sabato 17 novembre 2018

IL PERICOLO INSIDIOSO DELLA TECNOLOGIA ALEXA

QUESTO VIDEO METTE IN GUARDIA DALLA TECNOLOGIA ALEXA DI AMAZON CHE PUO' REGISTRARE OGNI COSA CHE DITE E CHE FATE, E' UN CONGEGNO SPIA, PERFETTO PROTOTIPO DELLA CIA PER SPIARE OGNI NOSTRO MOVIMENTO. UN "ASSISTENTE DIGITALE" CHE PUO' RIVELARSI INSIDIOSO. AFFIDARE LA SICUREZZA DELLA PROPRIA CASA A QUESTO CONGEGNO TECNOLOGICO NON CI PONE AL SICURO RISPETTO AD ALTRI EFFETTI COLLATERALI, SOPRATTUTTO L'EMISSIONE DI SUONI TERRIFICANTI UDITI DI NOTTE DAI SUOI PROPRIETARI, E PUO' SFUGGIRE AD OGNI NOSTRO CONTROLLO. QUALCUNO NEGLI USA HA SENTITO QUESTO DIABOLICO CONGEGNO EMETTERE DELLE STRANE RISATE NEL CUORE DELLA NOTTE, TERRORIZZANDO I SUOI PROPRIETARI. PURTROPPO LA TECNOLOGIA ALEXA E' ARRIVATA ANCHE IN ITALIA, MA NON FACCIAMOCI INGANNARE: SONO CONGEGNI-SPIA CHE SE COLLEGATI A UN SATELLITE POSSONO PROVOCARE DANNI MOLTO GRAVI A CHI LI POSSIEDE. QUESTO VIDEO (IN INGLESE) DAL TITOLO EVOCATIVO "DISCONNETTETE ALEXA SUBITO", E' MOLTO INQUIETANTE CIRCA GLI EFFETTI DEL POSSESSO DI QUESTA TECNOLOGIA NELLE NOSTRE CASE... 




CONTINUANO GLI AVVISTAMENTI MASSIVI IN IRLANDA





Stati Uniti, è mistero nei cieli del Massachusetts. Un fotografo cattura immagini di uno “Stargate”

La notte del 3 novembre 2018 un cittadino del Massachusetts (USA), appassionato di fotografia, era fuori all’aperto per cercare di capire come scattare fotografie alle stelle con una lunga esposizione. Dopo aver scattato alcune immagini, il fotografo è andato a rivedere le foto ed è comparso un misterioso anello di colore rosso nel cielo. Si tratta forse di uno Stargate o portale dimensionale?
Ecco una breve descrizione del suo racconto: “ero nel parco e stavo usando le macchine fotografiche per catturare stelle e aerei che passavano vicino a me come riferimento. Ho periodicamente controllato le foto per vedere i loro progressi. Dopo aver scattato alcune foto, ho notato una strana forma incandescente nel cielo, a forma di lente a contatto. Il giorno dopo, ho trovato una seconda foto che mostra lo strano oggetto.
Nel momento in cui non ho notato nulla con i miei occhi o le mie orecchie, ho visto l’aereo volare nel cielo che ho poi anche catturato durante la mia lunga esposizione. Pensavo che potesse essere una luce vagante proveniente dalle macchine di passaggio, forse un riflesso lenticolare (lens flare) ma a vista d’occhio non vedevo nulla e nelle fotografie era comparso questo anello misterioso che si spostava in alto nel cielo. Ovviamente gli scettici diranno ciò che vogliono, ma io sono stato molto attento a fotografare“. Il Centro ufologico CSETI sta analizzando le immagini e attendiamo una risposta al più breve tempo possibile, anche perchè la sensazione è che appunto si possa trattare di un riflesso della sorgente di luce che si trova sulla sinistra delle immagini. Alcuni ufologi sono convinti che si tratta di un anello “Stargate” o Portale UFO, che raramente compare nel cielo. Guardate il video e giudicate voi!

Brexit. Mercato unico, unione doganale, Corte di giustizia: i nodi e le promesse tradite dalla May nell’intesa con Bruxelles

L'EUROPA E' GOVERNATA DA UNA MANICA DI BUGIARDI E IMBONITORI. MA NON POTRANNO IMPEDIRE IL RISVEGLIO DELLE MASSE CHE COMINCIANO A FIUTARE L'IMBROGLIO. QUESTA ELITE MONDIALISTA E' MARCIA DALLE RADICI E VA ESTIRPATA! 



