venerdì 21 giugno 2019

Il Comunismo e il Nuovo Ordine Mondiale: La frode utopistica di Wall Street – School of Darkness di Bella Dodd

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PREMESSA

Questo non è un tipico documento anticomunista. Gli autori, lungi dall’ingrossare le fila dei compiacenti esaltatori di un modello capitalista giunto ormai al capolinea, desiderano solo denunciare chi contribuì a fare dell’auspicabile “liberazione delle masse oppresse” uno strumento per un loro maggiore asservimento.

LA SCUOLA DELLE TENEBRE

C’è un libro scritto da Bella Dodd, una donna americana, e pubblicato nel 1954 con l’emblematico titolo di “School of Darkness”(la Scuola delle Tenebre), che rivela come il comunismo non fu altro che una farsa perpetrata dai finanzieri internazionali “per controllare l’uomo comune” e promuovere la tirannia mondiale. Questo importante libro è ovviamente esaurito ed è introvabile persino nel circuito dell’usato.

BELLA DODD

Ma chi era Bella Dodd ? Nacque in Italia nel 1904, in una fattoria nei pressi di Potenza, in Basilicata, e fu battezzata con il nome di Maria Assunta Isabella Visono. All’età di circa sei anni fu inviata al padre, che risideva a New York. Donna brillante e scrupolosa, si laureò alla Facoltà di Legge dell’Università di New York. Fu in seguito a capo dell’Unione degli Insegnanti dello Stato di New York e membro, fino al 1949, del Consiglio Nazionale del Partito Comunista degli Stati Uniti (CPUSA). Morì nell’aprile del 1969.

L’ALLEANZA TRA GRANDI CAPITALISTI E COMUNISTI

La prova del trasferimento di fondi dai banchieri di Wall Street alle attività rivoluzionarie internazionali è ormai definitivamente assodata. C’è per esempio una dichiarazione, avvalorata da un cablogramma, di William Boyce Thompson, un direttore della Federal Reserve di New York, nonché forte azionista della Chase Bank (controllata da Rockefeller), secondo la quale egli stesso contribuì per 1 milione di dollari alla propaganda della Rivoluzione Bolscevica.Si potrebbe anche citare John Reed, il membro americano del Comitato Esecutivo della Terza Internazionale, il quale venne finanziato e sostenuto da un banchiere di New York di nome Eugene Boissevain.Il “Times” (10 marzo 1920) confermò il complotto:

“Si può considerare ormai come accettato che la rivoluzione bolscevica del 1917 è stata finanziata e sostenuta principalmente dall’alta finanza ebraica attraverso la Svezia: ciò non è che un aspetto della messa in atto del complotto del 1773″
Estrema importanza assume, sempre al riguardo della rivoluzione russa del febbraio del 1917, il fatto che, non affatto casualmente, il governo fosse costituito principalmente da massoni, tra questi risaltava Kerensky. E’ anche rivelatore il libro “Rossija nakanune revoljucii” di Grigorij Aronson, che fu pubblicato nel 1962 a New York e che riporta delle missive di E. D. Kuskova, moglie del massone Prokopovic, legato da grande amicizia al confratello Kerensky. In una di queste lettere, datata 15 novembre 1955, si legge:
“Avevamo la ‘nostra’ gente dappertutto. (…). Fino a questo momento il segreto di questa organizzazione non è stato mai divulgato, eppure l’organizzazione era enorme. Al tempo della rivoluzione di febbraio tutta la Russia era coperta da una rete di logge”.



L’apparente contraddizione dei legami tra prominenti capitalisti e il comunismo fu commentata da Lenin secondo la dialettica *hegeliana: “Esiste anche un’altra alleanza – a prima vista strana e sorprendente – ma se ci pensate sopra è in effetti ben fondata e semplice da capire. Questa è l’alleanza tra i nostri capi comunisti e i vostri capitalisti”.


Per quanto incredibile possa sembrare, la Rivoluzione Bolscevica fu sovvenzionata persino con capitali britannici!
Ma c’è di più… I maggiori progetti edilizi del primo piano quinquennale del regime bolscevico furono realizzati esclusivamente grazie alla tecnologia e ai materiali americani. Persino Stalin ammise che i due terzi del fabbisogno vennero dall’occidente.
A questo punto sorge spontanea la domanda: Per quale recondito motivo dei grandi capitalisti, tra i quali spiccava l’impero finanziario J. P. Morgan, patrocinarono i comunisti? Gary Allen fornisce questa spiegazione:
“Se si riconosce che il comunismo non è un programma per la condivisione del benessere, bensì un metodo per il suo controllo, allora l’apparente paradosso del super-ricco che promuove il comunismo non è più tale. Diventa il logico, persino il perfetto strumento per megalomani in cerca di potere. Il comunismo non è il movimento delle masse oppresse, ma dell’élite economica”.
Il grande scrittore russo Aleksandr Solgenitsin denunciò pubblicamente a New York come “L’intera esistenza dei nostri aguzzini (i capi comunisti) è sempre dipesa dall’assistenza economica del mondo occidentale”. Enfatizzò le sventure del suo popolo con queste parole:
“Noi siamo schiavi dalla nascita. Siamo nati schiavi. Non sono più giovane, e anch’io sono nato schiavo; ciò è ancor più vero per i più giovani. Noi siamo schiavi, ma aneliamo alla libertà. Voi però siete nati liberi.
Se è così, perchè allora aiutate i nostri aguzzini?”.

COME I FAUTORI DEL NUOVO ORDINE MONDIALE UTILIZZANO LA DIALETTICA HEGELIANA
Secondo la dialettica hegeliana una forza esistente (la tesi) genera una forza contrapposta (l’antitesi). Il conflitto tra le due forze genera una sintesi. L’illustrazione sottostante evidenzia l’uso che l’élite mondialista fece della dialettica hegeliana:

Élite mondialista

Tesi Antitesi
La Russia marxista La Germania nazista
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II Guerra Mondiale

1917 La Rivoluzione Bolscevica ― 1933 Hitler conquista il potere


Gli USA patrocinano e sovvenzionano l’URSS dal 1920 in poi ― Gli USA sovvenzionano il nazionalsocialismo.
Profitto / Sintesi


La tragedia del II conflitto mondiale agevola la creazione delle Nazioni Unite, un passaggio importante verso la realizzazione del Nuovo Ordine Mondiale.


COSA BELLA DODD AFFERMA NEL SUO LIBRO
Dodd descrive il Comunismo come uno “strano culto segreto” il cui obiettivo è la distruzione della Civiltà Occidentale. Milioni di ingenui idealisti (gli “innocenti”) sono da esso raggirati con il pretesto dell’aiuto ai bisognosi, mentre in realtà il vero scopo è l’esercizio del potere fine a se stesso. Ciò è testimoniato anche dal fatto che Dodd constatò come nella sede del partito non fosse condotta alcuna ricerca sociale. Le fu spiegato che “Il nostro non è un partito riformista, ma rivoluzionario”. (163)


LA CREAZIONE DI “ESSERI UMANI CONFORMISTI”
Il Partito Comunista opera infiltrando e sovvertendo istituzioni sociali quali le chiese, le scuole, i mass media e il governo. Il suo scopo era quello di “creare un nuovi tipi di esseri umani che si conformino al modello di governo mondiale che fiduciosamente intendeva controllare”. (162)
Citando un esempio, Dodd rivelò che 1100 membri del CPUSA furono ordinati preti cattolici negli anni ’30. I comunisti sovvertirono anche il sistema educativo americano con l’assoggettamento dei sindacati degli insegnanti e delle associazioni culturali. Solo chi accettava “l’approccio materialistico e collettivista della lotta di classe internazionale” riusciva a mettersi in luce in tali strutture. (98)
Il programma a lungo termine dei comunisti prevedeva invece il coinvolgimento delle donne durante lo sforzo bellico: “Il partito si adoperò al massimo per convincere le donne ad essere occupate nell’industria. Gli stilisti comunisti crearono per loro dei modelli particolari e i cantautori comunisti scrissero canzoni atte a spronarle… Secondo i loro piani, le condizioni del periodo bellico dovevano inserirsi stabilmente nel futuro programma educativo. La famiglia borghese come unità sociale doveva essere resa obsoleta”. (153)

