggi ecclesiastiche e oggi vigenti, ma solo per congratularci della fede della Chiesa che rimane sempre la stessa”. (14)
Maria Simma, come papa Benedetto XVI, è conciliarista non conciliare: c’è una bella differenza! Essere conciliaristi significa accogliere l’insegnamento legittimo e non distorto dei documenti di un Concilio avendo come interpretazione la medesima tradizione della Chiesa. Conciliare invece, lo dice il termine stesso, significa accettare tutti i cambiamenti anche quelli sbagliati, diventare sincretisti con l’errore.
CONTRO GLI OBBROBRI ECCLESIALI MODERNI
Sentite questo racconto di Maria Simma:
“Mi fu rimproverato di essere contro le chiese moderne; non è vero. Io non sono per nulla contraria a queste costruzioni moderne, quando esse non impediscono il raccoglimento. Però, quando queste chiese hanno delle statue e dei quadri che incutono paura, poiché sono brutti e ripugnanti, esse sono certamente un’opera diabolica e non divina! Questo si deve dire. Ciò che io vidi, per esempio, nella chiesa del Santo Rosario a Vienna-lletzensdorf, è una beffa e una vergogna, un orrore nella casa del Signore. Chiesi chi avesse fatto il progetto di quella chiesa, e seppi che era stato un fra-massone. La Chiesa ne porta le impronte. A Lienz, nel Tirolo, vidi invece una chiesa moderna e ne fui rallegrata. Mi chiesi: “Perché non si potrebbe fare sempre così?” Il tabernacolo è al suo posto, al centro, dove deve stare il Santissimo. Lateralmente ci sono i banchi dove ci si può fermare per l’adorazione e per comunicarsi. Chi vuole ricevere la Comunione in ginocchio lo può fare; oppure in piedi ma sempre preferibilmente alla bocca: al centro c’è uno spazio vuoto per questo. C’è pure una bella statua della Madonna. In questa chiesa vengono anche delle persone che abitano lontano, poiché molte non vanno più nella chiesa parrocchiale che è stata rovinata, poiché dei moderni iconoclasti hanno gettato via tutto ciò che dava all’ambiente l’impronta sacra. In due chiese cattoliche non trovai più l’acquasantiera. Ne chiesi la ragione: “Perché qui non c’è più la pila dell’acqua santa se siamo in una chiesa cattolica?” Mi si rispose che il cappellano aveva detto che questa era solo una stupida moda. A ciò risposi: “Egli ritroverà questa stupida moda in purgatorio”.
E vale la pena di meditare quest’altro passo di Maria Simma:
“In molti luoghi anche la confessione è stata messa fuori uso. La confessione è un sacramento istituito da Cristo e non dalla Chiesa, come molti credono. Cristo infatti disse: “Ricevete lo Spirito Santo: saranno rimessi i peccati a chi li rimetterete, e saranno ritenuti a chi li riterrete” (Giov. 20,23). Quindi i peccati devono essere confessati, altrimenti come può il sacerdote decidere se si devono rimettere o no? Una persona mi chiese un giorno: “Ma Cristo non disse che si deve andare a dire i peccati in confessionale”. Al che io risposi: “No, questo Cristo non lo disse. Se lei preferisce può confessarsi davanti alla gente, in modo che il sacerdote possa darle l’assoluzione fuori dal confessionale. Ma lei li deve accusare i suoi peccati”. Con varie scuse si cerca di sostituire la confessione particolare con una penitenza fatta di meditazione. In queste parrocchie le confessioni diminuiscono notevolmente. Roma e anche i vescovi austriaci hanno dichiarato con grande chiarezza che in una confessione comunitaria non è possibile assolvere una persona che ha dei peccati mortali. Quindi la confessione comunitaria non potrà mai sostituire la confessione personale. Così pure si cerca di non permettere di confessarsi ai comunicandi, che per la prima volta ricevono il Signore. Ciò non è permesso. Il Papa ha già dichiarato due volte che la confessione deve precedere la prima Comunione. Purtroppo molti sacerdoti non seguono più il Papa, e ciò si dovrà amaramente scontare. Le anime del purgatorio ci esortano continuamente a pregare per il Santo Padre.”
Se per “spirito del Concilio” si vuole intendere tutta la devastazione portata nelle chiese e nella dottrina allora sì, Maria Simma, come anche papa Benedetto XVI e tanti di noi, era contro questo spirito malvagio e ingannatore, ma se per “spirito” si intende correttamente la vera Riforma contenuta nei documenti allora anche noi siamo con Maria e possiamo dire a questi innovatori da strapazzo: se Dio vi perdonerà ritroverete queste stupide mode nel Purgatorio; ma se non vi convertirete e persisterete nelle vostre opere malvagie e devastatrici allora vi ritroverete nel monito di Cristo: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (Mt.25,31).
