sabato 6 aprile 2019

LA FINANZA E IL SETTORE DEGLI ARMAMENTI

Contributo di Giorgio Beretta della campagna di pressione “Banche Armate” 



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Il rapporto tra le istituzioni finanziarie e le aziende del settore militare è da tempo oggetto di attenzione da parte della società civile internazionale ed in particolare delle associazioni che si prefiggono un controllo attivo sulla produzione e sul commercio dei sistemi militari e delle armi di piccolo calibro per promuovere politiche di disarmo o anche solo di maggior trasparenza sulle attività dell’industria militare o, più semplicemente, per prevenire esportazioni di armi che possano esseri utilizzate per la repressione interna, l’aggressione internazionale o contribuire all’instabilità regionale. Le crescenti interconnessioni tra le industrie degli armamenti – le cui cento principali aziende hanno registrato nel 2012 vendite di sistemi militari per circa 395 miliardi di dollari, cifra che equivale al prodotto interno lordo dei 72 Paesi più poveri del mondo – e i gruppi bancari e finanziari preoccupano ampi strati della società civile internazionale sia per l’opacità che caratterizza questi settori, le cui operazioni sono spesso coperte dal segreto militare e bancario, sia per l’incidenza dei fenomeni corruttivi: uno studio dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) riporta che il commercio degli armamenti, pur rappresentando solo una piccola percentuale di tutto il commercio mondiale, comprende circa il 40% di tutta la corruzione globale, imponendo così un pesante fardello sia ai paesi fornitori che ai paesi acquirenti e danneggiando le stesse istituzioni democratiche. Il quadro internazionale Queste interconnessioni indicano l’ampliarsi di quel “complesso militare-industriale” riguardo al quale il presidente americano Dwight D. Eisenhower metteva in guardia gli Stati Uniti già negli anni Cinquanta e che oggi, in regime di globalizzazione, va sempre più configurandosi come un “complesso militare-finanziario-industriale internazionale”. Alla sua espansione stanno contribuendo in modo crescente i recenti processi di privatizzazione e internazionalizzazione delle maggiori imprese militari occidentali e il ruolo sempre più preponderante dei gruppi bancari e finanziari sulle attività del mondo industriale e in particolare delle aziende, come quelle del settore militare, che necessitano di ampi e costanti investimenti per la ricerca e lo sviluppo di nuovi sistemi e tecnologie. Tutto ciò sta avendo notevoli ripercussioni sia sugli attori statali (governi, rappresentanze politiche, ecc.) per quanto concerne l’effettiva possibilità di determinare in modo autonomo e incondizionato le proprie politiche riguardo ai sistemi per la difesa e di implementare dei criteri limitativi sulle esportazioni di armamenti, sia sulla capacità degli attori non statali (associazioni e movimenti della società civile, rappresentanze dei lavoratori ecc.) di incidere sulle politiche nazionali di produzione ed esportazione di armamenti. Sono questioni che riguardano da vicino soprattutto i paesi dell’Unione europea e, in particolare, l’Italia. Come evidenzia un recente documento del Comitato economico e sociale europeo, la necessità per le industrie del settore degli armamenti di minimizzare i costi di progettazione e sviluppo dei propri sistemi militari e, più di recente, di far fronte alla riduzione degli stanziamenti disponibili per i budget militari a seguito della crisi economico-finanziaria “sta trasformando alcuni ministri della Difesa in promotori delle esportazioni esplicitamente riconosciuti”. In questo contesto, gli sforzi tesi ad attuare una politica estera e di sicurezza comune, ridefinendo anche il ruolo e la funzione dell’industria europea della difesa, rischiano di essere sopraffatti da logiche di tipo industriale e finanziario, dalla necessità cioè delle industrie militari da un lato di mantenersi concorrenziali in un mercato globale degli armamenti sempre più competitivo e dall’altro di dover rispondere ai propri azionisti e finanziatori privati più che ai rappresentanti politici democraticamente eletti. Le campagne internazionali e le attività finanziarie nell’industria militare Alle storiche iniziative, promosse soprattutto da movimenti religiosi, di boicottaggio delle attività a sostegno della produzione di armi, tabacco, prodotti alcolici e pornografici, sono subentrate a partire dagli anni Ottanta diverse campagne più specificamente dirette verso le istituzioni bancarie che finanziano la produzione di sistemi d’arma e il loro commercio. Negli anni recenti sono state soprattutto di tre tipi le iniziative internazionali che hanno posto l’attenzione sulle attività