venerdì 28 giugno 2019

SACRO CUORE DI GESÙ E MARIA, LE COSE DA SAPERE

OGGI LA FESTA


SACRO CUORE DI GESÙ E MARIA, LE COSE DA SAPERE

28/06/2019 Questa solennità ha una data mobile e viene celebrata il venerdì dopo il Corpus Domini; il sabato che segue è dedicato al Cuore Immacolato di Maria. Fu la mistica francese santa Margherita Maria Alacoque la messaggera del culto che nel 1856 papa Pio IX estese a tutta la Chiesa cattolica


Qual è il significato di questa festa? Con il culto al Sacro Cuore di Gesù, la Chiesa Cattolica intende onorare il Cuore di Gesù Cristo, uno degli organi simboleggianti la sua umanità, che per l’intima unione con la Divinità, ha diritto all’adorazione e l’amore del Salvatore per gli uomini, di cui è simbolo proprio il Suo Cuore.


Il Sacro Cuore di Gesù, olio su rame, opera del pittore Pompeo Batoni (1767) che si trova a Roma nella chiesa del Gesù

QUANDO NASCE LA DEVOZIONE?

Già praticata nell’antichità cristiana e nel Medioevo, il culto si diffuse nel secolo XVII ad opera di S. Giovanni Eudes (1601-1680) e soprattutto di S. Margherita Maria Alacoque (1647-1690). La festa del Sacro Cuore fu celebrata per la prima volta in Francia, probabilmente nel 1685.

CHI È STATA LA MESSAGGERA DEL CUORE DI GESÙ? 

S. Margherita Maria Alacoque, suora francese, entrò il 20 giugno 1671 nel convento delle Visitandine di Paray-le-Monial (Saone-et-Loire), visse con grande semplicità e misticismo la sua esperienza di religiosa e morì il 17 ottobre 1690 ad appena 43 anni. Già prima di entrare nel convento, era dotata di doni mistici che si accentuarono con la sua nuova condizione di religiosa; ebbe numerose manifestazioni mistiche, ma nel 1673 cominciarono le grandi visioni che resero famoso il suo nome; esse furono quattro rivelazioni principali, oltre numerose altre di minore importanza.

QUANTE E QUALI FURONO LE VISIONI MISTICHE DI S. MARGHERITA?

La prima visione avvenne il 27 dicembre 1673, festa di s. Giovanni Evangelista, Gesù le apparve e Margherita si sentì “tutta investita della divina presenza”; la invitò a prendere il posto che s. Giovanni aveva occupato durante l’Ultima Cena e le disse: “Il mio divino Cuore è così appassionato d’amore per gli uomini, che non potendo più racchiudere in sé le fiamme della sua ardente carità, bisogna che le spanda. Io ti ho scelta per adempiere a questo grande disegno, affinché tutto sia fatto da me”. 

Una seconda visione le apparve agli inizi del 1674, forse un venerdì; il divin Cuore si manifestò su un trono di fiamme, più raggiante del sole e trasparente come cristallo, circondato da una corona di spine simboleggianti le ferite inferte dai nostri peccati e sormontato da una croce, perché dal primo istante che era stato formato, era già pieno d’ogni amarezza. Sempre nel 1674 le apparve la terza visione, anche questa volta un venerdì dopo la festa del Corpus Domini; Gesù si presentò alla Santa tutto sfolgorante di gloria, con le sue cinque piaghe, brillanti come soli e da quella sacra umanità uscivano fiamme da ogni parte, ma soprattutto dal suo mirabile petto che rassomigliava ad una fornace e essendosi aperto, ella scoprì l’amabile e amante Cuore, la vera sorgente di quelle fiamme. 

Poi Gesù lamentando l’ingratitudine degli uomini e la noncuranza rispetto ai suoi sforzi per far loro del bene, le chiese di supplire a questo. Gesù la sollecitò a fare la Comunione al primo venerdì di ogni mese e di prosternarsi con la faccia a terra dalle undici a mezzanotte, nella notte tra il giovedì e il venerdì. Vennero così indicate le due principali devozioni, la Comunione al primo venerdì di ogni mese e l’ora santa di adorazione.

IN QUALE RIVELAZIONE VENNE ISTITUITA LA FESTA? 

La quarta visione mistica ebbe luogo il 16 giugno 1675 durante l’ottava del Corpus Domini. Nostro Signore le disse che si sentiva ferito dalle irriverenze dei fedeli e dai sacrilegi degli empi, aggiungendo: “Ciò che mi è ancor più sensibile è che sono i cuori a me consacrati che fanno questo”. 

Gesù chiese ancora che il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini, fosse dedicato a una festa particolare per onorare il suo Cuore e con Comunioni per riparare alle offese da lui ricevute. Inoltre indicò come esecutore della diffusione di questa devozione, il padre spirituale di Margherita, il gesuita san Claude de la Colombiere (1641-1682), superiore della vicina Casa dei Gesuiti di Paray-le-Monial. Margherita Maria Alacoque proclamata santa il 13 maggio 1920 da papa Benedetto XV, ubbidì all’appello divino fatto attraverso le visioni e divenne l’apostola di una devozione che doveva trasportare all’adorazione dei fedeli al Cuore divino. 

Le prime due cerimonie in onore del Sacro Cuore, presente la santa mistica, si ebbero nell’ambito del Noviziato di Paray il 20 luglio 1685 e poi il 21 giugno 1686, a cui partecipò tutta la Comunità delle Visitandine.

IL CULTO AL SACRO CUORE È STATO OSTACOLATO? E DA CHI?

Sì, soprattutto nel XVIII secolo. Nel 1765 la Sacra Congregazione dei Riti affermò essere il cuore di carne simbolo dell’amore; allora i giansenisti intesero ciò come un atto di idolatria, ritenendo essere possibile un culto solo al cuore non reale ma metaforico. Papa Pio VI (1775-1799) nella bolla “Auctorem fidei”, confermava l’espressione della Congregazione notando che si adora il cuore “inseparabilmente unito con la Persona del Verbo”. 

