mercoledì 10 luglio 2019

RISERVE AUREE ALLA BCE/ Un trasferimento che non è previsto nei Trattati


L’articolo 30 dello Statuto del Sebc richiede alle banche centrali nazionali di trasferire un certo ammontare di riserve in valuta estera. Ma non si fa cenno all’oro

La sede della Bce a Francoforte (LaPresse)

Il presidente della Camera dei deputati aveva chiesto alla Bce due pareri relativi a due proposte di legge riguardanti, rispettivamente, la tematica della nazionalizzazione della Banca d’Italia e l’interpretazione autentica intesa ad attribuire la proprietà delle riserve auree allo Stato.

La prima proposta è rivolta, tra l’altro, all’abolizione della legge che aveva rivalutato il valore nominale delle quote della Banca d’Italia da 156.000 euro a 7,5 miliardi di euro, causando un danno economico perenne alle entrate del bilancio dello Stato connesso alla distribuzione di dividendi a banche private. La seconda riprende una legge in vigore dal 1988 per fornire un’interpretazione autentica sulla proprietà delle riserve auree affermandone la proprietà in capo allo Stato.

Queste due proposte presentano, a mio parere, elementi di criticità, perché inducono il soggetto che fornisce il parere a fare obiezioni, in quanto formulate in un periodo storico nel quale già la Bce ha preso una posizione contraria all’emissione dei cosiddetti mini-Bot che è priva di qualunque fondamento.

Infatti la Bce non appare lineare nelle sue argomentazioni e si appiglia a possibili risvolti di natura contestativa, come quando – relativamente al primo parere – formula delle riserve di legittimità a causa dell’esproprio conseguente all’obbligo, per i soggetti privati, di essere costretti a cedere al Tesoro le quote possedute a un prezzo irrisorio per avvalorare, e quindi sostenere, altre questioni sulla struttura proprietaria e sull’indipendenza della Banca d’Italia, che invece l’iniziativa legislativa non avrebbe potuto consentire.

Strategicamente, sarebbe stato opportuno – se veramente fosse stato l’obiettivo da raggiungere – farsi promotori di un referendum abrogativo dell’intera legge, che aveva consentito la rivalutazione del valore nominale delle quote della Banca d’Italia, ripristinando, così la situazione precedente. Perciò, si sarebbe potuto semplicemente imporre che lo Statuto della Banca centrale venisse rispettato, obbligando i possessori delle quote a disfarsene perché, essendo soggetti privatistici, non potevano essere proprietari di un organismo di diritto pubblico. In questo modo la Banca d’Italia non sarebbe diventata, di fatto, di proprietà straniera.

Passando alla proposta interpretativa sulla custodia e la gestione delle riserve auree, si fa ulteriore confusione. Infatti, la Banca d’Italia ha sempre detenuto, assieme agli altri istituti di emissione, in particolare quelli meridionali, i valori monetari o i lingotti depositati dai cittadini dei vari Stati confluiti nella Nazione. Lo dimostra la circostanza che, allorquando il ruolo di banca centrale e di istituto di emissione fu accentrato in capo alla sola Banca d’Italia, approfittando dello scandalo della Banca Romana, le disponibilità auree furono assegnate per la gestione al Cambital, poi denominato Ufficio Italiano dei Cambi. Se detti valori fossero stati di proprietà della Banca centrale, non avrebbe avuto senso prevedere che gli stessi fossero gestiti da un diverso organismo.

Eppure, nel parere, la Bce, in maniera surrettizia, effettua un’estensione del concetto di riserve valutarie includendovi le riserve auree, in tal modo consentendo una giustificazione al trasferimento delle stesse alla Bce e lasciando solo all’oro residuato in deposito presso la Banca d’Italia il possibile riconoscimento della proprietà allo Stato, esplicitando, peraltro, che detto riconoscimento potrebbe essere interpretato come illegittimo. Invero, l’articolo 127, paragrafo 2, del Trattato stabilisce che tra i compiti da assolvere tramite il Sebc vi è la detenzione e la gestione delle riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri e non l’oro, che non è valuta estera. Ma per realizzare l’accostamento, il parere ricorre all’articolo 31 dello Statuto del Sebc e alla nota esplicativa predisposta dai proponenti la proposta di legge sulla proprietà delle riserve auree, affermando che si fa riferimento alle attività di riserva in valuta estera che restano alle banche centrali nazionali dopo il trasferimento alla Bce.

A tal proposito, in questo modo le riserve auree diverrebbero surrettiziamente e transitoriamente di proprietà della Banca d’Italia per farle conferire alla Bce e soltanto la parte residua verrebbe lasciata nella disponibilità della disciplina legislativa.

Nel parere espresso dalla Bce, a pagina 9, nota 33, si afferma: “L’articolo 30 richiede a tutte le BCN, compresa la Banca d’Italia, di trasferire un determinato ammontare di riserve in valuta estera, tra cui riserve auree, alla Bce, in proporzione alla loro quota di partecipazione al capitale della Bce”.

Ma il citato articolo 30 non fa alcun riferimento alle riserve auree, bensì alle riserve in valuta. L’estensione alle riserve auree costituisce un’interpretazione attribuibile esclusivamente alla Bce, con la quale si è consentito di procedere a una surrettizia espropriazione delle ricchezze degli italiani per colmare le enormi perdite accumulate, nella fase di costituzione della banca centrale, quando non si era nemmeno sicuri se l’Italia sarebbe stata accolta nell’Unione europea.

Proprio prima di quegli anni fu predisposta in Banca d’Italia una politica di acquisto di oro e fu conferita evidenza contabile all’oro presso di essa depositato, approfittando delle leggi agevolative di rivalutazione degli attivi.

In pratica, le due proposte e il parere inducono a ipotizzare che verosimilmente sia stato avviato un processo preordinato al raggiungimento di uno scopo, per qualche motivo non dichiarabile, volto a modificare per successive tappe la realtà dei fatti.
Del resto, sono numerosi gli approfondimenti sull’operato delle banche centrali che hanno portato a valutazioni negative, soprattutto per l’azione particolarmente penalizzante sui risparmi degli italiani, quelli più sostanziosi in area euro: qualunque emissione di nuovo denaro da parte del Sebc determina una proporzionale appropriazione dei risparmi in euro.
Per far capire questa affermazione ipotizziamo che il valore dei nostri risparmi finanziari sia pari a 10.000 miliardi di euro e che l’emissione monetaria totale della Bce abbia lo stesso importo; qualora la Bce, per i poteri ad essa conferiti, aumentasse la sua emissione tra i vari canali, compreso il Quantitative easing, raddoppiandoli a 20.000 miliardi, ciò causerebbe una riduzione dei nostri risparmi da metà a un terzo del totale.

Questo stillicidio, unito ad altri provvedimenti, come il bail-in, costituisce un elemento fortemente penalizzante del quale nessuno appare consapevole e i soggetti responsabili delle decisioni non fanno nulla per dimostrare che non ci sia una concatenazione tra gli eventi per evitare di alimentare ipotesi di complottismo.

Per dimostrarlo basterebbe restituire pro quota ai risparmiatori italiani quello che “elegantemente” è stato sottratto, ma che invece è stato trasferito ai debitori privati europei, ovviamente non italiani, attraverso il famoso spread a cui siamo sistematicamente sottoposti.

Kyriakos Mitsotakis partecipa alla 64a riunione del gruppo Bilderberg

Kyriakos Mitsotakis partecipa alla 64a riunione del gruppo Bilderberg


GUARDATE UN PO' CHI C'ERA ALLA RIUNIONE DEL BILDERBERG 2016 E 2018: ANCHE IL NUOVO PRESIDENTE DELLA GRECIA MITSOTAKIS PER IL QUALE LA PARTECIPAZIONE E' UNA "TRADIZIONE DI FAMIGLIA"....


Alla 64esima riunione del Gruppo Bilderberg partecipano 125 personalità di 20 paesi, tra cui tre greci, Kyriacos Mitsotakis, George Logothetis e Demetrios Papalexopoulos.

Kyriakos Mitsotakis, presidente di New Democracy, continua la tradizione familiare a partecipare agli incontri del gruppo Bilderberg, con il padre Konstantinos Mitsotakis e le sue sorelle Dora Bakoyannis e Katerina Mitsotakis Gkournten che hanno partecipato in passato.