LA SIMMA E QUEL CHE È RIMASTO DELL’AUSTRIA CATTOLICA
Per comprendere un po’ l’attuale situazione della Chiesa in Austria, guidata oggi dalla disastrosa pastorale del suo pastore, il cardinale Christoph Schönborn, è necessario approfondire i quattro articoli promossi da papalepapale.com (15), in tal modo ci aiuterete a non essere ripetitivi.
Maria Simma non parla mai dell’attuale situazione, né segnala riferimenti diretti ai suoi pastori, ma senza dubbio tutto quanto abbiamo letto fin qui rientra anche come monito per la Chiesa in Austria che, negli ultimi anni, sembra davvero aver intrapreso una caduta rovinosa verso il disastro religioso.
Non abbiamo riferimenti diretti di Maria Simma al primate d’Austria, e naturalmente neppure il primate d’Austria sembra abbia nulla da ridire su Simma: non esiste al momento alcun comunicato, pro o contro che fosse, sulla sua opera di misericordia.
Potremmo aggiungere tante ipotesi ai quattro articoli citati, ma resterebbero ipotesi senza prove, dunque non ci sembra utile aggiungere dell’altro. A meno che il primate d’Austria non si decida a dire qualcosa a partire dalla situazione disastrosa in cui verte la Chiesa nella quale è stato messo alla guida.
I FAMOSI (ED ERETICI) “TRE GIORNI DOPO LA MORTE” CONCESSI ALLE ANIME. NO, SONO “TRE MINUTI”. PER PENTIRSI
Fermo restando che l’ultima parola resta alla Chiesa e ferma restando l’attuale situazione drammatica della Chiesa, non certo imputabile a Maria Simma, accompagnati dalla dottrina della Chiesa e dai santi, possiamo senza dubbio avanzare un giudizio positivo sull’opera di misericordia della Simma nonché sull’ortodossia dei suoi messaggi, che è l’aspetto che più ci interessa.
Per rispondere a queste domande ci sembra utile partire dall’unico punto oscuro che ho trovato come critica e condanna. A farlo rilevare è padre Livio Fanzaga, il quale avrebbe riscontrato in un libro (16) una grave eresia attribuita a Simma, laddove dice:
“Le anime mi hanno riferito che quando un’anima si separa dal corpo in uno stato di inimicizia dal Signore egli le concede modo e tempo di redimersi non soltanto negli ultimi istanti della vita terrena, ma addirittura quando questa è già terminata. Per ben tre giorni l’anima ha tempo di pentirsi rivedendo tutta la propria vita. […] Mi è stato inoltre rivelato che alle anime che non ne vogliono sapere di riconciliarsi con Dio, Gesù si mostra crocefisso [sempre in questi presunti tre giorni ndr] dimostrando il più concretamente possibile quanto Egli ha fatto e sofferto per tutti noi esseri umani compresi coloro che lo rinnegano.”
Senza alcun dubbio, una affermazione del genere è eretica senza se e senza ma! Non c’è appello, né alcun dubbio che una affermazione del genere non è cattolica e non appartiene all’insegnamento della Chiesa.
Cosa pensare dunque?
Leggendo attentamente i due testi principali, confesso di non aver trovato alcuna affermazione simile a questa da parte di Simma. Piuttosto mi ha colpito questo fatto che forse potrebbe far comprendere che Maria possa essere stata fraintesa, leggiamo:
“Un’anima mi fece questo racconto: “Non avendo osservato le leggi della circolazione, sono rimasta uccisa sul colpo, a Vienna, mentre ero in motocicletta”. Le chiesi: “Eri pronta per entrare nell’eternità?” “Non ero pronta – soggiunse -. Ma Dio dà a chiunque non pecchi contro di Lui con insolenza e presunzione due o tre minuti per potersi pentire. E solo chi rifiuta è dannato”. L’anima proseguì con il suo commento interessante ed istruttivo: “Quando uno muore in un incidente, le persone dicono che era la sua ora. È falso: ciò si può dire soltanto quando una persona muore senza sua colpa. Ma secondo i disegni di Dio, io avrei potuto vivere ancora trent’anni; allora sarebbe trascorso tutto il tempo della mia vita”. Perciò l’uomo non ha il diritto di esporre la sua vita ad un pericolo di morte, salvo in caso di necessità.”
Dunque, un conto è parlare di “due o tre minuti” altra cosa è affermare “tre giorni”. Anche se è vero che il concetto di tempo è, per l’altro mondo, assai relativo e non misurabile al nostro tempo effettivo, è possibile dunque che o Simma non si sia spiegata bene, oppure chi ha riportato la frase criticata possa aver trascritto diversamente dalle intenzioni di Maria stessa.