Il 6 febbraio 1765 papa Clemente XIII (1758-1769) accordò alla Polonia e all’Arciconfraternita romana del Sacro Cuore la festa del Sacro Cuore di Gesù; nel pensiero del papa questa nuova festa doveva diffondere nella Chiesa, i passi principali del messaggio di s. Margherita, la quale era stata lo strumento privilegiato della diffusione di un culto, che era sempre esistito nella Chiesa sotto diverse forme, ma dandogli tuttavia un nuovo orientamento. Con lei non sarebbe più stata soltanto una amorosa contemplazione e un’adorazione di quel “Cuore che ha tanto amato”, ma anche una riparazione per le offese e ingratitudini ricevute, tramite il perfezionamento delle nostre esistenze. 

Diceva la santa che “l’amore rende le anime conformi”, cioè il Signore vuole ispirare nelle anime un amore generoso che, rispondendo al suo, li assimili interiormente al divino modello.

QUALE PAPA ISTITUÌ UFFICIALMENTE LA FESTA DEL SACRO CUORE? 

La devozione al Sacro Cuore trionfò nel XIX secolo e il convento di Paray-le-Monial divenne meta di continui pellegrinaggi; nel 1856 con papa Pio IX la festa del Sacro Cuore divenne universale per tutta la Chiesa Cattolica. 

Sull’onda della devozione che ormai coinvolgeva tutto il mondo cattolico, sorsero dappertutto cappelle, oratori, chiese, basiliche e santuari dedicati al Sacro Cuore di Gesù; ricordiamo uno fra tutti il Santuario “Sacro Cuore” a Montmartre a Parigi, iniziato nel 1876 e terminato di costruire dopo 40 anni; tutte le categorie sociali e militari della Francia, contribuirono all’imponente spesa.

QUALI SONO LE PRATICHE DEVOZIONALI PIÙ COMUNI?

Quella dell’adorazione eucaristica ogni primo venerdì del mese e le “Litanie del Sacro Cuore”. Il mese dedicato al culto del Sacro Cuore è giugno.

COS’È L’ATTO DI CONSACRAZIONE AL SACRO CUORE? 

Affinché il culto del Cuore di Gesù esca e penetri nella vita sociale dei popoli, iniziò, su esortazione di papa Pio IX del 1876, tutto un movimento di “Atti di consacrazione al Cuore di Gesù”, a partire dalla famiglia a quella di intere Nazioni ad opera di Conferenze Episcopali, ma anche di illuminati e devoti governanti; tra i quali il presidente dell’Ecuador, Gabriel Garcia Moreno (1821-1875). 

Fu tanto il fervore, che per tutto l’Ottocento e primi decenni del Novecento, fu dedicato al culto del Sacro Cuore, che di riflesso sorsero numerose congregazioni religiose, sia maschili che femminili, tra le principali vi sono: “Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore” fondata nel 1874 dal beato Leone Dehon (Dehoniani); “Figli del Sacro Cuore di Gesù” o Missioni africane di Verona, congregazione fondata nel 1867 da san Daniele Comboni (Comboniani); “Dame del Sacro Cuore” fondate nel 1800 da santa Maddalena Sofia Barat; “Ancelle del Sacro Cuore di Gesù” fondate nel 1865 dalla beata Caterina Volpicelli, diversi Istituti femminili portano la stessa denominazione.

COME NASCE IL CULTO AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA?

Il promotore fu S. Giovanni Eudes (1601-1680) che già verso il 1643, la cominciò a celebrare con i religiosi della sua congregazione. Nel 1668 le festa e i testi liturgici furono approvati dal cardinale legato per tutta la Francia, mentre Roma si rifiutò più volte di confermare la festa. Fu solo dopo l’introduzione della festa del S. Cuore di Gesù nel 1765, che verrà concessa qua e là la facoltà di celebrare quella del Cuore di Maria, tanto che anche il Messale romano del 1814 la annovera ancora tra le feste “pro aliquibus locis”. Papa Pio XII estese nel 1944 la festa a tutta la Chiesa, a perenne ricordo della Consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria, da lui fatta nel 1942. Il Culto del Cuore Immacolato di Maria ha ricevuto un forte impulso dopo le apparizioni di Fatima del 1917, quando la Madonna fece espressa domanda di consacrare la Russia al suo Cuore Immacolato, celeste richiesta ancora disattesa.

PROPONIMENTO DI OGGI


Oggi farò un atto di accettazione del mio dolore e delle mie pene e le offrirò al Cuore di Gesu' per provarGli così tutto il mio amore e per cooperare con Lui alla salvezza delle anime.


LITURGIA DEL GIORNO: SACRO CUORE DI GESU'



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -




 PRIMA LETTURA 

Ez 34,11-16
Dal libro del profeta Ezechièle

Così dice il Signore Dio:
«Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine.
Le farò uscire dai popoli e le radunerò da tutte le regioni. Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d’Israele, nelle valli e in tutti i luoghi abitati della regione.
Le condurrò in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti d’Israele; là si adageranno su fertili pascoli e pasceranno in abbondanza sui monti d’Israele. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio.
Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia». 


 SALMO 

Sal 22
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincàstro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.


 SECONDA LETTURA 

Rm 5,5-11
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.


 VANGELO 

Lc 15,3-7
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse ai farisei e agli scribi questa parabola:
«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?
Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”.
Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione».

giovedì 27 giugno 2019

Quando lo Stato perse il controllo del capitale

Prima del 1992, lo Stato controllava il 73% di quella che potremmo chiamare l’industria del credito. Quindi l’operazione di privatizzazione è stata imponente e ha rappresentato un’autentica rivoluzione in nome di una marcata ortodossia liberista.