George Logothetis, che ha sede a New York, è responsabile della gestione del Gruppo Libra.

Nel 1993 George Logothetis si unì a Lomar Shipping, la compagnia di navigazione della famiglia Logothetis con sede a Londra. Nel 1994, all'età di 19 anni, è stato nominato CEO. Ha guidato lo sviluppo di Lomar da una flotta di tre navi a una flotta moderna e diversificata di 55 navi, prima di diventare il presidente fondatore e CEO di Libra Group, quando è stata fondata nel 2003.

In qualità di Presidente e CEO, Logothetis ha guidato la trasformazione del gruppo da una compagnia di navigazione in un ampio gruppo internazionale multietnico e multiculturale.

Dimitrios Papalexopoulos è il direttore esecutivo di Titan. Amministratore delegato dal 1996 e dirigente esecutivo della Società dal 1989.

Ha trascorso la sua carriera come consulente aziendale di McKinsey & Company Inc. negli Stati Uniti e in Germania. È vicepresidente del Consiglio di amministrazione della Hellenic Federation of Enterprises (SEV) e del comitato SEV per lo sviluppo sostenibile (SEV VIAN) e membro del Consiglio di amministrazione della Fondazione per la ricerca economica e industriale (IOBE) , la Fondazione ellenica per la politica europea ed estera (ELIAMEP) e la tavola rotonda europea per gli industriali (ERT).

Ha studiato Ingegneria Elettrica (Dip. EL-Ing. ETH, 1985) presso l'Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Zurigo (FTH) e Business Administration (MBA 1987) presso l'Università di Harvard.

Oltre a questi tre, presenti all'incontro ci saranno anche due primi ministri, 4 FinMins, l'ex segretario di stato americano Henry Kissinger, il capo della FISM Christine Lagarde, il vicepresidente della Commissione europea, France Timmermans, l'ex presidente della La Commissione europea, Manuel Barroso, e l'ex capo della CIA e dell'MI6 britannico.

Come ogni anno, quest'anno un gruppo di leader politici e persone dell'industria, delle banche, delle università e dei media sono invitati a partecipare alle discussioni che si terranno nel fine settimana dal 9 al 12 giugno su temi come la Cina, l'Europa (migrazione, sviluppo , riforma, visione, unità), il Medio Oriente, la Russia, il panorama politico negli Stati Uniti e la sua economia (crescita, riforma del debito), sicurezza su Internet, geopolitica dell'energia e del commercio; insicurezza e classe media e innovazioni tecnologiche.


Gruppo Bilderberg, incontro a Torino. 128 invitati, 8 italiani. Ecco i nomi


Il Gruppo Bilderberg a Torino. Tra i 128 invitati ci sono anche 8 italiani: Lilli Gruber, John Elkann e...

Il Gruppo Bilderberg si riunisce nella Torino M5s

Dal 7 al 10 giugno Torino dà il benvenuto al Gruppo Bilderberg. Bilderberg a Torino incontro a porte chiuse, si parla di populismo. Gli invitati all'incontro sono 128 personalità internazionali. 
Tra i partecipanti anche otto italiani. Si tratta di: John Elkann, Lilli Gruber, il direttore generale della Banca d'Italia Salvatore Rossi, il segretario dello Stato Vaticano cardinale Pietro Parolin, gli economisti Alberto Alesina e Mariana Mazzucato, il manager Vittorio Colao, il direttore di Limes Lucio Caracciolo e la senatrice a vita Elena Cattaneo.

BILDERBERG A TORINO: IL PROGRAMMA DEI LAVORI

Populism in Europe

The inequality challenge

The future of work

Artificial intelligence

The US before midterms

Free trade

US world leadership

Russia

Quantum computing

Saudi Arabia and Iran

The “post-truth” world

Current events
GRUPPO BILDERBERG LA LISTA INTEGRALE DEI PARTECIPANTI

Achleitner, Paul M. (DEU), Chairman Supervisory Board, Deutsche Bank AG; Treasurer, Foundation Bilderberg Meetings

Agius, Marcus (GBR), Chairman, PA Consulting Group

Alesina, Alberto (ITA), Nathaniel Ropes Professor of Economics, Harvard University

Altman, Roger C. (USA), Founder and Senior Chairman, Evercore

Amorim, Paula (PRT), Chairman, Américo Amorim Group

Anglade, Dominique (CAN), Deputy Premier of Quebec; Minister of Economy, Science and Innovation

Applebaum, Anne (POL), Columnist, Washington Post; Professor of Practice, London School of Economics

Azoulay, Audrey (INT), Director-General, UNESCO

Baker, James H. (USA), Director, Office of Net Assessment, Office of the Secretary of Defense

Barbizet, Patricia (FRA), President, Temaris & Associés

Barroso, José M. Durão (PRT), Chairman, Goldman Sachs International; Former President, European Commission

Beerli, Christine (CHE), Former Vice-President, International Committee of the Red Cross

Berx, Cathy (BEL), Governor, Province of Antwerp

Beurden, Ben van (NLD), CEO, Royal Dutch Shell plc

Blanquer, Jean-Michel (FRA), Minister of National Education, Youth and Community Life

Botín, Ana P. (ESP), Group Executive Chairman, Banco Santander

Bouverot, Anne (FRA), Board Member; Former CEO, Morpho

Brandtzæg, Svein Richard (NOR), President and CEO, Norsk Hydro ASA

Brende, Børge (INT), President, World Economic Forum

Brennan, Eamonn (IRL), Director General, Eurocontrol

Brnabic, Ana (SRB), Prime Minister

Burns, William J. (USA), President, Carnegie Endowment for International Peace

Burwell, Sylvia M. (USA), President, American University

Caracciolo, Lucio (ITA), Editor-in-Chief, Limes

Carney, Mark J. (GBR), Governor, Bank of England

Castries, Henri de (FRA), Chairman, Institut Montaigne; Chairman, Steering Committee Bilderberg Meetings

Cattaneo, Elena (ITA), Director, Laboratory of Stem Cell Biology, University of Milan

Cazeneuve, Bernard (FRA), Partner, August Debouzy; Former Prime Minister

Cebrián, Juan Luis (ESP), Executive Chairman, El País

Champagne, François-Philippe (CAN), Minister of International Trade

Cohen, Jared (USA), Founder and CEO, Jigsaw at Alphabet Inc.

Colao, Vittorio (ITA), CEO, Vodafone Group

Cook, Charles (USA), Political Analyst, The Cook Political Report

Dagdeviren, Canan (TUR), Assistant Professor, MIT Media Lab

Donohoe, Paschal (IRL), Minister for Finance, Public Expenditure and Reform

Döpfner, Mathias (DEU), Chairman and CEO, Axel Springer SE

Ecker, Andrea (AUT), Secretary General, Office Federal President of Austria

Elkann, John (ITA), Chairman, Fiat Chrysler Automobiles

Émié, Bernard (FRA), Director General, Ministry of the Armed Forces

Enders, Thomas (DEU), CEO, Airbus SE

Fallows, James (USA), Writer and Journalist

Ferguson, Jr., Roger W. (USA), President and CEO, TIAA

Ferguson, Niall (USA), Milbank Family Senior Fellow, Hoover Institution, Stanford University

Fischer, Stanley (USA), Former Vice-Chairman, Federal Reserve; Former Governor, Bank of Israel

Gilvary, Brian (GBR), Group CFO, BP plc

Goldstein, Rebecca (USA), Visiting Professor, New York University

Gruber, Lilli (ITA), Editor-in-Chief and Anchor "Otto e mezzo", La7 TV

Hajdarowicz, Greg (POL), Founder and President, Gremi International Sarl

Halberstadt, Victor (NLD), Professor of Economics, Leiden University; Chairman Foundation Bilderberg Meetings

Hassabis, Demis (GBR), Co-Founder and CEO, DeepMind

Hedegaard, Connie (DNK), Chair, KR Foundation; Former European Commissioner

Helgesen, Vidar (NOR), Ambassador for the Ocean

Herlin, Antti (FIN), Chairman, KONE Corporation

Hickenlooper, John (USA), Governor of Colorado

Hobson, Mellody (USA), President, Ariel Investments LLC

Hodgson, Christine (GBR), Chairman, Capgemini UK plc

Hoffman, Reid (USA), Co-Founder, LinkedIn; Partner, Greylock Partners

Horowitz, Michael C. (USA), Professor of Political Science, University of Pennsylvania

Hwang, Tim (USA), Director, Harvard-MIT Ethics and Governance of AI Initiative

Ischinger, Wolfgang (INT), Chairman, Munich Security Conference

Jacobs, Kenneth M. (USA), Chairman and CEO, Lazard

Kaag, Sigrid (NLD), Minister for Foreign Trade and Development Cooperation

Karp, Alex (USA), CEO, Palantir Technologies

Kissinger, Henry A. (USA), Chairman, Kissinger Associates Inc.