L’ambito famigliare doveva restringersi al partito e allo stato. Dodd diede il suo contributo all’organizzazione del Congresso delle Donne Americane, che fu il precursore del movimento femminista.
“Dato che apparentemente promuoveva la pace, il movimento attrasse molte donne. Ma si trattò in realtà solo di una rinnovata offensiva per controllare le donne americane… Al pari dei giovani e dei gruppi minoritari, esse erano considerate una forza di riserva della rivoluzione per la loro attitudine ad essere facilmente trascinate da sollecitazioni emotive”. (194-195)
Il periodo della seconda Guerra mondiale portò il CPUSA a rinunciare definitivamente alla lotta di classe e ad aggregarsi al cosiddetto “campo roosveltiano del progresso”, che comprendeva i “capitalisti progressisti”.
“Il Partito Comunista cominciò ad assumersi la responsabilità di instaurare una rigida disciplina tra i lavoratori. Nessun datore di lavoro fu più abile o inflessibile dei capi comunisti nel contenere gli scioperi o nel ridimensionare le rimostranze dei lavoratori… In quegli anni l’aumento delle paghe era notevolmente inferiore a quello dei profitti e del controllo monopolista sui generi di prima necessità… La produzione bellica era sostanzialmente appannaggio di dieci grandi corporations… i comunisti evitarono diligentemente la diffusione di tale informazione”. (153)
Il periodo bellico fu contrassegnato da uno straordinario coordinamento tra il Partito Comunista e l’élite finanziaria americana. L’élite finanziò una sofisticata agenzia di propaganda, l’Istituto Russo, che aveva sede a New York, in Park Avenue, di fronte a quella del Council on Foreign Relations** (CFR) di Rockefeller, situato sulla 68.ma Strada. Personalità famose come Vanderbilt, Lamont***, Whitney e Morgan erano in quella sede a stretto contatto con la nomenklatura comunista”.(153)


Stalin dissolse il Comintern (l’Internazionale Comunista), su insistenza di Roosevelt, anche per rendere politicamente più“presentabile” il CPUSA. Earl Browder (1934-1945), il suo leader, acquisì un rilievo nazionale e si consultò con i ministri dell’amministrazione di Franklin Delano Roosevelt, presidente degli U.S.A. negli anni critici che vanno dal 1933 al 1945.
Il comune sforzo bellico di U.S.A. e U.R.S.S. doveva porre le basi della creazione del Nuovo Ordine Mondiale. Ma la linea politica mutò inspiegabilmente e Browder divenne un signor nessuno. Apparentemente l’élite finanziaria decise che i tempi non erano ancora maturi per un governo mondiale, mentre una guerra fredda sarebbe stata molto più proficua. A Dodd fu riferito che in futuro il Partito Comunista avrebbe dovuto spesso subire l’opposizione non solo del governo, ma anche dei lavoratori americani.


“Ora compresi che le migliori aspirazioni di servire i lavoratori, che condividevo con migliaia di persone come me, furono tradite proprio da loro… Sono stata dalla parte di coloro che perseguivano la distruzione del mio Paese”. (229)

I membri del CPUSA si precipitarono, come topi impauriti, ad adottare la nuova linea di partito. Dodd tentò di abbandonare l’organizzazione ma le fu detto che “Nessuno esce dal partito. O muori o sei sbattuto fuori”. (197)
Alla fine Dodd fu espulsa e bollata come “razzista, anti-portoricana, antisemita, nemica dei lavoratori e serva dei padroni”. Non c’è forse qualcosa di famigliare in tali accuse? Dopo più di vent’anni di sacrificio indefesso fu lasciata senza famiglia o amici. Il partito era stato la sua famiglia!


“Questa è la chiave per l’asservimento mentale del genere umano. L’individuo è soppresso… egli opera come l’ingranaggio di un meccanismo superiore [un ingranaggio che si può scartare quando non serve più o quando viene ritenuto dannoso]… Non possiede alcuna cognizione dei programmi ideati dal gruppo dirigente per usarlo”. (158)

UN POTERE MONDIALE SEGRETO E BEN ORGANIZZATO
Bella Dodd fu alquanto cauta nei confronti di chi, dietro le quinte, manovrava il Partito Comunista. Una volta le fu detto che se avesse perso il contatto con Mosca avrebbe dovuto telefonare a due multi-milionari che vivevano nelle Waldorf Towers. Altrove fa riferimenti ad un “potere mondiale segreto e ben organizzato”. Ha evidentemente paura di rivelare troppo, anche perchè sospetta che il suicidio di un leader del CPUSA mascherasse in realtà una esecuzione in piena regola. (172)
Ma lascia sfuggire un probabile indizio. Dodd afferma che tutti i nove piani della sede che il partito possedeva al numero 35 della 12.ma Strada erano adibiti agli affari del CPUSA. Il sesto piano era riservato all’ufficio stampa del quotidiano yiddish “Freiheit” o “Frayhayt” (Libertà) e alla “Commissione Ebraica”. (162) Gli ebrei erano in effetti prominenti tra i comunisti ingenui.
“Ciò che mi divenne chiara fu la collusione tra queste due forze: I comunisti, con il loro progetto di dominio mondiale, e certe forze mercenarie del mondo libero intente a speculare sullo spargimento di sangue”. (229)


Dood riferisce, come se “un tassello del puzzle rivelasse l’immagine”, la storia della nave“Erica Reed”, che rispecchia centinaia di altre. Durante la Guerra Civile Spagnola gli americani donarono fondi per caricare la nave diretta in Spagna di forniture mediche ed alimentari. I comunisti dirottarono invece la nave in Russia. (89)
Dodd aggiunge che la censura è per i comunisti un elemento essenziale. “Ho spesso visto i dirigenti sfilare libri dagli scaffali delle case dei membri e raccomandare la loro distruzione”. (223)
Il comunismo è essenzialmente un losco sistema di controllo da parte dell’élite internazionale. Non fu affatto soppresso durante il periodo del Maccartismo. Si riciclò piuttosto nella Nuova Sinistra, nella Controcultura, nel movimento dei Diritti Civili, in quelli di Liberazione delle Donne e avversi alla guerra. In seguito si mimetizzò nella pletora delle ONG (Organizzazioni Non Governative) sponsorizzate dall’élite, in fazioni dei partiti Repubblicano e Democratico, e nei gruppi Liberal, sionisti, sindacali e dei diritti dei Gay. Questi gruppi, al pari dello stesso CPUSA, sono a struttura piramidale, e in tal modo i loro membri sono ignari di essere usati.
All’obiezione secondo la quale alcuni dei gruppi sopra menzionati si oppongono alla globalizzazione, Dodd riferisce casi in cui il CPUSA ha formalmente sostenuto cause che in realtà desiderava sabotare. (205)

In conclusione, il comunismo fu/è una frode utopistica escogitata da personaggi enormemente facoltosi per boicottare i sogni della gente ordinaria e arrestare il progresso della coscienza umana. Si tratta della medesima congiura che ha innescato le guerre attualmente in corso.
Il comunismo, un precursore del Nuovo Ordine Mondiale, propugna i valori della fratellanza, della pace e dell’eguaglianza al solo scopo di ingannarci. Ha preso il sopravvento sugli occhi, le orecchie, la mente e lo spirito della società. Molto di ciò che viene spacciato come verità nei media e nelle scuole fa parte di questo mostruoso imbroglio. L’espressione “politicamente corretto”, ormai universalmente adottata, non è altro che un vecchio concetto del Partito Comunista, un segno di distinzione e di appartenenza all’ortodossia ideologica di quel partito.
Il movimento femminista è comunista sia nelle origini che nello spirito. Esso pretende di difendere i diritti delle donne, mentre in pratica isterilisce entrambi i sessi e distrugge la famiglia, che rappresenta l’unità sociale di base. Anche l’elevazione dell’omosessualità a “stile di vita approvato” per gli eterosessuali fa parte della spudorata frode elitaria progettata per “creare nuovi tipi di esseri umani che si conformino…”.
La civiltà occidentale è come una nave che sta affondando in un mare di malvagità, eppure i passeggeri sono troppo frastornati e distratti per accorgersene. Bella Dodd ha avuto il coraggio di suonare l’allarme ben 50 anni fa. Non è mai troppo tardi per iniziare a resistere alla tirannia.
Non esistono scialuppe di salvataggio…

[1]. Il Dott. Henry Makow è un ricercatore impegnato a denunciare i pericoli insiti nel Nuovo Ordine Mondiale.
[2]. Alessandro D’Ovidio è un ex membro del Consiglio Nazionale del P.S.D.I. Si è occupato della difesa dei diritti dei consumatori e si interessa a temi quali la politica internazionale, l’astroteologia e le società segrete.*Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), filosofo tedesco, oltre ad aver influenzato Marx è considerato uno dei più geniali pensatori della storia della filosofia.
**E’ da notare come dai tempi di Roosevelt fino ai giorni nostri il CFR abbia dominato qualsiasi amministrazione americana, sia repubblicana che democratica, tanto da essere spesso definito il “governo ombra” degli U.S.A.
***Lamont garantì, nel 1926, un prestito di 100 milioni di dollari a Mussolini. Quello fu un anno particolarmente cruciale per il dittatore.
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Il libro “The school of Darkness” è esaurito ed introvabile ma può essere letto online su :Roman Catholich Eroes o scribd.com
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Tratto da libro “Rivelazioni non autorizzate” di Marco Pizzuti. Edizione Il Punto D’Incontro 2009:

Nei primi anni 1950, la signora Bella Dodd ha fornito spiegazioni dettagliate della sovversione comunista della Chiesa.Parlando da ex alto funzionario del Partito comunista americano, la signora Dodd ha detto: “Nel 1930 abbiamo messo 1100 uomini al sacerdozio, al fine di distruggere la Chiesa dal di dentro.” L’idea era che questi uomini di essere ordinato e di progresso per le posizioni di influenza e autorità come Monsignori e Vescovi. Lei ha affermato che: “Per ora sono nei posti più alti della Chiesa” – dove stavano lavorando per portare avanti il cambiamento, al fine di indebolire l’efficacia della Chiesa contro il comunismo. Ha anche detto che questi cambiamenti sarebbe così drastico che “non riconosce la Chiesa cattolica”. Dodd ha dato testimonianza di infiltrazione comunista di Chiesa e Stato davanti alla Commissione Parlamentare Attività Un American nel 1950. Martedì, 5 Agosto, 1952 ha annunciato pubblicamente che il 7 aprile dello stesso anno, fu ricevuta di nuovo nella Chiesa cattolica romana. Non essendo in grado di garantire il suo certificato di battesimo in Italia dopo un’indagine, che è stato quindi condizionale battezzato dal vescovo Fulton J. Sheen nella Cattedrale di St. Patrick, a New York.

L’ombra dell’élite dietro le ideologie di massa


L’inganno del popolo e la rivoluzione tradita
La maggior parte degli esperti politici ritiene che il tracollo dell’URSS abbia comportato il definitivo fallimento degli ideali socialisti e ciò in quanto costoro continuano erroneamente a identificare tale regime con ogni forma possibile di comunismo reale. Ciononostante non possiamo dimenticare il fatto oggettivo che nella ex Unione Sovietica la dottrina socialista non è mai stata applicata veramente. Di fatto, Lenin e tutti gli altri agitatori della rivoluzione che vennero finanziati dai poteri forti tradirono le promesse fatte ai lavoratori e alla classe proletaria, consegnando il comando del Paese a un’élite privilegiata alto borghese. Il socialismo reale infatti avrebbe dovuto eliminare le cause della miseria popolare e abbattere il potere illimitato dei pochi sui molti, ma al di là dei grandi proclami avvenne esattamente il contrario.Appena conclusa la rivoluzione Lenin e Trotsky non fecero altro che smantellare tutte le organizzazioni indipendenti dei lavoratori ponendole fuori legge. Essi istituirono persino uno dei più celebri strumenti di controllo e di terrore sulla popolazione, il KGB, con il quale ridussero il popolo russo a una nuova schiavitù. Lenin realizzò poi una netta separazione tra la classe dirigente e il resto della popolazione, escludendo quest’ultima da qualsiasi concreta possibilità di manifestare il proprio dissenso politico. … La sedicente dittatura del proletariato divenne a tutti gli effetti una dittatura contro di esso e il popolo venne usato come carne da macello per attuare una rivoluzione che proveniva dall’élite borghese. Gli ideali comunisti furono utilizzati cinicamente per ingannare le masse. … Ad accorgersene, però, ci furono, come già visto, anche molti brillanti attivisti comunisti che avevano ingenuamente creduto nella causa della “rivoluzione proletaria”, e tra questi possiamo sicuramente citare la statunitense Bella Dodd (1904-1969), membro del Consiglio Nazionale del Partito Comunista americano (CPU-SA). Bella Dood scrisse infatti “The school of Darkness” (La scuola delle tenebre), uno straordinario volume rivelatorio dal titolo emblematico divenuto ormai praticamente introvabile. Il contenuto esplosivo dell’opera ripercorre le tappe della Rivoluzione russa, soffermandosi poi sulle prove inoppugnabili che riguardano il vero motivo per cui venne realizzata. E poiché come già visto furono proprio i banchieri di Wall Street a finanziare le attività rivoluzionarie internazionali sorge spontaneamente una domanda: per quale recondito motivo dei grandi capitalisti, tra i quali spiccava l’impero finanziario di J.P.Morgan, patrocinarono i comunisti? Gary Allen fornisce questa spiegazione: “Se si riconosce che il comunismo non è un programma per la condivisione del benessere, bensì un metodo per il controllo, allora l’apparente paradosso del super-ricco che promuove il comunismo non è più tale. Diventa il logico, il perfetto strumento per megalomani in cerca di potere. Il comunismo non è il movimento delle masse oppresse, ma dell’élite economica”.
In conclusione, il comunismo fu ed è tuttora una frode utopistica escogitata da personaggi enormemente facoltosi per boicottare i sogni della gente ordinaria e arrestare il progresso della conoscenza umana. Si tratta della medesima congiura che ha innescato le guerre attualmente in corso. Il comunismo propugna i valori della fratellanza e della pace solo per confondere le masse, rinnegandoli poi di fatto fin dalle prime fondamenta delle sua ideologia materialista (la quale sia attraverso la forma individualista del capitalismo che quella collettiva del bolscevismo non può riconoscere realmente alcun valore etico e morale) al solo scopo di ingannare i popoli. Sotto la pelle dell’agnello dei buoni propositi si nasconde il “lupo” sanguinario e vorace dell’élite finanziaria internazionale, che sfrutta continuamente il corpo e la mente di miliardi di persone, e tutto ciò che viene spacciato come verità nei media e nelle scuole fa parte di questo mostruoso imbroglio. L’espressione “politicamente corretto”, ormai universalmente adottata, non è altro che un vecchio concetto comunista, un segno di distinzione e di appartenenza all’ortodossia ideologica di quel partito. Anche il movimento femminista è comunista sia nelle origini che nello spirito; esso pretende di difendere i diritti delle donne, mentre in pratica isterilisce entrambi i sessi e distrugge la famiglia, che rappresenta l’unità sociale di base, il vero fondamento della società. L’attuale società appare insomma come una nave che sta affondando tragicamente in un mare di malvagità e di ipocrisia, senza che i suoi passeggeri possano accorgersene. A tenere loro la mente frastornata e distratta ci pensano infatti lo sport e ogni altro genere di spettacolo offerto a buon mercato dal circo mediatico di chi governa la cabina di pilotaggio.

“Trotsky, Lenin, Marx e gli altri rivoluzionari del socialismo reale, proprio mentre denunciavano i mali del capitalismo, ricevevano segretamente i soldi necessari alla rivoluzione operaia proprio dagli stessi banchieri di Londra e di New York che in pubblico giuravano di voler mandare in bancarotta.” Marco Pizzuti.


Dobbiamo ricordare le parole pronunciate in prima persona al Dr. David Duke a Mosca, in Russia nel 2002 dal premio Nobel per la Letteratura Aleksandr Solgenitsin :


Per quanto riguarda la preoccupazione di Solgenitsin sui “media globali”, citiamo Joel Stein che ha affermato sul Los Angeles Times il 19 Dicembre2008 :


“Non mi importa se gli americani pensano che comandiamo i mezzi di informazione, Hollywood, Wall Street o il governo. Mi importa che continuiamo a comandarli”.



Leyba Davidovich Bronstein, che si era nascosto dietro un nome non ebraico, alias Leon Trotsky, è citato in “La natura del sionismo” di Vladimir Stepin:


“Dobbiamo trasformare la Russia in un deserto popolato da negri bianchi su cui dovremo imporre una tirannia, come i despoti orientali più terribili che abbiano mai sognato.


L’unica differenza è che questa sarà una tirannia di sinistra, non è una tirannia di destra. Sarà una tirannia rossa e non una bianca.


Intendiamola parola ‘rosso’ letteralmente, perché dovremo versare inondazioni di sangue, che renderanno tutte le perdite umane subite in guerre capitaliste un pallido terremoto al confronto.


I più grandi banchieri oltre l’oceano lavoreranno nel contatto più stretto possibile con noi.