finanziarie a sostegno del settore degli armamenti: la prima, promossa soprattutto dall’ong belga Netwerk Vlaanderen (oggi FairFin) e dalla sezione olandese di IKV Pax Christi ha diffuso diversi rapporti sulle istituzioni finanziarie coinvolte nella produzione di bombe a grappolo (cluster bombs); la seconda, promossa dalla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN) ha diffuso due rapporti sulle attività delle istituzioni finanziarie pubbliche e private a sostegno delle industrie coinvolte nella produzione, manutenzione e modernizzazione delle armi nucleari; la terza, promossa da un ampio gruppo di associazioni di paesi europei, ha reso noto rapporti e informazioni sia sulle attività delle Agenzie di Credito a favore dell’esportazione di sistemi militari, sia sui gruppi bancari internazionali e nazionali che forniscono servizi all’esportazione di armamenti. Le campagne nei confronti delle istituzioni finanziarie coinvolte nella produzione di ordigni nucleari e di bombe a grappolo si caratterizzano innanzitutto per rivolgere la loro attenzione verso specifici settori della produzione di armamenti, quelli cioè dagli effetti indiscriminati e devastanti come gli ordigni nucleari o particolarmente brutali come le bombe a grappolo. Sono sistemi di armamento verso cui la società civile internazionale mostra da tempo una forte e ampia sensibilità che spesso però il mondo bancario tende a minimizzare definendo questi sistemi come “controversi”: si tratta di fatto – e come tali andrebbero definititi – di armi di distruzione di massa la cui proliferazione è vietata da trattati internazionali (le bombe nucleari) o esplicitamente messe al bando, come le munizioni a grappolo. Entrambe queste campagne hanno un triplice merito: innanzitutto hanno saputo identificare le industrie in qualche modo coinvolte nella produzione di questi sistemi militari; in secondo luogo hanno rivelato, grazie soprattutto alle preziose informazioni fornite dalla società di ricerche Profundo, i tipi di finanziamento e di servizi offerti dai maggiori gruppi bancari internazionali alle industrie produttrici di questi armamenti; in terzo luogo, hanno saputo promuovere specifiche azioni di pressione nei confronti degli istituti bancari per chiedere di porre fine ai finanziamenti e ai servizi a sostegno della produzione di questi sistemi. Non vanno però sottovalutati i limiti e i problemi di queste campagne: circoscrivere l’attenzione a specifiche tipologie di armamento come gli ordigni nucleari e le bombe a grappolo può infatti indurre a considerare in qualche modo meno rilevanti – se non addirittura a legittimare – le operazioni finanziarie collegate alla produzione e commercializzazione delle armi convenzionali e delle armi di piccolo calibro che sono quelle maggiormente impiegate nei conflitti attuali. Ma soprattutto, porre il centro di interesse sulle attività di partecipazione e di finanziamento, diretto o indiretto, dei gruppi bancari alle aziende produttrici di questi sistemi militari espone queste campagne ad una critica sostanziale: quella di incidere su un settore la cui produzione non riguarda, tranne alcuni casi specifici, solamente – e talvolta nemmeno principalmente – i sistemi militari ma che realizza soprattutto sistemi civili. [Tra le aziende identificate da queste campagne figurano, ad esempio, la Boeing (solo un terzo dei sistemi che vende è di tipo militare), la RollsRoyce (all’incirca un quarto) o il gruppo europeo EADS (poco più di un quinto)]. In questo senso, se è certamente necessaria la richiesta alle istituzioni bancarie che finanziano queste aziende di escludere tutte le operazioni che riguardano la produzione di armi di distruzione di massa o dagli effetti indiscriminati, è invece meno efficace la semplice richiesta di “disinvestire” dalle aziende a produzione militare e civile: occorrerebbe, piuttosto, promuovere azioni di disinvestimento mirate allo specifico settore degli ordigni nucleari e delle bombe a grappolo – o anche al più generale settore militare – per promuovere gli investimenti nel settore civile di queste aziende. Le campagne nazionali e la responsabilità sociale delle banche Queste due campagne, però, hanno fornito un importante contributo di informazioni anche alle associazioni che chiedono ai gruppi bancari di definire criteri più stringenti di responsabilità sociale d’impresa per il settore degli armamenti convenzionali e soprattutto di migliorare la trasparenza per le operazioni di finanziamento e di servizi alla produzione e alla commercializzazione di sistemi militari e delle armi di piccolo calibro. Pur mettendo in atto campagne soprattutto a livello nazionale anche queste iniziative stanno ottenendo risultati importanti soprattutto per