Il partito comunista cinese ha pubblicato una nuova serie di regole disciplinari che ciascuno dei suoi 90 milioni di membri deve scrupolosamente seguire per non essere punito, riporta il South China Morning Post. La mossa non è che un tassello del nuovo mosaico politico del presidente Xi Jinping, che da sei anni agisce per accentrare il potere nelle sue mani come nessuno aveva fatto dai tempi di Mao Zedong.
Dopo aver eliminato centinaia di nemici politici con la campagna anti-corruzione, diffondendo un vero e proprio clima di terrore all’interno dei ranghi del partito, stravolto i vertici dell’esercito per assicurarsi la fedeltà delle forze armate, aumentato la repressione a livello sociale, costretto i giornali a «obbedire al partito» e le università a studiare «il pensiero di Xi Jinping», sottomesso le religioni come nessuno dai tempi della Rivoluzione culturale attraverso la sinicizzazione, inserito il suo nome di fianco a quello di Mao nella Costituzione e cambiata la Carta per poter restare al potere oltre i due mandati a tempo indeterminato; dopo aver fatto tutto questo ora il Comitato centrale per le ispezioni disciplinari, guidato da un alleato di Xi, ha diffuso nuovi regolamenti che sono entrati in vigore il 18 agosto.
In particolare ai membri del partito comunista si fa divieto esplicito di «criticare le decisione e le politiche del partito centrale» e di «diffondere voci politiche o danneggiare l’unità del partito». Devono, cioè, obbedire in tutto e per tutto al segretario generale e alla sua cerchia ristretta. Inoltre, «i membri del partito e i funzionari devono correttamente esercitare il potere garantito loro dal popolo, dimostrandosi puliti e a schiena dritta, opponendosi a ogni forma di abuso di potere ed evitando di agire per interessi personali».
La terza indicazione che Xi ha voluto a tutti i costi mettere nero su bianco, sottolineando l’importanza che il dittatore dà alla materia, riguarda la religione. La Cina garantisce la libertà religiosa nella sua Costituzione ma da sempre vieta ai suoi membri di credere in Dio o di affiliarsi a una religione. Nonostante questo, molti membri del partito abbracciano una fede e secondo alcune ricerche il numero degli inadempienti sarebbe in aumento.
Le nuove regole disciplinari prevedono che «i membri del partito che hanno credenze religiose affrontino una forte rieducazione del pensiero. Se anche dopo essere stati aiuti ed educati dal partito non cambiano, devono essere incoraggiati ad abbandonare il partito». Questo, sia detto per inciso, in molti casi significa perdere il lavoro e attirare una lunga serie di guai a tutti i familiari. Chi poi «partecipa ad attività religiose e usa la religione per incitare» la gente contro il potere statale deve essere espulso.
Infine, sarà vietato anche «fornire una visione distorta della storia del paese», come ad esempio parlare del massacro di Piazza Tienanmen o criticare il comportamento del partito e dei suoi vertici durante la Rivoluzione culturale o ancora peggio sminuire il ruolo del partito comunista nella vittoria cinese contro il Giappone durante la Seconda guerra mondiale.
Riassumendo, per far parte del partito comunista bisogna accettare in modo incondizionato ogni ordine e abuso da parte delle autorità centrali, perché ogni critica è un tentativo di «sovvertire il potere statale»; bisogna rinunciare a cercare il senso della vita e della storia in istituzioni diverse dal partito comunista e bisogna negare e tacere la scia di sangue che il regime si è lasciato alle spalle nei suoi 70 anni di storia alla guida del Dragone. Il compito è difficile per chiunque, ma soprattutto tradisce un certo nervosismo da parte di Xi Jinping la cui autorità, secondo un autorevole osservatore come Willy Lam, sarebbe sempre più discussa all’interno del partito.
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