Dopo i proclami bellicosi, da cui arriva l’annuncio ufficiale dell’avvio delle operazioni militari per la presa di Tripoli, Haftar lancia anche dichiarazioni più distensive e lo fa affidando il suo pensiero al portavoce Ahmed Al Mismari. Quest’ultimo a Bengasi nel pomeriggio di questo giovedì indice un’attesa conferenza stampa, seguita ovviamente da molti giornalisti locali. Ed è in questa sede, per l’appunto, che emerge il “tratto politico” dell’operazione messa in piede dal generale per la presa della capitale.
“La conferenza nazionale si farà e noi la sosterremo”
Il primo pensiero quando ben si comprende, durante le fasi di maggior tensione di questo giovedì, che tra Haftar e le forze fedeli al governo di Tripoli si rischia lo scontro frontale, inevitabilmente va alla conferenza nazionale di Ghadames. Programmata per metà aprile, mentre sul web si diffondono immagini di avanzate dell’esercito di Haftar e di milizie misuratine che convergono su Tripoli, dalla Libia circolano voci su un possibile rinvio dell’appuntamento voluto dall’Onu. La conferenza di Ghadames infatti, è la prima tappa del percorso ideato a novembre dalle Nazioni Unite e dall’alto rappresentante Ghassan Salamé per giungere alla pacificazione del paese africano. Ma con uno scontro militare sempre più evidente a dieci giorni dall’apertura dei lavori, è difficile immaginare in che modo essa possa raggiungere i suoi obiettivi.
Ed invece Al Mismari riporta le intenzioni propositive di Haftar: “Noi crediamo in questa conferenza – afferma il portavoce del generale nella conferenza stampa, così come riporta l’AdnKronos – Lavoreremo perchè si riveli un successo importante”. Del resto, secondo Al Mismari, quella in corso a Tripoli altro non è che un’operazione anti terrorismo: “Vogliamo ripulire anche l’ovest della Libia da miliziani ed estremisti”, prosegue infatti il portavoce dell’uomo forte della Cirenaica. Quasi a sottolineare come, in realtà, da parte di Haftar c’è solo la voglia di giungere nella capitale non per controllarla ma per attuare l’ultimo piano della sua azione anti terrorismo.
Tra forza militare e velleità politiche
Ecco quindi l’emergere del “doppio lavoro” di queste frenetiche ore da parte di Haftar. Da un lato si erge a comandante in capo di una delle battaglie che potrebbe risultare tra le più decisive per le sorti della Libia, dall’altro invece appare come un uomo politico pronto a trovare soluzioni diplomatiche alla crisi. Una strategia dal doppio binario dunque, che sottintende quelli che potrebbero essere i veri obiettivi del generale alla base della sua avanzata verso Tripoli. In particolare, pur rompendo gli equilibri instauratisi all’indomani del vertice di Palermo, Haftar non vuole interrompere del tutto il percorso avviato con l’Onu e certificato anche dal recente vertice avuto con Al Sarraj ad Abu Dhabi.
Più semplicemente, ad Haftar basta arrivare alla periferia di Tripoli per poter rivendicare ancora più forza proprio a Ghadames e passare all’incasso prettamente politico in sede di conferenza nazionale. Niente deposizione di Al Sarraj, niente stravolgimento dell’attuale quadro istituzionale e niente stop al piano delle Nazioni Unite: non c’è da aspettarsi nessuna di queste ipotesi. Il generale vuole solo dimostrare la sua capacità nel prendersi il paese anche sparando pochi colpi. L’eventuale avanzata definitiva su Tripoli prima dell’appuntamento di Ghadames, altro non è che l’ultimo tassello prima di presentarsi al cospetto degli altri attori libici come unico soggetto realmente indispensabile per il futuro della Libia. E, in fondo, a lui preme quasi esclusivamente questo.
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