domenica 1 marzo 2020

La manifestazione dello spirito di Bergoglio e della sua nuova “religione” mondiale

Tutti i veri cristiani e tutti gli uomini di buona volontà hanno compreso che Bergoglio ha fondato nei fatti una nuova “religione”, seppur nel nascondimento, in modo subdolo e ingannando i cristiani. Questa nuova religione, che è in realtà una ridicola filosofia umana basata su concetti umani, prende origine dall’unione di tutte le più grandi così dette religioni che, superando ciò che le caratterizza, si uniscono nella parola “amore”.

Questo progetto di nuova “religione” è stato manifestato (ma in modo celato, non esplicito, non trasparente) il giorno 6 gennaio, lo stesso giorno in cui i cristiani autentici sono chiamati a celebrare la Solennità della Manifestazione di Cristo alle genti. Il video messaggio diffuso il 6 gennaio non celebra Cristo ma Lo annulla, mischiando Gesù con chi Lo rifiuta.

Bergoglio e il Consiglio da egli istituito per guidare il cambiamento nella Chiesa cattolica romana (dieci persone che, al pari dei dieci re descritti nell’Apocalisse, guidano le sorti di milioni di anime) stanno in realtà guidando i cristiani a cambiare religione, per abbracciare un nuovo progetto di religione che si fonda sull’umano concetto di “amore” il cui ispiratore è Sai Baba, un uomo che molti falsamente idolatrano come dio, superiore a Cristo, ma che nei fatti propone un messaggio che è in anti tesi a Cristo. Solo Cristo è morto e risorto per salvare l’umanità, in quanto Cristo è l’unico Salvatore del mondo, Colui che solo salva. Non Sai Baba.

Bergoglio ha preparato per tempo il terreno nel quale dare vita a tale progetto di nuova religione, che dà compimento alle profezie della grande Apostasia che avrebbe afflitto la Chiesa a partire dai suoi vertici. Ora tutto si compie. La Madonna a La Salette annunciò che Roma avrebbe perso la fede e sarebbe divenuta sede dell’anti Cristo. Lo spirito di Bergoglio non serve Cristo e i Suoi insegnamenti autentici, ma è al servizio del nemico di Cristo. Con i suoi insegnamenti Bergoglio allontana i cristiani da Cristo.

Bergoglio da tempo ha manifestato di essere animato da uno spirito contrario a Cristo, ai Suoi insegnamenti autentici e al Piano di Salvezza di Dio Padre Onnipotente, che si attua solo e soltanto in, con e per Cristo.

Bergoglio ha affermato che: non esiste un Dio cattolico (ma il vero Dio, universale, rivelato dal Padre è Cristo, il Figlio del Dio vivente); non c’è, nemmeno per chi crede, una Verità assoluta (ma Cristo per i cristiani è l’unica Verità assoluta rivelata dal Padre); il Bene è secondo coscienza (ma per i veri cristiani l’unico e Sommo Bene è Cristo, che è Bene in senso assoluto, al di là di ciò che pensano le singole coscienze); la chiesa missionaria non fa proselitismo, la missione della chiesa è non fare proselitismo; il proselitismo è una solenne sciocchezza (ma Gesù ha comandato che, per salvarsi, le genti devono credere in Cristo e che devono essere battezzate nel Suo nome); il Paradiso è uno stato dell’anima (ma per i veri cristiani il Paradiso è una dimensione concreta, reale, dove in Cristo si è nella pienezza); l’Alleanza di Dio con il popolo ebraico è irrevocabile, non è stata revocata (ma il Padre stabilisce una nuova Alleanza in Cristo, che rinnova e supera la precedente).

Di seguito si riportano i documenti ufficiali di Bergoglio che aiutano a capire quali sono i principi su cui si ispira questa nuova e falsa religione, che cerca di attrarre le persone con concetti banali e facili da accogliere, facendo credere che così facendo si possa vivere un mondo di gioia, senza più sofferenza; di pace, senza più guerra; di sincerità, senza più menzogna; di amore, senza più morte. Ma per i cristiani autentici una è la Verità: la Gioia, la Pace, la Sincerità e l’Amore si compiono solo in Cristo.

Il Compimento di Salvezza per il mondo intero voluto da Dio Padre Onnipotente si compie e si compirà definitivamente solo in Cristo. Una è e sempre sarà la vera religione: quella che si fonde su Cristo, la Pietra.

Una è e sempre sarà la vera Chiesa: quella animata dallo Spirito Santo, che si fonda su Cristo e sui Suoi insegnamenti. Dove vi è la Presenza dello Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio, là vi è la Chiesa di Cristo, con la quale il Padre stipula la Sua Alleanza.

Il Padre ha ritirato il Suo Santo Spirito e ha rotto la Sua Alleanza con la chiesa guidata da Bergoglio, perché quegli uomini hanno tradito Cristo e i suoi insegnamenti per dare vita ad una nuova falsa religione mondiale animata dallo spirito dell’anti-cristo.

Solo in Cristo vi è salvezza, non in altri. Chi vuole vivere un mondo di gioia, senza più sofferenza; di pace, senza più guerra; di sincerità, senza più menzogna; di amore, senza più morte, deve credere in Cristo.

Per i cristiani autentici una è la Verità: la vera Gioia, la vera Pace, la vera Sincerità e il vero Amore si compiono e sono solo in Cristo.

Bergoglio e i suoi ministri invece vogliono far credere, in modo nascosto e subdolo, che la salvezza si compie in Sai Baba, al cui spirito sono devoti e al cui spirito sono soggetti e soggiogati, senza libertà e senza pietà.

La manifestazione della nuova pseudo religione mondiale di Bergoglio contenuta nel Videomessaggio Gennaio 2016:



Coronavirus. Tutto quello che c’è da sapere in 10 domande e risposte

I VIDEO DALLA CINA CHE MOSTRANO LE PERSONE CHE COLLASSANO A TERRA ERANO ATTORI IMPEGNATI IN UN FAKE PER SPARGERE IL PANICO? IN ITALIA I POSITIVI AL CORONAVIRUS PRESENTAVANO "SOLO" FEBBRE E TOSSE SENZA CONVULSIONI O COLLASSI, DUNQUE? L'UNICO COLLASSO E' STATO QUELLO DEL'ECONOMIA ITALIANA CHE SI E' FERMATA CAUSANDO GRAVI PERDITE RISCHIANDO ORA UN CROLLO DELL'INTERO SISTEMA PAESE. A CHI GIOVA QUESTO CAOS? E' COSI' CHE IL NUOVO ORDINE MONDIALE DELL'ANTICRISTO AVEVA PENSATO DI ESSERE INSTAURATO CON L'INGANNO SOSTENUTO DAL REGIME COMUNISTA DITTATORIALE CINESE AL QUALE SOMIGLIA NEL MODUS OPERANDI?....


Le domande più insistenti sul coronavirus e le risposte di don Roberto Colombo, genetista clinico e specialista nella diagnostica molecolare delle malattie rare

Immagine al microscopio del coronavirus Sars-Cov-2
Abbiamo chiesto a don Roberto Colombo, genetista clinico e specialista nella diagnostica molecolare delle malattie rare, docente presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, di rispondere alle domande che circolano con maggiore insistenza in questi giorni a proposito dell’infezione da coronavirus.

Partiamo dal virus. È stato ripetuto che si tratta di un “nuovo virus” di cui conosciamo ancora molto poco. È davvero così misterioso questo nemico della nostra salute?

I virus (dal latino vīrus, “veleno”; origina dalla radice indoeuropea vis-, “essere aggressivo”) sono particelle subcellulari quasi-biologiche (dette virioni, prive delle principali caratteristiche di un organismo vivente), di dimensioni (diametro: 20-300 nanometri) assai più ridotte anche dei batteri, e per questo “visibili” solo attraverso il microscopio elettronico. Non possedendo una “macchina molecolare e cellulare” in grado di organizzare un metabolismo proprio e consentire la loro autoriproduzione, si moltiplicano esclusivamente infettando “cellule ospiti”, quelle del nostro corpo, o di quello di animali, vegetali e batteri, di cui sono “parassiti obbligati”. Semplificando, un virus è il risultato dell’assemblaggio di sole due componenti biochimiche: un acido nucleico (RNA o DNA) e un involucro proteico (capside). Quale sia l’origine evolutiva dei virus sulla terra è oggetto di vivace dibattito e non vi è al momento una ipotesi consensuale. Certo è che i virus cambiano le loro caratteristiche (“microevoluzione”) con una rapidità superiore a qualunque organismo vivente e, per questa ragione, ne sorgono continuamente di nuovi.

