venerdì 21 giugno 2019

Le cene pre-conclave di Bergoglio con Tornielli & Co.




Le cene pre-conclave di Bergoglio con Tornielli & Co.



Dal libro di O’Connell sul “team Bergoglio” al pre conclave emerge che nei giorni convulsi che portarono all’elezione di Francesco un ruolo lo avrebbe avuto anche un laico che oggi riveste una posizione di estrema importanza in Vaticano: Andrea Tornielli, oggi responsabile della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione, incontrò due volte durante i sui primi giorni romani colui che sarebbe divenuto papa Francesco.


di Nico Spuntoni (15-04-2019)

È uscito negli Stati Uniti The Election of Pope Francis: An Inside Account of the Conclave That Changed History. Il testo, scritto dal vaticanista di America Gerard O’Connell, ha l’ambizione di fare una sorta di cronaca di quanto sarebbe avvenuto nei giorni che separarono l’annuncio della rinuncia di Benedetto XVI dalla salita al soglio pontificio di papa Francesco. Abbiamo visto ieri come nell’opera, accanto al riepilogo delle preferenze riscosse nelle votazioni, venga offerta una ricostruzione del lavoro che avrebbero svolto “dietro le quinte” una serie di cardinali, elettori e non, per “sponsorizzare” la candidatura del profilo ritenuto più adeguato.

Gerard O’Connell confermerebbe l’esistenza di quel “team Bergoglio” di cui aveva parlato Austen Ivereigh nella biografia Tempo di misericordia. Animatori di questo “team” che operò, secondo quanto scritto da questi due autori, a sostegno della candidatura dell’argentino ma senza il suo esplicito consenso, sarebbero stati alcuni cardinali definiti kingmakers e fra i quali spicca il nome del britannico Murphy-O’Connor. Questi kingmakers sarebbero stati protagonisti di incontri privati per convincere altri cardinali dell’affidabilità di quella candidatura ed avrebbero anche fugato i dubbi sorti tra alcuni membri del Collegio sulla figura del futuro pontefice. Tornielli e Bergoglio.


Ma dal libro di O’Connell sembrerebbe emergere che nei giorni convulsi che portarono all’elezione di Bergoglio un ruolo lo avrebbe avuto anche un laico che oggi riveste una posizione di estrema importanza in Vaticano: Andrea Tornielli, all’epoca coordinatore di Vatican Insider ed oggi responsabile della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione, incontrò colui che sarebbe divenuto papa Francesco durante il suo primo giorno romano. Il giornalista e l’arcivescovo di Buenos Aires trascorsero una serata insieme a cena in compagnia di Gianni Valente, altro vaticanista di fama. Secondo quanto scrive O’Connell nel suo libro, gli stessi commensali si sarebbero rivisti il 10 marzo per un’altra cena. Non a caso, Gianni Valente (marito di Stefania Falasca, altra giornalista molto in sintonia con l’attuale pontificato) ricevette una chiamata al telefono di casa dal neoeletto Francesco proprio la sera del 13 marzo.

Il pontefice regnante frequentava la casa romana della famiglia Valente già da anni: Gianni lo aveva intervistato nel 2002 a Buenos Aires e in quell’occasione nacque una solida amicizia protrattasi negli anni. Anche Tornielli poteva vantare un legame consuetudinario con l’allora cardinale Bergoglio, il quale gli aveva concesso solo pochi mesi prima un’intervista in cui presentava la sua idea di Chiesa ed anticipava alcuni temi e determinati toni che avrebbe poi utilizzato più volte negli anni del suo pontificato: sulla percezione della Curia romana dall’esterno, ad esempio, disse che “i giornalisti a volte corrono il rischio di ammalarsi di coprofilia e così fomentare la coprofagia; che è poi il peccato che segna tutti gli uomini e le donne, cioè quello di guardare sempre alle cose cattive e non a quelle buone”.

Bergoglio, inoltre, dissertando della funzione del cardinalato si scagliò contro la “vanità autoreferenziale” intesa come “atteggiamento della mondanità spirituale, che è il peccato peggiore nella Chiesa” e che si manifesta con la ricerca di avanzamenti e con il carrierismo. Un pensiero riproposto poi numerose volte dopo la sua elezione in tanti discorsi ed omelie dedicati a denunciare i risvolti negativi del “clericalismo”. Com’è noto, dunque, l’attuale responsabile della Direzione Editoriale del Dicastero per la Comunicazione conosceva molto bene il futuro Francesco e fu l’unico vaticanista a considerarlo “in pista” per succedere a Benedetto XVI dopo la storica rinuncia di quest’ultimo.

Roma 7 Marzo 2009 – Il Cardinal Jorge Mario Bergoglio con Giulio Andreotti

La cena di Bergoglio a casa della famiglia Valente nei giorni precedenti al Conclave del 2013 era divenuta di dominio pubblico già all’indomani dell’avvenuta elezione; il libro di O’Connell ha rivelato, ora, la presenza di Andrea Tornielli e un’altra occasione conviviale in cui sarebbero stati presenti tutti e tre sempre in quei giorni di marzo 2013. A portarli dietro la stessa tavola, probabilmente, un’amicizia nata grazie alla collaborazione comune con la rivista 30Giorni per la quale scrivevano sia Tornielli che Valente e che ospitò interviste ed interventi anche dell’allora cardinale Bergoglio. Fu Giulio Andreotti, all’epoca direttore del periodico, il talent scout che, dopo averlo conosciuto ad una messa da lui celebrata nella chiesa di San Lorenzo fuori le Mura, volle fortemente “arruolare” il futuro papa Francesco tra le “penne” di 30Giorni, unica rivista che a tutt’oggi può vantare la collaborazione di ben due pontefici: Ratzinger e Bergoglio.


FRANCESCO: UN'ELEZIONE PREPARATA DA ANNI
Questa notizia non meraviglia affatto, noi stessi abbiamo scritto più volte che l'elezione di Mario Bergoglio poteva essere solo preparata, sia per l'indole dei prelati della neo-Chiesa abortita dal Vaticano II, sia per l'evidente caratura deprimente del personaggio scelto ad occupare il Soglio di Pietro. 
Tutto questo era a perfetta conoscenza dell'emerito Cardinale Ratzinger, che pensò bene di farsi indietro per permettere che si realizzassero i disegni dei prelati modernisti e affossatori della Chiesa cattolica. Seppure si volesse sostenere che questi stessi prelati abbiano brigato in tutti i modi per farlo “dimettere”, resta il fatto che Ratzinger sapeva benissimo cosa si stava preparando, e al bene della Chiesa, semmai lo avesse preso in considerazione, preferì il proprio bene personale.

Tosatti fa riferimento ad un articolo apparso sul sito del giornale belga Le Vif , che qui riportiamo in calce.

Articolo di Marco Tosatti
24/09/2015


L’elezione di Jorge Bergoglio è stato il frutto delle riunioni segrete che cardinali e vescovi, organizzati da Carlo Maria Martini, hanno tenuto per anni a San Gallo, in Svizzera. E’ quanto sostengono Jürgen Mettepenningen et Karim Schelkens, autori di una biografia appena pubblicata del cardinale belga Godfried Danneels. Che chiama il gruppo di cardinali e vescovi un “Mafiaclub”.