L'intesa con Bruxelles smentisce molte delle dichiarazioni d'intenti che la premier aveva fatto da luglio 2016, quando è entrata in carica e ha iniziato a condurre i negoziati. Degli obiettivi indicati, il primo ministro ha ottenuto solo lo stop alla libera circolazione delle persone. In compenso il conto da pagare all’Unione Europea è salatissimo e il governo è a rischio


“Uscire senza accordo è meglio che farlo con un cattivo accordo”. Theresa May queste parole le ha ripetute fino all’ultimo, anche a fine settembre durante un suo discorso da Downing Street, quando le trattative sulla Brexit sembravano essersi irrimediabilmente impantanate. Sono passati quasi due mesi e la bozza di accordo tra Unione europea e governo britannico, invece, è realtà. Ma tradisce molte delle promesse che la premier britannica aveva fatto da luglio 2016, quando è entrata in carica e ha cominciato a condurre i negoziati. Fuori dal mercato unico, nessuna unione doganale, nessuna adesione “parziale” all’Ue, “l’autorità delle leggi europee sulla Gran Bretagna finirà per sempre” e stop alla libera circolazione delle persone. Di queste dichiarazioni d’intenti, il primo ministro ha ottenuto solo l’ultima e, in compenso, il conto da pagare all’Ue è salatissimo.


L’aspetto più delicato e discusso è sicuramente quello riguardante la situazione dell’Irlanda del Nord perché ad essa si collegano esigenze di tipo commerciale, esigenze interne al Regno Unito e altre condizionate dal rispetto dell’accordo del Venerdì Santo che garantisce un confine aperto tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord.

May, pressata in patria da Tory e unionisti nordirlandesi, aveva dichiarato che l’unità della Gran Bretagna non era in discussione, escludendo contemporaneamente la possibilità di tornare a confini fisici tra la parte britannica e quella europea dell’Irlanda. La bozza di accordo, che dovrà adesso ottenere l’ok del Parlamento di Londra, racconta però una realtà diversa. L’Irlanda del Nord manterrà, come previsto dall’accordo del Venerdì Santo del 1998, le proprie frontiere sud aperte, ma, per questo, dovrà rimanere seppur parzialmente all’interno del mercato unico europeo rispettandone le leggi, mentre per il resto del Regno è prevista l’unione doganale con controlli delle merci che si sposteranno nel mare d’Irlanda, spezzando in due il Regno. Il problema, che le opposizioni le rinfacciano, è che il primo ministro aveva esclusola propria permanenza nel mercato unico e in un’unione doganale con l’Ue.


La bozza prevede che i controlli tra le merci in transito dal Regno Unito verso l’Irlanda del Nord siano basati su “processi decentralizzati”, tranne che per animali e derivati, per i quali i controlli saranno più stringenti. In altre parole, si dovrà compilare una dichiarazione doganale online che definisca le caratteristiche delle merci e, in caso di beni industriali, sul container sarà presente un codice a barre scansionabile durante il tragitto o al porto d’arrivo. I controlli non avverranno su tutte le merci, ma solo su alcune, in base ai rischi relativi al carico trasportato e alle dichiarazioni. Non saranno, assicurano da Bruxelles, controlli a campione casuali.

Londra spera in un accordo definitivo da raggiungere entro il 1° luglio 2020, sei mesi prima del periodo di transizione. Se questo non dovesse accadere, le possibilità sarebbero due: prolungare fino a data da destinarsi il periodo di transizione in “backstop”, ossia la permanenza dell’Irlanda del Nord nel mercato unico con la Gran Bretagna inserita nell’unione doganale con controlli tra le due parti nel Mare d’Irlanda, ipotesi che gli ultraconservatori britannici non hanno mai voluto prendere in considerazione, oppure rischiare di tornare a un hard border tra Irlanda e Irlanda del Nord, che violerebbe gli accordi del 1998 e farebbe infuriare gli unionisti nordirlandesi che sostengono in Parlamento la May.


Un accordo come quello trovato al tavolo tra Bruxelles e governo di Londra non piace sia agli ultraconservatori, che parlano di un rischio per l’Unione della Gran Bretagna, che agli unionisti nordirlandesi, preoccupati dal ripristino dei confini ma che nemmeno vogliono un’Irlanda del Nord con uno status diverso rispetto al resto del Regno e maggiormente legata all’Ue, come sarà per i prossimi anni in caso di ratifica della bozza di accordo.

“Si viene a creare – spiega Antonio Villafranca, capo ricercatore di Ispi per l’area europea – una situazione in cui si può parlare di un’unione doganale simile a quella che l’Ue ha con la Turchia, in cui, come richiesto dal Regno Unito, vengano meno le quattro libertà del mercato unico (libera circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali, ndr). Ma per permettere ciò, l’Unione europea ha imposto vincoli decisamente stringenti”.