Se vinciamo la rivoluzione, stabiliremo il potere del sionismo sul relitto del funerale della rivoluzione, e noi diventeremo una potenza davanti al quale tutto il mondo affonderà in ginocchio. Noi mostreremo quale è il potere reale. Per mezzo di terrore e bagni di sangue, potremo ridurre l’intellighenzia russa ad uno stato di stupore completo e idiozia e ad una esistenza animale!”
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La”Scuola” e la Testimonianza del dottor Bella Dodd

Nel 1930 abbiamo (i comunisti) messo mille cento uomini al sacerdozio, alfine di distruggere la Chiesa dall’interno.. . Bene ora sono nei posti più alti della Chiesa. . . non sarà più possibile riconoscere la Chiesa cattolica “.

Più tardi Bella Dodd ha iniziato una serie di lezioni nei campus universitari per quanto riguarda i dettagli del disorientamento ebraico/bolscevico della Chiesa. Un monaco cristiano racconta la sua lezione nel Novembre 2000 al Christian Order magazine :


“Ho ascoltato quella donna per quattro ore ed avevo i capelli dritti. Tutto ciò che ha detto è stato rispettato alla lettera. Si potrebbe pensare che era il più grande profeta del mondo, ma lei non era un profeta.


Stava semplicemente esponendo il piano step-by-step della battaglia di sovversione comunista alla Chiesa Cattolica. Mi ha spiegato che di tutte le religioni del mondo, la Chiesa cattolica è stato l’unica temuta dai comunisti, perché era il suo unico avversario efficace.


L’idea era quella di distruggere, non l’ istituzione della Chiesa, ma piuttosto la fede del popolo, e persino utilizzare l’istituzione della Chiesa, se possibile, per distruggere la fede attraverso la promozione di una pseudo-religione:qualcosa che somigliava al Cattolicesimo ma non era la cosa vera.


Una volta che la fede è stata distrutta, ha spiegato che ci sarebbe stato un complesso di colpa introdotta nella Chiesa …. per etichettare la ‘Chiesa del passato’ come opprimente, autoritaria, piena di pregiudizi, arrogante, con la pretesa di essere l’unica depositaria della verità, e responsabile per le divisioni delle realtà religiose nel corso dei secoli.


Ciò sarebbe necessario in ordine alla vergogna dei dirigenti della Chiesa per un’apertura al mondo,’ e ad un atteggiamento più flessibile nei confronti di tutte le religioni e le filosofie. I comunisti avrebbero poi sfruttato questa apertura al fine di minare la Chiesa”.


Traduzione Arturo Navone
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Bella Dodd è nata Maria Assunta Isabella Visono in Italia circa 1904. Una donna brillante e dedicata, si è laureata presso l’Hunter College Law School e New York University. Divenne capo del New York State Teachers Union ed è stato membro del CPUSA Consiglio nazionale fino al 1949.
Dodd descrive il comunismo come “un culto strano segreto” il cui obiettivo è la distruzione di Western (cioè cristiano) Civilization. Milioni di idealisti ingenui (“innocenti”) sono ingannati dal suo discorso di aiutare i poveri, ma si preoccupa solo per il potere. Ad esempio, Dodd constatato l’assenza della ricerca sociale presso la sede del partito. “Siamo un partito rivoluzionario, non un partito riforma”, era stato detto. (163)

Bella Dodd ha anche dichiarato pubblicamente che “Quando era un membro del partito attivo, che aveva trattato con non meno di quattro cardinali all’interno del Vaticano che stavano lavorando per noi, [cioè il Partito Comunista]”

“Alla fine degli anni 1920 e 1930, le direttive sono state inviate da Mosca a tutte le organizzazioni del Partito Comunista. Al fine di distruggere la [romana] Chiesa cattolica dall’interno, membri del partito dovevano essere inseriti nei seminari e nelle organizzazioni diocesane … Io stessa, ho messo circa 1.200 uomini in [romani] seminari cattolici “.

Una dozzina di anni prima [del Concilio Vaticano II] ha dichiarato che:


“In questo momento sono nei posti più alti della Chiesa” – dove stavano lavorando per portare un cambiamento al fine di indebolire l’efficacia della Chiesa contro il comunismo. Ha anche detto che questi cambiamenti sarebbero così drastici che “non si sarebbe riconosciuta la Chiesa cattolica”.
Nel 1953, ha testimoniato davanti al Senato degli Stati Uniti circa la diffusa infiltrazione del Partito nei sindacati e di altre istituzioni. L’11 marzo 1953, il New York Times ha un articolo di prima pagina dal titolo “Bella Dodd Asserts Reds Got Presidential Advisory Posts” L’articolo ha riferito che Dodd “giurò alla sottocommissione del Senato Sicurezza interna che oggi i comunisti avevano ottenuto molti uffici legislativi del Congresso e un certo numero di gruppi di consulenza del Presidente degli Stati Uniti”. Il New York Times ha riferito l’8 marzo 1954 che Bella Dodd “… ha avvertito ieri che la ‘filosofia materialistica,’ [cioè, materialismo dialettico], ha detto ora sta guidando l’istruzione pubblica, avrebbe infine demoralizzato la nazione”.


– “E ‘più facile ingannare le persone che convincerle di essere state ingannate.” Mark Twain –

Io capisco che sia difficile ammettere di essere stati ingannati da sempre ma trovo inammissibile ed assolutamente imbecille mantenere le stesse posizioni a costo di farsi distruggere per soddisfare il proprio ego che però a breve sarà comunque schiacciato …….

Questa è una delle chiavi del sistema …
Conclusione
Leggendo questo scritto attentamente si riesce a cogliere tutti i subdoli sistemi che vengono utilizzati, ieri come oggi, per portare a termine il disegno infernale che hanno in mente, più ci ritorno sopra più mi rendo conto che quì è tutto spiegato e non ci sarebbe bisogno di cercare oltre, i meccanismi sono descritti benissimo.
Il tutto abilmente programmato ed orchestrato dai “soliti” noti giocando con l’ignoranza ed i “soliti” sistemi validi sin dal tempo dell’ Impero Romano : “Dividi et Impera”, “Panem et Circensem” con l’obiettivo intermedio del controllo delle masse, su quello definitivo soprassiederei, l’argomento è infinito, seguiranno inevitabili approfondimenti.

Fonte

Le cene pre-conclave di Bergoglio con Tornielli & Co.




Le cene pre-conclave di Bergoglio con Tornielli & Co.



Dal libro di O’Connell sul “team Bergoglio” al pre conclave emerge che nei giorni convulsi che portarono all’elezione di Francesco un ruolo lo avrebbe avuto anche un laico che oggi riveste una posizione di estrema importanza in Vaticano: Andrea Tornielli, oggi responsabile della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione, incontrò due volte durante i sui primi giorni romani colui che sarebbe divenuto papa Francesco.


di Nico Spuntoni (15-04-2019)

È uscito negli Stati Uniti The Election of Pope Francis: An Inside Account of the Conclave That Changed History. Il testo, scritto dal vaticanista di America Gerard O’Connell, ha l’ambizione di fare una sorta di cronaca di quanto sarebbe avvenuto nei giorni che separarono l’annuncio della rinuncia di Benedetto XVI dalla salita al soglio pontificio di papa Francesco. Abbiamo visto ieri come nell’opera, accanto al riepilogo delle preferenze riscosse nelle votazioni, venga offerta una ricostruzione del lavoro che avrebbero svolto “dietro le quinte” una serie di cardinali, elettori e non, per “sponsorizzare” la candidatura del profilo ritenuto più adeguato.

Gerard O’Connell confermerebbe l’esistenza di quel “team Bergoglio” di cui aveva parlato Austen Ivereigh nella biografia Tempo di misericordia. Animatori di questo “team” che operò, secondo quanto scritto da questi due autori, a sostegno della candidatura dell’argentino ma senza il suo esplicito consenso, sarebbero stati alcuni cardinali definiti kingmakers e fra i quali spicca il nome del britannico Murphy-O’Connor. Questi kingmakers sarebbero stati protagonisti di incontri privati per convincere altri cardinali dell’affidabilità di quella candidatura ed avrebbero anche fugato i dubbi sorti tra alcuni membri del Collegio sulla figura del futuro pontefice. Tornielli e Bergoglio.


Ma dal libro di O’Connell sembrerebbe emergere che nei giorni convulsi che portarono all’elezione di Bergoglio un ruolo lo avrebbe avuto anche un laico che oggi riveste una posizione di estrema importanza in Vaticano: Andrea Tornielli, all’epoca coordinatore di Vatican Insider ed oggi responsabile della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione, incontrò colui che sarebbe divenuto papa Francesco durante il suo primo giorno romano. Il giornalista e l’arcivescovo di Buenos Aires trascorsero una serata insieme a cena in compagnia di Gianni Valente, altro vaticanista di fama. Secondo quanto scrive O’Connell nel suo libro, gli stessi commensali si sarebbero rivisti il 10 marzo per un’altra cena. Non a caso, Gianni Valente (marito di Stefania Falasca, altra giornalista molto in sintonia con l’attuale pontificato) ricevette una chiamata al telefono di casa dal neoeletto Francesco proprio la sera del 13 marzo.