Kleinfeld, Klaus (USA), CEO, NEOM

Knot, Klaas H.W. (NLD), President, De Nederlandsche Bank

Koç, Ömer M. (TUR), Chairman, Koç Holding A.S.

Köcher, Renate (DEU), Managing Director, Allensbach Institute for Public Opinion Research

Kotkin, Stephen (USA), Professor in History and International Affairs, Princeton University

Kragic, Danica (SWE), Professor, School of Computer Science and Communication, KTH

Kravis, Henry R. (USA), Co-Chairman and Co-CEO, KKR

Kravis, Marie-Josée (USA), Senior Fellow, Hudson Institute; President, American Friends of Bilderberg

Kudelski, André (CHE), Chairman and CEO, Kudelski Group

Lepomäki, Elina (FIN), MP, National Coalition Party

Leyen, Ursula von der (DEU), Federal Minster of Defence

Leysen, Thomas (BEL), Chairman, KBC Group

Makan, Divesh (USA), CEO, ICONIQ Capital

Massolo, Giampiero (ITA), Chairman, Fincantieri Spa.; President, ISPI

Mazzucato, Mariana (ITA), Professor in the Economics of Innovation and Public Value, University College London

Mead, Walter Russell (USA), Distinguished Fellow, Hudson Institute

Michel, Charles (BEL), Prime Minister

Micklethwait, John (USA), Editor-in-Chief, Bloomberg LP

Minton Beddoes, Zanny (GBR), Editor-in-Chief, The Economist

Mitsotakis, Kyriakos (GRC), President, New Democracy Party

Mota, Isabel (PRT), President, Calouste Gulbenkian Foundation

Moyo, Dambisa F. (USA), Global Economist and Author

Mundie, Craig J. (USA), President, Mundie & Associates

Netherlands, H.M. the King of the (NLD),

Neven, Hartmut (USA), Director of Engineering, Google Inc.

Noonan, Peggy (USA), Author and Columnist, The Wall Street Journal

Oettinger, Günther H. (INT), Commissioner for Budget & Human Resources, European Commission

O'Leary, Michael (IRL), CEO, Ryanair D.A.C.

O'Neill, Onora (GBR), Emeritus Honorary Professor in Philosophy, University of Cambridge

Osborne, George (GBR), Editor, London Evening Standard

Özkan, Behlül (TUR), Associate Professor in International Relations, Marmara University

Papalexopoulos, Dimitri (GRC), CEO, Titan Cement Company S.A.

Parolin, H.E. Pietro (VAT), Cardinal and Secretary of State

Patino, Bruno (FRA), Chief Content Officer, Arte France TV

Petraeus, David H. (USA), Chairman, KKR Global Institute

Pichette, Patrick (CAN), General Partner, iNovia Capital

Pouyanné, Patrick (FRA), Chairman and CEO, Total S.A.

Pring, Benjamin (USA), Co-Founder and Managing Director, Center for the Future of Work

Rankka, Maria (SWE), CEO, Stockholm Chamber of Commerce

Ratas, Jüri (EST), Prime Minister

Rendi-Wagner, Pamela (AUT), MP (SPÖ); Former Minister of Health

Rivera Díaz, Albert (ESP), President, Ciudadanos Party

Rossi, Salvatore (ITA), Senior Deputy Governor, Bank of Italy

Rubesa, Baiba A. (LVA), CEO, RB Rail AS

Rubin, Robert E. (USA), Co-Chairman Emeritus, Council on Foreign Relations; Former Treasury Secretary

Rudd, Amber (GBR), MP; Former Secretary of State, Home Department

Rutte, Mark (NLD), Prime Minister

Sabia, Michael (CAN), President and CEO, Caisse de dépôt et placement du Québec

Sadjadpour, Karim (USA), Senior Fellow, Carnegie Endowment for International Peace

Sáenz de Santamaría, Soraya (ESP), Deputy Prime Minister

Sawers, John (GBR), Chairman and Partner, Macro Advisory Partners

Schadlow, Nadia (USA), Former Deputy National Security Advisor for Strategy

Schneider-Ammann, Johann N. (CHE), Federal Councillor

Scholten, Rudolf (AUT), President, Bruno Kreisky Forum for International Dialogue

Sikorski, Radoslaw (POL), Senior Fellow, Harvard University; Former Minister of Foreign Affairs, Poland

Simsek, Mehmet (TUR), Deputy Prime Minister

Skartveit, Hanne (NOR), Political Editor, Verdens Gang

Stoltenberg, Jens (INT), Secretary General, NATO

Summers, Lawrence H. (USA), Charles W. Eliot University Professor, Harvard University

Thiel, Peter (USA), President, Thiel Capital

Topsøe, Jakob Haldor (DNK), Chairman, Haldor Topsøe Holding A/S

Turpin, Matthew (USA), Director for China, National Security Council

Wahlroos, Björn (FIN), Chairman, Sampo Group, Nordea Bank, UPM-Kymmene Corporation

Wallenberg, Marcus (SWE), Chairman, Skandinaviska Enskilda Banken AB

Woods, Ngaire (GBR), Dean, Blavatnik School of Government, Oxford University

Yetkin, Murat (TUR), Editor-in-chief, Hürriyet Daily News

Zeiler, Gerhard (AUT), President, Turner International

Mentre i leader del mondo occidentale si incontrano nel vertice del G7 molto pubblicizzato in Canada a Torino si svolge un evento per la stampa main stream sembra non esserci, anche se colpisce ogni anno – la riunione annuale del gruppo Bilderberg, l’organizzazione discreto istituito 1954 “per rafforzare i legami tra il Nord America e l’Europa”.

Per la prima volta, almeno ufficialmente, quando la riunione Bilderberg hanno partecipato un alto funzionario del Vaticano, cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, lo stesso che ha partecipato al World Economic Forum di Davos l’anno scorso. All’inizio di maggio, Papa Francesco ha offerto una possibile spiegazione di questo coinvolgimento ufficiale del Vaticano in questo tipo di incontro. “Abbiamo bisogno di coinvolgere tutti i membri della società per costruire una cultura che promuove il dialogo e la costruzione del consenso e l’accordo significa creare, cercando sempre di raggiungere il nostro obiettivo di una società giusta e inclusiva”.

Un anno fa, il tema principale dell’incontro del Bilderberg era stato Donald Trump. Quest’anno, il focus è sul populismo in Europa, seguito dal problema della disuguaglianza sociale, l’occupazione futura, l’intelligenza artificiale, la situazione politica negli Stati Uniti, il libero scambio, portando ruolo degli Stati Uniti nel mondo, Russia, i computer quantistici, l’Arabia Saudita e l’Iran , il mondo post-reale.

Come guardare il mondo post-verità?

Riassumendo i temi dell’incontro del Bilderberg, il sito americano Zerohedge afferma che si tratta di un programma di “gestione plebe”. I leader riuniti a Torino per essere chiesti perché la cura Europei tanto confini, lingua e cultura, cosa fare una volta l’intelligenza artificiale e l’automazione porterà alla scomparsa di posti di lavoro e su come riformulare il discorso pubblico in un mondo post-nessuno non crede più a ciò che la stampa mainstream scrive e parla. Molto probabilmente, l’intera discussione di “post-verità” ruoterà intorno “notizie false”, che è diventato un marchio molto facile apposta dai rappresentanti della classe dominante in Occidente qualsiasi discorso che non corrisponde alla sua visione.