Ed è fra questi vincoli che si nascondono le altre promesse infrante da Theresa May. La prima, quella di una completa sovranità del Regno Unito: “Per ottenere questo tipo di accordo – continua Villafranca – in materia di concorrenza e aiuti di Stato il Regno Unito dovrà mantenere l’attuale legislazione maturata in base agli accordi con Bruxelles, con regole ancora più stringenti per l’Irlanda del Nord, e dovrà adeguarsi alle future modifiche a tale legislazione, pur non prendendo più parte alle decisioni dell’Unione europea”. Inoltre, la Gran Bretagna dovrà rispettare anche la cosiddetta “clausola di non regressione” in materia di norme sociali, ambientali e del lavoro, “così l’Ue potrà essere sicura che alle sue porte non vi sia un Paese che produce avvantaggiandosi grazie a normative meno stringenti”.

Nel caso in cui questo accordo non venisse ratificato, la prospettiva più probabile sarebbe quella di una hard Brexit, un’uscita senza accordi: “I britannici – continua l’analista – sanno bene, però, quanto questa li penalizzerebbe. Potrebbe veramente metterli in ginocchio”.


Tra le varie clausole, un’altra viola le promesse fatte dalla premier britannica negli ultimi anni: quella relativa al ruolo svolto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea. Mentre i Brexit e chiedevano, come promesso loro anche dalla May, totale indipendenza rispetto alla giurisdizione Ue, la bozza da 585 pagine prevede che la Corte mantenga la competenza fino alla fine del periodo di transizione. Si creerà un panel di arbitri che risolveranno i conflitti e, nel caso di disaccordo su questioni d’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte resta competente.


Alla conferenza stampa con le scarpe spaiate? L’ultima ironia social su Juncker non è fondata: colpa del riflesso della luce

QUESTE SONO LE PERSONE CHE VORREBBERO DETTARE LA LINEA POLITICA ED ECONOMICA ALL'EUROPA? PAPPAGONE SAREBBE PIU' AUTOREVOLE...

Su twitter sta macinando decine di migliaia di visualizzazioni il video che riprende il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, mentre viene richiamato fuori dalla sala da una sua assistente. Nel video, di bassa qualità, il presidente sembra avere due scarpe di colori differenti. In realtà, però, come ha osservato David Puente sul suo sito, si tratterebbe solo di un effetto dovuto alla luce. In altri fotogrammi del video, infatti, si nota che le scarpe sono dello stesso colore. Teatro dell’episodio il vertice UE-Sud Africa a cui ha preso parte, giovedì 15 novembre, assieme a Donald Tusk e al presidente del Sud Africa Cyril Ramaphosa.


venerdì 16 novembre 2018

Centrafrica: uccisi 42 profughi cristiani e due sacerdoti.

L'ORRENDA PERSECUZIONE DEI CRISTIANI CONTINUA... 

 




                                               
ROMA, 16 NOV – Attacco in Centrafrica a un gruppo di rifugiati accolti da una diocesi. Forze ribelli di musulmani Seleka hanno attaccato i rifugiati, quasi tutti cristiani, nel compound della cattedrale della Diocesi di Alindao. Da fonti religiose, il compound è stato dato alle fiamme mentre l’episcopio e la cattedrale sono stati saccheggiati dagli assalitori, forze ribelli ex Seleka.
“Notizie ufficiali parlano di 42 morti, quelle non ufficiali di oltre 100”: lo fa sapere la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. Nell’attacco, che si sarebbe verificato ieri, sarebbero stati uccisi anche due sacerdoti.
Oltre alle 42 vittime del bilancio ufficiale, vengono segnalate diverse case saccheggiate e bruciate. Tra i due sacerdoti rimasti uccisi nell’attacco ci sarebbe anche il vicario generale della diocesi di Alindao, padre Blaise Mada.

musulmani seleka

Rivoluzione ai vertici dei servizi. L’Italia cambia strategia in Libia

italia libia

Conclusa la Conferenza di Palermo, ora si attendono le prossime mosse del governo italiano per quanto riguarda il dossier-Libia. Il vertice siciliano ha fatto compiere dei passi in avanti all’Italia in termini di rapporti con tutte le fazioni presenti nel complesso scacchiere libico. Ma ha anche mostrato che la strategia italiana ha dovuto, per forza di cose, cambiare passo. E se un tempo supportavamo soltanto Fayez al-Sarraj, adesso ci troviamo (forse più travolti dal destino che per convinzione) a dover intrecciare rapporti molto più profondi anche con Khalifa Haftar.


In questo gioco di rapporti fra Tripoli, Bengasi, Tobruk e Misurata, un ruolo centrale lo hanno avuto due pilastri della nostra strategia: Eni e servizi segreti. Ed è soprattutto per quanto riguarda questo secondo pilastro che si sta muovendo il governo di Giuseppe Conte che, dopo mesi di stallo, sembra aver deciso di rimettere mano al cambio di vertici dell’intelligence. Le difficoltà italiane in Cirenaica sono state progressivamente ridotte. Ma non sono finite. E la Libia non è secondaria per capire soprattutto chi sarà l’uomo che sostituirà Alberto Manenti alla guida dell’Aise, il servizio segreto esterno.