quanto riguarda l’implementazione da parte dei gruppi bancari con sede nell’Unione europea di direttive atte a regolamentare le operazioni con un settore, quello dell’industria militare che, sebbene abbia come principali acquirenti i ministeri della difesa, ricava ampi profitti dalla vendita di armamenti a paesi in zone di conflitto, in cui si verificano costanti violazioni dei diritti umani e forti limitazione delle libertà democratiche e che, pur presentando bassi indici di sviluppo umano e ampi strati di povertà tra la popolazione, impiegano ampie risorse nella spesa militare. Da diversi anni sono infatti i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, della Penisola araba e del Subcontinente indiano i principali destinatari dei sistemi militari esportati dai paesi dell’Unione europea. In questo contesto vanno segnalate le campagne promosse dalle già menzionate associazioni belghe Netwerk Vlaanderen (oggi FairFin) e olandesi IKV Pax Christi presso le banche dei rispettivi paesi, quelle dirette verso le banche con sede in Spagna promosse dalla Commissione Giustizia e Pace di Barcellona insieme al Centro Studi per la Pace J. M. Delàs, all’associazione SETEM che promuove la finanza etica e all’Osservatorio sul Debito nella Globalizzazione (ODG), quelle in Francia promosse dall’associazione Amis de la Terre (Amici della Terra), in Germania dall’associazione Urgewald e dalla campagna Facing Finance. Ma soprattutto è da segnalare l’attività della Campagna di pressione alle “banche armate” che, promossa dal 2000 dalle riviste “Missione Oggi” dei missionari saveriani, “Nigrizia” dei missionari comboniani e “Mosaico di pace” dell’associazione Pax Christi, è stata sostenuta da numerose associazioni della società civile italiana attente ai temi della finanza responsabile e del disarmo. Grazie alle iniziative di questa campagna tutti i maggiori gruppi bancari italiani hanno emanato direttive più rigorose per quanto riguarda gli specifici settori del finanziamento all’industria militare e soprattutto per le operazioni a sostegno delle esportazioni di armamenti italiani: alcuni istituti bancari hanno deciso di escludere totalmente dalla propria operatività queste operazioni (tra questi Monte dei Paschi di Siena, IntesaSanpaolo, Banca Popolare di Milano, Banco Popolare, Credito Valtellinese, ecc.), altri hanno deciso di limitare fortemente e di rendere trasparenti le proprie operazioni nel settore (tra questi soprattutto UBI Banca e Banca Popolare dell'Emilia Romagna), altre ancora di regolamentarle in modo più stringente (tra queste UniCredit e Crédit Agricole) o di circoscriverle solo ad alcuni paesi alleati (tra queste la banca BNL). Ciò ha inevitabilmente comportato una maggiore attività nel settore da parte di gruppi bancari esteri (soprattutto BNP Paribas e Deutsche Bank) favoriti anche dalla minor trasparenza su queste operazioni nelle rispettive legislazioni nazionali. Va però notato che anche in Italia, a partire dall’ultimo governo Berlusconi, la trasparenza in questo settore è stata fortemente intaccata: la sezione della relazione predisposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze risulta infatti mancante del voluminoso “Riepilogo in dettaglio suddiviso per Istituti di Credito” presente nelle Relazioni governative fin dall’entrata in vigore della legge n. 185 che dal 1990 regolamenta l’esportazione di sistemi militari italiani. Una mancanza, mai giustificata al Parlamento, che ha comportato la sottrazione di informazioni di primaria importanza non solo per verificare l’attuazione delle direttive emanate dalle banche italiane ma soprattutto per implementare forme di pressione puntuali e precise anche sulle banche estere. Questa sottrazione di informazioni non è certo frutto di una dimenticanza: sono state infatti numerose le richieste da parte della Campagna “banche armate” ai governi che si sono succeduti di ripristinare quella sezione della Relazione. E non va dimenticato che proprio le attività della campagna e le conseguenti direttive assunte dagli istituti bancari nazionali sono state oggetto delle reiterate lamentele della potente Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) che ha ripetutamente esplicitato le proprie rimostranze per l’assunzione da parte dei gruppi bancari nazionali di direttive limitative nei confronti delle industrie del settore militare. Segno evidente che le campagne della società civile, se ben dirette e documentate, possono incidere anche in un settore quanto mai opaco come quello dell’industria degli armamenti che non solo movimenta miliardi di euro, ma che soprattutto dovrebbe rispondere alla domanda di pace e di sicurezza delle popolazioni più che alle logiche del profitto e del mercato. 