Quest’anno, 131 personalità dall’America e dall’Europa sono state invitate all’incontro del Bilderberg. Si erge presenza del Primo Ministro della Serbia, Ana Brnabic, che rappresenta il presidente Aleksandar Vucic, segno dell’influenza di cui gode il leader di Belgrado. È ora il governatore dello stato americano del Colorado John Hickenlooper, un politico democratico quale media americani hanno speculato che sarà il candidato alla presidenza nel 2020. presente nelipsiţii Henry Kissinger e Wolfgang Ischinger, presidente della Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera. Torino è il più forte ufficiale tedesco Commissario europeo Gunther Oettinger UE può permettersi di fare affermazioni categoriche molto senza avere paura della reazione del suo capo, il presidente Jean-Claude Juncker. Oettinger è l’ospite annuale di un “mini-Davos”

Grecia e Polonia, rappresentate nell’anno pre-elettorale 

Tra le presenze non può essere trascurato il leader attuale dei dinastie politiche Mitsotakis della Grecia Kyriakos Mitsotakis, leader del partito conservatore Nuova Democrazia, che ha recuperato dopo che il paese al disastro economico-finanziaria e ora conduce nei sondaggi contro la sinistra radicale la sentenza. Si prevede che Mitsotakis diventerà il primo ministro greco dopo le elezioni del 2019 e la sua presenza a Torino è un segnale in tal senso (infatti).

È presente alla riunione e Radoslaw Bilderbeg Sikosorski, ex ministro degli Esteri del governo liberale della Polonia, ora professore ad Harvard, un possibile segno dei liberali elezioni polacche contraofesive nel 2019. Vice partecipare e la Turchia, un paese di importanza geostrategica enorme, rappresentante di un regime autoritario, come presentato nei media occidentali, ma ugualmente risparmiato per non essere inclinato ulteriormente verso la cooperazione con la Russia di Vladimir Putin.

Nessun leader politico italiano partecipa all’incontro del Bilderberg a Torino poco dopo il governo populista formato dalla Lega Nord e dal Movimento a 5 stelle. Prendere, ma un personaggio che, se si considera la storia politica d’Italia, potrà mai diventare il nuovo primo ministro – vice governatore della Banca Nazionale, Salvatore Rossi. Accanto a lui, diversi professori italiani e Fiat presidente fianco del presidente Fincantieri è il più grande costruttore in Europa.

Un governo mondiale?

Denis Healey, ex leader del partito laburista del Regno Unito, è stato per decenni un membro del consiglio di amministrazione del gruppo Bilderberg. Nel 2001, ha chiesto se Bilderberg vuole imporre un governo mondiale, ha risposto: “Per dire che la lotta per un governo mondiale è esagerato, ma non del tutto ingiustificata. Noi del Bilderberg pensavamo di non poterci combattere l’un l’altro per niente e uccidere la gente, lasciarli andare a casa. Quindi ho ritenuto che fosse una buona cosa essere un’unica comunità in tutto il mondo“.



PREGHIERE, DEVOZIONI DEL MESE E LITURGIA DEL GIORNO

PREGHIERE DEL GIORNO
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Mercoledì 10 Luglio 2019




DEVOZIONI DEL GIORNO



 Mese di Luglio dedicato al PREZIOSISSIMO SANGUE

  SANTO ROSARIO  da recitare on-line 


  VANGELI 





LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -




 PRIMA LETTURA 

Gen 41,55-57; 42,5-7.17-24
Dal libro della Gènesi

In quei giorni, tutta la terra d’Egitto cominciò a sentire la fame e il popolo gridò al faraone per avere il pane. Il faraone disse a tutti gli Egiziani: «Andate da Giuseppe; fate quello che vi dirà». La carestia imperversava su tutta la terra. Allora Giuseppe aprì tutti i depositi in cui vi era grano e lo vendette agli Egiziani. La carestia si aggravava in Egitto, ma da ogni paese venivano in Egitto per acquistare grano da Giuseppe, perché la carestia infieriva su tutta la terra. Arrivarono i figli d’Israele per acquistare il grano, in mezzo ad altri che pure erano venuti, perché nella terra di Canaan c’era la carestia.
Giuseppe aveva autorità su quella terra e vendeva il grano a tutta la sua popolazione. Perciò i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra. Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma fece l’estraneo verso di loro e li tenne in carcere per tre giorni.
Il terzo giorno Giuseppe disse loro: «Fate questo e avrete salva la vita; io temo Dio! Se voi siete sinceri, uno di voi fratelli resti prigioniero nel vostro carcere e voi andate a portare il grano per la fame delle vostre case. Poi mi condurrete qui il vostro fratello più giovane. Così le vostre parole si dimostreranno vere e non morirete». Essi annuirono.
Si dissero allora l’un l’altro: «Certo su di noi grava la colpa nei riguardi di nostro fratello, perché abbiamo visto con quale angoscia ci supplicava e non lo abbiamo ascoltato. Per questo ci ha colpiti quest’angoscia».
Ruben prese a dir loro: «Non vi avevo detto io: “Non peccate contro il ragazzo”? Ma non mi avete dato ascolto. Ecco, ora ci viene domandato conto del suo sangue». Non si accorgevano che Giuseppe li capiva, dato che tra lui e loro vi era l’interprete.
Allora egli andò in disparte e pianse.


  SALMO  

Sal 32
Su di noi, Signore, sia il tuo amore.

Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Cantate al Signore un canto nuovo,
con arte suonate la cetra e acclamate.

Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
Ma il disegno del Signore sussiste per sempre,
i progetti del suo cuore per tutte le generazioni.

Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.


 VANGELO 

Mt 10,1-7
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, Gesù diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello; Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.
Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino».

UN ALTRO BILDERBERGER AI POSTI DI COMANDO!

CONTINUA A VELE SPIEGATE L'AGENDA BILDERBERG PER L'INSTAURAZIONE DEGLI STATI UNITI D'EUROPA E CONSEGUENTEMENTE DEL NUOVO ORDINE GLOBALE. OLTRE ALLA LAGARDE, PROSSIMO PRESIDENTE DELLA BCE, ALLA VON DER LEYEN PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, ANCHE L'ATTUALE PRESIDENTE DELLA GRECIA MITSOTAKIS ERA PRESENTE ALLA RIUNIONE DEL GRUPPO BILDERBERG DEL 2016. I GRECI HANNO VOTATO UN PRESIDENTE CHE IGNORAVANO FACESSE PARTE DI QUEL CONSESSO DI POTENTI. ASCOLTATE BENE QUESTO VIDEO, PROVE INCONTROVERTIBILI!....


Incredibile: Ora provate a darmi del complottista. Diffondiamo 

VEDI ANCHE:



GUARDATE ANCHE QUESTO VIDEO PER CAPIRE MEGLIO I LORO PIANI:

Giulietto Chiesa - Ecco Perchè Stanno Accelerando Tutto





Giulietto Chiesa - Hanno Fretta Di Bruciare I Tempi

martedì 9 luglio 2019

Europa e immigrazione. Come si costruisce il nemico.




1. L’unione oggi. 2. L’unione ieri. 3. Il nazionalismo. 4. Come si costruisce il nemico. 5. Quando il nemico diventa strumento politico.


Premessa. 


Per capire fatti di oggi (l’immigrazione e la reazione xenofoba, la crisi economica, il ritorno del nazionalismo a fronte di un’Europa che avanza sempre più facendo perdere fette di sovranità ai vari stati) occorre avere non solo il quadro d’insieme, ma anche il quadro degli eventi del passato, per capire come la storia si ripeta con modalità sempre identiche.


1. L’Unione oggi.


È il 13 dicembre 2007 quando a Lisbona viene firmato il Trattato che istituisce l’Unione Europea.


Il progetto, il sogno di un nuovo ordine che serva a regolare i conflitti e distribuire equamente le ricchezze tra le nazioni perché non si debbano più ripetere gli orrori e le stragi del passato, pare raggiunto. A più di 50 anni dal primo passo, dalla nascita della CEE, l’Europa è finalmente unita.


Eppure, sin da subito, sono in molti a rilevare come l’Unione Europea appena nata abbia ben poco in comune con il progetto europeo originario[1], mentre insigni economisti, tra cui due premi Nobel[2], avvertono dei pericoli che quell’unione meramente valutaria[3] e fondata sulla «libera concorrenza senza distorsioni», ovvero: «quel libero mercato in cui chi è più forte, in termini commerciali, è libero di annientare il più debole», rappresenta per il futuro dell’Europa. Ma la loro voce resta inascoltata, e l’8 agosto del 2008 il Parlamento italiano ratifica il Trattato e l’Italia è tra i paesi fondatori, ma per lo storico evento, il più rilevante dopo l’Unità d’Italia, nessun festeggiamento, la nuova Europa sembra senz’anima...