Danneels secondo gli autori, avrebbe lavorato per anni a preparare l’elezione di papa Francesco, avvenuta nel 2013. Egli stesso d’altronde, in un video registrato durante la presentazione del libro a Bruxelles ammette di aver fatto parte di un club segreto di cardinali che si opponevano a Joseph Ratzinger. Ridendo, lo definisce “un club mafia e portava il nome di San Gallo”. 
Il gruppo voleva una drastica riforma della Chiesa, molto più moderna e attuale, con Jorge Bergoglio Papa Francesco alla testa. Come poi è accaduto. Oltre a Danneels e Martini, del gruppo secondo il libro facevano parte il vescovo olandese Adriaan Van Luyn, i cardinali tedeschi Walter Kasper e Karl Lehman, il cardinale italiano Achille Silvestrini e quello britannico Basil Hume, oltre ad altri. 
Scrive il giornale belga “Le Vif”: “Il 13 marzo 2013 una vecchia conoscenza era al fianco del nuovo papa Francesco: Godfried Danneels. Ufficialmente, era là in quanto decano dei cardinali-preti, ma in realtà ha operato per degli anni come creatore di re discreto”. 

Danneels è stato invitato di nuovo da papa Francesco al Sinodo sulla Famiglia che si svolgerà in ottobre (2015) a Roma. La sua figura è stata però molto criticata. Ha cercato di dissuadere una vittima di abusi sessuali dal denunciare l’autore, un vescovo (zio della vittima), e per questo motivo all’epoca del Conclave 2013 in Belgio c’era chi chiedeva che non fosse ammesso a eleggere il nuovo Papa. 
Inoltre le sue posizioni sul matrimonio omosessuale e sull’aborto (secondo la rivelazione di due parlamentari avrebbe scritto al re del Belgio esortandolo a firmare la legge che lo consentiva) non sembrano in sintonia con il Magistero della Chiesa. E anche con quello che papa Francesco afferma. 

Godfried Danneels ha lavorato per anni
all’elezione di Papa Francesco



Gli storici della Chiesa, Jürgen Mettepenningen e Karim Schelkens, hanno appena pubblicato una biografia del Cardinale Godfried Danneels, nella quale l’arcivescovo appare come un difensore della Chiesa moderna. Egli avrebbe anche lavorato per anni all’elezione di Papa Francesco.

L’Arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, opposto al crescente potere di Ratzinger e della sua cricca in Vaticano, a partire dal 1996 incominciò ad organizzare delle riunioni “segrete” di vescovi e di cardinali a San Gallo in Svizzera. Questi incontri erano vagamente a conoscenza di certi specialisti, ma solo in questa biografia di Jürgen Mettepenningen e Karim Schelkens sono presenti dei resoconti dettagliati delle attività del “gruppo di San Gallo”.
Nel 1999 Danneels si unì al gruppo, del quale facevano già parte il vescovo olandese Adriaan Van Luyn, i cardinali tedeschi Walter Kasper e Karl Lehman, l’inglese Basil Hume e l’italiano Achille Silvestrini. Per Danneels e gli altri si trattava di “vacanze spirituali”, una forma di consolazione e di mutuo sostegno in un periodo buio.

Il Vaticano inviò il sinistro Cardinale Camillo Ruini per sondare di cosa si trattasse, ma questi fece fiasco. Contemporaneamente il “gruppo di San Gallo” cercava di influenzare i comportamenti del Vaticano. La domanda che ci si poneva in modo sempre più pressante era: “Che succederà dopo Giovanni Paolo II? Come evitare che Ratzinger diventi papa?”

Al momento del conclave del 2005, Ratzinger si dimostrò molto forte. Danneels e gli altri membri del “gruppo San Gallo” riuscirono a malapena a nascondere la loro delusione e attribuirono alla stanchezza la loro mancanza di entusiasmo. Tuttavia, la loro analisi fondamentale circa la necessità che si rinnovasse l’apparato del Vaticano e che il messaggio della Chiesa dovesse essere molto più ottimista, si dimostrò premonitore. Il pontificato di Ratzinger fu una catastrofe e la Chiesa soffrì per le storie di costume e di corruzione.
Danneels fu anche coinvolto negli scandali: venne indotto dal vescovo di Bruges, Roger Vangheluwe, a passare gli alimenti alla famiglia del nipote, col quale aveva avuto una “piccola relazione”, e fu sospettato nell’“Operazione Calice”.

Tuttavia, l’elezione di Mario Bergoglio mise fine a questo periodo buio. “L’elezione di Bergoglio venne preparata a San Gallo, su questo non c’è alcun dubbio; e le grandi linee del suo programma sono quelle di cui discutevano Danneels e i suoi confratelli da più di dieci anni” scrive Schelkens.

D’altronde, il 13 marzo 2013 [giorno dell’elezione di Mario Bergoglio], al fianco del nuovo Papa Francesco, era presente una vecchia conoscenza: Godfried Danneels. Ufficialmente in quanto decano dei cardinali-preti, ma in realtà perché aveva lavorato per anni come procuratore discreto di un papa capace di dare un avvenire alla “sua” chiesa.


Fonti:

Il treno dell’Amazzonia è partito. Prossima fermata la Germania









L’asse tra il papa argentino e la Germania non caratterizza soltanto questo sinodo dell’Amazzonia. Ha anche un prima e un dopo.

di Sandro Magister (20-06-2019)

Da lunedì 17 giugno il sinodo dell’Amazzonia convocato a Roma per il prossimo mese di ottobre ha il suo Instrumentum laboris, il documento base su cui discutere.

Occupa 59 pagine fitte, ma bastano queste poche righe del suo paragrafo 129 per capire dove papa Francesco vuole arrivare:

“Affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana”.

L’ultima volta in cui il papa aveva prospettato questo traguardo era stato nella conferenza stampa sull’aereo di ritorno da Panama, il 27 gennaio 2019, quando alla domanda: “Permetterà a degli uomini sposati di diventare preti?”, rispose dapprima ripetendo con Paolo VI: “Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato”, ma subito dopo ammettendo una possibilità del genere “nelle località più remote” come nelle “isole del Pacifico” e “forse” in Amazzonia e “in tanti posti”.


E finì col raccomandare la lettura di un libro del vescovo Fritz Lobinger (nella foto sopra) che lancia tra l’altro l’idea – a detta di Francesco “interessante” – di ordinare questi uomini sposati accordando loro il solo “munus”, il compito, di amministrare i sacramenti, non anche quelli di insegnare e governare, come avviene invece da sempre in ogni sacra ordinazione.

Lobinger, 90 anni, è stato vescovo di Aliwal, in Sudafrica, dal 1988 al 2004. Ma è nato e cresciuto in Germania, dove vive tuttora. E non è il primo vescovo o teologo tedesco sul quale Jorge Mario Bergoglio ha fatto leva in questi ultimi anni per accrescere l’attenzione e il consenso all’ordinazione al sacerdozio di uomini sposati, con l’Amazzonia come terreno d’avvio.


Prima di lui si possono citare il teologo e maestro spirituale Wunibald Müller (nella foto sopra), con il quale Francesco ebbe nel 2015 uno scambio di lettere proprio su questo argomento, poi reso pubblico dallo stesso Müller.

Ma soprattutto va ricordato il vescovo emerito della prelatura brasiliana di Xingu, Erwin Kräutler, 80 anni, austriaco, membro del consiglio preparatorio del sinodo dell’Amazzonia, che in ripetuti incontri col papa ha sempre avuto da lui caldi incoraggiamenti a battersi per questo risultato, ora anche come membro del consiglio preparatorio del sinodo.


