lunedì 27 maggio 2019

LITURGIA DEL GIORNO



LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
  
  





  PRIMA LETTURA 

At 16,11-15
Dagli Atti degli Apostoli

Salpati da Tròade, facemmo vela direttamente verso Samotràcia e, il giorno dopo, verso Neàpoli e di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedònia.
Restammo in questa città alcuni giorni. Il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera e, dopo aver preso posto, rivolgevamo la parola alle donne là riunite.
Ad ascoltare c’era anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo.
Dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò dicendo: «Se mi avete giudicata fedele al Signore, venite e rimanete nella mia casa». E ci costrinse ad accettare.


  SALMO  

Sal 149
Il Signore ama il suo popolo.

Cantate al Signore un canto nuovo;
la sua lode nell’assemblea dei fedeli.
Gioisca Israele nel suo creatore,
esultino nel loro re i figli di Sion.

Lodino il suo nome con danze,
con tamburelli e cetre gli cantino inni.
Il Signore ama il suo popolo,
incorona i poveri di vittoria.

Esultino i fedeli nella gloria,
facciano festa sui loro giacigli.
Le lodi di Dio sulla loro bocca.
Questo è un onore per tutti i suoi fedeli.


 VANGELO 

Gv 15,26-16,4
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l’ho detto».

COMMENTO AL VANGELO

Come vivere questa Parola?
Gesù, mentre annuncia la sua imminente dipartita da questo mondo, promette di inviare lo Spirito Santo, la cui azione si rivela indispensabile ai fini della testimonianza. Gli immediati destinatari di questo dono sono, in questo contesto, i discepoli che hanno condiviso l'esperienza apostolica di Gesù, sono vissuti con lui durante i tre anni della vita pubblica ascoltandone la parola autorevole e illuminante, vedendolo partecipare e piegarsi con amore su ogni miseria umana e compiere gesti miracolosi che rimandavano a un oltre di cui tuttavia non riuscivano ad afferrare il senso: Chi è costui? Una domanda che solo alla luce della resurrezione troverà una risposta esauriente. Un'esperienza unica, ma che non taglia fuori chi nei secoli continuerà a seguire il Maestro. Tutti i seguaci di Gesù, indipendentemente dall'epoca e dal luogo in cui vivono, sono chiamati a dargli testimonianza. Certo, ora non abbiamo più il supporto di un'esperienza tangibile. Ma anche noi siamo di quelli che sono stati con lui fin dal principio. Non eravamo presenti alla sua preghiera mentre si rivolgeva al Padre supplicandolo anche per coloro che avrebbero creduto in lui (cf Gv 17,20)? Non eravamo là, ai piedi della croce, esplicitamente indicati in quel discepolo che Gesù amava e che affidava a sua Madre? All'esperienza tangibile, che, in fondo, mentre rivelava rendeva difficile il passaggio dal visibile al sovrasensibile tanto che molti pur vedendo non credevano e la stessa fede degli apostoli era messa alla prova, si sostituisce inequivocabile la testimonianza dello Spirito che ci è data proprio perché, a nostra volta, possiamo dar ragione della nostra fede. Che rapporto ho con lo Spirito Santo?


Vieni, Spirito Santo, a rinvigorire la mia fede con la tua testimonianza, perché da te illuminato e sorretto possa annunciare a tutti che Cristo è veramente risorto.

La voce di un teologo
I libri, i documenti, i ragionamenti non ci potranno mai convincere e convertire. Ciò di cui c'è bisogno è la luce di una vita, l'irradiamento di un volto, il battito di un cuore: è il dono di tutta una vita
Maurice Zundel





sabato 25 maggio 2019

Il lungo e documentato rapporto tra Massonerie e Istituzioni Europee

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FINCHE' LA MASSONERIA SARA' PRESENTE NELLE ISTITUZIONI EUROPEE, NON SARA' MAI L'EUROPA CHE VORRANNO E CHIEDERANNO I POPOLI ALLE URNE

– di Davide Consonni –

L’Europa unita si è fatta, la Grande Opera Sinarchica si è realizzata, come ricordava negli anni sessanta il massone 33° di Rito Scozzese Yves Marsaudon del Supremo Consiglio di Francia: “Noi possiamo affermare che l’Europa Massonica si fa…” [cfr. Y. Marsaudon, De l’initiation Macconique a l’ortodoxie chrétienne, Paris, Ed. Dervy, 1965, pp. 135] .