Ad aggravare ulteriormente la situazione, nel 2008, la bolla finanziaria esplode in tutta la sua virulenza, il libero mercato mostra in tutta la sua drammaticità, e con i fatti, di non sapersi autoregolamentare, mentre la neonata Unione Europea pare assolutamente inadeguata ad affrontare il problema e le sfide della globalizzazione.


Ma, nonostante ciò, Bruxelles continua nella sua corsa e, in pochi anni, pur di far aderire alla Unione Europea un numero sempre crescente di paesi, al Trattato si aggiungono Protocolli[4] di ogni genere che, nei fatti, stravolgono i concetti base di eguaglianza tra gli stati creando disparità difficili da gestire.[5]


La delusione per una Unione che disattente il progetto originario, i rapidi mutamenti causati da una globalizzazione che pare tutelare più il profitto che gli uomini, la nuova minaccia del terrorismo ed una sempre più imponente immigrazione, portano ad una vera e propria crisi di pensiero nei cittadini europei che, incapaci di far rallentare il ritmo sbalorditivo del cambiamento, si trovano a dover affrontare una realtà che li spaventa.


Nel passato, infatti, dato che le paure erano percepite come locali e concrete, si aveva l’impressione di poter fare qualcosa per prevenirle, oggi la sensazione è di non poter controllare più nulla, da soli, in tanti o collettivamente,[6] con la naturale conseguenza che, in tutta Europa, riconquista consensi il nazionalismo. Perché naturale conseguenza? Perché quando gli individui tendono a perdere i loro punti di riferimento, una delle risposte più frequenti consiste nel ripiegarsi su quella che credono essere la loro identità comune, così da far fronte alla situazione che li disorienta[7]. Nascono numerosi i partiti politici e movimenti a sfondo sociale che formulavano programmi intesi a una trasformazione attiva della società secondo i precetti nazional-patriottici, e i politici vengono accusati dall’elettorato di aver venduto la patria e di aver ceduto la sovranità ad un organismo extraterritoriale, sovranazionale ed indipendente che sta portando il paese allo sfascio.


2. L’Unione ieri.


È il 18 gennaio 1871 quando, nella reggia di Versailles, Bismarck proclama imperatore il re di Prussia. Dopo più di cinquant’anni di tentativi falliti, la Germania è finalmente unita.


Eppure, sin da subito, quell’unificazione meramente politica è fonte di delusione per molti tedeschi, che accusano il cancelliere non essere riuscito a superare la frammentazione sociale a culturale del paese.


L’unificazione non ha portato a quella consapevolezza nazionale cui tanti tedeschi avevano sempre aspirato, né una società accettabile per tutti i cittadini: anzi, vecchi problemi hanno ceduto il posto a nuovi dilemmi, che la neonata e vacillante democrazia appare sin da subito inadeguata ad affrontare[8].


Infatti l’Unificazione è avvenuta in un periodo di straordinaria trasformazione. 


Nella seconda metà dell’Ottocento si assiste ad uno spettacolare sviluppo delle conoscenze scientifiche e delle connesse conquiste tecnologiche: la ferrovia, la nave a vapore, il telefono, il fonografo, le macchine rotative per la stampa, la fotografia, la macchina per cucire, la mietitrebbia, il sistema di produzione su scala industriale, le corazzate, il siluro, la trasmissione elettrica dell’energia, il tram, la luce elettrica, ecc. Scoperte che, per la prima volta, resero improvvisamente il mondo piccolo e finito, mettendo a contatto, velocemente e senza mediazione, popoli diversissimi e, per questo, chiamata anche “la prima globalizzazione”. In pochi decenni, come ricordò William R. Hearst, potente editore, imprenditore e politico statunitense, erano stati compiuti più progressi materiali che in tutti i secoli precedenti, a partire dall’epoca di Omero[9].


L’impatto con questa prima globalizzazione è devastante.


Industria, tecnologia, urbanizzazione, società di massa, espansione gigantesca di potentati economici che dominano e controllano la produzione di beni materiali, dettando alla collettività bisogni, esigenze, aspirazioni; la burocratizzazione della vita collettiva entro organizzazioni e gerarchie rigide e convenzionali, un conformismo morale di rispettabilità formale, sovrapposto a un’esistenza disordinata, corrotta, violenta: questi i principali aspetti delle forze della modernità, che sconvolgono la popolazione, e un senso di smarrimento e paura si impossessa degli europei. In nessun altro luogo fisico la condizione umana di una vita frantumata e artefatta appare più evidente come nelle grandi città[10].


Ad aggravare ulteriormente la situazione, nel 1873 ha inizio in Europa una lunga crisi economica che si protrae sino al 1896 (La c.d. Grande Depressione).


Se la città la vita appare disumanizzante, nelle campagne - anche causa della crisi agraria iniziata nel 1873 con il massiccio afflusso di merci dagli Stati Uniti e la conseguente caduta dei prezzi - per la gran parte dei contadini diventa difficile anche solo sopravvivere. Tra il 1900 e il 1919 sono 3,5 milioni i cittadini dell’impero asburgico che emigrano verso l’America. Chi non emigra, si riversa nelle città per cercare lavoro nelle fabbriche che, sempre più numerose e fumose, feriscono profondamente l’ambiente ed il paesaggio, mentre crescono velocemente squallide periferie[11]


La delusione per come era avvenuta l’unificazione della Germania, e il rapido, troppo rapido, balzo in avanti giunto con l’industrializzazione ed il suo inaccettabile modernismo, portano ad una crisi del pensiero tedesco.


Destabilizzati dalla rapidissima trasformazione sociale, economica e politica, incapaci di far fronte ai nuovi problemi, i tedeschi ripiegano su quella che credono essere la loro identità comune, il Volk, si rifugiano in atteggiamenti nazionalisti ed iniziarono ad auspicare una «rivoluzione tedesca» che liquidi i nuovi, pericolosi cambiamenti e riporti nella nazione ordine e stabilità.


Nascono numerosi partiti politici e movimenti giovanili a sfondo sociale che formulavano programmi intesi a una trasformazione attiva della società secondo i precetti nazional-patriottici.


Agli occhi di molti giovani, infatti, il nazionalismo sembra offrire l’unica, adeguata soluzione ai tanti problemi sociali ed economici del paese. La loro delusione per i risultati della tanto attesa unità, sommandosi agli effetti della rivoluzione industriale che pare avergli ipotecato il futuro, ha per conseguenza l’aspirazione ad un ritorno al passato.


Mossi dall'impazienza tipica dell’età, i giovani, unitisi in movimento, diventano così l’avanguardia di una rivoluzione che vuole essere «apolitica», perché la politica tradizionale appare l’esemplificazione dei peggiori aspetti del mondo in cui essi vivono. (ironia della sorte, un movimento ideologico definito «apolitico», finì, poi, per definire ciò che era politicamente accettabile)[12].


Trovato qualche analogia con la situazione che stiamo vivendo adesso?


Direi proprio di sì.


I caratteri principali ci sono tutti, riassumiamoli.

Dopo decenni di progetti e speranze finalmente si arriva alla tanto sperata Unione.
L’Unione però delude, si rivela sin da subito inadeguata ed incapace a gestire i problemi.
La situazione viene aggravata da una grave crisi economica, che la neonata unione non riesce a fronteggiare adeguatamente.
L’Unione si realizza in un periodo di straordinario cambiamento (industrializzazione/globalizzazione) che incide profondamente sulla vita sociale, economica e politica del paese.
La popolazione spaventata, destabilizzata, frustrata ed arrabbiata reagisce al cambiamento rifiutandolo e, per far fronte ad una situazione che disorienta, ripiega sulla comune identità.
Rinascono le ideologie nazional-patriottiche.

3. Il nazionalismo.


La storia ci insegna che, se come movimento culturale il nazionalismo può costruire teorie, arte e letteratura, come movimento politico, però, produce odio e guerra. Perché?