LITURGIA DI DOMENICA 6 APRILE



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
   





 PRIMA LETTURA 

Is 43,16-21
Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore,
che aprì una strada nel mare
e un sentiero in mezzo ad acque possenti,
che fece uscire carri e cavalli,
esercito ed eroi a un tempo;
essi giacciono morti, mai più si rialzeranno,
si spensero come un lucignolo, sono estinti:
«Non ricordate più le cose passate,
non pensate più alle cose antiche!
Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada,
immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua al deserto,
fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi».

 SALMO 

Sal 125
Grandi cose ha fatto il Signore per noi.

Quando il Signore ristabilì la sorte di Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di sorriso,
la nostra lingua di gioia.

Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per noi:
eravamo pieni di gioia.

Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.

Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni.


 SECONDA LETTURA 

Fil 3,8-14
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési

Fratelli, ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore. Per lui ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero spazzatura, per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui, avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede: perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.
Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù.


 VANGELO 

Gv 8,1-11
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». 

PROPONIMENTO DEL GIORNO



Oggi svolgerò il mio lavoro, sia esso in ufficio, a scuola, in casa o in fabbrica, con serietà ed onestà e lo offrirò al Signore.

LITURGIA DEL GIORNO



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
  




 PRIMA LETTURA 

Ger 11,18-20
Dal libro del profeta Geremìa

Il Signore me lo ha manifestato e io l’ho saputo; mi ha fatto vedere i loro intrighi. E io, come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che tramavano contro di me, e dicevano: «Abbattiamo l’albero nel suo pieno vigore, strappiamolo dalla terra dei viventi; nessuno ricordi più il suo nome».
Signore degli eserciti, giusto giudice,
che provi il cuore e la mente,
possa io vedere la tua vendetta su di loro,
poiché a te ho affidato la mia causa.


 SALMO 

Sal 7
Signore, mio Dio, in te ho trovato rifugio.

Signore, mio Dio, in te ho trovato rifugio:
salvami da chi mi perseguita e liberami,
perché non mi sbrani come un leone,
dilaniandomi senza che alcuno mi liberi.

Giudicami, Signore, secondo la mia giustizia,
secondo l’innocenza che è in me.
Cessi la cattiveria dei malvagi.
Rendi saldo il giusto,
tu che scruti mente e cuore, o Dio giusto.

Il mio scudo è in Dio:
egli salva i retti di cuore.
Dio è giudice giusto,
Dio si sdegna ogni giorno.


 VANGELO 

Gv 7,40-53
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, all’udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Costui è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Costui è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice la Scrittura: “Dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide, verrà il Cristo”?». E tra la gente nacque un dissenso riguardo a lui.
Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno mise le mani su di lui. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto qui?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato così!». Ma i farisei replicarono loro: «Vi siete lasciati ingannare anche voi? Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
Allora Nicodèmo, che era andato precedentemente da Gesù, ed era uno di loro, disse: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!». E ciascuno tornò a casa sua.

venerdì 5 aprile 2019

Libia, ecco qual è il vero obiettivo di Haftar

libica haftar

Dopo i proclami bellicosi, da cui arriva l’annuncio ufficiale dell’avvio delle operazioni militari per la presa di Tripoli, Haftar lancia anche dichiarazioni più distensive e lo fa affidando il suo pensiero al portavoce Ahmed Al Mismari. Quest’ultimo a Bengasi nel pomeriggio di questo giovedì indice un’attesa conferenza stampa, seguita ovviamente da molti giornalisti locali. Ed è in questa sede, per l’appunto, che emerge il “tratto politico” dell’operazione messa in piede dal generale per la presa della capitale. 