Così il 19 settembre 1946 il massone (era Maestro alla Studholme Lodge n. 1591) e membro di spicco del ramo britannico della Pilgrims Society, Winston Churchill, in un discorso all’Università di Zurigo, poteva proclamare: 



“Sotto la direzione e nell’ambito del quadro dell’Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite, noi dobbiamo ricreare la famiglia europea in un quadro regionale che si chiamerà – può darsi – gli Stati Uniti d’Europa, e il primo passo pratico sarà di costituire un Consiglio d’Europa. Se agli inizi tutti gli Stati d’Europa non accettano o non sono in grado di prender parte a questa unione, noi dovremo tuttavia continuare a raccogliere e ad organizzare quelli che vi aderiscono e coloro che lo possono […] vi dico dunque: In piedi, Europa!”

Cito una dichiarazione del 24 settembre 1988 dell’ex Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Armando Corona, fu 33° di Rito Scozzese, fu ex Presidente del Consiglio regionale di Sardegna e molto altro che vi risparmio:

“E’ dunque arrivato il momento in cui tutti debbono mettere da parte, come abbimo fatto noi, il peso del passato. E’ arrivato il momento di guardare in avanti con coraggio. Abbiamo oggi due obbiettivi e li ribadiamo e li ribadiamo qui nella prima capitale d’Italia. Anzitutto puntiamo all’unione europea come fulcro della liberazione, del progresso, di più ampia giustizia, di dialogo tra tutti i popoli, di confrontto tra tutte le civiltà. Per noi Europa significa incontro fra culture, tradizioni storiche, modelli civili. La massoneria ha contribuito in modo determinante a creare l’Europa e oggi si impegna a darle spazio e voce […] Consci della storia cui abbiamo posto mano, consapevoli di essere espressione autentica della parte più impegnata della società contemporanea, da questa prima capitale d’Italia la Massoneria – finalmente libera dagli orpelli e dalle leggende che altre cercarono di gettarle addosso – punta a costruire l’Europa del Duemila, di cui, nei secoli avvenire i nostri futuri fratelli possano andar fieri come noi andiamo di quella costruita nei millenni passati dai nostri precursori”
[Armando Corona, “Conclusioni: per l’Europa del 2000”, in “La liberazione dell’Italia nell’opera della massoneria”, Bastogi, pp. 312-313-314]

E’ del lungo, stretto e costante rapporto tra istituzioni europee e massonerie nazionali che si tratterà in queste righe. Esporrò una cronologia degli incontri ufficiali tra Commissione Europea, Parlamento Europeo e le organizzazioni filosofiche non confessionali, di cui diverse massonerie nazionali europee fanno parte, tra le quali figurano le principali obbedienze massoniche italiane. Come si può verificare direttamente dal sito della Commissione Europea gli incontri annuali ebbero luogo fin dagli anni ’90:


“Introdotta nei primi anni ’90 dal Presidente della Commissione europea Jacques Delors, il dialogo con le chiese e le organizzazioni non confessionali offre l’opportunità di prendere parte al processo decisionale europeo. E ‘ un’opportunità per lo scambio aperto di opinioni sulle politiche tempestive delle pertinenti dell’Unione tra istituzioni e attori importanti nella società europea. Il trattato di Lisbona (articolo 17 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, TFUE) ha sollevato la buona pratica di utilizzare il dialogo al livello di obbligo giuridico, sancito dal diritto primario.[…] Il presidente Delors per la prima volta ha incontrato i rappresentanti delle organizzazioni che lavorano nel campo della scienza, della cultura e della religione, al fine di scambiare idee sul significato e le implicazioni del processo di integrazione europea. La Commissione europea ha quindi stabilito un dialogo regolare con le religioni, le chiese e le associazioni e comunità religiose. I successori del signor Delors, MM. Jacques Santer e Romano Prodi, e l’attuale presidente, José Manuel Barroso, hanno continuato questa tradizione durante lo sviluppo di esso, considerandolo come un importante strumento di democrazia partecipativa”.

Il testo citato qui sopra e tutti i documenti che linkerò o citerò sono stati pubblicati dal sito della Commissione Europea e fanno parte dei comunicati stampa ufficiali rilasciati dal 2008 a oggi. Sul sito della Commissione Eu c‘è traccia degli incontri ufficiali avvenuti tra Commissione/Parlamento europeo e massonerie nazionali solo a partire dall’anno 2008, quindi degli incontri precedenti non esiste né una fotografia, né una lista dei partecipanti né tanto meno un video; se consideriamo che il sito della Commissione europea certifica che gli incontri iniziarono negli anni novanta, come sopra riportato, con il Presidente Delors, se inoltre consideriamo che Delors fu in carica fino al 1994 possiamo certificare che degli incontri ufficiali avvenuti tra massonerie nazionali e istituzioni europee dal 1994 fino al 2007 non esiste alcuna dichiarazione stampa o documentazione rilasciata né dalla Commissione Europea né dal Parlamento Europeo. Come vedremo tra poco per gli incontri avvenuti tra il 2008 e il 2013 esiste una documentazione di tipo fotografico documentale e video, con ovvie ma curiose eccezioni.

Partiamo quindi dall’incontro del 2008. L’8 aprile 2008 a Bruxelles, nelle stanze della Commissione Europea, si tiene il meeting europeo delle organizzazioni filosofiche non confessionali. Come potete verificare nel link che segue, tra i partecipanti invitati dalla Commissione Europea erano presenti 7 obbedienze massoniche francesi su 7 delegazioni totali invitate.


Credo quindi di poter tranquillamente affermare che il primo meeting tra obbedienze massoniche e istituzioni europee di cui abbiamo testimonianza documentale, quello del 2008 appunto, fu totalmente monopolizzato dalla presenza di obbedienze massoniche francesi, visto e considerato che furono presenti con un’incidenza di 7 su 7.


Passiamo ora all’incontro del 2009. Il 26 Giugno 2009, sempre nelle stanze della Commissione Europea a Bruxelles si tenne il meeting delle organizzazioni filosofiche non confessionali. In quest’occasione Presidente del Parlamento europeo Pöttering dichiarò:


“L’Unione europea è una comunità di valori in base ai quali è la difesa della dignità umana Proprio come i nostri valori europei, sanciti dal Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali, un debito al patrimonio giudaico-cristiana dell’Europa. Non-confessionale organizzazioni umaniste, emerse durante l’Illuminismo, hanno dato il loro contributo a plasmare moderno pensiero europeo. Per questo motivo, è importante per l’UE a mantenere un dialogo regolare con tali gruppi nella nostra ricerca comune di un ancoraggi etici alla politica europea.”

[Fonti: 1#; 2#]

Per quanto riguarda i partecipanti all’incontro del 2009 ci furono importanti novità. Se nel 2008 parteciparono solo obbedienze francesi, nel 2009 si aggiunsero altre obbedienze massoniche europee: una belga, una spagnola, una greca, una portoghese e anche una italiana.


Come potete leggere furono invitati due esponenti della Gran Loggia D’italia, il Gran Maestro Luigi Pruneti e la Gran Cancelliera Aggiunta Lina Rotondi.