Si è cercato di descrivere la diversità dei virus denominandoli e raggruppandoli sulla base di somiglianze genomiche, strutturali e funzionali. Il nuovo virus di origine geografica cinese, denominato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come SARS-CoV-2, non è mai stato identificato prima di venire segnalato come causa della sindrome respiratoria a Wuhan, in Cina, nel dicembre 2019. La sindrome è stata chiamata COVID-19: “CO” sta per corona, “VI” per virus, “D” per disease e “19” è l’anno di identificazione.

Il SARS-CoV-2 appartiene al secondo (“beta”) dei 4 sottogruppi della sottofamiglia dei Coronavirinae nella famiglia dei Coronaviridae. I betacoronavirus che sinora si sono dimostrati in grado di infettare l’uomo, cui appartiene il SARS-CoV-2, sono cinque. Due (HCoV-OC43 e HCoV-HKU1) sono causa dei raffreddori comuni, della sinusite e anche di infezioni del tratto respiratorio inferiore. Altri due (SARS-CoV e MERS-CoV), cui ora si aggiunge il SARS-CoV-2, possono causare sindromi respiratorie acute gravi, come la SARS (scoperta nel novembre 2002 nella provincia cinese di Guangdong, contagiò oltre 8 mila persone in una trentina di paesi) e la MERS (segnalata per la prima volta nel settembre 2012 a Gedda, in Arabia Saudita, ha sinora contagiato circa 2.500 persone in diversi paesi). In generale, si stima che circa il 2% della popolazione sia portatore sano di un coronavirus e che un coronavirus sia stato isolato nel 5-10% delle infezioni respiratorie acute.

Il SARS-CoV-2 è un virus “giovane”. Essendo stato identificato solo tre mesi fa, del SARS-CoV-2 conosciamo relativamente poco sia dal punto di vista biologico che da quello clinico ed epidemiologico. Alcune sequenze di riferimento (RefSeq NC_045512: lunghezza pari a 29903 coppie di basi di ss-RNA) dell’intero genoma di SARS-CoV-2 sono già disponibili a tutti i ricercatori del mondo e depositate nella banca dati del NCBI (Usa). Si hanno già alcuni dati preliminari sulla struttura proteica del capside di SARS-CoV-2, importanti per la predisposizione di un vaccino. Iniziamo a conoscere alcune caratteristiche molecolari del virus, e in particolare quelle riguardanti la proteina Spike che consente al virus di attaccarsi e infettare le cellule umane. Anche la regione E del suo genoma, che codifica per una proteina altamente conservata nelle varie specie di virus, è molto interessante: tra SARS e SARS-CoV-2 vi è differenza di un solo aminoacido in questa proteina e questo potrebbe costituire un elemento importante per lo sviluppo di vaccini nel prossimo futuro.

Le conoscenze scientifiche e mediche stanno crescendo rapidamente, man mano che ceppi autoctoni vengono identificati in pazienti di focolai epidemici (come proprio nei giorni scorsi è avvenuto nei laboratori dell’Ospedale Sacco di Milano, a partire da campioni isolati da quattro pazienti di Codogno), si raccolgono i dati clinici anamnestici, diagnostici e prognostici e si studia l’andamento epidemiologico nei centri di diffusione in Cina e al di fuori di essa.

Sembra dunque che il nuovo coronavirus assomigli biologicamente, da una parte, al temibile ma raro virus della SARS e, dall’altra, a quelli più comuni che causano malattie da raffreddamento benigne.

Il nuovo betacoronavirus SARS-CoV-2 è strettamente correlato geneticamente al “fratello” SARS-CoV che ha provocato la sindrome respiratoria acuta grave (SARS) nel 2002-2003. Ma se guardiamo ai dati clinici ed epidemiologici sinora disponibili, il quadro clinico che si manifesta nei pazienti positivi per la presenza del SARS-CoV-2 presenta una variabilità intersoggettiva notevole.

In un numero di casi positivi per il virus (sinora non stimabile con sufficiente certezza: i dati in nostro possesso si riferiscono quasi esclusivamente ai pazienti ospedalizzati in Cina, in Italia e in altri paesi, che sono quelli con un quadro clinico conclamato e più grave), l’infezione può risultare asintomatica. In altri casi – che sembrano essere la maggior parte di alcuni campioni statistici disponibili (ancora limitati: le cifre di alcune prime indagini epidemiologiche parlano dell’80-85% dei casi) – la sintomatologia è lieve o moderata, paragonabile a quella di infezioni benigne delle vie aeree superiori o dell’influenza stagionale da ceppi virali già in circolazione in questi anni (in Europa, nel 2019-2020, prevale il tipo A, come H1N1pdm09 e H3N2, che rappresenta circa il 60% dei casi, con la presenza minoritaria di quelli di tipo B, come il Victoria).


In un numero più limitato di casi (circa il 15-20%, secondo alcune rilevazioni in corso), l’interessamento polmonare grave con febbre prevale e si rende necessario il ricovero ospedaliero in un reparto per infettivi. Tra questi ultimi, solo una quota minoritaria (pari o inferiore al 5%) necessita di degenza in terapia intensiva a causa di distress respiratorio. Si tratta quasi sempre di soggetti con patologie gravi pregresse, spesso di natura respiratoria, di anziani debilitati, di pazienti con immunodeficienze primitive oppure secondarie da tumori (in particolare quelli a carico del sistema ematopoietico e linforeticolare), chemioterapia o trattamento immunosoppressivo. Da quanto si evidenzia a partire dai dati (limitati) sinora disponibili, la gravità dell’infezione risulta crescente con l’età del soggetto, risparmiando prevalentemente i bambini (ma vi sono alcuni casi pediatrici sia in Cina che in Italia), i giovani e gli adulti in buona salute, mentre incide maggiormente sugli anziani e i soggetti con altre patologie importanti non risolte o parzialmente risolte.

È verosimile che il virus abbia avuto origine o sia stato trasmesso da animali selvatici cinesi all’uomo?

È, questa, una delle ipotesi in corso di verifica da parte degli studiosi, ed è la più accreditata in considerazione degli studi sulle infezioni “parenti” della COVID-19: la SARS e la MERS. Le analisi filogenomiche del virus SARS-Cov mostrano con buona probabilità che questo betacoronavirus possa essersi sviluppato inizialmente nei pipistrelli e abbia contagiato l’uomo direttamente o attraverso specie animali selvatiche presenti nei mercati cinesi nel 2002. Il betacoronavirus MERS-CoV ha come “serbatoio naturale” i pipistrelli che infettano con i loro escrementi i datteri e i cammelli e l’ipotesi prevalente è che da questi il virus sia passato al paziente 0 (o ai pazienti 0) in Arabia Saudita nel 2012.

Veniamo ora alla sua pericolosità. Seguendo le notizie da giornali e tv, pare di capire che molti (i pessimisti) ricorrono ai dati sul numero di decessi tra gli infettati; altri (gli ottimisti) al numero di guarigioni degli ammalati risultati positivi per la presenza del coronavirus. È corretto trarre conclusioni da questi numeri?

Quando ci si riferisce alla cosiddetta “pericolosità” (che fa riferimento alla gravità della sindrome causata dall’infezione virale, ma che può comprendere anche altre concause presenti nel paziente), l’occhio cade subito sui dati della mortalità che, però, è solo uno dei possibili esiti (quello infausto) dell’infezione da SARS-CoV-2. Andrebbero invece considerati appropriatamente anche la durata della manifestazione della malattia, l’intensità dei sintomi, la propensione allo sviluppo di ulteriori quadri clinici, la gravità delle possibili complicanze e la terapia richiesta per risolverle, la debilitazione del paziente e i giorni di lavoro e di studio persi, l’impegno assistenziale (domiciliare od ospedaliero) richiesto e i suoi costi, e altro ancora.