“La conferenza nazionale si farà e noi la sosterremo” 

Il primo pensiero quando ben si comprende, durante le fasi di maggior tensione di questo giovedì, che tra Haftar e le forze fedeli al governo di Tripoli si rischia lo scontro frontale, inevitabilmente va alla conferenza nazionale di Ghadames. Programmata per metà aprile, mentre sul web si diffondono immagini di avanzate dell’esercito di Haftar e di milizie misuratine che convergono su Tripoli, dalla Libia circolano voci su un possibile rinvio dell’appuntamento voluto dall’Onu. La conferenza di Ghadames infatti, è la prima tappa del percorso ideato a novembre dalle Nazioni Unite e dall’alto rappresentante Ghassan Salamé per giungere alla pacificazione del paese africano. Ma con uno scontro militare sempre più evidente a dieci giorni dall’apertura dei lavori, è difficile immaginare in che modo essa possa raggiungere i suoi obiettivi. 

Ed invece Al Mismari riporta le intenzioni propositive di Haftar: “Noi crediamo in questa conferenza – afferma il portavoce del generale nella conferenza stampa, così come riporta l’AdnKronos – Lavoreremo perchè si riveli un successo importante”. Del resto, secondo Al Mismari, quella in corso a Tripoli altro non è che un’operazione anti terrorismo: “Vogliamo ripulire anche l’ovest della Libia da miliziani ed estremisti”, prosegue infatti il portavoce dell’uomo forte della Cirenaica. Quasi a sottolineare come, in realtà, da parte di Haftar c’è solo la voglia di giungere nella capitale non per controllarla ma per attuare l’ultimo piano della sua azione anti terrorismo. 

Tra forza militare e velleità politiche

Ecco quindi l’emergere del “doppio lavoro” di queste frenetiche ore da parte di Haftar. Da un lato si erge a comandante in capo di una delle battaglie che potrebbe risultare tra le più decisive per le sorti della Libia, dall’altro invece appare come un uomo politico pronto a trovare soluzioni diplomatiche alla crisi. Una strategia dal doppio binario dunque, che sottintende quelli che potrebbero essere i veri obiettivi del generale alla base della sua avanzata verso Tripoli. In particolare, pur rompendo gli equilibri instauratisi all’indomani del vertice di Palermo, Haftar non vuole interrompere del tutto il percorso avviato con l’Onu e certificato anche dal recente vertice avuto con Al Sarraj ad Abu Dhabi

Più semplicemente, ad Haftar basta arrivare alla periferia di Tripoli per poter rivendicare ancora più forza proprio a Ghadames e passare all’incasso prettamente politico in sede di conferenza nazionale. Niente deposizione di Al Sarraj, niente stravolgimento dell’attuale quadro istituzionale e niente stop al piano delle Nazioni Unite: non c’è da aspettarsi nessuna di queste ipotesi. Il generale vuole solo dimostrare la sua capacità nel prendersi il paese anche sparando pochi colpi. L’eventuale avanzata definitiva su Tripoli prima dell’appuntamento di Ghadames, altro non è che l’ultimo tassello prima di presentarsi al cospetto degli altri attori libici come unico soggetto realmente indispensabile per il futuro della Libia. E, in fondo, a lui preme quasi esclusivamente questo.

PROPONIMENTO DEL GIORNO


Reciterò trentatrè Gloria Patri in onore dei trentatrè anni vissuti da Gesù con Maria sua madre.