Perché il nazionalismo alimenta il sentimento di orgoglio e di superiorità che induce le civiltà al conflitto, perché suscita arroganza e desiderio di dominio e, soprattutto, si associa sempre al disprezzo per gli altri.


Il nazionalismo infatti, con l’esaltazione del “Noi”, si definisce per contrasto, ed ha quindi bisogno di identificare un “Altro”, un nemico… e caricarlo di ogni responsabilità.


Per costruire un “Altro”, un nemico, i passaggi sono sempre gli stessi (noi abbiamo preso in esame l’Europa del XIX-XX secolo, ma potete prendere in esame anche altri periodi storici, altri continenti, i passaggi sono sempre gli stessi).


4. Come si costruisce un nemico.


Iniziamo subito con il dire che tutto parte, sempre, dagli intellettuali. Sono loro infatti, con il loro lavoro, ad innestare il seme velenoso nella popolazione, attraverso libri, articoli, saggi, oggi trasmissioni, film, ecc.


Abbiamo visto che destabilizzati dalla rapidissima trasformazione sociale, economica e politica, incapaci di far fronte ai nuovi problemi, i tedeschi ripiegano su quella che credono essere la loro identità comune, il Volk. L’opposizione al modernismo, l’odio per la vita di città e l’amore per la natura erano tipiche componenti del pensiero völkisch. Dunque, chi meglio del contadino poteva rappresentare lo spirito del popolo tedesco ed il legame con la terra e la nazione? Nessuno. Ed infatti inizia una vera e propria corrente letteraria che glorifica il contadino, buono, di natura pacifica, tradizioni famigliari importanti, ecc.[13]


E, se da un lato l’eroe nazional-patriottico (il contadino), il “NOI” viene oggettivato con tanta concretezza, lo stesso deve essere fatto con il nemico “L’Altro”, che in questo caso è l’ebreo.


Gli ebrei erano sparsi ovunque in Europa, ma la maggior parte viveva nell'impero dello zar, più di 10 milioni, di cui una buona parte in Polonia (il 13% della popolazione), mentre in Germania erano relativamente pochi, circa 600 mila. Ma, se gli ebrei russi erano poverissimi ed ignoranti, gli ebrei tedeschi, viennesi, praghesi e berlinesi erano raffinati ed intellettuali ed appartenevano alla medio-alta borghesia, dediti alle professioni, al commercio, all'industria e alla finanza[14]. L’ebreo, quindi, veniva visto come l’incarnazione del più nefasto e cinico modernismo e, dunque, nemico del Volk (certo, vi erano anche capitalisti tedeschi non ebrei, ma l’ebreo era considerato straniero, quindi per l’ideologia nazionalista, l’“Altro”).


Non solo vengono pubblicati saggi tesi a dimostrare il nesso tra lo sviluppo del capitalismo e il ruolo degli ebrei (es. Werner Sombart, Die Juden und das Wirtschaftsleben, Gli ebrei e la vita economica), ma la letteratura popolare, soprattutto i romanzi (che tiravano milioni di copie), davano dell’ebreo, dello straniero, un’immagine stereotipa via via più sgradevole (lo speculatore in borsa o il corpulento banchiere, ecc.)[15].


Numerosi, poi, erano i romanzi contadini che, in numero sempre crescente, descrivevano l’ebreo che calava dalla città alla campagna per privare il contadino della sua ricchezza e della sua terra costringendolo al suicidio. (Es. Der Büttnerbauer, Il contadino di Büttner, di Wilhelm von Polenz)[16].


In breve, grazie a questa opera di propaganda, l’ebreo viene identificato con la moderna società industriale, con il banchiere, con lo speculatore di borsa, con l’usuraio che sradica il contadino, lo spoglia della sua terra, ne provoca la morte e, così facendo, distrugge la parte più genuina del Volk[17].


Dopo l’unificazione la Germania aveva avuto uno sviluppo economico ed una crescita industriale straordinarie. Berlino, la capitale finanziaria e commerciale degli Stati tedeschi appena unificati, era cresciuta velocemente sui tanti immigrati giunti dai territori vicini a cercare lavoro. Gli ebrei immigrati dalla Russia erano, però, come abbiamo detto, poverissimi ed ignoranti[18]. Così, in un primo momento, i nazionalisti cercarono di operare una distinzione tra ebrei orientali ed ebrei nativi della Germania; questi ultimi potevano assimilarsi, ciò che sarebbe risultato impossibile con gli ebrei stranieri[19] (pare di sentire i nostri politici quando operano differenze tra gli immigrati regolari da tanti anni in Italia, i cui figli sono nati in Italia, ma a cui non vogliono riconoscere la cittadinanza, vedi Ius Soli). E gli ebrei tedeschi, timorosi di perdere i loro privilegi, appoggiarono questa devastante distinzione[20]. Nessuna sorpresa, anche oggi, purtroppo, vediamo questo tipo di comportamento da parte di alcuni immigrati. Ma questo tipo di comportamento non giova mai, perché se una cosa è giusta o sbagliata prima o poi ci riguarda. Ed, infatti, questa distinzione ebbe breve durata, perché i nazionalisti iniziarono a condannare l’ebreo per la sua religione.


Il pregiudizio religioso era della massima importanza, perché forniva una giustificazione all'antisemitismo quando ancora non erano state elaborate le teorie razziali.


E, se in un primo tempo la condanna verteva sul fatto che si trattava di una religione sterile e priva di valore: “Se gli ebrei volevano essere tedeschi, perché non gettavano al macero una fede spiritualmente priva di valore e non si convertivano? Solo così potevano dimostrare di volersi veramente integrare nella nazione” (anche in questo caso come non ricordare le affermazioni di alcuni nostri rappresentanti per quanto concerne la fede islamica, secondo alcuni addirittura incompatibile con la nostra costituzione!), ben presto iniziarono pubblicazioni che accusavano gli ebrei di omicidi rituali (Der Talmudjude, L’ebreo del Talmud di August Rohling)[21]. Anche in questo caso come non riflettere sugli allarmi circa i riti voodoo praticati dagli immigrati?


Giunsero poi le teorie razziste, che portarono acqua al mulino dell’antisemitismo religioso. Iniziò la feroce diffusione di libri[22] e immagini stereotipate del nemico, in cui l’ebreo veniva rappresentato avido di denaro e bramoso di accoppiarsi con una donna ariana. Una raffigurazione che ebbe larghissima diffusione fu quella del grasso banchiere ebreo intento ad accarezzare una donna bionda che gli sta sulle ginocchia. Il messaggio propagandistico era tanto atroce quanto chiaro: l’ebreo non solo depredava i tedeschi della loro ricchezza (l’ebreo cinico ed avido di denaro) e della loro spiritualità (con la loro religione sterile e priva di valori), ma, profanando le loro donne, ne minacciava anche la purezza razziale.


Il timore di contaminazione razziale tramite matrimoni misti divenne una vera e propria ossessione per i nazionalisti, che ritenevano che la mescolanza degli elementi razziali avrebbe comportato un rapido declino della cultura e del valore nazionali, culminante nell'estinzione della razza[23].


Ma ancora non basta. Per spingere ancora di più sulla paura, e dipingere il nemico come mortale per l’intera umanità, non può mancare il complotto per conquistare il mondo.


Il primo romanzo che narra di un complotto giudaico è, pensate, del 1868, Biarritz. Il suo autore, Hermann Goedsche (anche se aveva assunto lo pseudonimo più romantico di Sir John Retcliffe) nel romanzo narra di un complotto contro il mondo dei gentili. I cospiratori ebraici si riuniscono nel «misterioso» cimitero del ghetto di Praga, a complottare per impadronirsi del mondo intero. Il suo romanzo, agli occhi dei nazisti, divenne, poi, prova documentale della cospirazione mondiale degli israeliti (Sic!)[24]. (Gustosissimo, a questo proposito, è il libro di Umberto Eco, Il cimitero di Praga. Protagonista del romanzo è Simone Simonini, notaio, spia, falsario e accanito antisemita. Un libro straordinario, che evidenzia non solo stereotipi e pregiudizi, ma anche le debolezze caratteriali, nonché le carenze culturali, intellettuali, etiche e morali di chi vi presta fede. Peccato che in Italia si legga poco).