Il pontefice regnante frequentava la casa romana della famiglia Valente già da anni: Gianni lo aveva intervistato nel 2002 a Buenos Aires e in quell’occasione nacque una solida amicizia protrattasi negli anni. Anche Tornielli poteva vantare un legame consuetudinario con l’allora cardinale Bergoglio, il quale gli aveva concesso solo pochi mesi prima un’intervista in cui presentava la sua idea di Chiesa ed anticipava alcuni temi e determinati toni che avrebbe poi utilizzato più volte negli anni del suo pontificato: sulla percezione della Curia romana dall’esterno, ad esempio, disse che “i giornalisti a volte corrono il rischio di ammalarsi di coprofilia e così fomentare la coprofagia; che è poi il peccato che segna tutti gli uomini e le donne, cioè quello di guardare sempre alle cose cattive e non a quelle buone”.

Bergoglio, inoltre, dissertando della funzione del cardinalato si scagliò contro la “vanità autoreferenziale” intesa come “atteggiamento della mondanità spirituale, che è il peccato peggiore nella Chiesa” e che si manifesta con la ricerca di avanzamenti e con il carrierismo. Un pensiero riproposto poi numerose volte dopo la sua elezione in tanti discorsi ed omelie dedicati a denunciare i risvolti negativi del “clericalismo”. Com’è noto, dunque, l’attuale responsabile della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione conosceva molto bene il futuro Francesco e fu l’unico vaticanista a considerarlo “in pista” per succedere a Benedetto XVI dopo la storica rinuncia di quest’ultimo.

Roma 7 Marzo 2009 – Il Cardinal Jorge Mario Bergoglio con Giulio Andreotti

La cena di Bergoglio a casa della famiglia Valente nei giorni precedenti al Conclave del 2013 era divenuta di dominio pubblico già all’indomani dell’avvenuta elezione; il libro di O’Connell ha rivelato, ora, la presenza di Andrea Tornielli e un’altra occasione conviviale in cui sarebbero stati presenti tutti e tre sempre in quei giorni di marzo 2013. A portarli dietro la stessa tavola, probabilmente, un’amicizia nata grazie alla collaborazione comune con la rivista 30Giorni per la quale scrivevano sia Tornielli che Valente e che ospitò interviste ed interventi anche dell’allora cardinale Bergoglio. Fu Giulio Andreotti, all’epoca direttore del periodico, il talent scout che, dopo averlo conosciuto ad una messa da lui celebrata nella chiesa di San Lorenzo fuori le Mura, volle fortemente “arruolare” il futuro papa Francesco tra le “penne” di 30Giorni, unica rivista che a tutt’oggi può vantare la collaborazione di ben due pontefici: Ratzinger e Bergoglio.


FRANCESCO: UN'ELEZIONE PREPARATA DA ANNI
Questa notizia non meraviglia affatto, noi stessi abbiamo scritto più volte che l'elezione di Mario Bergoglio poteva essere solo preparata, sia per l'indole dei prelati della neo-Chiesa abortita dal Vaticano II, sia per l'evidente caratura deprimente del personaggio scelto ad occupare il Soglio di Pietro. 
Tutto questo era a perfetta conoscenza dell'emerito Cardinale Ratzinger, che pensò bene di farsi indietro per permettere che si realizzassero i disegni dei prelati modernisti e affossatori della Chiesa cattolica. Seppure si volesse sostenere che questi stessi prelati abbiano brigato in tutti i modi per farlo “dimettere”, resta il fatto che Ratzinger sapeva benissimo cosa si stava preparando, e al bene della Chiesa, semmai lo avesse preso in considerazione, preferì il proprio bene personale.

Tosatti fa riferimento ad un articolo apparso sul sito del giornale belga Le Vif , che qui riportiamo in calce.

Articolo di Marco Tosatti
24/09/2015


L’elezione di Jorge Bergoglio è stato il frutto delle riunioni segrete che cardinali e vescovi, organizzati da Carlo Maria Martini, hanno tenuto per anni a San Gallo, in Svizzera. E’ quanto sostengono Jürgen Mettepenningen et Karim Schelkens, autori di una biografia appena pubblicata del cardinale belga Godfried Danneels. Che chiama il gruppo di cardinali e vescovi un “Mafiaclub”.

Danneels secondo gli autori, avrebbe lavorato per anni a preparare l’elezione di papa Francesco, avvenuta nel 2013. Egli stesso d’altronde, in un video registrato durante la presentazione del libro a Bruxelles ammette di aver fatto parte di un club segreto di cardinali che si opponevano a Joseph Ratzinger. Ridendo, lo definisce “un club mafia e portava il nome di San Gallo”. 
Il gruppo voleva una drastica riforma della Chiesa, molto più moderna e attuale, con Jorge Bergoglio Papa Francesco alla testa. Come poi è accaduto. Oltre a Danneels e Martini, del gruppo secondo il libro facevano parte il vescovo olandese Adriaan Van Luyn, i cardinali tedeschi Walter Kasper e Karl Lehman, il cardinale italiano Achille Silvestrini e quello britannico Basil Hume, oltre ad altri. 
Scrive il giornale belga “Le Vif”: “Il 13 marzo 2013 una vecchia conoscenza era al fianco del nuovo papa Francesco: Godfried Danneels. Ufficialmente, era là in quanto decano dei cardinali-preti, ma in realtà ha operato per degli anni come creatore di re discreto”. 

Danneels è stato invitato di nuovo da papa Francesco al Sinodo sulla Famiglia che si svolgerà in ottobre (2015) a Roma. La sua figura è stata però molto criticata. Ha cercato di dissuadere una vittima di abusi sessuali dal denunciare l’autore, un vescovo (zio della vittima), e per questo motivo all’epoca del Conclave 2013 in Belgio c’era chi chiedeva che non fosse ammesso a eleggere il nuovo Papa. 
Inoltre le sue posizioni sul matrimonio omosessuale e sull’aborto (secondo la rivelazione di due parlamentari avrebbe scritto al re del Belgio esortandolo a firmare la legge che lo consentiva) non sembrano in sintonia con il Magistero della Chiesa. E anche con quello che papa Francesco afferma. 

Godfried Danneels ha lavorato per anni
all’elezione di Papa Francesco



Gli storici della Chiesa, Jürgen Mettepenningen e Karim Schelkens, hanno appena pubblicato una biografia del Cardinale Godfried Danneels, nella quale l’arcivescovo appare come un difensore della Chiesa moderna. Egli avrebbe anche lavorato per anni all’elezione di Papa Francesco.

L’Arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, opposto al crescente potere di Ratzinger e della sua cricca in Vaticano, a partire dal 1996 incominciò ad organizzare delle riunioni “segrete” di vescovi e di cardinali a San Gallo in Svizzera. Questi incontri erano vagamente a conoscenza di certi specialisti, ma solo in questa biografia di Jürgen Mettepenningen e Karim Schelkens sono presenti dei resoconti dettagliati delle attività del “gruppo di San Gallo”.
Nel 1999 Danneels si unì al gruppo, del quale facevano già parte il vescovo olandese Adriaan Van Luyn, i cardinali tedeschi Walter Kasper e Karl Lehman, l’inglese Basil Hume e l’italiano Achille Silvestrini. Per Danneels e gli altri si trattava di “vacanze spirituali”, una forma di consolazione e di mutuo sostegno in un periodo buio.

Il Vaticano inviò il sinistro Cardinale Camillo Ruini per sondare di cosa si trattasse, ma questi fece fiasco. Contemporaneamente il “gruppo di San Gallo” cercava di influenzare i comportamenti del Vaticano. La domanda che ci si poneva in modo sempre più pressante era: “Che succederà dopo Giovanni Paolo II? Come evitare che Ratzinger diventi papa?”

Al momento del conclave del 2005, Ratzinger si dimostrò molto forte. Danneels e gli altri membri del “gruppo San Gallo” riuscirono a malapena a nascondere la loro delusione e attribuirono alla stanchezza la loro mancanza di entusiasmo. Tuttavia, la loro analisi fondamentale circa la necessità che si rinnovasse l’apparato del Vaticano e che il messaggio della Chiesa dovesse essere molto più ottimista, si dimostrò premonitore. Il pontificato di Ratzinger fu una catastrofe e la Chiesa soffrì per le storie di costume e di corruzione.
Danneels fu anche coinvolto negli scandali: venne indotto dal vescovo di Bruges, Roger Vangheluwe, a passare gli alimenti alla famiglia del nipote, col quale aveva avuto una “piccola relazione”, e fu sospettato nell’“Operazione Calice”.