In circa 10 anni, sono state privatizzate aziende statali per un valore di oltre 220.000 miliardi di lire. Di fatto, è stato liquidato l’IRI, e sono state vendute grandi società pubbliche quali Telecom, ENEL, ENI (quest’ultime 2 solo in parte), e praticamente tutte le banche precedentemente controllate dallo Stato. Su queste ultime concentreremo la nostra analisi.

Esiste un vero esecutore del grande processo di privatizzazione: Mario Draghi, oggi direttore della BCE. Draghi, insieme agli altri economisti come Prodi, non attesero nemmeno una legislazione sulle liberalizzazioni. Legislazione che avrebbe potuto impedire un passaggio da monopoli pubblici a monopoli privati. Due avvenimenti condizionarono questa scelta operativa: il primo era il trattato di Maastricht firmato nel ’92; il secondo, il grande scandalo di Tangentopoli.
Quest’ultimo sembrò delegittimare il parlamento, non ritenendolo in grado di legiferare su questioni di cui non si potevano accettare ritardi intollerabili che avrebbero rallentato un processo verso il liberismo, verso l’euro e la BCE, quelle istituzioni liberiste che erano già previste nel trattato di Maastricht appunto.

Possiamo subito aggiungere che anche chi partecipò alla “struttura” di Draghi ha ammesso recentemente che quella scadenza fu usata come una sorta di leva per ridisegnare e ridurre il ruolo dello Stato, la presenza dello Stato nell’economia italiana.
Paradossalmente i dati non sono sempre omogenei, anche se si tratta di vendita di beni dello Stato, quindi di tutti i cittadini italiani. Ad esempio, il vecchio Credito Italiano, oggi Unicredit, fu venduto per 1830 miliardi di lire, corrispondenti a una capitalizzazione della banca di 2700 miliardi di lire, mentre il valore della banca in base della quotazione di Borsa il giorno di fissazione del prezzo era di 3012 miliardi. Il fatto è che, appena dopo sei anni di privatizzazione, Unicredit capitalizzava già 26593 milioni di euro. Poi nel 2007, dopo la fusione con Capitalia, valeva 100 miliardi di euro e oggi ne vale appena 20,15 (dopo un aumento di capitale da 7 miliardi).
Per quanto riguarda la Banca Commerciale Italiana, la banca di Raffaele Mattioli, che aveva il più grande “know-how” nel credito per l’impresa, fu ceduta per 2891 miliardi di lire che divennero 3005 per via del dividendo del 1993. La Banca di Roma venduta per 977 milioni di euro, capitalizzava 4.087 milioni di euro. Il caso del Banco di Napoli ha addirittura dell’incredibile! Il 60% che lo Stato vendette alla Bnl per 32 milioni di euro (dopo averlo ripulito di crediti inesigibili e di perdite per 6.200 milioni di euro) è stato rivenduto dopo pochi anni da Bnl per mille milioni di euro.

Sentiamo cosa disse il Ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi: “Il Tesoro vuole valorizzare prima di vendere. È un suo dovere nei confronti dei cittadini, che dopo aver profuso risorse per risanare i conti delle imprese pubbliche non tollererebbero regali al momento della loro vendita”, ha fatto proprio un bel lavoro…

E le transazioni dovute alla privatizzazione a chi sono state commissionate? A banche anglosassoni! Questi commissionamenti per i collocamenti in Borsa ci sono costati tra il 2-3% dell’ammontare del ricavato. Circa l’1% sull’ammontare totale (2.200 miliardi di lire), è andato diritto nelle già ampie tasche delle banche d’affari anglosassoni (JP Morgan, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Credit Suisse, First Boston, Merril Lynch e via cantando)per la loro attività di consulenza.

Nei primi anni Duemila, la moda prevalente nel sistema bancario internazionale fu quella della corsa alla crescita dimensionale attraverso fusioni e acquisizioni. Anche il sistema bancario italiano si concentrò molto. Troppo: nel senso che si creò un oligopolio di poche grandi banche. Furono così privatizzate tutte le grandi banche commerciali, tutte le banche a medio-lungo termine (che facevano credito per gli investimenti delle imprese), e addirittura banche di sviluppo come il Mediocredito centrale abbiamo cambiato i princìpi guida dell’attività bancaria: prevalse il criterio del profitto di breve termine e della «creazione di valore per gli azionisti», a sua volta identificata con l’andamento in Borsa del titolo. La gestione delle banche cominciò a seguire tutte le «mode» che favorivano la crescita in Borsa del titolo relativo. Inclusi la speculazione finanziaria sempre più spinta, l’uso di società veicolo fuori bilancio per aumentare la leva finanziaria (ossia per fare più operazioni con sempre meno capitale proprio) e l’utilizzo di prodotti finanziari derivati.

Ricordo anche che dal 1987 al 2000 il numero delle banche è sceso da 1200 a 864 e, soprattutto, alla faccia della concorrenza, della liberalizzazione e delle public company si sono costituiti, verso la fine degli anni Novanta, cinque gruppi che, da soli, controllano quasi il 50% del mercato del credito: Unicredit, Intesa Bci, San Paolo Imi, Banca di Roma e Montepaschi. Si pensi che, prima della grande crisi del 2008, Unicredit si è fuso con Capitalia, cioè ex banca di Roma, Intesa con San Paolo. Quindi sono rimasti tre poli.

Alberto Fossadri

I pedofili preferiscono i neonati: in aumento stupri e abusi su di loro (FOTO)

Unimamme, il timore dei pedofili è sicuramente una delle paure più giustificate per un genitore nei confronti dei propri figli. Per questo motivo è importante essere consapevoli della situazione nel mondo.