Comunque, per quanto concerne la mortalità della COVID-19, gli studi disponibili riportano dati che vanno da meno dell’1% a oltre il 10%, in dipendenza del campione studiato e del paese indagato. In Cina è stimata al 2,5-4%, mentre negli altri negli altri paesi scende fino allo 0,4-0,7%. Un recente studio cinese su oltre 72 mila pazienti rileva che il tasso di mortalità è praticamente zero nei bambini sotto i 10 anni, ma arriva a circa il 15% negli ultra 80enni.

A titolo di paragone, l’epidemia stagionale di influenza presenta in Europa una mortalità del 0,1-0,2%. Occorre però tenere presente che una parte della popolazione più sensibile alle complicanze gravi di questa infezione è difesa dalla profilassi vaccinale annuale e che il campione studiato è molto più ampio.

In epidemiologia non è rilevante solo il tasso di mortalità o di complicanze che aggravano una infezione virale, ma anche il potere di contagio, spesso chiamato “tasso di riproduzione” di un’infezione (Basic Reproductive Ratio; in sigla R0). Il concetto venne applicato in epidemiologia per la prima volta dal dottor George McDonald nel 1952, che costruì un modello statistico-popolazionistico per la diffusione della malaria. R0 indica il numero di nuovi casi di malattia generati in media in una data popolazione da un singolo ammalato durante il proprio periodo infettivo, ossia quante nuove infezioni ci possiamo attendere che si sviluppino a partire da ogni persona che ha contratto la stessa infezione. Secondo i modello epidemiologici SIR (che divide i soggetti in suscettibili, infettivi e ristabiliti) e SIRS (che aggiunge anche i ristabiliti che non sono stabilmente immuni e ritornano ad essere suscettibili), R0 viene calcolato con un’apposita equazione differenziale. Per esempio, se R0 vale tre, significa che mediamente ogni persona infetta ne contagia altre tre. Per fare qualche esempio, l’influenza stagionale ha R0 = 1,2‒1,4, il morbillo 10‒15 e la parotite 8‒10. Questo numero dipende non solo dalla virulenza dell’agente patogeno, ma anche dalla capacità di resistenza al virus nei soggetti di una popolazione (per esempio, per immunità naturale o indotta da vaccinazione), dalla densità della popolazione urbana o rurale e dalle misure profilattiche poste in essere (contenimento dei focolai infettivi attraverso quarantene, divieti di assembramenti, cordoni sanitari territoriali, disinfezione, e altro ancora). Più elevato è il valore di R0, più difficile è controllare l’espandersi di una epidemia.


Lei distingue tra gravità e contagiosità del COVID-19. Può fornire qualche dato su quest’ultima, anche in relazione alla possibilità che l’epidemia si arresti in tempi brevi?

Sul piano sociale, la gravità di una malattia determina oneri assistenziali più elevati (strutture di ricovero e cura, personale medico e infermieristico specializzato, terapie, riabilitazione e giorni di assenza dal lavoro o dallo studio) che si moltiplicano nel caso in cui la sua contagiosità in una determinata popolazione e a fronte di misure profilattiche adottate permanga alta. Una stima approssimativa e provvisoria dell’R0 per il SARS-CoV-2 oscilla tra 2 e 3, di poco superiore a quello dell’influenza. Se in queste settimane l’R0 del COVID-19 non scenderà sotto questi livelli, l’infezione potrà diffondersi ulteriormente nelle popolazioni colpite.

L’obiettivo di sanità pubblica è quello di far scendere l’R0 al di sotto del valore uno, ossia che ogni soggetto infettato contagi in media meno di un altro soggetto. In questo modo i focolai infettivi si spegneranno in breve tempo perché il numero dei guariti supererà progressivamente quello dei malati. Questo è possibile attraverso la rigorosa applicazione delle misure profilattiche e igieniche raccomandate dall’Istituto Superiore di Sanità alle autorità pubbliche e private e ai singoli cittadini: dall’evitare luoghi affollati e poco aerati al detergere frequentemente e prolungatamente le mani ed evitare i contatti con le mucose nasali e oculari, dall’isolamento domiciliare od ospedaliero (a seconda della gravità dei sintomi) dei pazienti accertati con COVID-19 ai controlli sulla movimentazione di persone da e per le “zone rosse” del contagio.


Si parla in continuazione di “tamponi” per la diagnosi della COVID-19. In cosa consiste esattamente questo test?

Esistono diversi test diagnostici e di monitoraggio epidemiologico per le infezioni da coronavirus e anche per il SARS-CoV-2. Di principio li possiamo dividere in due tipi: i test di laboratorio che individuano la presenza di virioni in campioni di liquidi o tessuti biologici del soggetto (i più rapidi ed attuabili su vasta scala sono i test molecolari, basati sull’analisi del genoma virale), i quali, ovviamente, rilevano solo la infezione in atto, sia essa asintomatica oppure sintomatica; e i test di laboratorio per la ricerca degli anticorpi antivirali che il paziente ha sviluppato in corso di infezione e che permangono per un certo periodo di tempo anche dopo la guarigione (è così possibile sapere se un soggetto è stato esposto al virus anche se non ha sviluppato i sintomi della malattia oppure se è guarito senza essere stato diagnosticato come affetto dall’infezione).

Il test molecolare (“test rapido”) del tampone faringeo consiste nella raccolta di materiale biologico dalla cavità orale mediante strofinamento e/o rotazione un bastoncino cotonato sterile sul retrofaringe e sulle tonsille palatine, isolamento del materiale genetico (acidi nucleici) e ricerca di sequenze di basi nucleotidiche che sono tipiche del genoma del virus ricercato, in questo caso del SARS-CoV-2. Questa ricerca avviene con una tecnologia di genetica molecolare che si avvale dell’amplificazione specifica di piccole regioni di sequenze di acidi nucleici, nel caso specifico del betacoronavirus l’RNA mediante reazione polimerasica a catena (PCR) a trascrizione inversa (RT), seguita dal sequenziamento diretto dei frammenti genomici amplificati, ossia dalla “lettura” completa dell’ordine delle basi nucleotidiche. È una tecnica simile a quella utilizzata per i test genomici nella diagnosi delle malattie genetiche.

I ricercatori cinesi sono stati i primi a mettere a punto il test molecolare del tampone per il SARS-CoV-2 (il protocollo cinese ha come bersaglio genomico specifico sequenze di ORF1ab e N) seguiti da altri studiosi tedeschi (sequenze di RdRP, E e N), statunitensi (tre sequenze nel gene N), giapponesi (sequenze di Pancorona, proteina Spike e altri) e di Hong Kong (sequenze di ORF1b-nsp14 e N), per citarne solo alcuni tra quelli raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Negli ultimi giorni è sorta una discussione sull’attendibilità dei test del tampone eseguiti dalle Regioni interessate all’epidemia e sulla necessità o meno di una conferma da parte dell’Istituto Superiore di Sanità…

Come l’esito ogni singolo test genomico per la ricerca di virus specifici, anche quello per il SARS-CoV-2 può non avere – considerato da solo – un valore di certezza diagnostica-molecolare dirimente per quanto concerne l’individuazione di un particolare agente patogeno virale. Le ragioni dell’incertezza posso essere intrinseche alla metodologia utilizzata e all’analisi manuale e bioinformatica dei risultati grezzi ottenuti dal sequenziamento, ma anche estrinseche al protocollo adottato, derivanti da errori degli operatori nella raccolta del campione, nella sua conservazione durante il trasferimento dal punto di prelievo al laboratorio, nell’isolamento e processamento degli acidi nucleici, nel sequenziamento e nell’analisi dei dati genomici. Errori che possono andare dall’inquinamento del campione con altro materiale di origine biologica all’uso di reagenti e materiali di laboratorio non in condizioni ottimali, sino ad errori strumentali e manuali.