Tuttavia, l’elezione di Mario Bergoglio mise fine a questo periodo buio. “L’elezione di Bergoglio venne preparata a San Gallo, su questo non c’è alcun dubbio; e le grandi linee del suo programma sono quelle di cui discutevano Danneels e i suoi confratelli da più di dieci anni” scrive Schelkens.

D’altronde, il 13 marzo 2013 [giorno dell’elezione di Mario Bergoglio], al fianco del nuovo Papa Francesco, era presente una vecchia conoscenza: Godfried Danneels. Ufficialmente in quanto decano dei cardinali-preti, ma in realtà perché aveva lavorato per anni come procuratore discreto di un papa capace di dare un avvenire alla “sua” chiesa.


Fonti:

Il treno dell’Amazzonia è partito. Prossima fermata la Germania









L’asse tra il papa argentino e la Germania non caratterizza soltanto questo sinodo dell’Amazzonia. Ha anche un prima e un dopo.

di Sandro Magister (20-06-2019)

Da lunedì 17 giugno il sinodo dell’Amazzonia convocato a Roma per il prossimo mese di ottobre ha il suo Instrumentum laboris, il documento base su cui discutere.

Occupa 59 pagine fitte, ma bastano queste poche righe del suo paragrafo 129 per capire dove papa Francesco vuole arrivare:

“Affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana”.

L’ultima volta in cui il papa aveva prospettato questo traguardo era stato nella conferenza stampa sull’aereo di ritorno da Panama, il 27 gennaio 2019, quando alla domanda: “Permetterà a degli uomini sposati di diventare preti?”, rispose dapprima ripetendo con Paolo VI: “Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato”, ma subito dopo ammettendo una possibilità del genere “nelle località più remote” come nelle “isole del Pacifico” e “forse” in Amazzonia e “in tanti posti”.


E finì col raccomandare la lettura di un libro del vescovo Fritz Lobinger (nella foto sopra) che lancia tra l’altro l’idea – a detta di Francesco “interessante” – di ordinare questi uomini sposati accordando loro il solo “munus”, il compito, di amministrare i sacramenti, non anche quelli di insegnare e governare, come avviene invece da sempre in ogni sacra ordinazione.

Lobinger, 90 anni, è stato vescovo di Aliwal, in Sudafrica, dal 1988 al 2004. Ma è nato e cresciuto in Germania, dove vive tuttora. E non è il primo vescovo o teologo tedesco sul quale Jorge Mario Bergoglio ha fatto leva in questi ultimi anni per accrescere l’attenzione e il consenso all’ordinazione al sacerdozio di uomini sposati, con l’Amazzonia come terreno d’avvio.


Prima di lui si possono citare il teologo e maestro spirituale Wunibald Müller (nella foto sopra), con il quale Francesco ebbe nel 2015 uno scambio di lettere proprio su questo argomento, poi reso pubblico dallo stesso Müller.

Ma soprattutto va ricordato il vescovo emerito della prelatura brasiliana di Xingu, Erwin Kräutler, 80 anni, austriaco, membro del consiglio preparatorio del sinodo dell’Amazzonia, che in ripetuti incontri col papa ha sempre avuto da lui caldi incoraggiamenti a battersi per questo risultato, ora anche come membro del consiglio preparatorio del sinodo.


Per non dire del cardinale Cláudio Hummes (nella foto sopra), 85 anni, brasiliano ma di famiglia tedesca, anche lui da anni aperto sostenitore dell’ordinazione di uomini sposati, presidente della rete ecclesiale panamazzonica che riunisce 25 cardinali e vescovi dei paesi di quell’area, e voluto dal papa come relatore generale del sinodo.

Il tutto con l’immancabile benedizione del più amato da Bergoglio tra i cardinali e teologi tedeschi, Walter Kasper, 86 anni, il quale in una recente intervista al quotidiano Frankfurter Rundschau ha detto che Francesco aspetta solo di mettere la sua firma a una decisione del sinodo favorevole all’ordinazione di uomini sposati.

L’asse tra il papa argentino e la Germania non caratterizza, però, soltanto questo sinodo dell’Amazzonia. Ha anche un prima e un dopo.

Il “prima” è stato la genesi del doppio sinodo sulla famiglia.

Quando Bergoglio, eletto papa da meno di un anno, affidò al cardinale Kasper la relazione introduttiva del concistoro del febbraio 2014 e Kasper vi sostenne proprio la concessione della comunione eucaristica ai divorziati-risposati, il destino del sinodo sulla famiglia era già scritto.

Quel sinodo, nelle sue due sessioni del 2014 e del 2015, si spaccò verticalmente su quella questione, ma Francesco decise comunque, d’autorità, di arrivare al traguardo prefissato, sia pure nella forma ambigua di una nota a piè di pagina dell’esortazione post-sinodale Amoris laetitia.

E da allora qualsiasi vescovo del mondo può autorizzare, nella sua diocesi, quella comunione ai divorziati risposati per la quale si erano battuti per primi, negli anni Novanta, proprio alcuni vescovi di Germania con Kasper in testa, contrastati con fermezza, allora, da papa Giovanni Paolo II e dal cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede.

Dopo il doppio sinodo sulla famiglia ci fu in Vaticano un intermezzo, anche questo con profumo di Germania, o più precisamente di quella città della Svizzera tedesca di nome Sankt Gallen, sede di incontri, prima e dopo il 2000, di quel club di cardinali progressisti – futuri grandi elettori di Bergoglio al papato – che aveva nei tedeschi Karl Lehmann e Kasper e nell’italiano e gesuita Carlo Maria Martini suoi esponenti di spicco.

Si trattava di decidere l’argomento del sinodo successivo e sull’agenda di papa Francesco c’era in cima proprio la questione dell’ordinazione di uomini sposati.

Cioè un altro di quei “temi nodali” che il cardinale Martini aveva proposto di affrontare in una serie di sinodi concatenati, nel memorabile suo intervento al sinodo del 1999 in cui così li elencava: “La carenza di ministri ordinati, il ruolo della donna nella società e nella Chiesa, la disciplina del matrimonio, la visione cattolica della sessualità…”.

Bergoglio scelse però di prendere tempo e assegnò al sinodo in programma nell’ottobre del 2018 il tema dei giovani, col sottinteso di discutervi, eventualmente, “la visione cattolica della sessualità”, omosessualità compresa.

Poi questo sottinteso non prese corpo, per una decisione prudenziale dello stesso Bergoglio in corso d’opera, e il sinodo sui giovani finì con l’essere uno dei più noiosi e inutili della storia.

C’era però in programma per il 2019 anche il sinodo speciale dell’Amazzonia. E qui l’agenda di Martini è stata ripresa in pieno, non solo con l’ordinazione degli uomini sposati praticamente decisa prima ancora che il sinodo abbia inizio, ma persino con un auspicio enigmatico, sempre nel paragrafo 129 dell’Instrumentum laboris, a “identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne”, che non sarà il “diaconato femminile”, rinviato da papa Francesco a “ulteriore approfondimento”, ma un “ministero”dovrebbe pur essere, forse sacramentale.

Ma non è finita. Perché il sinodo dell’Amazzonia avrà anche un “dopo”. E lo avrà proprio in Germania.

Lo scorso marzo la conferenza episcopale tedesca, riunita in assemblea plenaria a Lingen, ha messo in cantiere un sinodo nazionale con tre “forum” preparatori sui seguenti temi:
Potere, partecipazione, separazione dei poteri, presieduto dal vescovo di Spira Karl Heinz Wiesemann;
Morale sessuale, presieduto dal vescovo di Osnabrück Franz Josef Bode;
Forma di vita presbiterale, presieduto dal vescovo di Münster Felix Genn.

Si è di nuovo in piena agenda Martini e nelle relazioni introduttive dell’assemblea plenaria di Lingen si è detto apertis verbis che si vuole arrivare sia a legittimare gli atti omosessuali (obiettivo incompiuto del sinodo sui giovani), sia a introdurre l’ordinazione di uomini sposati anche in Germania (quindi non più solo nelle remote periferie della Chiesa come l’Amazzonia).

Si è anche insistito perché per tali decisioni basti un voto a maggioranza, senza che una minoranza possa bloccarne l’entrata in vigore e senza che sia necessario un via libera da parte della Chiesa cattolica nel suo insieme.