Per non dire del cardinale Cláudio Hummes (nella foto sopra), 85 anni, brasiliano ma di famiglia tedesca, anche lui da anni aperto sostenitore dell’ordinazione di uomini sposati, presidente della rete ecclesiale panamazzonica che riunisce 25 cardinali e vescovi dei paesi di quell’area, e voluto dal papa come relatore generale del sinodo.

Il tutto con l’immancabile benedizione del più amato da Bergoglio tra i cardinali e teologi tedeschi, Walter Kasper, 86 anni, il quale in una recente intervista al quotidiano Frankfurter Rundschau ha detto che Francesco aspetta solo di mettere la sua firma a una decisione del sinodo favorevole all’ordinazione di uomini sposati.

L’asse tra il papa argentino e la Germania non caratterizza, però, soltanto questo sinodo dell’Amazzonia. Ha anche un prima e un dopo.

Il “prima” è stato la genesi del doppio sinodo sulla famiglia.

Quando Bergoglio, eletto papa da meno di un anno, affidò al cardinale Kasper la relazione introduttiva del concistoro del febbraio 2014 e Kasper vi sostenne proprio la concessione della comunione eucaristica ai divorziati-risposati, il destino del sinodo sulla famiglia era già scritto.

Quel sinodo, nelle sue due sessioni del 2014 e del 2015, si spaccò verticalmente su quella questione, ma Francesco decise comunque, d’autorità, di arrivare al traguardo prefissato, sia pure nella forma ambigua di una nota a piè di pagina dell’esortazione post-sinodale Amoris laetitia.

E da allora qualsiasi vescovo del mondo può autorizzare, nella sua diocesi, quella comunione ai divorziati risposati per la quale si erano battuti per primi, negli anni Novanta, proprio alcuni vescovi di Germania con Kasper in testa, contrastati con fermezza, allora, da papa Giovanni Paolo II e dal cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della congregazione per la dottrina della fede.

Dopo il doppio sinodo sulla famiglia ci fu in Vaticano un intermezzo, anche questo con profumo di Germania, o più precisamente di quella città della Svizzera tedesca di nome Sankt Gallen, sede di incontri, prima e dopo il 2000, di quel club di cardinali progressisti – futuri grandi elettori di Bergoglio al papato – che aveva nei tedeschi Karl Lehmann e Kasper e nell’italiano e gesuita Carlo Maria Martini suoi esponenti di spicco.

Si trattava di decidere l’argomento del sinodo successivo e sull’agenda di papa Francesco c’era in cima proprio la questione dell’ordinazione di uomini sposati.

Cioè un altro di quei “temi nodali” che il cardinale Martini aveva proposto di affrontare in una serie di sinodi concatenati, nel memorabile suo intervento al sinodo del 1999 in cui così li elencava: “La carenza di ministri ordinati, il ruolo della donna nella società e nella Chiesa, la disciplina del matrimonio, la visione cattolica della sessualità…”.

Bergoglio scelse però di prendere tempo e assegnò al sinodo in programma nell’ottobre del 2018 il tema dei giovani, col sottinteso di discutervi, eventualmente, “la visione cattolica della sessualità”, omosessualità compresa.

Poi questo sottinteso non prese corpo, per una decisione prudenziale dello stesso Bergoglio in corso d’opera, e il sinodo sui giovani finì con l’essere uno dei più noiosi e inutili della storia.

C’era però in programma per il 2019 anche il sinodo speciale dell’Amazzonia. E qui l’agenda di Martini è stata ripresa in pieno, non solo con l’ordinazione degli uomini sposati praticamente decisa prima ancora che il sinodo abbia inizio, ma persino con un auspicio enigmatico, sempre nel paragrafo 129 dell’Instrumentum laboris, a “identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne”, che non sarà il “diaconato femminile”, rinviato da papa Francesco a “ulteriore approfondimento”, ma un “ministero”dovrebbe pur essere, forse sacramentale.

Ma non è finita. Perché il sinodo dell’Amazzonia avrà anche un “dopo”. E lo avrà proprio in Germania.

Lo scorso marzo la conferenza episcopale tedesca, riunita in assemblea plenaria a Lingen, ha messo in cantiere un sinodo nazionale con tre “forum” preparatori sui seguenti temi:
Potere, partecipazione, separazione dei poteri, presieduto dal vescovo di Spira Karl Heinz Wiesemann;
Morale sessuale, presieduto dal vescovo di Osnabrück Franz Josef Bode;
Forma di vita presbiterale, presieduto dal vescovo di Münster Felix Genn.

Si è di nuovo in piena agenda Martini e nelle relazioni introduttive dell’assemblea plenaria di Lingen si è detto apertis verbis che si vuole arrivare sia a legittimare gli atti omosessuali (obiettivo incompiuto del sinodo sui giovani), sia a introdurre l’ordinazione di uomini sposati anche in Germania (quindi non più solo nelle remote periferie della Chiesa come l’Amazzonia).

Si è anche insistito perché per tali decisioni basti un voto a maggioranza, senza che una minoranza possa bloccarne l’entrata in vigore e senza che sia necessario un via libera da parte della Chiesa cattolica nel suo insieme.

Tutto fa capire che Francesco non abbia sollevato obiezioni a questo esplosivo programma della Chiesa di Germania. Che è una delle Chiese più disastrate del mondo, con tutti gli indicatori a picco tranne quello della ricchezza in denaro. Eppure promossa da Bergoglio a faro del suo pontificato.

L’Iran abbatte un drone strategico americano – E’ pronto alla guerra – “Massima pressione” su Trump



Nelle prime ore di oggi, la difesa aerea iraniana ha abbattuto un drone da ricognizione ad alte prestazioni degli Stati Uniti:

DUBAI (Reuters) – Le Guardie Rivoluzionarie d’élite Iraniane hanno abbattuto un drone “spia” degli Stati Uniti nella provincia meridionale di Hormozgan, nel Golfo Persico, riportava oggi il notiziario web delle Guardie, Sepah News.

L’agenzia di stampa statale IRNA ha pubblicato lo stesso rapporto, identificando il drone come un RQ-4 Global Hawk.

“E’ stato abbattuto appena entrato nello spazio aereo iraniano, vicino al distretto di Kouhmobarak, nel sud,” ha aggiunto il sito web delle Guardie.


Una dichiarazione successiva dell’IRGC ha descritto l’incidente:

L’UAV americano era decollato da una base americana nel sud del Golfo Persico alle 00:14 di oggi e, contrariamente alla normativa aviatoria, aveva spento tutti i suoi apparati di riconoscimento e si era diretto dallo stretto di Hormuz a Chabahar in totale segretezza.

L’aereo senza pilota, mentre tornava nell’ovest della regione, verso lo stretto di Hormuz, aveva violato l’integrità territoriale della Repubblica Islamica dell’Iran e aveva iniziato a raccogliere informazioni e a spiare.



Alle 4:55, quando l’UAV aggressore è entrato nel territorio del nostro paese, è stato preso di mira dall’aeronautica dell’IRGC ed è stato abbattuto.

