martedì 30 ottobre 2018

Guerra ad alta velocità, la Nato e la linea Tav Torino-Lione

Si vis pacem, para bellum. Magari anche via treno, sulle rotaie dell’alta velocità? Potrebbe essere la Nato, oggi, a fornire finalmente un alibi credibile al più inspiegabile progetto infrastrutturale dell’Unione Europea, la linea Tav Torino-Lione? «Ci servono trasporti europei più rapidi in caso di guerra con la Russia», dice il segretario dell’Alleanza Atlantica, il norvegese Jens Stoltenberg, rivelando che le manovre militari in corso sul Baltico non sono un semplice war game, sono reali – tanto quanto i missili atomici e supersonici che Mosca potrebbe sganciarci sulla testa, per rappresaglia, come spiega Paul Craig Roberts, già viceministro di Reagan, allarmatissimo per la «folle escalation di provocazioni lanciate in modo unilaterale da Washington, esponendo l’Europa al rischio-apocalisse». Pazzie di oligarchi, avidi di commesse militari miliardarie, o autentica minaccia geopolitica? Non è dato saperlo, e men che meno in Italia, paese Nato in cui queste notizie non hanno praticamente diffusione, sui media mainstream e nell’arena politica, opposizione inclusa. La Nato, questa sconosciuta, ancora a guardia di frontiere senza più un nemico. Un mistero, il fantasma della guerra che la Russia non vuole, protetto da una nebbia fittissima: almeno quanto quella che impedisce di capire cosa mai ce ne faremmo della Torino-Lione, il “binario morto” del nord-ovest destinato a restare senza treni (civili, perlomeno). 
Lo spettacolo pubblico chiamato Torino-Lione è finora servito soltanto a pagare centinaia di milioni in progetti, più quelli finiti nel cantiere della piccola galleria esplorativa di Chiomonte, attorno a cui si era accesa anche la guerriglia tra  “antagonisti” e forze dell’ordine, tra 2011 e 2012.


Era andato così in scena il cliché più classicamente “utile” alla politica securitaria, quella che ha bisogno ogni tanto anche dei “black bloc” per far parlare la forza, riducendo al silenzio la ragione – anche se in questo caso le ragioni (disarmate, sacrosante) sono quelle di una comunità italiana aggredita da poteri che non spiegano le loro decisioni, non accettano il dibattito e non ammettono il contraddittorio, come se temessero di essere impietosamente smentiti. La Torino-Lione? E’ lapalissiano, non serve a niente: sarebbe la grande opera più inutile della storia europea, dicono in coro i suoi autorevoli critici, esibendo i dati ufficiali dell’Ue. Il trasporto Piemonte-Rodano è roba da museo, e l’attuale ferrovia internazionale Italia-Francia che attraversa la valle di Susa, la Torino-Modane, è praticamente deserta: potrebbe tranquillamente sopportare un incremento di traffico del 900%. Perché allora insistere tanto, nel voler costruire una maxi-linea (ancora solo sulla carta) che sarebbe costosissima, sanguinosa per il bilancio italiano e devastante anche per Torino, oltre che per il territorio alpino? Per intascare soldi all’infinito, ha ipotizzato qualcuno, sospettando che il piano sia quello di ottenere una “seconda Salerno-Reggio Calabria”, una mucca da mungere per decenni. E il tunnel geognostico di Chiomonte? Potrebbe persino diventare una discarica nucleare, secondo altre voci: nel “cunicolo esplorativo” scavato per sette chilometri nelle viscere della montagna, infatti, le scorie atomiche (italiane, e non solo) potrebbero essere agevolmente “tombate” in assoluta sicurezza. Fantasie? Non più di quelle che, del resto, sorreggono la necessità (ipotetica, mitologica) della stessa Torino-Lione, maxi-linea desolatamente inutile: sarebbe infatti il perfetto doppione del traforo del Fréjus appena riammodernato (400 milioni di euro) per renderlo percorribile anche dai carichi più pesanti e ingombranti, i treni a con a bordo i container “navali” della massima pezzatura. E allora? Persino la Torino-Lione potrebbe rientrare tra le infrastrutture di domani, quelle che la Nato reputa strategiche in caso di conflitto alle frontiere orientali. Guerra con la Russia? Sembra fiction, pare di leggere pagine tratte dalla follia di Macbeth: ma purtroppo non è Shakespeare l’autore di Stoltenberg.



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