L’obiettivo dell’esecutivo giallo-verde è ambizioso. Rispetto ai governi precedenti, da Roma è arrivato l’input di tessere una rete di relazioni con Haftar che possa permettere a Eni di entrare in Cirenaica. Programma assolutamente complesso. In quest’area il nostro colosso energetico deve scontrarsi con le bizze del maresciallo ma anche con i terminali Total. E sotto questo profilo, l’importanza di avere alle spalle alleati come British Petroleum e la russa Rosneft aiuta e non poco a convincere il difficile generale libico. Tutto, ovviamente, coinvolgendo la National Oil Corporation (Noc), il gigante del petrolio libico che rappresenta, ad oggi, forse l’unica istituzione che unisce quasi tutto il territorio della Libia. 
In questa difficilissima partita, giocano un ruolo fondamentale i servizi. Ed è stato soprattutto Manenti ad aver assunto una posizione centrale. Secondo quanto appreso da La Verità, il prossimo lunedì il Consiglio dei ministri dovrebbe sostituire il numero uno dell’Aise. E non sarà una scelta priva di conseguenze. Nato a Tarhuna, in Libia, ottima conoscenza dell’arabo. dal 1980 all’interno del Sismi e con ottimi contatti a Tripoli (e non solo), Manenti è stata una vera e propria arma dell’Italia in Libia. E vanta un credito importante con molte parti politiche, nonostante sia stato nominato a Forte Braschi, nel 2014, da Marco Minniti
Sui nomi dei possibili sostituti di Manenti, ci sono ancora ampie discussioni. Secondo La Verità, i papabili sono tre. “Il primo, è Enrico Savio, attuale numero due del Dis, che vanta l’appoggio del presidente di Leonardo, Gianni De Gennaro. Poi c’è Luciano Carta, il severo e marziale generale della Guardia di finanza, che in molti avrebbero voluto al vertice della stessa Gdf. Quindi c’è Gianni Caravelli, il secondo vice dell’Aise, spinto dal ministro della Difesa, Elisabetta Trenta”. Anche se su quest’ultimo, come ricordato già su questa testata, gravano alcuni dubbi. Se molti pensavano che fosse naturale la sua successione alla guida dell’Aise, oggi non appare più così creta. Nominato da Minniti e delegato da Manenti a seguire proprio la Libia, questi due elementi non sembrano essere dei punti di vantaggio, oggi, per essere il prescelto alla guida dei servizi esterni.
L’idea è che il governo voglia dare un cambio di direzione generale alla  nostra strategia in Libia. E dovendo, a questo punto necessariamente, rapportarsi con Haftar e non solo Serraj, l’Italia si trova a dover ricreare le alte sfere dell’intelligence per tentare di non essere esclusivamente legate a un determinato leader o una determinata fazione. Una ricostruzione che però non deve essere l’anticamera di una “damnatio” di Manenti, che invece è stato fondamentale per la buona riuscita della conferenza di Palermo. Prova ne è stata il viaggio a Mosca per convincere Haftar a raggiungere il capoluogo siciliano.
Ma molte cose del duo Manenti-Minniti non piacciono all’attuale esecutivo. Secondo l’attuale esecutivo, aver puntato tutto su Tripoli ha fatto perdere terreno in Cirenaica a favore della Francia. E dopo la caduta di Muhammar Gheddafi, c’è stato quello che viene definito un “disinvestimento” nell’intelligence sul fronte nordafricano. E infatti, dopo alcuni anni dallo scoppio della guerra in Libia, l’Italia si è trovata  a dover gestire ondata di migranti e minaccia terroristica a cose già fatte. Problemi che sono stati ampiamente sottovalutati.

Come ricorda La Verità, “dal 2011 al 2017, quasi sei anni, nei dossier inviati a Camera e Senato non si fa minimo cenno agli sbarchi sulle nostre coste. Se ne inizia a parlare l’anno scorso, quando, si fa cenno a ‘sbarchi occulti’, effettuati sotto costa per eludere la sorveglianza marittima aumentando con ciò, di fatto, la possibilità di infiltrazione di elementi criminali e terroristici”. Questioni cruciali per chi ora governa in Italia, che, unite al fatto di aver ricucito con Haftar (via Mosca), hanno dato il via libera al ricambio degli 007.