Se pensiamo che anche per la medicina i minuti che succedono dopo “l’ultimo respiro” sono fondamentali per capire se la persona è davvero deceduta, e di come si parla spesso anche in teologia di uno “stato in cui l’anima non ha completamente lasciato il corpo”, non ci si può meravigliare se in questo stato in cui l’anima sta lasciando il corpo per sempre, la Misericordia di Dio “attende una risposta“, ma con ciò non potrebbe mai intendersi che vi sia, dopo la morte, la possibilità di cambiare le scelte fatte in vita, o una sorta di anticamera di tre giorni nella quale fare la scelta per l’eternità. Ci sono racconti in cui alcuni santi, assistendo dei moribondi, li vedevano morire, salvo poi riprendersi per pochi secondi, per confessare un peccato mortale e riceverne l’assoluzione e morire felici.
Il punto non sono i tre giorni, i cinque o fossero solo due minuti, ma sarebbe semplicemente un’ingiustizia. Nessuno è più buono di Dio.
Se l’anima potesse convertirsi dopo la morte, infatti, a nulla sarebbe valso lo stesso sacrificio di Cristo, ossia, non sarebbe stato necessario quanto patì se per salvarci bastava sostare, da morti, due o tre giorni in una sorta di anticamera per decidere se convertirsi, per decidere se andare all’Inferno o al Paradiso.
Parlare dunque di tre giorni ci sembra molto forzato.
Lo stesso ladrone, per poter ricevere quella indulgenza speciale del perdono totale, dovette dimostrare dalla sua di croce di essersi convertito a Cristo, non riconoscerLo semplicemente quale “giusto”, ma professare proprio una vera conversione: “Signore, ricordati di me quando sarai nel tuo regno.” È questa professione di fede che gli salverà la vita eterna facendogli guadagnare, dal costato di Cristo, perfino il direttissimo per il Paradiso.
Ho scritto comunque all’autore di quel libro il quale mi ha risposto assicurandomi che la trascrizione della frase fu fedele. Simma parlava solo tedesco e lui con l’aiuto di un interprete, ha riportato la frase.
Ora, senza mettere in dubbio la trascrizione dell’autore del libro, ritengo tuttavia non di poco conto che tale persona non è un cattolico. Senza entrare in merito a questo tema, francamente non sottovaluterei il fatto che l’unica frase in dubbio, circa l’ortodossia dei fatti riportati da Maria Simma, guarda caso è solo in un libro scritto da un non cattolico il quale non accetta neppure la dottrina cattolica sul Purgatorio, ritenendo per altro che l’Inferno sia vuoto o che si svuoterebbe!
Chiarita dunque la problematica suscitata da questa frase, resta importante il fatto che in nessun altro testo la si legge e perciò questo ci autorizza a pensare o ad uno scivolone della Simma facilmente perdonabile e risolvibile correggendolo con la Dottrina sul Purgatorio o ad un’inesattezza dell’autore del libro nell’interpretare il pensiero della Simma in quell’unica nota stonata, dal momento che ci ritroviamo di fronte a due persone che non parlavano semplicemente lingue diverse, ma professavano anche una dottrina diversa.
IN CASO DI DUBBIO, ANDARE ALLE FONTI
Suggerisco come conclusione, per chi fosse interessato all’argomento, di leggere i due libri indicati alla Nota 7 e nel caso di ulteriori dubbi di confrontarli con la Dottrina della Chiesa attraverso il metodo usato dai Santi: Ciò che è buono si tiene, ciò che è dubbio si mette da parte, ciò che non è contenuto nella dottrina lo si scarta.
Consigliamo anche un bel passo che mettiamo in Nota perché merita di essere letto a parte. Si tratta dell’esperienza di Vittorio Messori che ci piace condividere integrandola nell’articolo, senza trarre alcuna conclusione, ma per meditare e trattenere ciò che è condivisibile (17).