Report 2016 dell’Associazione Meter Onlus sulla pedofilia: un quadro drammatico

Il report 2016 dell’Associazione Meter Onlus, fondata da don Fortunato Di Noto, sottolinea come la pedofilia non sia un fenomeno in calo, bensì in crescita.
A favorire la diffusione e condivisione del materiale pedopornografico è il deep web (il web profondo), dove continuano a circolare milioni di immagini, esattamente 1.946.898contro 1 milione e poco più del 2015, a cui si aggiungono tonnellate di gigabyte di altri elementi offensivi.
Le vittime preferite dai pedofili moderni sono bambini di un’età compresa tra pochi giorni e 12 anni che vengono violentati e venduti da persone che non hanno nemmeno più timore di celare il loro volto per nascondersi alle autorità.
“Più i bambini sono piccoli, più sono merce pregiata, più i bambini sono piccoli, più si può lucrare sulla loro pelle” commenta don Fortunato Di Noto in un’intervista su Radio Vaticana.
Secondo il prete la pedofilia non è una malattia ma un crimine compiuto coscientemente, perché nel 99,9% dei casi le condotte sono lucide e quindi perseguibili penalmente.
Questo aspetto viene confermato dal report 2016 di Meter Onlus.
Dai risultati dell’indagine emerge infatti che:
  • gli indirizzi web segnalati e monitorati sono 9379, in lieve calo rispetto all’anno scorso
  • i riferimenti italiani nel deep web sono passati da 70 nel 2015 a 95 nel 2016
Purtroppo, il fatto che si registri un calo delle segnalazioni non indica un calo di questi abusi, ma solo il fatto che diventino ancora più sotterranei e meno evidenti.
Si può inoltre osservare che i pedofili non “preferiscono” più i social network:
  • da Twitter, Facebook, Youtube, ecc… sono arrivate 155 segnalazioni rispetto alle 3.414 dell’anno scorso, ma optano per altre forme di immersione
  • video sono addirittura triplicati, arrivando a 203.047


Per raccogliere questi dati sono state prese in considerazione:
42 nazioni
  • Tonga, un Paese di 100 mila abitanti ha totalizzato la maggior parte delle segnalazioni: 4156, seguita da Russia con 635 e Nuova Zelanda con 312
“In Europa troviamo Russia, Slovacchia e l’Unione Europa; l’Italia è al 15.mo posto della lista” aggiunge don Di Noto.
Come intuirete il quadro che ne emerge è davvero drammatico, soprattutto se si sottolinea che le vittime sono sempre più piccole.
“C’è un’altissima percentuale di neonati violentati, al punto tale che i pedofili hanno fatto un portale dedicato proprio ai neonati dove viene caricato materiale con abusi inenarrabili” dichiara don Di Noto su Radio Vaticana.
Le vittime tra 0 e 3 anni sono in aumento e le violenze sono complete e totali.
Come dichiarato da don Di Noto esiste addirittura un portale interamente dedicato ai neonati con una chatroom in italiano.
A rendere ancora più difficile il lavoro delle autorità è il fatto che i pedofili, complice la tecnologia, lascino sempre meno tracce rispetto al passato. Usano, ad esempio, dropfile che consente uno scambio temporaneo di file. Qui, dopo un breve lasso di tempo, il materiale scompare, rendendo difficile l’intervento della polizia.
Le immagini e i video dei bambini abusati in passato continuano a circolare, a cui si aggiunge il materiale nuovo. Per questo Meter segnala l’esistenza di vere e proprie organizzazione a delinquere che si approfittano dei bambini nel modo più vile.
Come accennato i pedofili, per i loro scambi, adoperano The Onion Router (Tor) dove i membri sono protetti dalla crittografia e quindi irrintracciabili.
Infine, l’associazione Meter svolge anche un ruolo di monitoraggio e un servizio per piccoli e grandi.
  • 91 sono i casi seguiti
  • 1157 sono le consulenze telefoniche di tipo psicologico e spirituale
  • le telefonate, per quanto riguarda l’Italia, provenivano soprattutto da Sicilia, Lazio e Lombardia
Tra le situazioni di disagio si segnalano:
  • abusi sessuali
  • difficoltà famigliari
  • induzione alla prostituzione.
L’associazione ha fatto sentire la sua voce anche nelle scuole con 36 incontri a 3087 studenti  e 540 insegnanti.
Come si evidenzia il quadro è assai drammatico, considerando la diffusione globale del fenomeno. Per questo motivo i report come quello di Meter dovrebbero aiutare a fare maggiore pressione sui governi per un’azione tempestiva contro i pedofili e un maggior impegno.
Unimamme, voi cosa ne pensate di questi dati? Ne eravate al corrente?


42 persone da 12 giorni sulla Sea Watch3. Il silenzio assordante dell’Europa


LE ONG PORTANO LA NOMINATA E I TRAFFICANTI FANNO I FATTI.....

Sono passati 12 giorni da quando la nave Sea Watch3 ha cominciato a girare su se stessa a circa 15 miglia dall’isola di Lampedusa. A bordo stremati dalla tensione equipaggio e 42 persone chiamate migranti. 42 vite diverse, 42 persone diverse. Qualcuno forse buono, qualcuno forse cattivo. È in base a quel “forse” che la legge del mare ha stabilito che chi si trova in difficoltà  va soccorso e portato nel luogo più vicino e sicuro: poi potrà chiedere asilo e forse ottenerlo oppure no. È questa la legge che il comandante Carola Rakete, poco più che trentenne, ha deciso di seguire senza pensare che questa legge, logica, umana e solidale è stata stravolta con l’intento di chiudere i porti e le porte.

Porti e porte che però restano chiusi solo per le navi umanitarie. Soprattutto per questa nave blu che per la terza volta in un anno prova a forzare la serratura, trovando però stavolta il catenaccio più grosso e resistente del nuovo decreto sicurezza italiano.