Gli Stati Uniti affermano che il drone era un Triton MQ-4C, la variante della Marina del tipoGlobal Hawk, specializzato in pattugliamento marittimo ad ampio raggio [Broad Area Maritime Surveillance] (BAMS). Secondo la versione fornita dagli Stati Uniti, il drone si sarebbe trovato nello spazio aereo internazionale al momento dell’abbattimento da parte della Guardie Rivoluzionarie Iraniane.

(È interessante notare che nessun MQ-4C avrebbe dovuto trovarsi in Medio Oriente e che la sua dislocazione avrebbe dovuto rimanere segreta. Aggiornamento: questo drone specifico sembra essere arrivato in Qatar solo cinque giorni fa. Ulteriori dettagli vengono discussi qui.)

Un drone del tipo Global Hawk

L’incidente è un’altra prova che la campagna di “massima pressione” di Trump contro l’Iran ora si è rivoltata contro di lui.

Secondo quanto riferito, Trump avrebbe detto al suo staff di smetterla di parlare di guerra all’Iran:

Due alti funzionari ed altre tre persone con conoscenza diretta della strategia dell’amministrazione nella regione hanno riferito a The Daily Beast che il presidente ha chiesto ai funzionari di abbassare i toni della loro infuocata retorica sull’Iran …

Trump non vuole aprire un conflitto militare con l’Iran. Sta già conducendo una brutale guerra economica contro l’Iran e il paese sta rispondendo. Trump vuole negoziati con l’Iran senza però liberarlo dalle sanzioni. L’Iran respinge una proposta del genere.

Non importa più che cosa vuole Trump. L’Iran, a questo punto, ha il controllo dell’escalation. Può causare una miriade di incidenti che costringerebbero Trump a reagire. [Trump] potrebbe passare alla guerra calda, e quindi rischiare le sue possibilità di rielezione, oppure ridurre le sanzioni che danneggiano il popolo iraniano. Se non farà neanche questo, seguiranno ancora punture di spillo, che, col tempo, diventeranno sempre più dolorose.

Abas Aslani @AbasAslani – 7:29 UTC · 20 Jun 2019

#Iran’s #IRGC commander Salami: abbattere il drone statunitense è stato un messaggio forte e chiaro, p.e. che reagiremo con forza contro ogni attacco al paese. I confini sono la nostra linea rossa. Non siamo in guerra con nessun paese, ma siamo pronti per la guerra. Il messaggio dell’incidente di oggi è stato chiaro.

La perdita del drone Global Hawk è significativa. Questi enormi velivoli, con un’apertura alare maggiore di quella di un Boeing 737, sono considerati risorse strategiche. Sono stati costruiti per sostituire i famigerati aerei spia U-2. Dispongono di sensori top secret e costano oltre 120 milioni di dollari l’uno.


Questa perdita può certamente essere attribuita all’Iran. Ma per incolpare di questo l’Iran, gli Stati Uniti dovranno dimostrare che il loro drone non era penetrato nello spazio aereo iraniano.

I droni statunitensi avevano già violato in precedenza lo spazio aereo sovrano dell’Iran. Nel 2011, l’Iran aveva acquisito un drone RQ-170 partito dall’Afghanistan manipolandone i segnali radio di controllo. Nel 2012 l’Iran aveva abbattuto un altro drone statunitense, un Boeing Scan Eagle, che era penetrato dal Golfo Persico. Molti altri droni statunitensi sono stati abbattuti sul territorio iraniano:

Nel gennaio [2011], l’Iran aveva dichiarato di aver abbattuto due droni convenzionali (non stealth) e, a luglio, l’Iran aveva mostrato agli esperti russi diversi droni statunitensi, tra cui uno che stava sorvegliando l’impianto sotterraneo di arricchimento dell’uranio di Fordo, vicino alla città santa di Qom.
Il Segretario alla Difesa, Leon Panetta, aveva dichiarato a Fox News il 13 dicembre che gli Stati Uniti avrebbero “assolutamente” continuato ad operare droni sull’Iran, alla ricerca di prove di possibili sviluppi sulle armi nucleari. Ma la posta in gioco per una tale sorveglianza si è fatta più alta, ora che l’Iran può, apparentemente, interferire con l’operato dei droni statunitensi.

I gatti persiani sono ben addestrati alle misure anti-drone.


Come reagirà Trump a questo incidente? Il Presidente John Bolton chiederà un’azione militare contro l’Iran come ritorsione per l’abbattimento. Sicuramente farà anche pressioni per inviare più truppe in Medio Oriente.

Trump può ancora minimizzare l’incidente, come ha fatto recentemente con l’attacco alle petroliere, che aveva definito “di entità molto limitata” [very minor]. Ma i falchi della guerra nei media, nel Congresso e in Iran, eserciteranno ancora più pressioni su di lui. Seguiranno sicuramente altri incidenti.

Trump ha una via d’uscita. Potrebbe emanare deroghe alle sanzioni, per consentire a Cina, Giappone, Corea del Sud, India e ad altri di importare nuovamente il petrolio iraniano. Eliminerebbe il “massimo” da questa sua ormai fallita campagna di “massima pressione” e potrebbe essere un modo per fare un passo avanti verso i negoziati.

Moon of Alabama

Macron messo a gestire la fine dell’euro ma non del pauperismo


Era irrealistico credere che il sistema bancario francese lasciasse gestire la fine, più o meno prossima, dell’euro a Marine Le Pen. Come pure era irrealistico ritenere che, una volta che il sistema bancario francese avesse confezionato un candidato, non lo conducesse poi alla vittoria con largo margine tramite qualsiasi mezzo. Questi “mezzi” potrebbero rimanere per sempre segreto di Stato, anche se in epoca di software informatici non ci vuole un grande sforzo di immaginazione. Il “sovranismo” sconta quindi il suo vizio di origine, cioè quello di non essersi confrontato con il potere suggestivo e illusionistico del denaro. Il “sovranismo” ha puntato sul movimento delle opinioni pubbliche, senza tener conto del fatto che è il denaro a creare l’opinione pubblica, convincendola magari di aver votato come non ha votato.

Dall’osservatorio italiano questa saldatura tra banche ed apparati dello Stato non può essere del tutto percepibile, perché in Italia il sistema bancario non ha un potere interno ed internazionale paragonabile a quello del sistema bancario britannico, tedesco o francese. Del resto l’Italia è stata per oltre un quarantennio una potenza manifatturiera, ma non è più stata una potenza finanziaria almeno dai tempi dei Medici.
A differenza delle banche italiane, avvolte nel coro del colpanostrismo e prone all’idolo Draghi, le banche francesi hanno aperto un contenzioso giudiziario con la Banca Centrale Europea per contestarne i parametri di solvibilità e di “sofferenza”. La sfida delle banche francesi alla BCE indica chiaramente che sono pronte a cannibalizzare il patrimonio bancario altrui, ma non a farsi cannibalizzare a propria volta.

Che in Francia un “banchiere” venisse chiamato a gestire la fine dell’euro, era quindi scontato. Molte delle sbracate aperture di Macron alla Germania, come pure la rispolverata dell’asse franco-tedesco, appaiono quindi come tattica diplomatica, probabilmente mirata a scaricare interamente sulla controparte il fallimento della trattativa. I media nostrani hanno celebrato il presunto nuovo feeling tra la Merkel e Macron, fantasticando su un rilancio dell’Unione Europea e rinfocolando gli entusiasmi europeistici, peraltro presto spenti dalla nuova procedura d’infrazione che la Commissione Europea ha avviato contro l’Italia per le emissioni illegali dei veicoli FIAT in base al consueto criterio dei due pesi e due misure.