Per questa ragione, il risultato di un test di questo genere, che è abbastanza complesso e per alcuni aspetti automatizzato e per altri manuale, dovrebbe essere confermato da un test simile eseguito in altro laboratorio specializzato sullo stesso campione biologico e/o su uno prelevato dal medesimo paziente in un tempo successivo. Tutto questo non per sfiducia negli operatori sanitari e di laboratorio di un centro regionale, ma per una buona pratica clinica e biotecnologica. Per questa ragione, le polemiche tra l’Istituto Superiore di Sanità e le Sanità regionali appaiono fuori luogo e talora pretestuose.

La eventuale discordanza tra i risultati del tampone eseguito in loco e quelli centralizzati a Roma non deriva necessariamente da errori strumentali o degli operatori e non deve portare a nessun biasimo verso i sanitari e i laboratoristi regionali: può semplicemente riflettere una differenza nei protocolli adottati e/o nel momento in cui è stato eseguito il prelievo del campione biologico rispetto al decorso dell’infezione. Lo stesso paziente può risultare positivo o negativo alla ricerca dell’agente virale in determinati stadi dell’infezione. In questo caso, può essere utile la ricerca degli anticorpi antivirali nel siero.


Per quale ragione il numero di pazienti positivi al virus in Italia risulta essere più elevato, almeno sinora, rispetto a quello di altri paesi europei che intrattengono scambi commerciali e di persone con la Cina di volume simile o più elevato del nostro?

Occorre tenere presente due fattori. Il virus lo si trova nei soggetti solo se lo si cerca, e si riscontra il suo livello di diffusione in una popolazione solo se si mette in atto un protocollo sistematico di screening dei possibili portatori. Inoltre – nel caso di virus che possono dare luogo a infezioni asintomatiche o paucisintomatiche o con sintomi in alcuni casi sovrapponibili a quelli di differenti infezioni virali (per esempio, tra COVID-19 e affezioni influenzali e simil-influenzali) – la positività di un test del tampone faringeo non coincide con la manifestazione clinica della malattia e la presenza di sintomi apparentemente riconducibili alla malattia non implica che il test debba essere positivo.

Questi due fattori possono aiutare a spiegare, almeno in parte, le apparenti discrepanze nell’individuazione dei soggetti infettati da SARS-CoV-2 in Italia e in altri paesi e nel numero di pazienti diagnosticati come affetti da COVID-19 riscontrati nel nostro paese rispetto ad altri. Il numero di test molecolari per la ricerca del virus sinora effettuati in Italia per abitante nelle aree colpite dall’epidemia risulta tra i più elevati nei paesi colpiti dal COVID-19 e questo può contribuire alle differenze osservate. È stato giusto farlo finora, perché ha aiutato a individuare i ceppi autoctoni presenti sul nostro territorio, a tracciare la filiera dei contagi e a circoscrivere i focolai epidemici. Ma è giunto il momento, come ha correttamente chiesto l’Istituto Superiore di Sanità, di limitare ora i test del tampone ai soli soggetti sintomatici per i quali vi sia necessità di una diagnosi differenziale della COVID-19 rispetto ad altre patologie simili diffuse in Italia in questa stagione.

Se non facessimo così, oltre a dissipare risorse sanitarie preziose in questo momento senza alcun reale beneficio per la salute dei nostri cittadini, contribuiremmo ad alimentare fenomeni di allarmismo e psicosi da contagio sia nel nostro paese che in altri, che già hanno iniziato a guardare con sospetto o paura ogni contatto con le nostre popolazioni, sia di tipo commerciale che culturale e turistico.

Non bisogna infatti dimenticare che un test di laboratorio per la ricerca di un ceppo virale specifico in un soggetto, qualora risulti positivo, non significa affatto che egli o ella necessariamente manifesti o possa manifestare nei giorni successivi i sintomi della malattia e contagiare altri soggetti. La diagnosi di una malattia è sempre un atto clinico integrale (che include la valutazione complessiva del quadro clinico attraverso l’anamnesi, l’esame obiettivo e le indagini strumentali e di laboratorio), e non può mai essere inferita da un solo reperto molecolare, per quanto accurata e precisa sia la metodica adottata e la specificità del bersaglio prescelto.

Quali sono i farmaci sinora risultati efficaci per il trattamento dei pazienti affetti da COVID-19 che si trovano in condizioni più gravi e rischiano la vita? Per un vaccino, occorre davvero attendere molto tempo?

Per i pazienti con COVID-19 conclamata, grave compromissione respiratoria e ricoverati in ospedale, sia i medici cinesi che quelli italiani e di altri paesi stanno utilizzando i migliori farmaci a disposizione oggi, sia già in commercio per il trattamento di altre patologie virali (come la SARS, la MERS, la malattia da virus Ebola e AIDS), sia ancora in fase di sperimentazione clinica. A questi si aggiunge, ove clinicamente appropriata, l’ossigenoterapia, la ventilazione assistita e ogni altro supporto alle funzioni vitali dei pazienti più compromessi.

Per esempio, il Remdesivir (codice farmaceutico di sviluppo GS-5734), un analogo nucleotidico prodotto da Gilead Sciences ormai giunto in Fase III di sperimentazione clinica, è stato sviluppato in origine per trattare i pazienti affetti dalla malattia da virus Ebola e ha poi dato risultati incoraggianti anche per il trattamento di altri due infezioni virali simili alla COVID-19, quelle da SARS-Cov e da MERS-Cov. Anche la combinazione di due antivirali, il Lopinavir (ABT-378, un inibitore delle proteasi prodotto dalla Abbott) e il Ritonavir (ABT-538, un potenziatore dell’azione degli inibitori delle proteasi, realizzato anch’esso dalla Abbott), già usata nei pazienti con HIV, promette di dare risultati positivi, ma servono ulteriori dati prima di raggiungere conclusioni certe.

Per quanto concerne un vaccino contro l’infezione da SARS-CoV-2, sono al lavoro numerosi laboratori sia industriali che universitari e di centri di ricerca scientifica in diversi paesi. I tempi – considerata anche la necessaria fase di sperimentazione preclinica e clinica necessaria per validare un vaccino – non potranno essere brevi. Gli esperti parlano di non meno di 18-24 mesi, salvo possibili belle sorprese…

Quale posizione umana e cristiana dovremmo coltivare per affrontare con serietà ma anche con serenità la situazione presente?

Ritengo che dobbiamo affrontare questa circostanza della vita personale e sociale serietà, serenità e fiducia.

Anzitutto con serietà. Conosco la storia delle epidemie virali e la letteratura biomedica internazionale: i virus sono “nemici biologici” dell’uomo e di altre specie viventi che non bisogna assolutamente sottovalutare, ma studiare nelle loro mosse, conoscere nelle loro caratteristiche (ogni ceppo di virus ha le proprie) e imparare a combattere, senza sottovalutarli. Il realismo scientifico e, ancor prima, quello quotidiano, ci dicono di considerare questo evento secondo tutti i suoi fattori, senza censurarne nessuno, ma neppure assolutizzarne altri.

Ma anche con serenità. La virologia, l’infettivologia, l’immunologia e la farmacologia hanno fatto passi da gigante e non siamo nelle stessa situazione di un secolo fa, quando vi fu la terribile “spagnola” (che tra il 1918 e il 1920 infettò oltre 500 milioni di persone in tutto il mondo e ne uccise alcune decine di milioni): allora non disponevamo né di antivirali né di vaccini, e neppure di test molecolari per identificare il tipo di virus. Neanche gli antibiotici per le complicanze batteriche erano disponibili. Oggi noi sappiamo che – in Italia e in altri paesi – dalla COVID-19 si può guarire e che sinora è guarito circa il 95% dei malati seguiti clinicamente.

E, soprattutto, vivere questo tempo con fiducia, perché la nostra vita non dipende ultimamente né da noi, né dalla medicina, ma è nelle mani di Dio. La fede ci fa riconoscere che, in ogni circostanza della vita, noi apparteniamo a un Altro, nelle cui braccia ci affidiamo e affidiamo i nostri cari, i nostri amici e i nostri pazienti. La speranza in Cristo, morto e risorto, è la certezza della nostra vita. Nessuna certezza scientifica può fare a meno di una certezza morale che nasce dal senso religioso di ognuno di noi.