MATTARELLA AMMONITORE

di Marcello Veneziani
Non so di quali gravi problemi psicologici io soffra ma ogni volta che vedo in tv il presidente Mattarella mi sento uno straniero in patria. Anzi peggio, sento lui come il commissario, il proconsole inviato dalla Ue nel protettorato dell’Italistan per sedare le popolazioni ribelli. Nel mio stato allucinatorio lo vedo come un regnante assiro-babilonese, frutto di altre epoche e di altri mondi e il suo stile, il suo linguaggio, il suo incedere, il suo sontuoso copricapo bianco mi sembrano confermarlo. Sarà sicuramente una mia debolezza mentale, un trauma infantile o prenatale, ma non riesco mai a riconoscermi in quello che dice. Anzi penso quasi sempre il contrario di quel che dice, a parte il fondo inevitabile di ovvietà atmosferica e istituzionale con cui incarta il tutto e che è retaggio del suo ruolo protocollare.
Ma è possibile, mi chiedo preoccupato, che tutto quel che dice e persino il tono con cui lo dice, mi sembra sempre negare quel che mi sembra la realtà dei fatti, la storia vissuta, la vita reale dei popoli, il sentire comune, il disagio diffuso, la memoria storica, la percezione comune della realtà, oltre che le mie convinzioni ideali? Possibile che anche quando affronta temi che dovrebbero essere condivisi, come l’amor patrio o la celebrazione delle feste nazionali, lui riesca a dire il contrario di quel che mi aspetto da un Capo dello Stato e dal presidente degli italiani? L’Italia per lui non è la nostra patria ma il luogo d’accoglienza universale, una specie di gigantesca tenda da campo predisposta dalle autorità europee. Le identità dei popoli, per lui, sono un cancro da sradicare, un muro da abbattere. Vanno bene le identità individuali o di genere, ma non quelle nazionali, popolari, civili. Le migrazioni per lui vanno accolte e benedette; le diversità culturali e religiose vanno ammesse se riguardano gli stranieri, vanno invece rimosse se ricordano le nostre radici, altrimenti siamo intolleranti. Le nazioni per lui sono solo il preambolo funesto ai nazionalismi che sono la vera piaga del mondo; quando a me pare invece che i mali della nostra epoca siano piuttosto legati al suo contrario, allo sradicamento universale, alla cancellazione forzata delle identità, dei popoli e dei territori, al dominio cinico e apolide del capitale finanziario che non ha patria ma solo profitti; e ai flussi migratori incontrollati che in generale impoveriscono i paesi che lasciano e inguaiano quelli che invadono. Se un gruppo di migranti stupra una ragazza lui tace, se gli italiani dicono una sciocchezza contro i migranti o le donne, lui interviene per condannare. Non si perde mezza celebrazione che riguardi l’antifascismo e l’antirazzismo, è sempre lì a commemorare coi suoi discorsi, mentre salta vagoni di ricorrenze cruciali, di anniversari patriottici, di caduti per l’Italia, di vittime del comunismo, dei bombardamenti alleati, delle dominazioni altrui.
Se gli capita un IV novembre tra i piedi lui non ricorda la Vittoria ma solo la fine della guerra e non commemora l’Italia e i suoi soldati ma l’Europa. E se proprio deve celebrare un patriota, celebra l’eroe nazionale degli albanesi o di chivoletevoi, non un patriota dell’Italia. E sostiene come l’ultimo militante dell’Anpi che il fascismo è il male assoluto e non ha fatto neanche una cosa buona, negando l’evidenza storica: una cosa del genere non riuscirei a dirla neanche di Mao e Stalin che sono i recordman mondiali di sterminio, per giunta dei propri connazionali e per colmo in tempo di pace; notizie che al Quirinale non risultano mai pervenute.
E non c’è giorno che non ci sia una sua dichiarazione ecumenica e curiale nella forma ma velenosa e ostile nella sostanza contro il Demonio Assoluto: il populismo e il sovranismo, ossia il governo in carica, e tutto sommato, il voto maggioritario degli italiani. È una continua allusione polemica a ogni cosa che dice, fa e pensa Salvini. Poco manca che non insignisca la Isoardi di un cavalierato al merito per aver scacciato il drago da casa sua.
Ma possibile che il Capo dello Stato debba essere così opposto al comune sentire? Non mi aspetterei certo che dicesse il contrario di quel che pensa e del materiale bio-storico di cui è composto; non chiedo che si metta a gareggiare in demagogia tribunizia, ma è possibile che il presidente degli italiani la pensa solo come quelli che votano Pd, e sempre dalla parte opposta dei restanti italiani? Non è stato informato che quel Renzi che lo volle al Quirinale nel frattempo è caduto e non lo vogliono neanche nel Pd? Non sa che in Italia, in Europa, nel Mondo, quella visione politica che lui depreca ogni giorno, conquista maggioranze di consensi popolari in libere elezioni democratiche ed esprime i maggiori governi e capi dello stato? Mai uno sforzo, lui che dovrebbe essere l’arbitro super partes, garante di tutti, per capire e riconoscere quell’altra Italia, quell’altro mondo, che non la pensa come lui. Sta lì, nel cuore di Roma, come se il Quirinale fosse uno Stato Vaticano ai tempi del non expedit, rispetto all’Italia che lo circonda.
Naturalmente nei momenti di lucidità capisco che tutto questo è frutto di un mio stato di alterazione mentale, gli italiani invece sono entusiasti di Nuvola Bianca e dei suoi moniti, si bevono come oro colato le sue prediche indispensabili e lo considerano un santo, un sapiente e un oracolo. Però, non capisco perché quella mia allucinazione presidenziale mi fa quell’effetto eversivo-lassativo…
MV, Il Tempo 9 novembre 2018

