In un tweet dell'anno scorso Matteo Salvini scriveva: per fortuna gli insegnanti che fanno politica a scuola (guarda caso sempre pro-sinistra e pro-immigrazione) sono sempre di meno, avanti futuro!
Purtroppo è triste constatare che si sbagliava quanto al numero degli insegnanti "politicizzati", perché le pantomime a scopo manipolatorio, alle quali ci ha abituati la "migliore sinistra", continuano ad orologeria e sempre in vista di importanti appuntamenti elettorali.
A luglio dell'anno scorso i membri di una Commissione dell’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo in un Liceo in provincia di Palermo si sono presentati indossando delle magliette rosse. Il fatto di indossare le succitate magliette è da attribuire all’adesione e all’iniziativa di Don Ciotti a sostegno dei migranti. Il caso è giunto in Parlamento e i documenti al ministro Bussetti. Il sottosegretario per i Beni e le attività Culturali e il turismo, Lucia Borgonzoni, ha così commentato:
“Chiunque ha libertà di indossare ciò che vuole in democrazia – attacca la leghista – ma è grave che degli insegnanti in servizio utilizzino il proprio ruolo per fare propaganda. Deplorevole anche il fatto che l’argomento sembra sia stato utilizzato come discussione di commissione, diventando così una forma di intimidazione verso chi, tra gli studenti, non la pensa come loro. Forse hanno sbagliato mestiere. Se questi professori desiderano fare politica, non la facciano nelle aule di scuola e non coinvolgano i ragazzi”.
Per non parlare della professoressa palermitana che ha fatto svolgere una ricerca ai suoi studenti che aveva per oggetto il confronto delle leggi razziali con il “decreto sicurezza” di Salvini. Niente di più ideologicamente falso per un luogo di cultura come la scuola! Ma la farsa grottesca messa in scena dalle sinistre si è ripetuta al liceo artistico Russoli di Pisa, dove i ragazzi insieme a preside e insegnanti hanno organizzato una mostra nella quale spiccava questa discutibile "opera d'arte".
400 foto di morti in mare e barconi alla deriva che formano tutte insieme, l'immagine di Matteo Salvini in un collage: quando a giocare con i morti non è chi difende i confini dell'Italia, ma chi approfitta della condizione di bisogno dei migranti per arricchire chissà quali tasche e traffici. I dati parlano chiaro: i numeri dei morti in mare dal 2015 ad oggi forniti dall' UNHCR sono questi:
2015: 3.771
2016: 5.096
2017: 3.139
2018: 2.277
2019: 402
A scuola si dovrebbe fare solo cultura, mentre sui giornali si dovrebbe promuovere una corretta informazione. I giovani dovrebbero essere lasciati liberi di formarsi un'idea politica che comincia a profilarsi proprio durante gli anni scolastici, in cui allenano la mente allo studio, al ragionamento e al discernimento secondo la propria sensibilità e capacità di analisi della realtà sociale circostante. La cosa più difficile da imparare è ragionare con la propria testa. È necessario il coraggio, l'autostima, la conoscenza. In questo caso, è più importante la scuola, sia perché è una realtà di socializzazione più complessa di quella che può provenire dalla famiglia, sia perché il suo ruolo essenziale è quello di insegnare, dunque di far conoscere e di sviluppare l'autostima di un giovane attraverso l'apprendimento, attraverso il sapere. Compito molto difficile, certo, ma gli insegnanti vengono pagati per svolgere questo compito. Tenere separato il proprio punto di vista dall'insegnare la storia, l'italiano è difficilissimo, ma un insegnante è tanto più bravo quanto più riesce a tenere distinte le due posizioni (come dovrebbe fare un magistrato). Quello che oggi succede nelle scuole italiane ha tutti i connotati di una nostalgica rievocazione del Sessantotto e dei successivi Anni di piombo, quando si era inventato «l'antifascismo militante». Nel suo nome, veniva picchiato o ammazzato chiunque non si schierasse per l'antifascismo militante, che di antifascismo non aveva nulla, ma era il pretesto per l'esercizio della violenza contro un nemico designato. Insomma, come nella migliore tradizione di sinistra per la quale anche gli ex brigatisti rossi salgono direttamente in cattedra. Come a marzo di quest'anno, quando a Bari è scoppiata una giustificata polemica per il convegno su Aldo Moro al quale, su invito della Regione Puglia, il co-fondatore delle BR, Alberto Franceschini è stato chiamato a parlare della storia brigatista davanti agli studenti in occasione in occasione delle commemorazioni per la strage di via Fani. È vero che il diritto di parola non deve essere negato a nessuno perché è quello che eleva il nostro stato di esseri umani. Ma è anche vero che non può essere dato in questa maniera a chi è stato uno degli artefici di quello che è stato il periodo più buio della nostra Italia. Ma la sinistra si sa, non ha alcun rispetto per i morti illustri come Aldo Moro, figuriamoci per quelli che considerano dei "semplici numeri".
CINZIA PALMACCI