Sono giorni che Carola Rakete pensa di superare quel limite delle 12 miglia che la separano dall’Italia e di entrare in porto. Sapendo che rischia lei stessa di dover pagare una multa fino a 50 mila euro e di vedere confiscata la nave. Non si capacita di dover far girare come una trottola quella balena di ferro con a bordo 42 uomini, donne e minori tra cui un bambino di dodici anni che viaggia da solo e che non ha avuto il permesso dal Viminale di scendere con i 10 più vulnerabili.
La beffa più grande per Carola Rakete è sapere che la porta d’Europa lampedusana si apre più volte in questi 12 giorni in cui la Sea Watch3 viene tenuta a debita distanza. Oltre 150 persone partite da Libia e Tunisia sbarcano sull’isola da barche arrivate in autonomia. Perché i trafficanti  non sono interessati ai partiti politici che governano i paesi più vicini nel Mediterraneo ma sono interessati ai loro guadagni miliardari (3 miliardi di dolori si stima sia il ricavato annuale del traffico di esseri umani).
In mancanza di navi in soccorso nel Mediterraneo Centrale, come filmato da un aereo Frontex usano navi o pescherecci dove caricano fino a 100 persone. Arrivati a metà strada, li trasbordano e li lasciano andare verso nord. Un modo per evitare che la percentuale di morti in mare aumenti a causa del lungo e incerto viaggio e per far arrivare a destinazione la loro merce. Sapendo che le barche con persone in difficoltà a bordo entrano nei porti senza se e senza ma. Così i trafficanti si fanno beffe degli Stati che vorrebbero chiusi i porti e si fanno beffa delle stesse Ong che sono diventate il centro di tiro delle frecce e degli strali di tutti. “In 12 giorni sarebbero arrivati tranquillamente in Olanda che è lo stato di bandiera o in Germania che è lo stato della Ong”  si sente ripetere a raffica sui social sempre più imbevuti di odio e imbeccati da fake news. Falso: perché anche se questa nave ha un’autonomia di tre settimane, un viaggio così lungo con 42 persone che arrivano dai campi libici e sono state per ore in mare su un gommone, è troppo rischioso. Se qualcuno si sente male in alto mare non c’è nessuno che lo viene a prendere. Tant’è che la nave Aquarius l’anno scorso fu scortata a Valencia da due navi della nostra Guardia   Costiera e Marina Militare. Con un costo elevatissimo per le tasche del nostro paese.
Non c’è dunque alcuna soluzione in questa ennesima penosa vicenda perché l’attore che deve soccombere è l’organizzazione umanitaria non perché i porti siano realmente chiusi ma perché si vuole vincere una prova di forza verso chi si ostina ad essere solidale.

Sul sagrato della Chiesa solidali restano il parroco e i volontari dell’associazione delle chiese evangeliche e valdesi Mediterranean Hope. In diverse città si organizzano staffette solidali ma nessuno batte colpo da Bruxelles.

“Io non riesco a pensare che un Continente di 500 milioni di abitanti assista senza colpo ferire a 43 profughi disgraziati che ciondolano di fronte a Lampedusa” ha gridato ieri Emma Bonino.

Ancora una volta lascia allibiti il silenzio assordante dell’Europa. Un silenzio addirittura più pesante del catenaccio italiano.


Migranti e illegalità: ecco come opera la nave 'Sea Watch'

Riprendiamo dal GIORNALE del 13/06/2019, a pag.8, con il titolo "Sea Watch 'salva' 52 migranti. Salvini: 'Nave pirata, confisca'", il commento di Fausto Biloslavo.


In Italia, a mettere in dubbio le buone intenzione della Ong 'salvatrici' dei migranti, non si trovano tracce sui nostri media. Segnaliamo con piacere il pezzo di Biloslavo, che accende la luce nella stanza buia del politicamente corretto. 

Fausto Biloslavo


E ci risiamo con i soliti talebani dell'accoglienza di Sea Watch, che vanno a caccia di gommoni a largo della Libia recuperando 52 migranti nonostante la Guardia costiera di Tripoli avesse assunto il coordinamento del soccorso arrivando sul posto con una motovedetta. Non solo: la nave «umanitaria» è la Sea Watch 3 appena dissequestrata dalla magistratura il 1° giugno. E il gommone davanti alla Libia è stato avvistato da Colibrì, l'aereo dei piloti volontari francesi finanziato dalla Ong tedesca. La beffa è che il velivolo era decollato, come nei casi degli ultimi soccorsi di migranti, poi sbarcati in Italia, dall'aeroporto di Lampedusa. Ieri mattina alle 9,53 l'aereo di ricognizione dei talebani dell'accoglienza individua un gommone carico di migranti a circa 35-40 miglia, in zona di soccorso libica. Curioso che attendano almeno un'ora prima di dare l'allarme in maniera tale da fare avvicinare i migranti e Sea Watch 3. Da Tripoli, una fonte del Giornale in prima linea sull'immigrazione clandestina, parla chiaramente di «appuntamento. Il gommone viaggiava dritto verso Nord dove si trovava la nave della Ong». Il comandante, Carola Rakete, dichiara di «avere lanciato due gommoni veloci» per andare incontro ai migranti. Sea Watch sostiene che all'inizio la Guardia costiera libica non assume il coordinamento del soccorso. Da Tripoli spiegano che «l'abbiamo fatto prima che iniziassero le operazioni di recupero da parte della Ong». I tedeschi intercettano i migranti alle 12,30. Secondo Sea Watch «il gommone è in difficoltà, senza strumenti di navigazione, con poco carburante e sovraffollato». La Guardia costiera libica fa salpare da Zawhia, la motovedetta Talil, che arriva quando Sea Watch 3 sta concludendo le operazioni d'imbarco dei migranti. Nonostante il contatto via radio Vhf da parte dei libici, i tedeschi della nave battente bandiera olandese si rifiutano di lasciare il campo alla Guardia costiera di Tripoli. Verso ora di pranzo Sea Watch 3 fa salire a bordo 41 uomini, 9 donne e due bambini. I libici non possono fare altro che tornare indietro. Secondo il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, la Ong «non ha rispettato le indicazioni della Guardia costiera libica, ennesimo atto di pirateria di un'organizzazione fuori legge». Dopo il recupero Sea Watch chiede di sbarcare i migranti «in un porto sicuro». Quello più vicino è Zarzis, in Tunisia, ma i talebani dell'accoglienza punteranno verso Nord. «Sono in acque libiche - ha spiegato Salvini - se vogliono salvare vite umane vadano in Libia o in Tunisia o a Malta... L'Italia è lontana. Se vengono in Italia evidentemente non vogliono salvare vite, ma infrangere la legge». E poi spiega che nel decreto sicurezza bis approvato martedì «che non vedo l'ora di applicare c'è una norma che prevede la confisca dei mezzi pirati che non rispettano leggi e indicazioni». Il decreto sarà operativo quando verrà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. Paradossale che Sea Watch 3 sia stata già sequestrata due volte dallo scorso anno per la stessa ipotesi di reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Il 21 maggio è stata proprio la procura di Agrigento a farla entrare in porto per sequestrarla e fare sbarcare i migranti. Dieci giorni dopo, con l'inchiesta ancora aperta, la nave è stata dissequestrata e ha ripreso il mare ripetendo lo stesso, identico, copione. Secondo Salvini «è evidente il collegamento tra scafisti e alcune ong. Probabilmente solo qualche procuratore non se ne accorge, ma il resto del mondo sì».