Mi consenta di chiudere con una battuta. Mia mamma, con la saggezza che derivava dalle sue origini che erano quelle di una famiglia contadina, di fronte alla paura per la salute e all’eccesso di medicalizzazione nella vita diceva: «Non si può vivere tutta la vita da ammalati per poi morire sani». Il Signore l’ha chiamata a sé quando aveva compiuto cento anni, spirando in pace.


   

Lettera di mons. Viganò al Cardinale Zen


Lettera di Mons Viganò al card Zen + profezie sull'anticristo





Eminenza Carissima,

Sono l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, già Nunzio Apostolico negli Stati Uniti d’America.

Ho seguito con profonda partecipazione, condividendo la Sua sofferenza nella preghiera, i Suoi numerosi accorati Appelli a papa Bergoglio, per la drammatica situazione della Chiesa Martire in Cina, che lui stesso ha colpevolmente aggravato con il proditorio e sciagurato Accordo segreto firmato dalla Santa Sede con il Governo Comunista Cinese.

I Suoi accorati Appelli, Caro Fratello in Cristo, sono rimasti sistematicamente inascoltati e persino derisi in modo ipocrita e perverso. Quanto al Cardinale Parolin, ha agito da mero sconsiderato esecutore di un malvagio ordine superiore.

Ho letto stamane la ignominiosa e vergognosa Lettera che il Card. Giovanni Battista Re ha indirizzato a tutti i cardinali contro di Lei. Ne sono profondamente rattristato e indignato, e desidero esprimerLe tutto il mio affetto, la mia preghiera e la mia solidarietà fraterna nell’episcopato.

Lei è un coraggioso Confessore della Fede a cui va tutta la mia venerazione e ammirazione!

Purtroppo la menzogna in Vaticano è eretta a sistema, la verità è totalmente stravolta, l’inganno più perverso è spudoratamente praticato anche dai più insospettabili, che ora si prestano ad agire da strumenti complici dell’Avversario. Si è giunti addirittura ad affermare che “papa Benedetto XVI aveva approvato il progetto di Accordo” firmato nel 2018, quando invece tutti sappiamo della sua strenua resistenza e della sua reiterata riprovazione delle condizioni poste da un Regime persecutorio e sanguinario.

Il Vaticano ha fatto di tutto e di più per consegnare nelle mani del Nemico la Chiesa Martire Cinese: lo ha fatto siglando il Patto segreto; lo ha fatto legittimando “vescovi” scomunicati, agenti del regime; lo ha fatto con la deposizione di Vescovi legittimi; lo ha fatto imponendo ai Sacerdoti fedeli di registrarsi presso la chiesa succube della dittatura comunista; lo fa quotidianamente tacendo sulla furia persecutoria che proprio a partire da quell’infausto Accordo è andata inasprendosi in un inaudito crescendo. Lo sta facendo ora con questa ignobile missiva a tutti i cardinali, volta ad accusarLa, a denigrarLa e ad isolarLa.

Nostro Signore ci assicura che niente e nessuno potrà mai strappare dalla Sua mano coloro che resistono al nemico infernale e ai suoi accoliti, trionfando su di loro “per mezzo del Sangue dell’Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio” (Ap. 12, 11).

Il Vostro esempio, Caro Cardinale, e il prezzo altissimo che state pagando per difendere la Causa di Dio e della sua Chiesa, provochi in noi un salutare scossone, ci strappi dall’inerzia e dall’assuefazione con le quali assistiamo supini alla resa della Chiesa Cattolica nei suoi più alti vertici e nella sua gerarchia, all’eresia e all’apostasia, per essersi messa a seguire il Principe di questo mondo, menzognero e omicida sin da principio.

quem redemisti, Christe, sanguine tuo, ne in aeternum irascaris nobis.

+ Carlo Maria Viganò

Arcivescovo tit. di Ulpiana

Nunzio Apostolico

venerdì 28 febbraio 2020

LITURGIA DEL GIORNO

La Liturgia di Venerdi 28 Febbraio 2020
Venerdì dopo le Ceneri

Risultato immagini per E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

Grado della Celebrazione: Feria
Colore liturgico: Viola

Antifona d'ingresso
Il Signore mi ha ascoltato,
ha avuto pietà di me:
il Signore è il mio aiuto. (Sal 30,11)

Colletta
Accompagna con la tua benevolenza,
Padre misericordioso,
i primi passi del nostro cammino penitenziale,
perché all’osservanza esteriore
corrisponda un profondo rinnovamento dello spirito.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...

PRIMA LETTURA (Is 58,1-9)
È forse questo il digiuno che bramo?


Dal libro del profeta Isaìa

Così dice il Signore:
«Grida a squarciagola, non avere riguardo;
alza la voce come il corno,
dichiara al mio popolo i suoi delitti,
alla casa di Giacobbe i suoi peccati.
Mi cercano ogni giorno,
bramano di conoscere le mie vie,
come un popolo che pratichi la giustizia
e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio;
mi chiedono giudizi giusti,
bramano la vicinanza di Dio:
“Perché digiunare, se tu non lo vedi,
mortificarci, se tu non lo sai?”.
Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari,
angariate tutti i vostri operai.
Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi
e colpendo con pugni iniqui.
Non digiunate più come fate oggi,
così da fare udire in alto il vostro chiasso.
È forse come questo il digiuno che bramo,
il giorno in cui l’uomo si mortifica?
Piegare come un giunco il proprio capo,
usare sacco e cenere per letto,
forse questo vorresti chiamare digiuno
e giorno gradito al Signore?
Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene inique,
togliere i legami del giogo,
rimandare liberi gli oppressi
e spezzare ogni giogo?
Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti?
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
Allora invocherai e il Signore ti risponderà,
implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”».

Parola di Dio

SALMO RESPONSORIALE (Sal 50)
Rit: Tu non disprezzi, o Dio, un cuore contrito e affranto.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Sì, le mie iniquità io le riconosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto.

Tu non gradisci il sacrificio;
se offro olocàusti, tu non li accetti.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.

Canto al Vangelo (Am 5,14)
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!
Cercate il bene e non il male, se volete vivere,
e il Signore sarà con voi.
Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

VANGELO (Mt 9,14-15)
Quando lo sposo sarà loro tolto, allora digiuneranno.


+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli
Il Signore ascolta la preghiera di chi riconosce le doppiezze e le contraddizioni della propria condotta morale. Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci o Signore.

Perchè la parola del Papa in difesa della vita, della libertà e della pace, sia accolta nella Chiesa e nel mondo come proposta di valori umani, atti ad ispirare l'impegno morale dei singoli e dei popoli. Preghiamo:
Perchè la Conferenza episcopale trovi nell'assistenza dello Spirito Santo, il coraggio di proporre alla Chiesa italiana linee pastorali a partire dalle emarginazioni e dalle povertà presenti sul territorio. Preghiamo:
Perchè la sofferenza, che accomuna persone malate, sole e svantaggiate, susciti nella comunità cristiana, raccolta attorno allo sposo Gesù nel banchetto dell'eucaristia, risposte concrete di carità e di solidarietà. Preghiamo:
Perchè il digiuno, che il vangelo paragona all'attesa dello sposo, ci prepari a testimoniare più concretamente la fede e l'amore. Preghiamo:
Perchè la gioia donataci da Gesù in quest'eucaristia, ci aiuti ad essere fedeli ai nostri doveri di cristiani. Preghiamo:
Per i cristiani che si dicono credenti pur avendo abbandonato la pratica religiosa.
Per i cristiani che ritengono l'impegno sociale estraneo alla Chiesa.

Scuoti, o Padre, la nostra coscienza pigra e intorpidita dal peccato, e fa' che, accogliendo il giudizio della tua Parola sulle nostre incoerenze, viviamo in maniera più responsabile l'impegno della fede. Amen.