Di fatto la cancelliera non ha concesso nulla alla Francia; ed è molto dubbio che i mandanti di Macron queste concessioni se le aspettassero davvero. La finanza francese deve avviare una fittizia trattativa con Berlino per far dimenticare la diretta responsabilità francese sia nella nascita dell’euro che nel massacro della Grecia, facendo apparire la Germania come l’unica colpevole dell’euro-disastro. Cosa che non dovrebbe risultare difficile, poiché storicamente i tedeschi sono specialisti nell’arte di addossarsi tutte le colpe. La Francia ha più urgenza dell’Italia a chiudere i conti con l’euro e, a differenza dell’Italia, ha ancora gli strumenti per farlo.

Il problema è che la fine dell’euro non comporta affatto la dismissione delle politiche di austerità, cioè di pauperizzazione, poiché queste sono funzionali alla finanziarizzazione dei rapporti sociali.

La stessa confezione di Macron contiene una chiara indicazione in tal senso.
Macron ha tutte le caratteristiche del candidato artificiale e costruito a tavolino: ha l’aspetto di un attore, somiglia vagamente al Daniel Auteuil di una ventina di anni fa e può vantare anche una biografia trasgressiva ad uso del gossip più progressista. Persino la presenza nel suo curriculum di un’esperienza come dirigente in una delle banche Rothschild potrebbe essere soltanto un fittizio elemento di lustro nella costruzione del personaggio. Ma se i Rothschild non sono stati davvero in passato i datori di lavoro di Macron, lo sono comunque ora, dato che hanno concorso a piazzarlo all’Eliseo.

I Rothschild costituiscono un cancro con molte metastasi, quindi esistono più gruppi bancari europei che possono essere fatti risalire ai vari rami di questa famigerata famiglia. Sta di fatto che questa esclusiva dinastia finanziaria non disdegna affatto di impegnarsi in un business solo apparentemente “povero”, ma in realtà ricco di prospettive di profitto, come la microfinanza, cioè il microcredito a famiglie e piccole imprese, con iniziative come il St. Honoré Microfinance Fund. Ciò significa che la pletora di ONG dedite al microcredito ai poveri ha alle spalle i gruppi bancari più potenti.

Molti commentatori hanno sottolineato che le ultime elezioni francesi hanno spazzato via il sistema politico tradizionale, sia di destra che di sinistra, quel sistema dedito alla redistribuzione sociale attraverso clientele e welfare. Ciò significa che si prospetta un modello di società in cui il microcredito va a svolgere sia la funzione di business che di strumento di controllo sociale. La caduta tendenziale del saggio di profitto c’entra solo sino ad un certo punto in questa finanziarizzazione dei rapporti sociali.

La realtà è che il capitalismo, non appena cessata la minaccia del comunismo, ha potuto ritornare alla sua vocazione originaria del business della povertà; un business già teorizzato da un filosofo vissuto a cavallo del XVII e del XVIII secolo, Bernard de Mandeville.

Macron: ho paura, i francesi voterebbero per uscire dall’Ue



MACRON VUOLE FARE LA VOCE GROSSA SULLE PROSSIME NOMINE ALLA COMMISSIONE EUROPEA E ALLA BCE PER SCONGIURARE L'USCITA DELLA FRANCIA DALL'UE. SI DICE MACRON, SI LEGGE ROTHSCHILD..... 


In un’intervista shock, Macron ammette che la Francia voterebbe per l’uscita dalla Ue, se si tenesse un referendum. In un’intervista alla “Bbc”, il capo dell’Eliseo afferma a sorpresa che un equivalente francese della Brexit avrebbe «probabilmente» condotto allo stesso esito: l’uscita dall’Unione Europea. «La dichiarazione del leader francese suona particolarmente insolita in un momento in cui gli alfieri dell’establishment cercano di rassicurare che c’è “ripresa” e che i “populisti” sono in ritirata», scrive Henry Tougha su “Voci dall’Estero”. «Ma suona insolita anche per la spiegazione esatta e puntuale del problema: l’ipotetico voto per l’uscita dalla Uesarebbe l’espressione delle classi medie e delle classi lavoratrici che si oppongono a una globalizzazione fatta contro di loro». Quando lo scorso anno Marine Le Pen perse le elezionipresidenziali francesi, ed Emmanuel Macron vinse con ciò che sembrò una valanga di voti, l’establishment tirò un sospiro di sollievo, «non solo perché la celebre euroscettica populista era stata battuta, ma anche perché sembrò che il vento fosse cambiato», scrive “Zero Hedge”. Perciò, dopo un 2016 tumultuoso, il 2017 iniziò con un bel colpo a favore degli eurocrati non-eletti di Bruxelles. «Dopotutto la gente si era espressa e aveva detto di volere più Europa (e più euro), non meno». E invece non è vero, dice oggi Macron: i problemi restano, e anche i francesi “scapperebbero” da Bruxelles.

Il presidente francese, scrive “Zero Hedge” in un post ripreso da “Voci dall’Estero”, ha scioccato tutti in Europa quando ha ammesso che gli elettori francesi voterebbero per uscire dalla Ue se in Francia si tenesse un referendum del tipo “dentro o fuori” sull’appartenenza al blocco di paesi guidati da Bruxelles. «Non sorprende che nessun altro paese Ue abbia messo a rischio la propria appartenenza al blocco tramite un voto pubblico, dopo che la Gran Bretagna ha sorpreso gli altri paesi membri con un voto per l’uscita nel 2016, a dispetto di tutti i sondaggi che mostravano come un esito del genere fosse praticamente impossibile». Durante un’intervista con il giornalista Andrew Marr della “Bbc”, Emmanuel Macron ha ammesso che potrebbe perdere un eventuale referendum francese sull’appartenenza alla Ue. Interpellato sul voto della Brexit, il presidente ha candidamente detto a Marr: «Non sono io a dover giudicare o commentare le decisioni del vostro popolo». Ma, ha aggiunto, «la mia interpretazione è che ci siano molti sconfitti della globalizzazione che hanno improvvisamente deciso che quest’ultima non fa più per loro». Quindi, se la Francia avesse indetto lo stesso referendum, avrebbe avuto lo stesso risultato? «Sì, probabilmente», ha ammesso Macron. «Sì, in un contesto simile».

Certo, ha precisato Macron, «abbiamo un contesto molto diverso, in Francia». Ma attenzione: Londra ha divorziato dall’Ue pur non avendo il capestro finanziario dell’euro, né gli stessi vincoli di bilancio della Francia. Quindi, confessa Macron, «avrei dovuto combattere molto duramente per averla vinta», la battaglia per mantenere la Francia nel perimetro di Bruxelles. Spiegazione: «La mia idea è che le classi medie, le classi lavoratrici e i più anziani hanno deciso che ciò che è successo negli ultimi decenni non è andato a loro favore, e che gli aggiustamenti fatti all’interno della Ue non erano a loro favore». Ancora: «Penso che l’organizzazione della Ue sia andata troppo oltre con la libertà ma senza coesione, con la libertà dei mercati ma senza regole». Frasi pesantissime, pronunciate da un ex banchiere del gruppo Rothschild nonché pupillo della supermassoneria eurocratica più reazionaria, incarnata da Jacques Attali. Libertà d’azione illimitata solo per i capitali finanziari, e “carcere duro” per la finanza pubblica, costretta al suicidio dei tagli che hanno messo in ginocchio l’economia reale, le aziende, le società. Macron, l’uomo dell’élite, avverte che il pericolo – per loro, gli oligarchi – è tutt’altro che sparito dai radar: i boss che contano (da Parigi a Berlino, da Francoforte a Bruxelles) hanno paura che ai cittadini venga permesso di votare, per scegliere se restare ancora in questa Europa o se scappare verso la perduta sovranità.