La “fratellanza” secondo Bergoglio

Papa Francesco, il 4 febbraio scorso durante il viaggio negli Emirati Arabi, al termine della Global Conference of Human Fraternity, davanti a 700 capi religiosi ha firmato una dichiarazione insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Muhammad Ahmad al-Tayyib, massima autorità sunnita. In linea con lo spirito interreligioso del Concilio Vaticano II, che nella dichiarazione del 28 ottobre 1965 Nostra Aetate espresse stima verso i musulmani, secondo Yahya Pallavicini – della Comunità Islamica Italiana – Bergoglio avrebbe “cancellato” lo spazio di ambiguità tra cattolicesimo e islam.


Ahmad al-Tayyib (a destra nella foto) sul terrorismo: “La soluzione al terrore israeliano risiede nella proliferazione degli attacchi suicidi che diffondono terrore nel cuore dei nemici di Allah. I paesi, governanti e sovrani islamici devono sostenere questi attacchi”. E sulla violenza contro le mogli: “Secondo il Corano prima si ammonisce, poi si dorme in letti separati, infine si colpisce”.

Per quanti sono critici su tale documento, il problema sta ab ovo.
Quando la Chiesa Cattolica intraprese il cammino interreligioso, travisò, nella sua nuova collegialità, non solo il suo ruolo di portatrice di Verità, ma la Verità stessa, cioè Cristo: Cristo, Valore non negoziabile in base al quale atti collegiali della Chiesa in nessun modo avrebbero potuto concedere dimensioni di salvezza ad altre forme religiose.
Gli atti di un Concilio non dogmatico (Vaticano II) possono essere sempre sottoposti a giudizi teologici perché, illo tempore, non è scontato che siano stati supportati dallo Spirito Santo, con Cristo parte del Dio Trinità, che guida la Chiesa a patto che questa sia espressione della Verità. Già nel 2000, il documento Dominus Iesus della Congregazione per la Dottrina della Fede – di cui il cardinal Joseph Ratzinger, futuro papa, fu l’ispiratore – ribadì non solo il primato del cattolicesimo sulle altre confessioni cristiane e nei confronti delle altre religioni, ma mise in guardia dal sincretismo e dal relativismo di un dio generico. Atti unilaterali compiuti dalla gerarchia ecclesiastica, con “professioni di fede” che promuovono fuori dal Depositum fideisimulacri di verità concedendo a esse disegni di salvezza, sono parodie della Verità.
Bergoglio, attingendo dal raduno interreligioso di Assisi del 1986, che pur nel sincretismo riconosceva il primato della religione sul secolarismo, fa intendere che la Chiesa Cattolica approva ufficialmente un Dio “comune”. Oltretutto le dichiarazione non rende onore né al Dio dei cristiani né a quello degli islamici, ma a una vacua divinità laica, la “fratellanza umana, che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali”. Questo ricorda la “fratellanza universale”, tipico concetto massonico. La fratellanza sostituisce la carità e la comunione dei Santi portando alla distruzione di ogni elemento divisivo tra gli uomini, così come disse Immanuel Kant nelle sue tesi demagogiche sull’unica autorità europea in Per la pace perpetua (1795).
La dichiarazione di Abu Dhabi assume un senso gnostico, frutto di una elaborazione umana che condanna la religione “rivelata” all’irrilevanza. Si tratta di un Dio da cui tutte le religioni sono legittimate ad attingere, in quanto esternazioni umane e storiche di un’esperienza dell’uomo, non di una rivelazione esterna. Nessun accenno a un fondamento metafisico. Come fecero i trovatori provenzali, Bergoglio cerca quei versi gradevoli alle orecchie dei sovrani medievali, oggi l’élite di potere che include gli attenti pasdaran della “democrazia liberale” dei Lumi. Il novello trovatore gesuita, in sei anni di pontificato, pascendo un gregge ecclesiasticamente corretto, facendolo pascolare sopra una faglia tellurica, lo ha costretto al bradisismo dottrinale, a vivere una fede ansiogena.