Se questo romanzo, però, ebbe poco successo del diffondere la teoria del complotto, diversamente purtroppo accadde con i Protokolle der Weisen von Zion (i Protocolli dei Saggi di Sion) un falso confezionato dall’Okhrana (la polizia segreta zarista).


Perché questo falso, a differenza del romanzo Biarritz, ebbe tanta fortuna?
Per un motivo tanto semplice quanto atroce. Venne costruito su una realtà esistente. È questo che garantisce il successo di un falso. Un po’ come le menzogne: è più difficile scoprire quelle che contengono all'interno anche delle marginali verità.


Quando si costruisce un falso su una realtà esistente - ovviamente dicendo, e trovando anche riferimenti storici ad hoc, che si tratta di un complotto che parte da molto lontano - si ha l’enorme vantaggio che non ha alcuna importanza se viene smascherato come falso, perché la storia lo dimostra vero. Che i Protocolli dei Saggi di Sionfossero un falso, costruito dall’Okhrana, venne pubblicato anche dal Times di Londra nel 1921. Questo, naturalmente, venne fatto notare ad Hitler, il quale ebbe buon gioco a rispondere che non aveva alcuna importanza se i Protocolli fossero una falsificazione o se fossero veri: la storia li dimostrava veri. Gli ebrei, insomma, non avevano scampo: se il testo era vero, li condannava. Se era falso, veniva comunque verificato dalla realtà[25].


Anche oggi abbiano il nostro bel complotto naturalmente. È il famigerato Piano Kalergi, secondo cui gli abitanti dei futuri “Stati Uniti d’Europa” non saranno i popoli originali del Vecchio continente, bensì una sorta di sub-umanità resa bestiale dalla mescolanza razziale. Secondo il Piano Kalergi è necessario incrociare i popoli europei con razze asiatiche e di colore, per creare un gregge multietnico senza qualità e facilmente dominabile dall’élite al potere. Anche in questo caso è stato detto e scritto che si tratta di un falso ma, per la maggior parte della popolazione, non ha importanza se il Piano Kalergi sia falso o no, la storia lo dimostra vero. Gli immigrati, insomma, non hanno scampo: se il testo è vero li condanna, se è falso, è comunque verificato dalla realtà.


Le leve psicologiche utilizzate in questi due falsi sono le stesse: si prende una realtà esistente (ieri gli ebrei, oggi gli immigrati), la si veste di un complotto programmato e atroce, che ha come obiettivo l’estinzione o la sottomissione di milioni di persone, e le si permette di crescere.


Eppure è così facile smascherare questi falsi. Entrambi, infatti, si basano su un assunto di base assolutamente falsificato: l’uomo viene reso più forte dall'incrocio tra razze allo stesso modo in cui una cultura è ricca solo se ha intensi rapporti con altre culture. Basterebbe questa semplice riflessione per comprendere. Ma, quando viene diffuso odio e paura, la popolazione perde la capacità di critica.


E così come ieri un falso, costruito su una teoria falsa, costruita ad arte e contro ogni riscontro scientifico, quella della superiorità della razza ariana, ha conquistato le menti milioni di persone e portato all'Olocausto, speriamo che oggi, un altro falso, che torna a parlare di razza, non diffonda il suo perverso contagio.


Una teoria, quella della superiorità della razza, non solo assolutamente falsa, ma così assurda, che proprio chi la propagandava si stupiva che potesse essere creduta. Sto riferendomi a Goebbels che, in attesa di essere processato a Norimberga, parlando con il medico che lo assisteva, Kelly, alla domanda di questo se fosse d’accordo con la teoria della inferiorità razziale dei non ariani, Goebbels rispose: “Nessuno crede a queste fandonie”. Quando il medico gli ricordò che quelle fandonie avevano provocato la morte di sei milioni di persone, Goebbels rispose: “Be’, è stata una propaganda politica efficace”.


Già, una propaganda politica tragicamente efficace. Infatti stereotipi del genere non potevano che trasformare il problema ebraico, in un «problema etico» (il grido di «Juda verrecke» “Crepa giudeo”, entrò nell'uso comune).


La questione ebraica, insomma, non poteva più essere risolta con la tolleranza e l’integrazione, ma andava considerata nei termini di una contesa mortale, che avrebbe visto la vittoria definitiva o del modo d’essere giudaico o di quello «veramente» tedesco[26]. Pare di sentire le follie oggi in circolazione sullo “Scontro di civiltà”. Eppure, come evidenzia correttamente Franco Cardini, basterebbe un bignamino per capire che si tratta di fuffa. Il tragico, però, è che la gente ci crede.


Notato i passaggi? Ricordiamoli brevemente, perché sono importanti. Nell'opera di costruzione e disumanizzazione del nemico si opera sempre per gradi:


Si inizia con la distinzione tra l’Altro integrato e l’Altro non integrato. Distinzione che si fa più semplice se il nuovo venuto è povero e parla un idioma diverso.
Poi si condanna l’Altro per la sua religione, considerata priva di valori. Condanna che diviene assoluta se si iniziano a diffondere elementi circa la pratica di rituali disumani.
Alla fine, confezionato un falso complotto, la contesa con l’Altro diviene mortale, perché il rischio è l’estinzione.

5. Quando il nemico diventa strumento politico.


Come abbiamo visto l’antisemitismo era vivo in Germania sin dalla metà dell’800. Cosa successe di diverso che portò la situazione degli ebrei, negli anni’30, a precipitare sino alla “soluzione finale”?


È questo un aspetto, infatti, che ci interessa da vicino.


Certo, ci fu la Prima guerra mondiale, il vergognoso Trattato di Versailles, la Rivoluzione russa, ecc. Ma non fu questo a far precipitare la situazione.


Ciò che fece precipitare la situazione fu che salì al potere un uomo che decise di fare dell’antisemitismo uno strumento politico.


Hitler, abile nell’uso della propaganda, iniziò a diffondere il messaggio che soltanto togliendo gli ebrei di mezzo la Germania avrebbe ritrovato l’antica gloria e risolto i suoi problemi.


Naturalmente era un falso. I problemi della Germania erano altri.


Ma, allora, perché Hitler fece questa scelta? Perché Hitler sapeva bene che senza fondi - e i fondi non potevano venire che dalle sovvenzioni degli industriali, da enti finanziari e da singoli borghesi - non ci sarebbe stato movimento alcuno, non ci sarebbero stati successi elettorali, né il potere.


Inoltre Hitler, seppur inizialmente il partito si era dato un volto anticapitalistico, non aveva alcuna intenzione di rovesciare la struttura economica capitalista della Germania.


Ed allora come fare per ottenere il consenso necessario? Semplice, diminuendo l’enfasi anticapitalistica e ripiegando sull’antisemitismo. A partire dal momento in cui l’ebreo venne designato quale nemico del partito e del popolo, la medio alta borghesia poté dirsi salva da una rivoluzione sociale ed economica che non voleva[27].


Perché ho evidenziato questo ultimo passaggio? Perché i problemi dell’Italia sono tanti e complessi. In questa campagna elettorale, però, da parte di alcuni partiti, si sente solo parlare di immigrati.
È un bieco stratagemma già usato in passato. Basta cambiare il nemico, ieri l’ebreo, oggi l’immigrato.


In un mondo globalizzato, dove le decisioni politiche vengono prese altrove, dove in un periodo di austerità e crisi non si può offrire molto ai lavoratori, elettori, studenti e fruitori delle infrastrutture pubbliche, come fare ad ottenere il consenso? Alimentando il nazionalismo, alimentando la speranza di una de-globalizzazione unilaterale, la promessa del ritorno allo splendore dei tempi passati, alimentando la paura dell’altro, diffondendo xenofobia e islamofobia e promettendo sicurezza; in questa vergognosa operazione aiutati da giornali e televisioni irresponsabili[28].


Il nazionalismo è utile per coloro che non esitano a strumentalizzare l’odio verso gruppi diversi al fine di consolidare il proprio potere: «Il contrasto fra ‘noi’ e ‘loro’, la lotta comune contro quelli che stanno fuori dal gruppo, perché questo presenta il vantaggio di non doversi preoccupare troppo di presentare un qualsiasi altro programma positivo»[29].