Preghiera sulle offerte
Il sacrificio che ti offriamo, Signore,
in questo tempo di penitenza,
renda a te graditi i nostri cuori,
e ci dia la forza
per più generose rinunce.
Per Cristo nostro Signore.

PREFAZIO DI QUARESIMA II
La penitenza dello spirito

È veramente giusto renderti grazie,
è bello cantare la tua gloria,
Padre Santo,
Dio onnipotente ed eterno.
Tu hai stabilito per i tuoi figli
un tempo di rinnovamento spirituale,
perché si convertano a te con tutto il cuore,
e liberi dai fermenti del peccato
vivano le vicende di questo mondo,
sempre orientati verso i beni eterni.
Per questo dono della tua benevolenza,
uniti agli angeli e ai santi,
con voce unanime
cantiamo l’inno della tua lode: Santo...


Antifona di comunione
Mostrami, o Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri. (Sal 25,4)

Oppure:
“Gli invitati a nozze
non possono essere in lutto
mentre lo sposo è con loro” (Mt 9,15)


Preghiera dopo la comunione
La partecipazione a questo sacramento,
Dio onnipotente,
ci liberi da ogni colpa
e ci ottenga dalla tua misericordia
la conversione del nostro spirito.
Per Cristo nostro Signore.



Commento
Quando Gesù si dona a noi nella preghiera, non è il momento di digiunare. Bisogna ricevere appieno il suo amore, lasciargli una libertà completa, sapendo che il regno di Dio può realizzarsi molto bene in noi in quel momento. Non ci lasceremo mai colmare troppo da una gioia che viene direttamente dalla presenza di Gesù. Perché colui che entra nell’intimità del cuore di Gesù conosce sofferenze interiori molto profonde: sofferenze per il suo peccato e per il peccato del mondo, prove, assilli, tentazioni e dolorosissimi digiuni spirituali nel momento in cui Gesù si nasconde, e non fa più percepire la propria presenza... La Chiesa sa che le nostre forze sono limitate, e che noi dobbiamo essere disponibili alle sofferenze più intime, più profonde, che vengono direttamente da Gesù. È questo il motivo per cui essa ha ridotto i digiuni che un tempo erano d’obbligo. Essa ne dispensa i vecchi, i malati: se il digiuno impedisce loro di pregare, se essi hanno appena la forza per restare vicino a Dio, che restino con lo Sposo: è questo l’importante!

giovedì 27 febbraio 2020

CORONAVIRUS: IN QUARANTENA ANCHE LE BANCONOTE

LA "QUARANTENA" DEL CONTANTE IN CINA COME RIDICOLA SCUSA PER ELIMINARLO DALLA CIRCOLAZIONE? (E DA NOI CHE SCUSA TROVERANNO? LE VACCINAZIONI CON MICROCHIP INCORPORATO?)....


La Cina ripulirà e metterà «in quarantena» le banconote, per limitare la diffusione dell’epidemia di coronavirus. Lo ha annunciato lo scorso 15 febbraio il vicegovernatore della banca centrale cinese Fan Yifei.


Per la bisogna saranno usati raggi ultravioletti o alte temperature. Così “purificati”, i bigliettoni saranno poi sigillati e isolati per sette o quattordici giorni prima di essere rimessi in circolazione. «Dobbiamo preservare la sicurezza e la salute degli utenti di denaro contante», ha affermato Fan Yifei, aggiungendo che i trasferimenti bancari tra le province sono stati sospesi. Ad ogni buon conto, per paura del contagio, i cinesi usano per gli acquisti sempre meno contante preferendo il proprio smartphone.

Coronavirus: Xi Jinping applaude all’efficacia del Partito. Esperti e scienziati dubitano

In un incontro del Politburo, teletrasmesso a tutti i governi delle contee e a tutti i reggimenti militari, il presidente cinese esalta il ruolo del Partito nel gestire la crisi. L’epidemia “non ha cambiato i fondamentali a lungo termine nella crescita economica della Cina”. Ma anche Xi ha taciuto sull’allarme infezione. Scienziati: il virus era presente a Wuhan da novembre. Ed è venuto “dall’esterno” del mercato del pesce. L’ipotesi del laboratorio di ricerche sul virus (a scopo bellico).

Roma (AsiaNews) – Il Comitato centrale del Partito comunista cinese ha dato “giudizi accurati”; ha “operato con tempismo”; ha preso “misure efficaci” sull’epidemia. È quanto affermato dal presidente cinese Xi jinping in un incontro ieri alla presenza di quasi tutte le personalità del Politburo. Secondo Xinhua, l’incontro era diffuso anche in teleconferenza per farvi partecipare ogni governo di contea e ogni reggimento militare.

Mettendo in evidenza decisione, potere e lungimiranza, Xi ha elencato i passi risolutori per gestire la crisi: frenare la diffusione dell’epidemia; aumentare i trattamenti e le cure; evitare che il virus si diffonda anche a Pechino; sostenere politiche di stimolo per l’economia nazionale; stabilizzare il commercio con l’estero e gli investimenti. Egli ha precisato che l’epidemia “non ha cambiato i fondamentali a lungo termine nella crescita economica della Cina”.

“L’efficacia della prevenzione e il lavoro di controllo – ha detto - hanno dimostrato una volta di più i vantaggi significativi della leadership del Partito comunista cinese e del sistema socialista con caratteristiche cinesi”.

L’incontro ad alto livello e le parole di Xi sono un tentativo di contrastare tutte le critiche che piovono on line – e che vengono puntualmente cancellate – contro il modo in cui è stata gestita la crisi e che mette in discussione perfino la leadership di Xi.

Ricostruendo infatti tutte le tappe dell’epidemia, è ormai evidente che le autorità sapevano della diffusione del virus fin da dicembre scorso, ma hanno zittito i medici che avevano riportato il fatto, lanciando l’allarme solo il 23 gennaio. Lo stesso Xi è implicato in questo ritardo: Qiushi, una pubblicazione intellettuale del Partito, nella sua edizione del 15 febbraio afferma che Xi sapeva dell’epidemia fin dal 7 gennaio e che quel giorno ha dato indicazioni su come affrontare la crisi. Ma questa affermazione cozza contro quella del sindaco di Wuhan che alla televisione aveva confessato i ritardi, dichiarando di aver avuto bisogno del permesso di Pechino per lanciare l’allarme sul coronavirus.

Sempre più esperti puntano il dito contro la mancanza di libertà di parola che ha portato al soffocamento delle allerte provenienti dalla base e contro la gestione del potere dall’alto verso il basso, che hanno causato la diffusione del virus in Cina e nel mondo.

Ad accrescere l’inaffidabilità delle assicurazioni di Xi vi sono anche alcuni scienziati. Secondo uno studio dell’Accademia cinese delle scienze sociali e dell’Istituto per le ricerche sul cervello, pubblicato lo scorso 21 febbraio, il virus dove aver fatto la sua comparsa fin dal novembre 2019 a Wuhan e si è stabilizzato ai primi di dicembre nel mercato del pesce della città. Finora tale mercato è stato considerato l’epicentro dell’epidemia, dato che in esso si vendono animali selvatici come pipistrelli, serpenti e pangolini, ritenuti il mezzo che ha fatto trapassare il virus nell’uomo.

Lo studio però dubita che il virus sia stato originato nel mercato del pesce e suggerisce che esso sia stato “importato dall’esterno”.

La nuova ipotesi scientifica riapre il sospetto che il coronavirus abbia origine da un laboratorio situato vicino a Wuhan, dedito a ricerche sui virus (secondo alcuni a scopo bellico). Finora molti hanno considerato questa idea come “complottista”. Forse ora diviene più credibile. Ma la mancanza di libertà di parola rende difficile giungere alla verità.

Xi Jinping si auto-assolve. Ma i critici chiedono che lui se ne vada

Per il presidente cinese è importante fare nuove leggi per prevenire e controllare le epidemie e migliorare le punizioni. Nessuna autocritica per il silenzio mantenuto sul coronavirus e sui ritardi delle decisioni della leadership. Xu Zhangrun, già professore di legge all’università Qinghua: la tirannia e la soppressione della società civile alla base dell’espandersi del virus. Xu Zhiyong: Xi deve dimettersi perché “incapace di gestire le crisi”.