Così Mosca neutralizzerà la minaccia nucleare degli Stati Uniti

Mosca ha sviluppato un modo con cui poter neutralizzare la minaccia nucleare degli Stati Uniti. Per neutralizzare completamente la minaccia dei missili balistici a medio raggio statunitensi in Europa, la Russia deve sviluppare la componente mobile delle forze strategiche missilistiche, secondo uno specialista rispettato. Dopo aver analizzato i punti di forza e di debolezza dei missili a medio raggio, sia balistici che da crociera, l’esperto Konstantin Sivkov, Vicepresidente dell’Accademia Russa dei Missili e Artiglieria, concludeva che l’utilizzo contro complessi missilistici mobili è poco efficiente. Così, secondo l’analista nell’articolo sul Voenno-promyshlennij Kurer, sono necessarie diverse misure per aumentare la capacità mobile delle Forze Strategiche Missilistiche della Russia. Innanzitutto, sottolinea l’autore, con l’apparire di una minaccia è necessario introdurre iln costante pattugliamento aereo col numero massimo di bombardieri strategici e, allo stesso tempo, aumentare radicalmente il sistema strategico dell’Aeronautica creando basi negli aeroporti civili. In secondo luogo, se le tensioni aumentano, una delle misure efficaci potrebbe essere inviare tutti i sottomarini lanciamissili in pattugliamento. Secondo l’autore, è indispensabile preparare una rete stradale per i complessi missilistici strategici, come Topol-M e Jars, per la guerra, perché oggi, secondo il trattato missilistico START, tali missioni sono rigorosamente regolamentate.
Sui complessi per i silos, come R-36TTKH e Sarmat in costruzione, lo specialista proponeva di aumentare la difesa antiaerea e la guerra elettronica nelle aree delle strutture, al fine di difenderle meglio. Inoltre, secondo Sivkov, è necessario prestare attenzione all’idea di ripristinare i complessi ferroviari missilistici per aumentare la mobilità dei missili strategici e medi della Russia. Allo stesso tempo, l’esperto evidenziava la sviluppata rete fluviale russa che, a suo parere, consentirà l’uso di navi speciali come vettori dei missili. Un’altra misura efficace sarebbe aumentare la flotta di aeroplani con sistema di allarme e controllo aero, secondo ivkov, ritenendo che il numero di tali aeromobili russi sia insufficiente. “Tutto ciò sarà indubbiamente costoso, ma la difesa della sovranità nazionale e la protezione dalle minacce occidentali è causa essenzialmente non economica”, concludeva.
Recentemente, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump annunciava che gli Stati Uniti non rispetteranno il trattato INF, poiché Mosca l’avrebbe violato, e lasceranno l’accordo. Il capo degli Stati Uniti aveva anche detto che Washington svilupperà nucleari. Nel frattempo, il portavoce del presidente russo Dmitrij Peskov dichiarava che l’abbandono del trattato INF porterà la Russia a prendere provvedimenti per garantirsi la sicurezza. Negli ultimi anni, Mosca e Washington si sono accusati di violare il Trattato INF. La Russia ha spesso notato di osservare scrupolosamente i propri obblighi, col Ministro degli Esteri Sergei Lavrov affermare che Mosca ha seri interrogativi da porre agli Stati Uniti sull’osservanza dell’accordo. In particolare, il Cremlino indica le attività militari statunitensi, ad esempio nelle basi militari in Romania e Polonia, anche in connessione coll’installazione di complessi per missili come il Tomahawk (vietato dal trattato ). I russi indicano che gli Stati Uniti sviluppano droni d’assalto e finanziano ricerche per creare un missile da crociera terrestre.
Traduzione di Alessandro Lattanzio