E, come dice correttamente Franco Cardini, continua, cambiando perennemente veste, la sanguinosa tragicommedia che ieri accese quel nazionalismo che ha distrutto l’Europa; oggi – mutatis mutandis – essa anima i miserabili pretesti di chi finge di credere, o vuole far credere, che i nostri guai non nascono dalla cinica e folle politica economico-finanziaria delle grandi lobbies multinazionali, bensì dai disperati che arrivano da noi in cerca di soccorso[30].


È questa la chiave del successo di partiti e movimenti xenofobi, razzisti e guidati da leader che agitano la bandiera dell’interesse nazionale in Europa.


In qualsiasi nazione europea la propaganda è la stessa. Basti pensare al Front National guidato da Marine Le Pen con lo slogan: «La Francia ai francesi».


Non facciamoci ingannare e guardiamoci da chi mette in atto i passaggi sopra evidenziati. Da chi crea un nemico e lo disumanizza. Da chi alimenta la paura, perché la paura è una risorsa da cui attingere consenso.


Tutto questo provoca una cosa sola: invece di esserci una crescita intelligente, parlando dei problemi esistenti all’interno della nostra società, discutiamo di qual è la cosa di cui dovremmo avere più paura. Ma attenzione, perché una società che ha paura è una società pericolosa[31].


[1] Altiero Spinelli, Il progetto europeo, Biblioteca federalista, Edizioni il Mulino, Bologna, 1985, pp. 31-32: La rivoluzione europea per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista, cioè dovrà proporsi l’emancipazione delle classi lavoratrici e la realizzazione per esse di condizioni più umane di vita... non si possono più lasciare ai privati le imprese che, svolgendo una attività necessariamente monopolistica, sono in condizione di sfruttare le masse dei consumatori, ad esempio le industrie elettriche... le imprese che per la grandezza dei capitali investiti e il numero degli operai occupati, o per l’importanza del settore che dominano, possono ricattare gli organi dello stato, imponendo la politica per loro più vantaggiosa (es: industrie minerarie, grandi istituti bancari, grandi armamenti). È questo il campo in cui si dovrà procedere senz’altro ad una nazionalizzazione su scala vastissima, senza alcun riguardo per i diritti acquisiti
[2] Maurice Allais e Paul Anthony Samuelson.
[3] Martin Wolf: “Qualunque unione valutaria tra economie diverse è inevitabilmente un’avventura pericolosa. Ma se si fonda su idee errate sul modo in cui dovrebbe funzionare, può rivelarsi catastrofica”.
[4] Danimarca: protocolli n. 16, 17 e 22, 32; Francia: protocollo 18; Irlanda, Regno Unito e Irlanda del nord: protocolli 15, 19, 20, 21; Regno Unito e Polonia: protocollo 30; Antille Olandesi: protocollo 31; Irlanda: protocollo 35. I protocolli fanno parte integrante del Trattato di Lisbona.
[5] Altiero Spinelli, 1985, pg. 44: «In assenza di proibizioni, è possibilissimo procurarsi posizioni che rappresentino un danno per altri ed un vantaggio per sé. Perché un tale abuso accada, non è necessario supporre una particolare perversa volontà di sopraffazione: basta che uno stato pensi che il suo dovere sia non già di provvedere al benessere di tutti gli uomini, ma a quello dei suoi cittadini».
[6] Cfr. Zygmunt Bauman, Il demone della paura. Ed. Laterza
[7] Cfr. Jacques Sémelin, Purificare e distruggere. Usi politici dei massacri e dei genocidi. Ed. Einaudi
[8] Cfr. George L. Mosse, Le origini culturali del terzo Reich. Ed. Il Saggiatore
[9] Cfr. Emilio Gentile, L’apocalisse della modernità. Ed. Mondadori
[10] Ibidem
[11] Cfr. Simona Colarizi, Novecento d'Europa. L'illusione, l'odio, la speranza, l'incertezza. Ed. Laterza
[12] Cfr. George L. Mosse, Le origini culturali del terzo Reich. Ed. Il Saggiatore
[13] Ibidem.
[14] Cfr. Simona Colarizi, Novecento d'Europa. L'illusione, l'odio, la speranza, l'incertezza. Ed. Laterza
[15] George L. Mosse, Le origini culturali del terzo Reich. Ed. Il Saggiatore
[16] Ibidem. Der Büttnerbauer, Il contadino di Büttner, di Wilhelm von Polenz), pubblicato nel 1895, si narra una vicenda destinata, nei suoi tratti essenziali, a divenire convenzionale: un contadino si indebita con un ebreo che pone il sequestro sulla sua terra, vendendola poi a un capitano di industria che a sua volta vi costruisce una fabbrica. La conclusione è che l’eroe contadino si impicca, con lo sguardo devotamente rivolto alla terra che è stata sua, e che tra poco sparirà sotto le macchine e le fabbriche.
[17] George L. Mosse, Le origini culturali del terzo Reich. Ed. Il Saggiatore
[18] Cfr. Simona Colarizi, Novecento d'Europa. L'illusione, l'odio, la speranza, l'incertezza. Ed. Laterza
[19] George L. Mosse, Le origini culturali del terzo Reich. Ed. Il Saggiatore
[20] L’emancipazione ebraica fu lunga e difficile. “Fino al 1812, gli ebrei erano stati trattati alla stregua di un gruppo a se stante residente su suolo tedesco e, se da un lato si permetteva loro di svolgere le proprie attività commerciali in base a speciali «privilegi», d’altra parte dovevano per questo pagare imposte speciali. Anche dopo il 1812, però, l’accesso alle cattedre universitarie fu vietato agli intellettuali ebrei, insieme alla carriera di ufficiale dell’esercito: erano, queste, limitazioni gravi in una società in cui quello di «ufficiale della riserva» costituiva un cospicuo simbolo sociale e in cui le cariche accademiche assicuravano larga stima e stabilità economica. Anche se, dopo l’occupazione napoleonica, le mura dei ghetti più non si sarebbero alzate, l’emancipazione si trovava a percorrere una strada quanto mai accidentata; caduto Napoleone, gli stati tedeschi si erano affrettati a imporre rinnovate restrizioni agli ebrei, e c’era voluta la rivoluzione del 1848 perché una più vasta emancipazione fosse proclamata… L’emancipazione ebraica non ebbe effettivamente luogo fino al 1918: prima di quella data, l’ebreo non battezzato non poteva aspirare alla carriera di ufficiale né a quella di professore universitario”. In George L. Mosse, Le origini culturali del terzo Reich. Ed. Il Saggiatore.
[21] Ibidem
[22] In George L. Mosse, Le origini culturali del terzo Reich. Ed. Il Saggiatore: Artur Diner vende centinaia di migliaia di copie del suo libro dal titolo Die Sünde wider das Blut (Il peccato contro il sangue) in cui si narra la profanazione della purezza razziale di una donna tedesca a opera di un ricco ebreo.
[23] Le leggi di Norimberga fecero di questa ossessione un sistema legale, dilatandolo al punto da proibire agli ebrei di avere persone di servizio cristiane.
[24] Cfr. George L. Mosse, Le origini culturali del terzo Reich. Ed. Il Saggiatore
[25] Cfr. Luigi Zoja, Paranoia. La follia che fa la storia. Ed. Bollati Boringhieri
[26] Cfr. George L. Mosse, Le origini culturali del terzo Reich. Ed. Il Saggiatore
[27] Ibidem.
[28] Cfr. La grande regressione: Quindici intellettuali da tutto il mondo spiegano la crisi del nostro tempo. Heinrich Geiselberger,‎ Arjun Appadurai,‎ Zygmunt Bauman,‎ Donatella della Porta,‎ Nancy Fraser,‎ Eva Illouz,‎ Ivan Krastev,‎ Bruno Latour,‎ Paul Mason,‎ Pankaj Mishra,‎ Robert Misik,‎ Oliver Nachtwey,‎ César Rendueles,‎ Wolfgang Streeck,‎ David Van Reybrouck,‎ Slavoj Žižek. Ed. Feltrinelli
[29] Cfr. William Easterly e Fabio Galimberti. La Tirannia degli esperti: Economisti, dittatori e diritti negati dei poveri. Ed. Laterza
[30] Cfr. Franco Cardini. L’ipocrisia dell’Occidente: Il Califfo, il terrore e la storia. Ed. Laterza
[31] Cfr. Zygmunt Bauman, Il demone della paura. Ed. Laterza