Detto questo, sull’atto formale assunto insieme ai musulmani e firmato “a nome della Chiesa Cattolica” occorre precisare che, per quanto firmata dal papa, tale dichiarazione non fa parte del Depositum fidei. L’11 aprile scorso in Vaticano, Bergoglio, confermando la “bontà” del documento di Abu Dhabi, ha compiuto un gesto simbolico prostrandosi di fronte a tre leader politici del Sudan, baciando loro i piedi, implorando la pace. Gesto che di fatto esprime la sottomissione al potere politico e il rifiuto della Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. Chi rappresenta Cristo sulla terra, nel cui nome ogni ginocchio si piega nei cieli e sulla terra (Filippesi 2, 10), deve ricevere l’omaggio degli uomini e delle nazioni e non prestare omaggio a nessuno: c’è da chiedersi, dopo questo atto, dove andrà a finire la missione salvifica della Chiesa.
Esistono poi evidenti collegamenti tra tale documento sulla Pace mondiale e l’inarrestabile refrain di Bergoglio che si attarda, ogni dove, sulla strada del consenso che oggi trova nell’immigrazione il suo dogma assoluto. Se è vero che il Signore ha detto: “Ero straniero e non mi avete accolto… Lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno”, è impensabile che si possa attribuire al Signore l’adesione all’imprudenza di certi pastori, in un contesto che ci vede impotenti di fronte all’affluenza verso l’Europa di migliaia di profughi strumentalizzati politicamente e spinti a morire nel Mediterraneo. Fenomeno sul quale non si intravedono soluzioni, anche perché nessuno, al di là della pelosa carità di soggetti economicamente motivati, sembra manifestare la volontà di rimuoverne a monte le cause con interventi a livello internazionale, mentre ONU e UE sono latitanti.

Sotto il profilo identitario si dice che Bergoglio, in quanto sudamericano, non conosca a fondo la realtà islamica, ma egli non applicando la virtù teologale della prudenza rischia di concorrere al completo disarmo culturale del continente europeo, già debilitato da secoli di laicismo. A questo c’è da aggiungere che egli si dimentica puntualmente di fare i nomi di quelle nazioni, come la Francia, che hanno acceso la miccia, per esempio nella polveriera libica, per motivazioni vetero-coloniali.
L’accoglienza ideologica non ha nessun nesso concreto con la carità. Se una religione esogena, in assenza della difesa dei valori endogeni, trova la sponda ideale per un progetto egemonico attraverso l’occupazione religiosa, contemplerà di fatto anche la sostituzione etnica. Questo bisognerebbe farlo capire a quei vescovi che vendono chiese e terreni alle comunità islamiche, ricevendo di fatto denaro (che sarebbe utile, come diceva Giovannino Guareschi, per i nostri poveri e non per costruire moschee) dalle monarchie arabe, dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dagli Emirati Arabi. Moschee e “associazioni culturali” muovono un volume d’affari difficilmente calcolabile, ma che raggiunge, secondo stime riportate da “La Verità”, una cifra di 42 milioni all’anno.
L’effetto Abu Dhabi non ha tardato a manifestarsi. L’inizio del Ramadan, lo scorso 5 maggio, ha visto diocesi e parrocchie partecipare, in nome della fraternità evocata da Bergoglio, a una gara di solidarietà nei confronti dei musulmani. Senza dimenticare una serie di iniziative che sono andate oltre le intenzioni del documento, come quella dell’Ordine dei Frati Minori che si è spinto a sostenere che musulmani e cristiani subiscono le stesse “persecuzioni, guerre e ingiustizie”; tutto ciò in concomitanza con la strage di cristiani per mano di islamisti in Indonesia…
Dietro la foglia di fico del dialogo, come in occasione del mese sacro degli islamici, emerge sempre di più la crisi d’identità del cattolicesimo. Secondo Marcello Veneziani, “con il papato del sudamericano Bergoglio la civiltà cristiana europea si dispone al tramonto”. Monsignor Nicola Bux, liturgista e studioso dell’Oriente fuori dal coro dell’ecclesiasticamente corretto, afferma con preoccupazione:

Non ha alcun senso condividere le celebrazioni del Ramadan con i musulmani, soprattutto se si tratta di preghiere in comune, perché quando prega un cattolico lo fa “per Cristo Signore nostro” che ci ha rivelato il vero Dio. Queste iniziative non fanno che rafforzare negli islamici la convinzione che noialtri siamo apostati della nostra religione e che loro sono più forti di noi.

Nelle più importanti città europee la convivenza è al limite, anche se “La Civiltà Cattolica” si ostina a definirla “narrazione mediatica”. In Francia le banlieue scoppiano, a Marsiglia la popolazione islamica è al 40%. In Belgio abbiamo visto l’esito tragico del quartiere multiculturale di Molenbeeck, alla periferia di Bruxelles, dove è nato un partito maomettano che si propone di introdurre la sharia. In Gran Bretagna c’è quella che viene chiamata Londonistan, città nella città con la sua legge e il suo tribunale. Sono alcuni esempi di una gemmazione musulmana che avviene con il placet dei liberal di sinistra, veri responsabili della catastrofe, che si rifiutano di vedere e che verranno anch’essi travolti da quell’integralismo religioso.

Il rischio di islamizzazione è reale. Dove si crea un vuoto spirituale, questo viene riempito mettendo a rischio le identità autoctone. Monsignor Mariano Crociata, studioso dell’islam, ha pubblicato lo scorso anno un libro dal titolo Cristiani e musulmani nei secoli, dove sconsiglia alla Chiesa un approccio del tutto acritico rispetto al fenomeno migratorio:


Per la Chiesa lo straniero non esiste e siamo tutti uguali davanti a Dio, senza distinzioni. Per cui giustamente la Chiesa ragiona seguendo i suoi postulati. Tuttavia, quello migratorio è un fatto che va guidato dallo Stato e dalle sue leggi e la Chiesa non può e non deve interferire su questo fenomeno, non le compete. Il Catechismo della Chiesa dice espressamente che si fa carità e dunque si accoglie secondo le reali ed effettiva disponibilità. La carità non ha confini, i poveri sono uguali senza distinzioni, ma tale carità deve partire dai vicini per arrivare ai lontani. Lo Stato deve, con grande prudenza, valutare chi entra, chi è, da dove viene e se ne ha diritto, tenendo insieme i valori dell’accoglienza con quelli della sicurezza. Chi bussa in Europa lo faccia, rispettando le leggi, adeguandosi alla cultura e alle abitudini religiose di chi lo ospita.