Tutto fa capire che Francesco non abbia sollevato obiezioni a questo esplosivo programma della Chiesa di Germania. Che è una delle Chiese più disastrate del mondo, con tutti gli indicatori a picco tranne quello della ricchezza in denaro. Eppure promossa da Bergoglio a faro del suo pontificato.

L’Iran abbatte un drone strategico americano – E’ pronto alla guerra – “Massima pressione” su Trump



Nelle prime ore di oggi, la difesa aerea iraniana ha abbattuto un drone da ricognizione ad alte prestazioni degli Stati Uniti:

DUBAI (Reuters) – Le Guardie Rivoluzionarie d’élite Iraniane hanno abbattuto un drone “spia” degli Stati Uniti nella provincia meridionale di Hormozgan, nel Golfo Persico, riportava oggi il notiziario web delle Guardie, Sepah News.

L’agenzia di stampa statale IRNA ha pubblicato lo stesso rapporto, identificando il drone come un RQ-4 Global Hawk.

“E’ stato abbattuto appena entrato nello spazio aereo iraniano, vicino al distretto di Kouhmobarak, nel sud,” ha aggiunto il sito web delle Guardie.


Una dichiarazione successiva dell’IRGC ha descritto l’incidente:

L’UAV americano era decollato da una base americana nel sud del Golfo Persico alle 00:14 di oggi e, contrariamente alla normativa aviatoria, aveva spento tutti i suoi apparati di riconoscimento e si era diretto dallo stretto di Hormuz a Chabahar in totale segretezza.

L’aereo senza pilota, mentre tornava nell’ovest della regione, verso lo stretto di Hormuz, aveva violato l’integrità territoriale della Repubblica Islamica dell’Iran e aveva iniziato a raccogliere informazioni e a spiare.



Alle 4:55, quando l’UAV aggressore è entrato nel territorio del nostro paese, è stato preso di mira dall’aeronautica dell’IRGC ed è stato abbattuto.

Gli Stati Uniti affermano che il drone era un Triton MQ-4C, la variante della Marina del tipoGlobal Hawk, specializzato in pattugliamento marittimo ad ampio raggio [Broad Area Maritime Surveillance] (BAMS). Secondo la versione fornita dagli Stati Uniti, il drone si sarebbe trovato nello spazio aereo internazionale al momento dell’abbattimento da parte della Guardie Rivoluzionarie Iraniane.

(È interessante notare che nessun MQ-4C avrebbe dovuto trovarsi in Medio Oriente e che la sua dislocazione avrebbe dovuto rimanere segreta. Aggiornamento: questo drone specifico sembra essere arrivato in Qatar solo cinque giorni fa. Ulteriori dettagli vengono discussi qui.)

Un drone del tipo Global Hawk

L’incidente è un’altra prova che la campagna di “massima pressione” di Trump contro l’Iran ora si è rivoltata contro di lui.

Secondo quanto riferito, Trump avrebbe detto al suo staff di smetterla di parlare di guerra all’Iran:

Due alti funzionari ed altre tre persone con conoscenza diretta della strategia dell’amministrazione nella regione hanno riferito a The Daily Beast che il presidente ha chiesto ai funzionari di abbassare i toni della loro infuocata retorica sull’Iran …

Trump non vuole aprire un conflitto militare con l’Iran. Sta già conducendo una brutale guerra economica contro l’Iran e il paese sta rispondendo. Trump vuole negoziati con l’Iran senza però liberarlo dalle sanzioni. L’Iran respinge una proposta del genere.

Non importa più che cosa vuole Trump. L’Iran, a questo punto, ha il controllo dell’escalation. Può causare una miriade di incidenti che costringerebbero Trump a reagire. [Trump] potrebbe passare alla guerra calda, e quindi rischiare le sue possibilità di rielezione, oppure ridurre le sanzioni che danneggiano il popolo iraniano. Se non farà neanche questo, seguiranno ancora punture di spillo, che, col tempo, diventeranno sempre più dolorose.

Abas Aslani @AbasAslani – 7:29 UTC · 20 Jun 2019

#Iran’s #IRGC commander Salami: abbattere il drone statunitense è stato un messaggio forte e chiaro, p.e. che reagiremo con forza contro ogni attacco al paese. I confini sono la nostra linea rossa. Non siamo in guerra con nessun paese, ma siamo pronti per la guerra. Il messaggio dell’incidente di oggi è stato chiaro.

La perdita del drone Global Hawk è significativa. Questi enormi velivoli, con un’apertura alare maggiore di quella di un Boeing 737, sono considerati risorse strategiche. Sono stati costruiti per sostituire i famigerati aerei spia U-2. Dispongono di sensori top secret e costano oltre 120 milioni di dollari l’uno.


Questa perdita può certamente essere attribuita all’Iran. Ma per incolpare di questo l’Iran, gli Stati Uniti dovranno dimostrare che il loro drone non era penetrato nello spazio aereo iraniano.

I droni statunitensi avevano già violato in precedenza lo spazio aereo sovrano dell’Iran. Nel 2011, l’Iran aveva acquisito un drone RQ-170 partito dall’Afghanistan manipolandone i segnali radio di controllo. Nel 2012 l’Iran aveva abbattuto un altro drone statunitense, un Boeing Scan Eagle, che era penetrato dal Golfo Persico. Molti altri droni statunitensi sono stati abbattuti sul territorio iraniano:

Nel gennaio [2011], l’Iran aveva dichiarato di aver abbattuto due droni convenzionali (non stealth) e, a luglio, l’Iran aveva mostrato agli esperti russi diversi droni statunitensi, tra cui uno che stava sorvegliando l’impianto sotterraneo di arricchimento dell’uranio di Fordo, vicino alla città santa di Qom.
Il Segretario alla Difesa, Leon Panetta, aveva dichiarato a Fox News il 13 dicembre che gli Stati Uniti avrebbero “assolutamente” continuato ad operare droni sull’Iran, alla ricerca di prove di possibili sviluppi sulle armi nucleari. Ma la posta in gioco per una tale sorveglianza si è fatta più alta, ora che l’Iran può, apparentemente, interferire con l’operato dei droni statunitensi.

I gatti persiani sono ben addestrati alle misure anti-drone.


Come reagirà Trump a questo incidente? Il Presidente John Bolton chiederà un’azione militare contro l’Iran come ritorsione per l’abbattimento. Sicuramente farà anche pressioni per inviare più truppe in Medio Oriente.

Trump può ancora minimizzare l’incidente, come ha fatto recentemente con l’attacco alle petroliere, che aveva definito “di entità molto limitata” [very minor]. Ma i falchi della guerra nei media, nel Congresso e in Iran, eserciteranno ancora più pressioni su di lui. Seguiranno sicuramente altri incidenti.

Trump ha una via d’uscita. Potrebbe emanare deroghe alle sanzioni, per consentire a Cina, Giappone, Corea del Sud, India e ad altri di importare nuovamente il petrolio iraniano. Eliminerebbe il “massimo” da questa sua ormai fallita campagna di “massima pressione” e potrebbe essere un modo per fare un passo avanti verso i negoziati.

Moon of Alabama

Macron messo a gestire la fine dell’euro ma non del pauperismo


Era irrealistico credere che il sistema bancario francese lasciasse gestire la fine, più o meno prossima, dell’euro a Marine Le Pen. Come pure era irrealistico ritenere che, una volta che il sistema bancario francese avesse confezionato un candidato, non lo conducesse poi alla vittoria con largo margine tramite qualsiasi mezzo. Questi “mezzi” potrebbero rimanere per sempre segreto di Stato, anche se in epoca di software informatici non ci vuole un grande sforzo di immaginazione. Il “sovranismo” sconta quindi il suo vizio di origine, cioè quello di non essersi confrontato con il potere suggestivo e illusionistico del denaro. Il “sovranismo” ha puntato sul movimento delle opinioni pubbliche, senza tener conto del fatto che è il denaro a creare l’opinione pubblica, convincendola magari di aver votato come non ha votato.

Dall’osservatorio italiano questa saldatura tra banche ed apparati dello Stato non può essere del tutto percepibile, perché in Italia il sistema bancario non ha un potere interno ed internazionale paragonabile a quello del sistema bancario britannico, tedesco o francese. Del resto l’Italia è stata per oltre un quarantennio una potenza manifatturiera, ma non è più stata una potenza finanziaria almeno dai tempi dei Medici.
A differenza delle banche italiane, avvolte nel coro del colpanostrismo e prone all’idolo Draghi, le banche francesi hanno aperto un contenzioso giudiziario con la Banca Centrale Europea per contestarne i parametri di solvibilità e di “sofferenza”. La sfida delle banche francesi alla BCE indica chiaramente che sono pronte a cannibalizzare il patrimonio bancario altrui, ma non a farsi cannibalizzare a propria volta.