Colpi di mano contro la Democrazia in Usa, Regno Unito e Italia


di GianMarco Landi
Con un senso di fastidio, che si sta tramutando sempre più misto a sofferenza, scrivo questo articolo confessandovi di essere sconcertato  e anche un bel po’  spaventato.
Le pagine dei Media di tutto il Mondo raccontano in maniera manipolata e distorta le verità politiche e finanziarie, lo sappiamo ormai tutti, ma in questi giorni i Mainstream raccontano gli epigoni di un disegno di attacco al cuore della Democrazia e dell’Occidente come se stessero accadendo cose normali, risibili e banali.
Partiamo dagli Usa
I Democratici  guidati dalla cupola Liberal al cui vertice c’è il capo dei capi,  George Soros,  avevano perso le elezioni di Midterm essendo confinati ad una maggioranza sulla meno importante House. Attraverso giochetti di prestigio, che in Italia conosciamo bene sin dai tempi del Referendum sulla Repubblica e la Monarchia, gli equilibri del 6 novembre sono stati riaperti in favore dei Dem, anche al Senato e in chiave presidenziali 2020.
Come ho raccontato qui su Imola Oggi, le  tendenze di voto e i risultati riscontrati il 6 di novembre, considerati  stato per stato e proiettati sugli equilibri al Senato e sulle future presidenziali 2020,  avevano premiato massicciamente Trump, infatti la notte del 7 di novembre eravamo andati  a dormire avendo appreso che  l’ala Congressuale competente nel senso di coadiuvare il Presidente nelle materia di impatto geopolitico internazionale, finanziario ed energetico, cioè il Senato, era in mani Repubblicane, insieme a  tutti i governatori dei swing state, cioè gli Stati che storicamente determinano i risultati delle elezioni presidenziali. Oggi non è più così, e sia Trump, sia innumerevoli senatori Repubblicani stanno denunciando pubblicamente  il tentativo, parzialmente compiuto dai Democratici, di ‘rubare’ le elezioni attraverso alcuni scientifici riconteggi dei voti. Queste vicende sottaciute dai Media italiani,  in alcuni Stati americani hanno superato l’assurdo e il paradossale,  assumendo tratti da letteratura distopica di impronta orweliana.
Il 7 novembre mattina i Dem hanno fatto scendere in campo una portentosa schiera di avvocati di derivazione finanziaria, cioè Azzecca Garbugli bravi nella manipolazione di realtà fotografate dai numeri e dal potere, e con artifici giuridici posti in essere nell’alveo della compiacenza di magistrati inquirenti nominati in epoca Obamiana, hanno riaperto i conteggi,  anche dove il candidato sconfitto si era riconosciuto tale facendo la tradizionale telefonata al vincitore. I fatti su cui i Media essenzialmente sorvolano stendendo un velo di compiacimento ‘godimentoso’, sono questi:
qualcuno, non si sa come e perché,  ha tirato improvvisamente fuori il 7 di novembre scatoloni di voti in più che sarebbero arrivati per posta e non sarebbero stati conteggiati il 6 di novembre, e con l’appiglio di norme di carattere eccezionale (come ad esempio il singolo voto che per motivi straordinari, come la morte di una madre o l’incidente stradale,  non fosse stato inviato entro il giorno di scadenza)  hanno sovvertito il senso delle urne del 6 di novembre in alcune cruciali competizioni.  In questo modo è accaduto che  il Senato dell’Arizona ha visto l’attivista gay e bisex  Sinema trionfare sulla donna pilota Mc Sally, che la notte del 7 di novembre, al 100% dello scrutinio,  era stata data 1 punto %  pieno avanti, e che non si sa come e perché, un Giudice ha battuto assegnando l’1,7% di voti in più alla candidata Dem! Stessa identica cosa, guarda tu che combinazione, sarebbe accaduta  sia in Georgia, un swing state dove la riccioluta pupilla di colore di Opra Winfrey era stata battuta di oltre un punto dal candidato Repubblicano,   e in Florida, dove sarebbero comparsi dal nulla  altri innumerevoli scatoloni di voti postali zeppi di voti, guarda caso,   solo per i Democratici. Forse in Florida alla fine il colpo di mano non riuscirà, ma solo perché i Repubblicani hanno schierato antiche sapienze italoamericane, oltre ad una schiera di Azzeca Garbugli  nella contesa non più politica ma tutta fatta di cavilli legali e truffe in guanti di velluto lawerchic.
Trump, dopo aver licenziato in tronco il ministro della Giustizia, un cospiratore connivente con questi giudici eversivi e studi Legali Dem,  e dopo aver  patito il furto in  Arizona causato, in verità, anche dal tradimento di gangli di potere Repubblicano locale legati al deceduto McCain oltre che al cospiratore Ministro della Giustizia (l’Arizona era lo stato di McCain),  ha capito in ritardo  di dover fronteggiare una furia giacobina e truffaldina da parte dei Democratici nominali ma non certo sostanziali, che mai si era vista in America, o meglio si era vista solo nell’America del Sud o in alcuni paesi africani ed europei su cui Soros aveva agito a modo suo. Anche altri membri importanti dello staff  presidenziale hanno cospirato, e per questo si renderà necessaria l’introduzione di una epurazione in guanti rosa attuata da Melania Trump, che i Media hanno maggiori difficoltà ad attaccare rispetto a Trump.