Nel n. 205 del Compendio leggiamo: “Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo cade nella corruzione, mentre l’anima, che è immortale, va incontro al giudizio di Dio.” Del resto dice san Paolo: “Certa è questa parola: se moriamo con Lui, vivremo anche con Lui” (2 Tm 2, 11) è naturale che il problema di fondo è che dopo la morte non c’è più alcun “appello”. In verità dopo la morte l’anima che muore in grazia di Dio, ma ancora in uno stato imperfetto, sperimenta l’amore di Dio con tale intensità che sente l’imperiosa necessità di amarlo con tutte le sue forze, ma non può perché è “malata” a causa delle conseguenze dei suoi peccati veniali. Ha, dunque, bisogno di purificarsi perché, come dice la Scrittura “Vidi un nuovo cielo e una nuova terra, e nulla di impuro né chi commetta abominazioni o falsità, vi entrerà” (Apc. 21). Per l’uomo che muore, invece, nello stato di grave peccato mortale, non per sua volontà ma per ignoranza, è senza dubbio palese che la giustizia di Dio agirà di conseguenza permettendo a quell’anima una comprensione indispensabile che, non per suo dolo, non aveva, ma ciò avverrà solo in punto di morte, non dopo. Così come è invece chiara nella Scrittura stessa l’immediata condanna per chi rifiuta Dio e lo combatte ben sapendo di essersi messo al servizio dell’Avversario. Gesù dice, infatti, che ci sono peccati che non saranno perdonati né in questo mondo né nell’altro, lasciando intendere che altri invece saranno perdonati: “La bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo mondo, né in quello futuro” (Mt 12,32).
“Con la morte, la scelta di vita fatta dall’uomo diventa definitiva” (Benedetto XVI, Enc. Spe salvi, 30-XI-2007, 45). Non avrà più la possibilità di pentirsi. Subito dopo la morte andrà in paradiso, all’inferno o in purgatorio. Per questo, c’è ciò che la Chiesa chiama il giudizio particolare. (cfr. Catechismo, 1021-1022)
“Coloro che muoiono nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo”. (Catechismo, 1030)
La morte è una delle realtà più sicure dell’umana esistenza. San Giovanni Bosco, il grande educatore della gioventù, diceva ai giovani queste parole latine: “Homo, humus; fama, fumus; finis, cinis.” che vogliono dire “L’uomo è terra; la fama è fumo, la fine è cenere”. Per questo la Chiesa, il mercoledì delle ceneri ci dice: “Ricordati che sei polvere e polvere ritornerai”.
Volesse il cielo che il pensiero della morte ci aiutasse a vivere la vita con serietà e ci spingesse all’autentica sequela di Gesù Cristo, Colui che ha vinto la morte e ci ha salvati.
Per ringraziare davvero Maria Simma per questa vita donata all’espiazione, vogliamo farlo ricordandoci dei nostri defunti attraverso la pratica delle vere indulgenze insegnate dalla Chiesa e perseguendo una vita coerente all’eternità beata che vogliamo veramente raggiungere.
Note
10) Sacramentum Caritatis
11) Udienza del Mercoledì Benedetto XVI per la festa di San Pio X 18-8-2010:
12) il sito Vaticano ha postato solo la versione in latino
Per la versione italiana cliccate qui
13) Motu Proprio Latina lingua
14) Paolo VI Lettera Enciclica Mysterium Fidei
15) Autopsia della Chiesa austriaca, parte prima;
I preti d’Austria vendono Cristo per 30 danari
16) Marino Parodi, Il testamento di Maria Simma, Ed. Segno, 1999 (ad Antonio Mastino è stato consegnato anche lo scambio di vedute che ho avuto in email con l’autore del testo).
17) Vittorio Messori, Perché credo, Ed. Piemme, 2008 Capitolo primo. Qui di seguito il passaggio dove parla di Maria Simma.
Hai avuto altre esperienze di questo tipo?
Non personalmente. Ma, molti anni dopo, andai nel Voralberg, nell’Austria occidentale, in un paesino di montagna, per incontrare nel suo misero chalet Maria Simma. Era un’umile contadina, consacratasi come eremita alla Madonna perché, malaticcia, era stata respinta dai monasteri di clausura dove desiderava entrare; era una vecchina che sopravviveva lavorando il suo orto (non accettava alcuna offerta) e che aveva il carisma di parlare con i trapassati. Dopo molte ostilità e diffidenze – com’è logico e anche giusto – alla fine il suo vescovo si era arreso e aveva dovuto riconoscere l’enigma di quella montanara apparentemente insignificante e scelta invece per una missione sconcertante. In effetti, erano innumerevoli i casi in cui trapassati a lei sconosciuti, che le si presentavano, rivelavano particolari che facevano impallidire i parenti quando ne erano informati (spesso i morti fornivano l’indirizzo cui rivolgersi) visto che solo gli intimi potevano conoscere quelle vicende. Scopo di quei contatti era ottenere penitenze e suffragi per uscire dal purgatorio o lanciare avvertimenti ai loro cari superstiti perché cambiassero vita. Non a caso, il suo parroco raccolse le testimonianze di questa Maria Simma e le pubblicò in un libro che divenne un best-seller internazionale, dandogli un titolo significativo: «Fateci uscire da qui!».
In una vita intera di ricerca e di incontri, ho avuto tempo e modo per imbattermi in diversi casi simili.
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