Le rivelazioni della Madonna a Giacinta Marto, veggente di Fatima

ECCO QUANTO LA SANTA MADRE DI DIO RIVELA A GIACINTA MARTO SUI SACERDOTI CHE FANNO POLITICA INVECE DI OCCUPARSI DELLE COSE DI DIO





PROPONIMENTO DI OGGI



Oggi prometto di impegnarmi ad essere sempre sorridente, anche nei momenti difficili, perchè il cristiano non perde mai la speranza e sa di non essere mai solo.

LITURGIA DEL GIORNO


LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
  




 PRIMA LETTURA 

2Cor 11,18.21-30
Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi

Fratelli, dal momento che molti si vantano da un punto di vista umano, mi vanterò anch’io.
In quello in cui qualcuno osa vantarsi – lo dico da stolto – oso vantarmi anch’io. Sono Ebrei? Anch’io! Sono Israeliti? Anch’io! Sono stirpe di Abramo? Anch’io! Sono ministri di Cristo? Sto per dire una pazzia, io lo sono più di loro: molto di più nelle fatiche, molto di più nelle prigionie, infinitamente di più nelle percosse, spesso in pericolo di morte.
Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balìa delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità.
Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?
Se è necessario vantarsi, mi vanterò della mia debolezza.


 SALMO 

Sal 33
Il Signore libera i giusti da tutte le loro angosce.

Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.


 VANGELO 

Mt 6,19-23
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non accumulate per voi tesori sulla terra, dove tarma e ruggine consumano e dove ladri scassìnano e rubano; accumulate invece per voi tesori in cielo, dove né tarma né ruggine consumano e dove ladri non scassìnano e non rubano. Perché, dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore.
La lampada del corpo è l’occhio; perciò, se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà luminoso; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!».

Un vaticanista accusa: “Benedetto XVI ha lasciato perchè minacciato di avvelenamento”

L'OMBRA DELLA MAFIA DI SAN GALLO DIETRO LE DIMISSIONI DI RATZINGER. QUESTO FATTO GRAVE RICHIAMA ALLA MEMORIA L'OSCURA FINE DI PAPA LUCIANI, ANCHE LUI SCOMODO AI PIANI DI DISTRUZIONE DELLA CHIESA?

MAFIA SAN GALLO - 1 PARTE - RIUNIONE MASSONICA PER DISTRUGGERE LA CHIESA?


Bergoglio e la Mafia di S Gallo. (La congiura contro Ratzinger)





La 'mafia' di San Gallo ha dato 5 anni al Papa per distruggere la Chiesa e la Fede Cattolica.



Un noto vaticanista, molto popolare in Messico e in America Latina, ha provato a ricostruire i motivi della rinuncia di Papa Benedetto XVI al soglio petrino. Alberto Villasana, affermato studioso di affari vaticani specie in Messico e nei Paesi del Sud America, nel corso di una lunga intervista ad una tv della Colombia, Teleamiga e in una conferenza stampa tenutasi nel Messico, ha addebitato le dimissioni di Benedetto XVI ad una seria minaccia di avvelenamento e a quella di scisma di massa annunciatogli da cardinali tedeschi.



Dice Villasana che il maggiordomo Paolo Gabriele, accusato e poi condannato come il corvo di Vatileaks, in realtà non trafugò alcun documento. Ma che il vero corvo fu “il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio e personaggio sinistro”. Tra i documenti trafugati vi era una lettera, scritta in tedesco e fatta arrivare a Papa Benedetto XVI, che diceva 
”Entro un anno ti avveleneranno”.


Secondo il vaticanista, questa lettera sarebbe stata fatta pervenire: ” Da un monsignore di Palermo, l’arcivescovo Paolo Romeo”. Dice ancora Villasana: “Il Papa la prese sul serio tanto da fare nominare una commissione di tre cardinali. I tre cardinali il 17 dicembre 2012 gli consegnarono una relazione nella quale si diceva: ” La minaccia è seria, ti ammazzeranno entro un anno”. Ma vi è anche un altro motivo che avrebbe spinto Benedetto XVI alla rinuncia: una minaccia di cardinali tedeschi che annunciavano contro di lui uno scisma di massa. E questa fu una ragione, dice ancora Villasana, ancora più determinante della prima. La vicenda ha tutti i contorni della spy story da prendere certamente con la pinze.

LE CLAMOROSE RIVELAZIONI DI DANNEELS, MORTO A MARZO DI QUEST'ANNO

Dopo più di quattro anni di Papa Francesco Bergoglio, si dice con più frequenza e sempre più apertamente, che la strana situazione odierna del Vaticano assomiglia a niente di meno che a un romanzo di Dan Brown, in cui si intrecciano cospirazioni di eminenti prelati, scandali sessuali e finanziari, e loschi interessi bancari internazionali. Mentre molti si augurano che Papa Francesco ammorbidisca gli insegnamenti e le pratiche tradizionali della Chiesa, è stata data sorprendentemente poca attenzione a un commento di uno dei prelati più importanti e influenti del mondo occidentale, e cioè che Bergoglio è stato eletto dalla “mafia” liberale, un gruppo di vescovi e di cardinali progressisti che per anni ha agito per centrare proprio questo obbiettivo.




Lungi dall’essere un’accusa mossa dai conservatori della Chiesa, il termine è stato usato per la prima volta in un’intervista televisiva 1 nel settembre 2015 dal Cardinal Godfried Danneels, arcivescovo emerito, ma ancora molto influente, di Bruxelles-Mechelen. Danneels ha affermato di aver fatto per anni parte di questo gruppo che si era opposto a papa Benedetto XVI durante tutto il suo pontificato. Il gruppo ha lavorato, egli ha detto, per favorire la formazione di una Chiesa Cattolica “molto più moderna” e per far eleggere papa l’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio. Un esame degli antefatti di queste straordinarie dichiarazioni può dare un’idea della natura dell’attuale politica ecclesiastica, in particolare dei gruppi episcopali europei liberali



La Mafia di San Gallo: cos’è, quando si è formata, per opera di chi e perché 

“Il gruppo di San Gallo è un modo di dire elegante”, ha dichiarato Danneels, gradendo le risate del pubblico dal vivo. “Ma in realtà chiamavamo noi stessi e quel gruppo: ‘la mafia’”. Il cardinale parlava in un programma televisivo belga. Nel breve video caricato su Internet contenente le dichiarazioni di Danneels, una voce fuori dal campo ha sintetizzato la natura del gruppo che “si incontrava ogni anno dal 1996” a San Gallo, in Svizzera, originariamente su invito del vescovo della città, Ivo Fürer, e del famoso Gesuita italiano e accademico, l’arcivescovo di Milano, il cardinale Carlo Maria Martini.