LITURGIA DI OGGI



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
   



 PRIMA LETTURA 

Sap 2,1.12-22
Dal libro della Sapienza

Dicono [gli empi] fra loro sragionando:
«Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo
e si oppone alle nostre azioni;
ci rimprovera le colpe contro la legge
e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta.
Proclama di possedere la conoscenza di Dio
e chiama se stesso figlio del Signore.
È diventato per noi una condanna dei nostri pensieri;
ci è insopportabile solo al vederlo,
perché la sua vita non è come quella degli altri,
e del tutto diverse sono le sue strade.
Siamo stati considerati da lui moneta falsa,
e si tiene lontano dalle nostre vie come da cose impure.
Proclama beata la sorte finale dei giusti
e si vanta di avere Dio per padre.
Vediamo se le sue parole sono vere,
consideriamo ciò che gli accadrà alla fine.
Se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto
e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
Mettiamolo alla prova con violenze e tormenti,
per conoscere la sua mitezza
e saggiare il suo spirito di sopportazione.
Condanniamolo a una morte infamante,
perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà».
Hanno pensato così, ma si sono sbagliati;
la loro malizia li ha accecati.
Non conoscono i misteriosi segreti di Dio,
non sperano ricompensa per la rettitudine
né credono a un premio per una vita irreprensibile.


 SALMO 

Sal 33
Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato.

Il volto del Signore contro i malfattori,
per eliminarne dalla terra il ricordo.
Gridano i giusti e il Signore li ascolta,
li libera da tutte le loro angosce.

Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato,
egli salva gli spiriti affranti.
Molti sono i mali del giusto,
ma da tutti lo libera il Signore.

Custodisce tutte le sue ossa:
neppure uno sarà spezzato.
Il Signore riscatta la vita dei suoi servi;
non sarà condannato chi in lui si rifugia.


 VANGELO 

Gv 7,1-2.10.25-30
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù se ne andava per la Galilea; infatti non voleva più percorrere la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo.
Si avvicinava intanto la festa dei Giudei, quella delle Capanne. Quando i suoi fratelli salirono per la festa, vi salì anche lui: non apertamente, ma quasi di nascosto.
Alcuni abitanti di Gerusalemme dicevano: «Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, eppure non gli dicono nulla. I capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov’è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia».
Gesù allora, mentre insegnava nel tempio, esclamò: «Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure non sono venuto da me stesso, ma chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato».
Cercavano allora di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora.

giovedì 4 aprile 2019

LA BELLA VITA DEI ROM IN PATRIA

La politica in Parlamento fa finta di non capire: i rom vanno allontanati dall'Italia come fece Sarkozy in Francia. Sono persone aliene alla nostra cultura e religione dunque non integrabili. Si sente già parlare di razzismo da una parte politica che ha permesso lo stanziamento perpetuo di intere carovane di rom che hanno fatto "terra bruciata" ovunque si sono accampate. Come se non bastasse, i rom risultano idonei a percepire il reddito di cittadinanza, quando si sa bene che tanti di loro provengono da tribù ricche che in patria hanno mercedes, ville e vivono nel lusso.

A Bologna la Guardia di Finanza ha sgominato una banda di 18 rom in teoria nullatenenti ma che possedevano auto di lusso, case, terreni. (Monica Raucci)




Vengono in Italia per vivere di opportunità e furbizie, guadagnano alle nostre spalle e portano tutto in patria, sono i Rom con cui abbiamo parlato a Lambrate. Servizio e intervista a cura di Sonia Bedeschi

PROPONIMENTO DEL GIORNO


Oggi voglio rinunciare ad un mio momento di divertimento o di riposo per andare a trovare un parente, un amico o un conoscente ammalato o, non potendo, farò almeno una telefonata.


LITURGIA DI OGGI



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
  
  



 PRIMA LETTURA 

Es 32,7-14
Dal libro dell’Èsodo

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostràti dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.


  SALMO  

Sal 105
Ricòrdati di noi, Signore, per amore del tuo popolo.

Si fabbricarono un vitello sull’Oreb,
si prostrarono a una statua di metallo;
scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia erba.

Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
meraviglie nella terra di Cam,
cose terribili presso il Mar Rosso.

Ed egli li avrebbe sterminati,
se Mosè, il suo eletto,
non si fosse posto sulla breccia davanti a lui
per impedire alla sua collera di distruggerli.


 VANGELO 

Gv 5,31-47
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai Giudei:
«Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera. C’è un altro che dà testimonianza di me, e so che la testimonianza che egli dà di me è vera.
Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.
Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.
E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato.
Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita.
Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?
Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».