Per quanto riguarda l’incontro del 2010, si tenne il 15 ottobre 2010. Tra i partecipanti molte novità rispetto al 2008 e al 2009. Oltre alle obbedienze massoniche già menzionate si aggiunsero il Grande Oriente della Romania, il Grande Oriente del Lussemburgo, il Grande Oriente d’Italia e quello tedesco.



D’interesse per l’Italia è notare come la Gran Loggia d’Italia (presente nel 2009) abbia ceduto i passo al Grande Oriente d’Italia, presente nel 2010 con il suo Gran Maestro Gustavo Raffi.

Se verificate vi accorgerete che sul sito della commissione europea dopo l’incontro del 2010 furono pubblicati anche una “galleria fotografica” e un cartella “video”. Entrambi i link non sono più funzionanti.
Come potete constatare qui: 1#; 2# .

Passiamo all’incontro tra istituzioni europee e obbedienze masosniche del 2011. Per quanto riguarda le obbedienze massoniche invitate non ci furono cambiamenti rispetto al 2010. Per l’Italia fu presente sempre il Gran Maestro Gustavo Raffi, il quale potete ammirarlo nel video che segue nell’atto di stringere le mani di Barroso Buzek e Von Roumpuy, al minuto 2:30 . Nel link che segue potete invece ammirare l’ex GM Gustavo Raffi assieme ai “grandi” della giornata: QUI.


Qui di seguito potete leggere una parte dell’intervento di Gustavo Raffi il 30 Novembre 2011:


“In una fase di grande incertezza come quella attuale, si fa più forte il rischio che le difficoltà di natura economica mettano in secondo piano valori imprescindibili di democrazia e di equità sociale, di lavoro e di cultura. All’Europa serve un messaggio solidale ed etico”. Lo ha detto il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Gustavo Raffi, nel suo intervento a Bruxelles al Meeting “Un partenariato per la democrazia e una prosperità condivise: una volontà comune di promuovere i diritti e le libertà democratiche” con i rappresentanti delle associazioni umanistiche non confessionali. La riunione è stata presieduta da Jerzy Buzek, presidente del Parlamento europeo, Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, e dal presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso. “Il Mediterraneo — ha scandito Raffi — non può essere la storia di un fallimento dell’Occidente. Deve costituire, invece, l’avamposto di nuove conquiste di libertà e prosperità condivise. Come laboratorio etico per uomini liberi, lanciamo una proposta concreta: istituire il Pantheon della Nuova Primavera del Mediterraneo. L’obiettivo è creare un forum permanente per i giovani di tutta l’Europa e del Mediterraneo, con incontri nei diversi Stati dell’Ue, per avviare percorsi di responsabilità condivisa. Un cantiere aperto, capace di raccogliere istanze e di segnalare problematiche, individuando partenariati e sinergie”. “Per noi — ha rimarcato il Gran Maestro Raffi — è centrale l’Europa delle culture e della cultura della condivisione, nel rispetto delle diversità. Educare i giovani europei a essere cittadini di una realtà di pace e democrazia, è un compito straordinario per il presente e per un futuro che vogliamo condividere nei fatti con tutte le Istituzioni e Associazioni disposte a farlo. La vera piazza della democrazia è la capacità di pensare insieme la storia”.

Qui potevate leggere la lista dei partecipanti invitati a Novemebre 2011, ora la lista è irreperibile anche cercando in lungo e in largo per il web:


Guy Arcizec, Grand Maître du Grand Orient de France

Joseph Asselbergh, Président du Grand Orient de Belgique

Radu Balanescu, Grand Master of the National Grand Lodge of Romania

Christine De Vos, Grande Maîtresse de la Grande Loge Féminine de Belgique

Alan Frommer, Président de l’Association Européenne de la Pensée Libre

Pierre Galand, Président du Centre d’Action Laïque et Senior Viceprésident de la Fédération Humaniste Européenne