“Insieme hanno organizzato la ‘resistenza’ segreta contro il Cardinale Ratzinger, che a quel tempo era il braccio destro di Giovanni Paolo II” , come capo della Congregazione per la Dottrina della Fede. “Quando papa Giovanni Paolo II è morto nel 2005, il gruppo aveva già spinto alla ribalta l’attuale papa [Francesco]” , anche se questo primo tentativo di mettere Jorge Mario Bergoglio sul soglio è fallito. Quando ha dovuto fare i conti con l’elezione di Ratzinger come Papa Benedetto XVI, “Danneels non ha potuto nascondere la sua delusione” , dice il narratore.

Danneels aveva rilasciato l’intervista per promuovere la sua biografia autorizzata e ha aggiunto che il gruppo San Gallo vantava vescovi e cardinali, “troppi da elencare”. Ma tutti avevano lo stesso obiettivo comune: l’attuazione di un programma “liberale/progressista” in opposizione a Papa Benedetto e all’orientamento di un moderato conservatorismo dottrinale. Sebbene più tardi si sia negato che il gruppo fosse segreto, Danneels aveva detto: “si discuteva molto liberamente; non si faceva mai nessuna relazione di modo che tutti potessero sfogarsi”. Il programma ha intervistato il biografo di Danneels,Jurgen Mettepenningen, il quale ha affermato che nel 2013, con l’abdicazione di Benedetto, “si può dire che grazie alla sua partecipazione a quel gruppo, il cardinale Danneels sia stato uno dei pionieri della scelta di Papa Francesco”.

Gli autori della biografia di Danneels hanno classificato le preoccupazioni del gruppo in “la situazione della Chiesa” , “il primato del Papa” , “la collegialità” e “la successione di Giovanni Paolo II”. Il vaticanista inglese Edward Pentin scrive [nostra traduzione qui] che essi “hanno anche dibattuto del centralismo nella Chiesa, della funzione delle conferenze episcopali, dello sviluppo del sacerdozio, della morale sessuale [e] della nomina dei vescovi”. Uno schema più o meno identico a quello che doveva essere pubblicato per i due Sinodi sulla Famiglia convocati da Papa Francesco nel 2014 e nel 2015.



La biografia autorizzata del cardinale è stata scritta da Mettepenningen insieme a Karim Schelkens. Poiché si tratta di uno dei più influenti prelati cattolici in Europa e di una delle voci più importanti del dominante fronte liberale dell’episcopato europeo, la biografia di Danneels rivestiva un grande interesse pubblico. Affinché non si pensasse che il cardinale stesse scherzando, l’esistenza e gli scopi generali della “mafia” di San Gallo sono stati confermati il giorno successivo da Schelkens in un’intervista a una stazione radio locale di San Gallo.

Pentin ha sintetizzato sulle pagine del National Catholic Register: “Le personalità e le idee teologiche dei membri talvolta differivano, ma una cosa li univa: la loro opposizione all’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Joseph Ratzinger”.


Pentin ha scritto: “Il gruppo voleva una drastica riforma della Chiesa, molto più moderna e aggiornata, con Jorge Bergoglio, Papa Francesco, come capo. Hanno ottenuto quello che volevano”. Pentin ha aggiunto in un articolo successivo che anche se il gruppo di San Gallo ha ufficialmente terminato le sue riunioni nel 2006, non c’è dubbio che la sua influenza sia continuata nel 2013. “Si può asserire con sicurezza che esso ha contribuito a formare una rete che ha spianato la strada, quanto meno favorendolo, al Cardinale Bergoglio nel conclave sette anni dopo”. Nel 2015, Paul Badde scrittore tedesco ed esperto delle questioni concernenti il Vaticano ha confermato tutto ciò, sostenendo di aver ricevuto “informazioni attendibili” che tre giorni dopo la sepoltura del papa Giovanni Paolo II, i cardinali Martini, Lehmann e Kasper dalla Germania,Bačkis dalla Lituania, van Luyn da Paesi Bassi, Danneels da Bruxelles e Murphy O’Connor da Londra “si sono incontrati nella cosiddetta Villa Nazareth a Roma, casa del cardinale Silvestrini, il quale ormai non era più eleggibile; hanno poi discusso in segreto una tattica per evitare l’elezione di Joseph Ratzinger”.


Seguendo le rivelazioni di Danneels, dalla diocesi di San Gallo è saltata fuori una lettera piuttosto confusa che ha parzialmente ritrattato l’affermazione secondo cui il gruppo avrebbe influenzato l’abdicazione di Papa Benedetto. La lettera ha confermato che l’elezione di Jorge Bergoglio come Papa Francesco nel 2013 “corrispondeva all’obiettivo perseguito a San Gallo”, rilevando che queste informazioni provenivano dalla biografia del cardinale Danneels. “Questo è confermato dal vescovo Ivo Fürer”, continuava la lettera, il quale ha dichiarato che la sua “gioia per la scelta dell’Argentino non è mai stata un segreto”…


Don Giorgio De Capitani: “Papa Francesco è fumoso e ingannevole”


DON GIORGIO DE CAPITANI, IL PRETE CHE INSULTA SALVINI, ORA SE LA PRENDE PURE CON IL PAPA. CI CHIEDIAMO COSA PENSINO I FEDELI DELLA SUA PARROCCHIA. HANNO ALTRO DA FARE CHE PRENDERE POSIZIONE DIMOSTRANDOSI VERI CATTOLICI? E' TEMPO DI PRENDERE POSIZIONI DECISE DI FRONTE ALLO SMANTELLAMENTO DELLA FEDE CATTOLICA!

Da Don Giorgio De Capitani riceviamo e pubblichiamo.

Da parte dei mass media, di destra, di centro e di sinistra, in particolare quelli italiani, c’è una generale e supina adulazione nei riguardi di “questo” Papa. Anche i telegiornali fanno coro. Difficilmente leggo una critica. Ogni pretesto è buono (anche l’ovvietà più ovvia) per presentarlo come il Papa aperto, rivoluzionario, anticonformista, vicino alla gente, contro il potere, ecc. ecc. Ciò che ritengo paradossale è la devozione viscerale da parte di quanti, fino all’altro ieri, non facevano altro che denigrare la Chiesa, parlar male del Papa, dei vescovi, dei preti, della religione, ecc. Ogni giorno compero l’Unità, e solo dopo qualche settimana che era di nuovo apparsa nelle edicole (dopo un lungo periodo di assenza) ho inviato una critica al giornale, perché non faceva che adulare questo Papa in modo servile. Tutti sanno la tendenza politica de L’Unità, anche se ultimamente ha perso lo smalto iniziale, quando era il giornale comunista dei lavoratori, ideologicamente lontani dalla Chiesa.

In realtà, il consenso generale per questo Papa, anche da parte della massa, credente e non credente, mi sembra particolarmente pericoloso: è la persona in quanto tale, ovvero il personaggio, che incanta, indipendentemente dalla Chiesa nelle sue strutture, che continua ad avere poca credibilità tra la gente.

Un fenomeno impressionante, almeno qui al Nord, è lo svuotamento delle chiese, con il paradosso – lo definirei “osceno” – che si continui ad usare gli ambienti parrocchiali, ma solo per fare feste e baldorie varie. Nella Diocesi milanese, in parte anche per colpa dell’attuale cardinale Angelo Scola (una scelta sbagliata di Papa Ratzinger), c’è stato ultimamente un rilassamento pauroso, per cui la fede si è svuotata del suo senso più profondo.