Roma (AsiaNews) – “La prevenzione e il controllo dell’infezione” necessitano “un impegno basato sulla legge, che sia scientifico e ordinato”. Così, si è espresso ieri il presidente cinese Xi Jinping a un raduno del Comitato centrale del Partito comunista cinese sulla governance.

Secondo Xinhua, Xi ha sottolineato che in Cina è importante “migliorare la legislazione legata alla prevenzione delle epidemie e al loro controllo, rafforzare le istituzioni di supporto e migliorare le procedure per le punizioni”.

La Xinhua non cita nessuna parola di Xi riguardo alla crisi che attanaglia il Paese. L’epidemia di coronavirus originatasi a Wuhan è ormai diffusa in tutte le regioni della Cina e ad oggi ha fatto oltre 560 morti, con quasi 30mila infetti. Almeno 51 milioni di persone sono in isolamento forzato o volontario; centinaia di milioni di persone stanno subendo i contraccolpi per la chiusura delle fabbriche, per le ricadute dell’economia.

Xi ha taciuto per lungo tempo e solo dopo che è stata dichiarata l’emergenza virus il 23 gennaio scorso, egli ha avuto alcune parole di sostegno alla “guerra” della nazione contro il “demone” dell’epidemia.

Ma è ormai evidente che ciò che non ha tenuto in questa crisi è la struttura della società cinese, in particolare il sistema di controllo dell’informazione, che ha ritardato per settimane la presa di coscienza del pubblico sulla gravità dell’epidemia che intanto si era sviluppata in tutto il Paese. L’altro grande limite a una risposta pronta è la struttura gerarchica e verticista del potere che non lascia a un sindaco di prendere provvedimenti senza il benestare della leadership centrale di Pechino.

In questo senso, le parole dette da Xi ieri sono una grande auto-assoluzione per confermare la dittatura del partito e il controllo sull’informazione quando è ormai evidente la necessità di libertà di stampa e di distribuzione delle responsabilità col criterio della sussidiarietà.

Dopo un certo silenzio, la grande stampa di regime è tornata a piazzare in prima pagina foto del “cuore della leadership” e gli “Xi’s corner (l’angolo di Xi)”, dove viene esaltata ogni parola del presidente, segretario del Partito, direttore della Commissione militare centrale, responsabile delle riforme, ecc…. Ma qua e là nel web appaiono critiche che dopo poche ore vengono oscurate e gli autori arrestati.

In questi giorni, Xu Zhangrun, professore di legge all’università Qinghua ha pubblicato un articolo criticando la leadership per aver fallito sul controllo dell’epidemia di coronavirus. Xu - che per un altro articolo contro la presidenza a vita di Xi è stato sospeso dall’insegnamento nel 2018 - ha accusato anzitutto “la tirannia” di aver distrutto “il sistema politico cinese” che si avviava alle riforme dopo la morte di Mao Zedong.

Secondo Xu, la repressione della società civile e della libertà di espressione operata da Pechino ha reso impossibile alla gente di rispondere subito all’allarme per l’epidemia. Secondo i suoi amici, Xu – che vive già sotto sorveglianza – sarà presto arrestato.

Due giorni fa è stata la volta di Xu Zhiyong. Egli ha pubblicato un articolo sui social in cui chiede a Xi di dimettersi perché “incapace di gestire le crisi” quali la guerra dei dazi con gli Usa, le proteste di Hong Kong e il coronavirus.

Xu Zhiyong è il fondatore del movimento dei Nuovi cittadini, un avvocato per i diritti umani, che ha già subito quattro anni di prigione per aver parlato in difesa della democrazia e contro la corruzione dei membri del partito.

Al presente Xu Zhiyong vive nascosto e sfugge alla polizia, anche se egli è molto attivo sui social. All’inizio dell’anno ha diffuso un messaggio in cui critica “il nuovo modello di totalitarismo” di xi Jinping

Coronavirus, il parere dell’immunologo Attilio Speciani su come evitare il panico

Tutto quello che c’è da sapere sull’epidemia del nuovo coronavirus. Quali sono i sintomi, quali le misure contro il contagio, perché sono stati infettati i medici, quando finirà. La parola all'immunologo Attilio Speciani.

I dati diffusi sul nuovo coronavirus, denominato ufficialmente Sars-Cov-2, sembrerebbero preannunciare l’apocalisse. Con sintomi simili a quelli dell’influenza, come naso che cola, febbre, tosse e mal di gola, diventa difficile distinguerlo da un normale raffreddore. Il numero delle vittime aumenta ogni giorno, così come il numero dei contagi. Ma quando si impara a leggere questi numeri nel modo corretto, la realtà risulta diversa. Ci siamo rivolti al dottor Attilio Speciani, immunologo clinico e specialista in allergologia, nonché direttore scientifico dello studio medico Geklab, per farci spiegare come limitare i rischi e come leggere i numeri dei contagi.


Il coronavirus ha una trasmissione di tipo respiratorio legato alle goccioline di fluido nasale o di catarro. La cosa migliore è quella di evitare contatti stretti, diretti o faccia a faccia con le persone. Quali provvedimenti si possono adottare per evitare situazioni di rischio? Parliamo di un virus che ha una trasmissione di tipo respiratorio legato alle goccioline di fluido nasale o di catarro. La cosa migliore è quella di evitare contatti stretti, diretti o faccia a faccia con le persone. Ci si può proteggere semplicemente non mangiandosi le unghie e lavandosi frequentemente e molto bene le mani – per almeno 20 secondi con acqua e sapone, oppure utilizzando una soluzione di candeggina allo 0,05 per cento, o una soluzione di alcol al 60 per cento. Che poi sono accorgimenti base di pulizia e igiene personale. Ad esempio, le persone che lavorano a stretto contatto con il pubblico, possono ripassare con un po’ di alcol le maniglie, i pulsanti e i bottoni che sono toccati più frequentemente, ma senza bisogno di diventare ossessivi.

Oltre a questi strumenti di difesa passiva, che evitano che il virus ci contagi, quali sono gli strumenti di difesa attiva a disposizione di tutti per rallentare la diffusione dei virus?
Ci sono ricerche molto rilevanti sulla presenza di selenio e sulle capacità dell’organismo di sconfiggere i virus. Studi recenti hanno provato che il fatto di avere un sufficiente dosaggio di selenio nel proprio organismo consente una maggiore capacità difensiva del sistema immunitario nei confronti del virus stesso. Nei soggetti in cui invece c’è una carenza di selenio, o altri possibili minerali come zinco, rame e manganese, il virus muta più facilmente. E questo vale anche per altri coronavirus e per l’influenza. In una persona malnutrita il virus muta più velocemente e diventa più aggressivo perché manca una risposta da parte del corpo. Significa che una buona alimentazione, con abbondanti quantità di verdura e frutta, integrata da oligoelementi e minerali correlati, attiva meglio l’organismo. Ma attenzione alle bufale che circolano nel web: la vitamina C, da sola, non uccide il virus. Al contrario, il giusto apporto consente all’organismo di rispondere meglio alle situazioni virali.

Ci sono poi studi che hanno scoperto come l’eccessiva presenza di zuccheri nell’organismo, possa diventare un fattore problematico nella gestione del virus. Una ricerca pubblicata il 26 gennaio 2020 sulla rivista medica Emerging infectious diseases ha confermato che la gravità di un’infezione e la letalità della stessa sono fortemente correlate alla presenza di diabete e di malattie cardiovascolari concomitanti che rendono le persone più a rischio di complicazioni. Oltretutto, lo studio è stato condotto sulla Mers, un’infezione da coronavirus che è molto più patologica del Covid-19. Questo quindi potrebbe essere il momento adatto per porre una maggiore attenzione sull’uso indiscriminato di zuccheri che facciamo. Con qualche piccolo accorgimento potremmo stare tutti meglio, dato che migliorando le condizioni infiammatorie di base, faciliteremmo il compito del nostro corpo di combattere le infezioni virali.