Lo scopo ideologico e politico di Soros  è quello di attuare nel Mondo una mescolanza etnica e culturale forzandola  a suon di colpi di mano, colpi di spread, colpi di stato e colpi di mortaio ove necessario, già  eseguiti in maniera scientifica dall’Amministrazione Usa ai tempi di Barack Obama, il primo cameriere della Finanza Dem.  Wikileakes  trafugando e rendendo pubbliche oltre due anni fa decine di migliaia di e mail dei politici finanziati da Soros, Hillary Clinton in testa, aveva  svelato questi disegni sminuiti dai fan della globalizzazione, dei pusillanimi  con il prosciutto sugli occhi,  come fantasie complottiste a cui non credere per la paura di dover maturare consapevolezze sgradite.
In questo quadro dell’ultima settimana i Democratici  escono  ringalluzziti anche alla luce della fittizia ridiscesa in campo di Hillary, che in realtà è una teatrale pantomima finalizzata alle primarie  nel senso di tirare la volata alla prima futura donna Presidente, a cui Hillary cederà lo scettro di Regina Dem, che non sarà Nancy Pelosi, né Elizabeth Warren e nemmeno  Opra Winfrey, bensì  Michelle Obama.
Che bello!   Finalmente  l’orto della Casa Bianca  sarà ben curato e la nostra Botteri  sarà più tranquilla quando potrà raccontarci la politica  narrandoci innanzi tutto di pomodorini e ravanelli colti con le mani di Michelle.  Ciao ciao Sogno americano di Libertà, Giustizia e Democrazia.
Ancora peggiore è però la situazione nel Regno Unito, che anticipa una identica situazione in Italia.
La May ieri ha partorito un accordo di Brexit con l’UE che ha dell’incredibile, perché di fatto non c’è nessuna Brexit. In pratica  c’è un sostanziale rimando al 2020 che sa tanto di vera e propria presa per il culo, un po’  come il nome Partito Democratico dove sfacciatamente si insegue la non democrazia della oligarchia UE. Questo accordo di sottomissione britannica alla UE svela il disegno strategico a tela di Penelope, nel senso di risolvere il pesante problema politico confidando in un  mutato quadro internazionale, cioè aspettando Ulisse che in questo caso sarebbe il ritorno dell’orto catartico alla Casa Bianca nelle sapienti mani di Michelle Obama, il sogno dei Media Mainstream, per poi  rifare un nuovo referendum in UK magari cercando di importare certi  know how  che i Democratici di Soros stanno sperimentando al termine delle Midterm.  Boris Jonnhson e Farage da un lato,  Corbyn dall’altro, sono sconcertati, ma la strategia della May non è velleitaria, bensì lucidissima, chiarissima e spietata: giocarsi tutto in Parlamento in una logica che prevede il classico  vi mangiate tutti questa minestra, oppure,  le cose le ho messo in un modo tale che ci buttiamo tutti quanti dalla finestra. Cosa faranno? Non lo so, ma forse alla fine chineranno il capo rimandando al 2020 sperando che Ulisse non ritorni.
Ciao Ciao anche alla più antica Democrazia al Mondo.
Perciò, riguardo all’Italia, non facciamoci illusioni di poter stare tranquilli e poterci salvare con la nostra Democrazia,  bensì prepariamoci a difenderla e a salvarla dai sedicenti Democratici. Già in Parlamento stanno iniziando ad accadere  cose strane, con il ventre molle del Governo, l’ala di sinistra comunista dei 5 stelle, che combina pasticci chiedendo cose impossibili sulle infrastrutture e inciuciando in Parlamento. Quello che accade è il portato dei tentativi di stritolare la manovra governativa in una dimensione europea con ciò palesando il desiderio di schiantare un Governo e una piattaforma Parlamentare  dai tratti rivoluzionari. Di Maio e Salvini reggeranno l’urto?
A tutti è chiaro il senso giallo verde  di un allaccio al Popolo e alla Nazione che riflette laribellione verso le elite della Globalizzazione, di cui Brexit e Trump hanno dato quello spessore politico in Occidente che i Dem stanno cercando di erodere anche con qualche risultato ottenuto disprezzando la Democrazia con fatti oltre che parole.  I Dem hanno sempre meno voti ma non sono sconfitti, e  la loro idea di una Democrazia senza coinvolgimento concettuale del popolo, cioè ridotta ad un dato formale patinato e chic senza sudore, carne e sangue,  è viva e vegeta nei Palazzi di governo di Washington e Londra.
Non oso pensare  cosa possa accadere in Italia se Trump e la Brexit fossero sconfitti nel 2020, ma mi preparo a tutto, anche a dover fronteggiare, come dovrebbe farlo ogni italiano Libero e Forte,  il disegno di un Governo di Mattarella con Cottarelli Primo Ministro, Bonino ministro degli Esteri, Monti all’Economia, Fornero al Welfare State e Laura Boldrini agli Interni.  Non so cosa pensiate voi, ma per quanto mi riguarda dico a lorsignori di non farsi illusioni: ciao ciao  Democrazia e  ciao ciao Italia gli italiani non lo diranno mai.