Ma credo che sia un fenomeno generale della Chiesa, e fa specie che ciò stia succedendo proprio durante il pontificato di Papa Francesco. Ed ecco il paradosso: da una parte, assistiamo ad un generale consenso per la “persona” del Papa, e dall’altra ad un abbandono altrettanto generale dei valori cristiani. 

Che poi questo momento storico sia uno dei più drammatici sulla scena internazionale (dopo l’ultimo conflitto mondiale), beh, lo vediamo tutti: certo, ciò non significa che sia colpa di questo Papa, ma ritengo che in questi anni sia venuta meno la “vis” evangelica, nella sua novità più radicale.

Ecco perché, dopo un iniziale entusiasmo, via via che il tempo passava, ho iniziato ad allontanarmi dal consenso generale, e ho intuito la pericolosità di questo Papa, troppo fumoso e ingannevole.

Sì, più il tempo passava, più mi rendevo conto che Papa Bergoglio fosse lui stesso vittima del consenso generale, e non prendesse il coraggio di essere chiaro. Sembra moderno e progressista, ma solo perché fa battute (per me superficiali, ma accattivanti) sui gay o su altri problemi scottanti, e poi non ha il coraggio di prendere posizioni: illude la gente, lasciando le cose come stanno. Basterebbe pensare al caso della comunione ai divorziati risposati o ai conviventi, ecc. o al caso della teoria gender, sulla quale da più parti si è detto che non si tratta di una ideologia (non si mette in discussione la distinzione dei sessi, ma il ruolo sociale che è stato attribuito al maschio o alla femmina). Il Papa con delle battute talora infelici vuole risolvere i problemi, richiamando la coscienza che solo Dio può giudicare, ma li complica, anche per una certa sua deformazione ideologica o per ignoranza dei problemi (e anche consigliato male).

Mi ritengo uno spirito libero e tanti conoscono le mie aperture, ma non è questo il problema di oggi: essere cioè tradizionalisti oppure progressisti. Il vero problema è su che cosa puntare veramente. La vera domanda da porsi è questa: che cosa è essenziale, che cos’è l’Essenziale per il bene della società e dell’essere umano?

Figlio del ’68, ho creduto anch’io ad una rivoluzione strutturale, poi man mano ho capito che le strutture non cambiano o, meglio cambiano sì ma per lasciare il posto ad altre, magari peggiori. Il cardinale di Milano, Giovanni Colombo, all’epoca degli anni della contestazione accusava noi preti giovani di essere “orizzontali”, ovvero di pensare troppo alle cose sociali, e di essere poco “verticali”, ovvero di pensare poco alle realtà divine. Aveva ragione, e aveva torto. Aveva ragione nel dire che eravamo “orizzontali”, ovvero all’esterno del nostro essere interiore, ma aveva torto perché intendeva per “verticale” il verticalismo puramente religioso, ovvero legato ad una specifica religione, dimenticando che il cristianesimo non è una religione, ma qualcosa di completamente “altro”, di meglio, di essenzialmente interiore.

Ultimamente, da quando nel 2013 Angelo Scola ha pensato bene di “farmi fuori” (dopo aver convissuto pure dialetticamente con Carlo Maria Martini, che per anni mi aveva preso sotto le sue ali, e con Dionigi Tettamanzi, sempre pronto a dialogare), emarginandomi (da più di tre anni vivo in casa privata, con la possibilità di celebrare una sola Messa la Domenica in una parrocchia vicina) ho fatto una grande scoperta, ed è la Mistica: una scoperta rivoluzionaria e sconvolgente. Ho cominciato a capire la differenza tra “sacro” e “religioso” (il profano/laico non esiste, se non come ideologia): il sacro è la natura stessa dell’essere umano, mentre il religioso appartiene alla struttura di una religione, perciò è qualcosa di esteriore.

Sì, ho iniziato a capire l’essenziale, ed è il mondo interiore dell’essere umano, dove lo spirito s’incontra con il Divino, senza bisogno di alcuna mediazione o, meglio, senza quelle mediazioni strutturali che vietano o interrompono il dialogo: spirito umano/Spirito divino.

Figlio del ’68, sembrerebbe assurdo che sia diventato “mistico”, ma è proprio questa scoperta che mi ha reso ancor più “dissidente” verso una Chiesa-strutturalmente esteriore, alla ricerca di un consenso puramente esteriore.

Vorrei che fosse chiaro il mio pensiero. Se per un verso sogno una Chiesa più aperta (verso le unioni civili, verso anche il matrimonio dei gay, verso il matrimonio dei preti, verso il diaconato e anche, perché no, il sacerdozio femminile, verso una Chiesa meno monarchico-papale, ma a più larga partecipazione di potere, coinvolgendo i vescovi, ecc.), per l’altro verso vorrei una Chiesa sempre più radicalmente mistica, al di fuori di un recinto religioso: una Chiesa che educhi la gente, oggi così distratta e alienata, all’essenzialità dell’essere umano, che è il regno dello spirito. Sia chiaro: non si tratta di una forma di spiritualismo o di interiorismo o di misticismo (gli -ismi fanno sempre paura!), ma di far scoprire ad ogni essere umano che la conversione parte dal di dentro: non lo ha detto Gesù Cristo? Qui, dentro di noi, non c’è un dio determinato, schematizzato, dogmatizzato, ma c’è quella Divinità (così preferivano chiamarla i grandi Mistici), che è puro Spirito di libertà e di verità. 

Si può discutere su questo, ma almeno mi si permetta di sognare che il futuro si costruirà solo se l’essere umano scoprirà la propria identità divina.

Fra poco, Milano avrà un nuovo vescovo. Ho già fatto sapere ai miei superiori che la nostra Diocesi avrebbe bisogno di un vescovo “mistico”, non per una sua vocazione personale, ma nel senso che risvegli nella gente ambrosiana il segreto della sua dignità interiore. Il più grave difetto della Diocesi milanese è il suo pragmatismo, che si riflette ovunque: anche i preti ambrosiani ne sono vittime. Non si tratterà allora di ri-organizzare la Diocesi nelle sue forme strutturali o di fare opera di proselitismo per riagganciare i lontani. La vera scommessa consisterà nel risvegliare nei milanesi la loro sete d’Infinito, riportandoli nel loro mondo interiore, e da lì partire per rifare il tessuto religioso, sociale e politico.

Così sogno un Papa, magari il prossimo, che dia una svolta “mistica” alla Chiesa, con una parola autorevole e non autoritaria, anche con gesti profetici provocatori, senza badare al consenso, ma con l’unico intento di “risvegliare” nell’essere umano quel mondo interiore assopito e narcotizzato, anche per colpa di una Chiesa-struttura che ha fatto del cristianesimo una religione vuota d’anima vitale.

Non posso concludere senza dire una mia preoccupazione: questo Papa ha distrutto il dissenso nella Chiesa, quel dissenso profetico e mistico che punta al mondo interiore. Certo, ha scatenato le ire dei fondamentalisti, tipo Antonio Socci, che conosco molto bene. Papa Bergoglio si è conquistato anche il consenso delle “comunità di base”, che una volta erano come il sale sulle ferite della Chiesa. È perciò rimasto solo il dissenso fondamentalista.

Oggi sembra sparito anche quel piccolo “resto d’Israele”, che negli anni più bui del cristianesimo era come un faro, una voce, talora un grido. 

Don Giorgio De Capitani


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