Purtroppo tutto ciò si scontra con uno dei passaggi del controverso documento di Abu Dhabi riguardante la “diversità delle religioni”, che in sostanza dissuade (anche i cattolici!) dal proselitismo. Se l’attuale Pastore Universale della Chiesa non ci avesse abituato al bradisismo di cui sopra, la prescrizione ci farebbe sobbalzare; ma sappiamo che Bergoglio è tanto chiaro, limpido, cristallino sui temi sociali e politici, quanto è fumoso su quelli religiosi (vedi Amoris et Letitia).
Noi tuttavia ci “ostiniamo” a credere ancora nella conversione dei cuori e nell’evangelizzazione: 

Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. 

Matteo 28, 16-20





Vaccini (inutili) contro la malaria in Africa e conflitti d’interesse

Nell’aprile 2017 i media annunciavano a gran voce che dal 2018 sarebbe stato disponibile un vaccino contro la malaria che avrebbe salvato decine di migliaia di vite. La notizia era basata sui trial che dovevano iniziare in Ghana, Malawi e Kenya su 750.000 bambini tra 5 e 17 mesi di età. L’autorizzazione per un trial così costoso sollevava molte domande, visti i deludenti risultati di trial simili e avendo a disposizione altri strumenti per controllare la malaria, tutti sottofinanziati. Per non parlare dei conflitti d’interesse.
Il Mosquirix, questo il nome del vaccino, è stato sviluppato dalla GlaxoSmithKline (GSK) in collaborazione con la Bill and Melinda Gates Foundation (BMGF) e con una grossa ONG USA, il Programme for Appropriate Technology in Health (PATH), che, avendo ricevuto dalla BMGF un finanziamento da un miliardo di dollari, è ormai considerata come un agente di Bill Gates. Se il trial dovesse avere risultati positivi, il vaccino potrebbe essere aggiunto dall’OMS alla lista degli interventi efficaci per la malaria. Notare che la BMGF è il secondo finanziatore dell’OMS dopo il governo USA.
La GSK e i suoi partner hanno già speso 565 milioni di dollari per sviluppare il vaccino, con risultati preliminari non entusiasmanti, cioè al di sotto del 50% di efficacia protettiva per almeno un anno richiesto dall’OMS come valore minimo. Trial preliminari condotti in 7 paesi dell’Africa subsahariana su 15.000 bambini hanno mostrato un’efficacia protettiva del 36% nei bambini oltre l’anno e del 26% in quelli sotto l’anno. Ma a parte le difficoltà tecniche per lo sviluppo di un vaccino efficace contro un protozoo, la domanda da porsi è: ne abbiamo proprio bisogno? La malaria potrebbe essere controllata anche e soprattutto con interventi sul ciclo del vettore, la zanzara anofele: drenaggio e trattamento delle acque stagnanti, uso oculato di insetticidi, gestione delle terre coltivabili e non, uso di zanzariere medicate. Queste misure ridurrebbero la trasmissione e l’incidenza della malattia. Un accesso universale ai servizi di salute permetterebbe un trattamento tempestivo e appropriato dei casi (in diminuzione, se fossero adottate le misure di cui sopra).


La classica obiezione – in Africa non è possibile – è in parte smentita dal caso dell’Eritrea. Impoverita e abbandonata dal commercio e dalla cooperazione internazionale per cause politiche, l’Eritrea è riuscita a ridurre l’incidenza (da 125.746 a 35.725 casi l’anno tra il 2001 e il 2014) e la mortalità (solo 15 decessi nel 2014) per malaria adottando proprio le misure di cui sopra. 1) Ma imitare l’Eritrea toglierebbe a Big Pharma, a GSK in questo caso, l’opportunità di guadagnare enormi profitti con la vendita di milioni di dosi di vaccino per moltissimi anni. E toglierebbe alla BMGF il merito di aver finanziato con miliardi di dollari questa impresa.
Non solo. Nonostante abbia venduto nel 2009 azioni di multinazionali del farmaco per un valore di 205 milioni di dollari, per evitare l’accusa di avere dei conflitti d’interesse quando finanziava lo sviluppo di nuovi farmaci e vaccini, la BMGF possiede 1,5 milioni di azioni di GSK attraverso la Warren Buffett’s Berkshire Hathaway, una compagnia che controlla al 50%. Per non parlare del fenomeno delle cosiddette porte girevoli. Vedasi i casi di Tachi Yamada, prima a capo del dipartimento di ricerca e sviluppo di GSK, poi assunto dalla BMGF come direttore esecutivo per i programmi sanitari, e di Kate James, impiegata da GSK per 9 anni prima di diventare Chief Communication Officer presso la BMGF.
Il caso del vaccino per la malaria non è unico. Nel 2009 PATH aveva testato il vaccino della GSK contro il papilloma virus nello stato indiano del Gujarat usando fondi della BMGF. All’epoca l’accusa fu di aver fatto passare per ricerca quello che era in realtà un programma di vaccinazione, come documenta un rapporto del parlamento indiano.2) In conclusione, questa triangolazione tra BMGF, GSK e PATH deve essere vigilata, se vogliamo evitare danni per le politiche di salute e per le popolazioni che ne sono oggetto.

a cura di Adriano Cattaneo



N O T E

1) Berhane A e altri, Gains attained in malaria control coverage within settings earmarked for pre-elimination: malaria indicator and prevalence surveys 2012, Eritrea. Malaria J 2015;14:467.
2) Parliament of India, Alleged Irregularities in the Conduct of Studies using Human Papilloma Virus (HPV) Vaccine by Path in India. 30 August 2013.