Che in Francia un “banchiere” venisse chiamato a gestire la fine dell’euro, era quindi scontato. Molte delle sbracate aperture di Macron alla Germania, come pure la rispolverata dell’asse franco-tedesco, appaiono quindi come tattica diplomatica, probabilmente mirata a scaricare interamente sulla controparte il fallimento della trattativa. I media nostrani hanno celebrato il presunto nuovo feeling tra la Merkel e Macron, fantasticando su un rilancio dell’Unione Europea e rinfocolando gli entusiasmi europeistici, peraltro presto spenti dalla nuova procedura d’infrazione che la Commissione Europea ha avviato contro l’Italia per le emissioni illegali dei veicoli FIAT in base al consueto criterio dei due pesi e due misure.

Di fatto la cancelliera non ha concesso nulla alla Francia; ed è molto dubbio che i mandanti di Macron queste concessioni se le aspettassero davvero. La finanza francese deve avviare una fittizia trattativa con Berlino per far dimenticare la diretta responsabilità francese sia nella nascita dell’euro che nel massacro della Grecia, facendo apparire la Germania come l’unica colpevole dell’euro-disastro. Cosa che non dovrebbe risultare difficile, poiché storicamente i tedeschi sono specialisti nell’arte di addossarsi tutte le colpe. La Francia ha più urgenza dell’Italia a chiudere i conti con l’euro e, a differenza dell’Italia, ha ancora gli strumenti per farlo.

Il problema è che la fine dell’euro non comporta affatto la dismissione delle politiche di austerità, cioè di pauperizzazione, poiché queste sono funzionali alla finanziarizzazione dei rapporti sociali.

La stessa confezione di Macron contiene una chiara indicazione in tal senso.
Macron ha tutte le caratteristiche del candidato artificiale e costruito a tavolino: ha l’aspetto di un attore, somiglia vagamente al Daniel Auteuil di una ventina di anni fa e può vantare anche una biografia trasgressiva ad uso del gossip più progressista. Persino la presenza nel suo curriculum di un’esperienza come dirigente in una delle banche Rothschild potrebbe essere soltanto un fittizio elemento di lustro nella costruzione del personaggio. Ma se i Rothschild non sono stati davvero in passato i datori di lavoro di Macron, lo sono comunque ora, dato che hanno concorso a piazzarlo all’Eliseo.

I Rothschild costituiscono un cancro con molte metastasi, quindi esistono più gruppi bancari europei che possono essere fatti risalire ai vari rami di questa famigerata famiglia. Sta di fatto che questa esclusiva dinastia finanziaria non disdegna affatto di impegnarsi in un business solo apparentemente “povero”, ma in realtà ricco di prospettive di profitto, come la microfinanza, cioè il microcredito a famiglie e piccole imprese, con iniziative come il St. Honoré Microfinance Fund. Ciò significa che la pletora di ONG dedite al microcredito ai poveri ha alle spalle i gruppi bancari più potenti.

Molti commentatori hanno sottolineato che le ultime elezioni francesi hanno spazzato via il sistema politico tradizionale, sia di destra che di sinistra, quel sistema dedito alla redistribuzione sociale attraverso clientele e welfare. Ciò significa che si prospetta un modello di società in cui il microcredito va a svolgere sia la funzione di business che di strumento di controllo sociale. La caduta tendenziale del saggio di profitto c’entra solo sino ad un certo punto in questa finanziarizzazione dei rapporti sociali.

La realtà è che il capitalismo, non appena cessata la minaccia del comunismo, ha potuto ritornare alla sua vocazione originaria del business della povertà; un business già teorizzato da un filosofo vissuto a cavallo del XVII e del XVIII secolo, Bernard de Mandeville.

Macron: ho paura, i francesi voterebbero per uscire dall’Ue



MACRON VUOLE FARE LA VOCE GROSSA SULLE PROSSIME NOMINE ALLA COMMISSIONE EUROPEA E ALLA BCE PER SCONGIURARE L'USCITA DELLA FRANCIA DALL'UE. SI DICE MACRON, SI LEGGE ROTHSCHILD..... 


In un’intervista shock, Macron ammette che la Francia voterebbe per l’uscita dalla Ue, se si tenesse un referendum. In un’intervista alla “Bbc”, il capo dell’Eliseo afferma a sorpresa che un equivalente francese della Brexit avrebbe «probabilmente» condotto allo stesso esito: l’uscita dall’Unione Europea. «La dichiarazione del leader francese suona particolarmente insolita in un momento in cui gli alfieri dell’establishment cercano di rassicurare che c’è “ripresa” e che i “populisti” sono in ritirata», scrive Henry Tougha su “Voci dall’Estero”. «Ma suona insolita anche per la spiegazione esatta e puntuale del problema: l’ipotetico voto per l’uscita dalla Uesarebbe l’espressione delle classi medie e delle classi lavoratrici che si oppongono a una globalizzazione fatta contro di loro». Quando lo scorso anno Marine Le Pen perse le elezionipresidenziali francesi, ed Emmanuel Macron vinse con ciò che sembrò una valanga di voti, l’establishment tirò un sospiro di sollievo, «non solo perché la celebre euroscettica populista era stata battuta, ma anche perché sembrò che il vento fosse cambiato», scrive “Zero Hedge”. Perciò, dopo un 2016 tumultuoso, il 2017 iniziò con un bel colpo a favore degli eurocrati non-eletti di Bruxelles. «Dopotutto la gente si era espressa e aveva detto di volere più Europa (e più euro), non meno». E invece non è vero, dice oggi Macron: i problemi restano, e anche i francesi “scapperebbero” da Bruxelles.

Il presidente francese, scrive “Zero Hedge” in un post ripreso da “Voci dall’Estero”, ha scioccato tutti in Europa quando ha ammesso che gli elettori francesi voterebbero per uscire dalla Ue se in Francia si tenesse un referendum del tipo “dentro o fuori” sull’appartenenza al blocco di paesi guidati da Bruxelles. «Non sorprende che nessun altro paese Ue abbia messo a rischio la propria appartenenza al blocco tramite un voto pubblico, dopo che la Gran Bretagna ha sorpreso gli altri paesi membri con un voto per l’uscita nel 2016, a dispetto di tutti i sondaggi che mostravano come un esito del genere fosse praticamente impossibile». Durante un’intervista con il giornalista Andrew Marr della “Bbc”, Emmanuel Macron ha ammesso che potrebbe perdere un eventuale referendum francese sull’appartenenza alla Ue. Interpellato sul voto della Brexit, il presidente ha candidamente detto a Marr: «Non sono io a dover giudicare o commentare le decisioni del vostro popolo». Ma, ha aggiunto, «la mia interpretazione è che ci siano molti sconfitti della globalizzazione che hanno improvvisamente deciso che quest’ultima non fa più per loro». Quindi, se la Francia avesse indetto lo stesso referendum, avrebbe avuto lo stesso risultato? «Sì, probabilmente», ha ammesso Macron. «Sì, in un contesto simile».

Certo, ha precisato Macron, «abbiamo un contesto molto diverso, in Francia». Ma attenzione: Londra ha divorziato dall’Ue pur non avendo il capestro finanziario dell’euro, né gli stessi vincoli di bilancio della Francia. Quindi, confessa Macron, «avrei dovuto combattere molto duramente per averla vinta», la battaglia per mantenere la Francia nel perimetro di Bruxelles. Spiegazione: «La mia idea è che le classi medie, le classi lavoratrici e i più anziani hanno deciso che ciò che è successo negli ultimi decenni non è andato a loro favore, e che gli aggiustamenti fatti all’interno della Ue non erano a loro favore». Ancora: «Penso che l’organizzazione della Ue sia andata troppo oltre con la libertà ma senza coesione, con la libertà dei mercati ma senza regole». Frasi pesantissime, pronunciate da un ex banchiere del gruppo Rothschild nonché pupillo della supermassoneria eurocratica più reazionaria, incarnata da Jacques Attali. Libertà d’azione illimitata solo per i capitali finanziari, e “carcere duro” per la finanza pubblica, costretta al suicidio dei tagli che hanno messo in ginocchio l’economia reale, le aziende, le società. Macron, l’uomo dell’élite, avverte che il pericolo – per loro, gli oligarchi – è tutt’altro che sparito dai radar: i boss che contano (da Parigi a Berlino, da Francoforte a Bruxelles) hanno paura che ai cittadini venga permesso di votare, per scegliere se restare ancora in questa Europa o se scappare verso la perduta sovranità.

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