Si può relativizzare la contagiosità e la mortalità del Covid-19 rispetto ad altri virus?
Certamente. E un semplice confronto con altri virus ci dimostra che ci stiamo spaventando in maniera esagerata per questa cosa. Facciamo l’esempio di ebola: se una persona prende l’ebola, difficilmente riuscirà a muoversi. Quel virus ha una mortalità del 55-60 per cento quindi nel giro di pochi giorni o il corpo riesce in qualche modo a difendersi o si va incontro a morte certa. Invece, nel caso del Covid-19 abbiamo un’infinità di persone che hanno avuto un contatto con il virus e non lo sanno nemmeno. Sono i cosiddetti portatori sani. Una persona che porta in giro un virus di questo tipo non è un untore, ma una prova vivente che il virus sia affrontabile. Anche la direttrice dell’ospedale Sacco di Milano ha detto che “si è scambiata un’infezione appena più seria dell’influenza, per una pandemia globale”. Indubbiamente questa situazione merita tutta la cautela del mondo, ma bisogna anche ricordare che i numeri di mortalità sono abbastanza simili a quelli dell’influenza e sono molto lontani da quelli di altri coronavirus: il Covid-19 ha una mortalità dell’1,5-2 per cento a seconda di come la si considera. La Mers del 30-35 per cento e la Sars del 10 per cento.


Quindi il fatto che ci siano così tanti portatori sani dovrebbe essere un segnale positivo?
Assolutamente sì. La loro presenza è un dato estremamente positivo. Di fronte a un portatore sano la domanda da porsi è “perché non esiste un portatore sano di ebola?”. È questa la differenza. ebola non è mai riuscita a superare lo stretto di Gibilterra, che è largo solo 16 chilometri, perché chi la contrae o guarisce o muore. Questo coronavirus invece si è mosso molto velocemente e ha attraversato mezzo mondo senza che le persone se ne rendessero conto. Il fatto che si possa essere contagiati dal coronavirus e non esserne a conoscenza è fondamentale. L’Oms ha dichiarato che l’80 per cento delle persone contagiate da Covid-19 presenta sintomi assolutamente minimi, il 15 per cento presenta sintomi lievi o medi e c’è solo il 5 per cento che sviluppa sintomi più impegnativi. Per carità, in alcune persone con cui viene in contatto può anche essere letale, ma non è casuale che le prime morti siano collegate a persone anziane, con problematiche particolari, o a medici che sono stati esposti a dosi ripetute ed elevate del virus.

Non è strano che i medici siano stati contagiati così tanto? Non è un caso che i medici siano tra i più colpiti: il personale sanitario viene in contatto con ripetute dosi di virus. Poi certo, ci sarà sempre una persona che tocca un virus per caso e si contagia, ma mediamente in biologia servono contatti ripetuti, frequenti e in buona quantità per scatenare una reazione. Quindi già lavarsi le mani, non stropicciarsi gli occhi, evitare di mettersi le mani in bocca senza che siano lavate e pulite ed evitare rapporti diretti con i malati, sono accorgimenti che portano una forte azione difensiva. Evitano cioè che i virus entrino nel proprio corpo.

Cosa possiamo aspettarci rispetto all’andamento dell’epidemia? Quando verosimilmente il virus perderà effetto?
Il numero di contagi ovviamente sta aumentando e continuerà a farlo. Essendo un virus che ha attinenze con la stagionalità, mi aspetto che la stagione primaverile possa contribuire a sconfiggerlo. L’influenza e i virus parainfluenzali non si vedono con il caldo, perché sono tutti correlati con la stagione invernale. Non a caso è esploso insieme al periodo influenzale nel pieno dei mesi freddi. La sua potenza virologica diminuirà anche di intensità quando incontrerà persone in grado di sviluppare gli anticorpi per sconfiggerlo. La mia ipotesi è che in questo momento ci siano persone di cui non siamo ancora e conoscenza, che fanno parte dell’80 per cento a cui si riferiva l’Oms. Sono individui che hanno forme lievi di infezione che possono essere del tutto scambiabili per un raffreddore; probabilmente hanno anche già gli anticorpi necessari per sconfiggerlo. Quando questi anticorpi aumentano e si espandono a livello generale nasce quella che si chiama immunità di gregge e a quel punto difficilmente i virus progrediscono.

Provate a pensare a questo: non tutte le persone sono consapevoli di aver far fatto la mononucleosi. Però a 28 anni, il 93-95 per cento delle donne italiane ha gli anticorpi contro la mononucleosi, anche se solamente una piccola parte sa di averla fatta. Questo significa che ci sono state delle situazioni in cui è stato incontrato il virus, ma non ha generato effetti. Magari si è sviluppato giusto un leggero raffreddore, che in realtà era mononucleosi. Vale lo stesso discorso per il Covid-19: ci troveremo a un punto in cui le persone avranno sviluppato gli anticorpi senza saperlo. Questo avviene quando il virus ha una grossa capacità di diffusione, ma non è un virus letale come ebola. Questi due paragoni, quello con ebola e quello con la mononucleosi, ci spiegano perché dobbiamo guardare a questo virus con molta attenzione: è vero, non lo conosciamo, ma dobbiamo anche tranquillizzarci e imparare a ragionare sui dati e non sulle ipotesi.

Secondo il bollettino dell’università Johns Hopkins, il numero dei pazienti guariti nel mondo è molto più alto rispetto al numero dei decessi. Perché allora l’attenzione viene posta solamente sul numero di vittime?
Questo tema era stato affrontato anche da Sabin [Albert Bruce Sabin, l’inventore del vaccino per la poliomielite, ndr.], quando ci fu l’epidemia di Aids. Lui diceva “non dobbiamo considerare i numeri delle persone che muoiono, ma dobbiamo considerare quelli che sopravvivono e guariscono. Dobbiamo concentrarci sul perché ce la fanno”. E vale anche per il Covid-19: dovremmo capire come fanno queste persone a sopravvivere e copiare i loro comportamenti, studiarne la genetica e la storia. Eppure, tutti i media relegano queste informazioni nei riquadri piccoli, in fondo, e intitolano le prime pagine con il numero dei morti. Così la gente impazzisce e la situazione diventa solamente più difficile da gestire.

Stando alle informazioni raccolte finora, il virus ha contagiato pochissimi bambini, che invece sono tra i soggetti più esposti all’influenza. Come mai? Questo può dirci qualcosa sulle caratteristiche del virus?
Non escludo che i bambini possano avere degli anticorpi in grado di contrastarlo. Non lo sappiamo ancora perché in questo momento siamo in una situazione di emergenza e ci stiamo occupando di gestire quella. Questa fa parte di una delle domande che rimangono ancora aperte.

Ricapitolando: quali sono i dati “positivi” sui quali la popolazione dovrebbe riflettere? 
Il numero di morti per influenza ogni anno è immensamente più ampio. Secondo l’Istituto superiore di sanità, in Italia ci sono stati 24mila morti per influenza nella stagione 2017-2018, quindi circa 200 al giorno. Di questi 24mila, 940 erano giovani che sono stati ricoverati in situazioni gravi e 174 di loro sono deceduti. Se si inizia a considerare questi numeri, quelli di adesso sono infinitamente meno rilevanti. Il signor Trevisan, la prima vittima italiana, stava già morendo di influenza infatti, ma ne hanno fatto un caso nazionale perché era positivo al coronavirus.
Delle norme base di igiene personale possono fare la differenza. Come per l’influenza e così anche per il coronavirus, è bene lavarsi accuratamente le mani con saponi o soluzioni disinfettanti, evitare di mettersele in bocca o negli occhi e starnutire o tossire sempre con la mano davanti.
Un’alimentazione adeguata aiuta il nostro organismo a rimanere in salute. Una dieta variegata, ricca di frutta e verdura è sempre la scelta migliore. Come dicevamo, è anche bene limitare l’assunzione di zuccheri.
Mantenere la calma. Se si mantengono i toni su questo livello, ci saranno più morti da psicosi. Prima di farsi prendere dal panico è bene analizzare tutti i dati che abbiamo a disposizione.