Paul Geisen, Grand Maître de la Grande Loge de Luxembourg

Fernando Lima, Grão Mestre do Grande Oriente Lusitano

Salvador Mollà, Presidente de la Federación Española “El Derecho Humano”

Denise Oberlin, Grande Maîtresse de la Grande Loge Féminine de France

Vassilios Patkas, Président du Conseil de l’Ordre Maçonnique International “Delphi”

David Pollock, Président de la Fédération Humaniste Européenne

Keith Porteus Wood, Executive Director of the National Secular Society

Jean-Michel Quillardet, Président de l’Observatoire Internationale pour la Laïcité

Gustavo Raffi, Grand Maître du Grande Oriente d’Italia

Rüdiger Templin, Vorsitzender der Vereinigten Großlogen von Deutschland

La notizia dell’incontro del 2011 sulla stampa italiana venne curiosamente riportata solo da siti di informazione massonica, con l’eccezione di un solo articolo riportato sul “La Stampa” vedi qui: 1#; 2#; 3#.


Da notare che anche per quanto riguarda il 2011 la galleria fotografica dell’incontro risulta vuota, come potete verificare qui: 1#.

Ora passiamo all’incontro tra massonerie nazionali e istituzioni europee del 2012. Su 16 delegazioni invitate ben 10 furono delegazioni di obbedienze massoniche europee rappresentate ufficialmente dai propri Gran Maestri.




Concludiamo questa cronologia dei rapporti istituzionali tra obbedienze massoniche nazionali e istituzioni europee con l’incontro del 2013. Avvenuto il 5 novembre 2013,


Il Grande Oriente d’Italia con Gustavo Raffi sempre presente. 


Abbiamo finalmente concluso questa triste cronologia della democrazia per iniziati ed esoteristi, questa fiera di grembiulini europeisti, questo viaggio misero per salotti mondialisti. Con la massima sfiducia per le istituzioni para-massoniche europee ci congediamo con la speranza che fatti simili spronino sempre più persone a porsi in atteggiamento totalmente critico e polemico rispetto all’Unione Europea e alle sue para massoniche istituzioni. Libertè, Fraternitè, Inculitè.

CONSACRAZIONE DELL'ITALIA E DELL'EUROPA AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA (VIDEO E PREGHIERA)


Atto di consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria

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Detto a Catania il 13 settembre 1959, a conclusione del XVI Congresso Eucaristico Nazionale, dal legato pontificio, cardinale Marcello Mimmi, a nome dell’episcopato e di tutto il popolo italiano, rappresentato in tutti i suoi ordini e condizioni sociali.

Signore nostro Gesù Cristo, che nell’Ostia Santa siete presente come Re del mondo, unico Maestro e Pastore delle nostre anime, mediatore tra la terra e il Cielo, accogliete questo atto solenne, col quale noi intendiamo riconoscere il vostro sovrano dominio, e deporre nelle vostre mani l’offerta delle nostre anime, della nostra vita, dei nostri beni, delle nostre famiglie, della nostra patria, di tutto il mondo.

Accogliete questa offerta, e unendola a quella del vostro Corpo e del vostro Sangue, che voi rinnovate ogni giorno, mediante il ministero dei Sacerdoti, nel Sacrificio Eucaristico, fatela ascendere gradita al Padre Celeste, nel seno della Augusta Trinità, dove voi vivete e regnate eternamente, come unico vero Figlio di Dio.

Accogliete specialmente, in questo giorno solenne, l’atto ufficiale di consacrazione, che noi intendiamo fare a voi, e per voi, alla Trinità santissima, della nostra amata patria, in unione alle intenzioni del Cuore Immacolato e Addolorato della vostra eccelsa Madre Maria, che a noi, come a figli amatissimi, ha voluto suggerire e richiedere quest’atto di riconoscimento del sovrano dominio di Dio sulle Nazioni.

Vescovi di un Paese da voi prediletto, e predestinato a Sede del vostro Vicario sulla terra, solleciti del bene spirituale e materiale del nostro popolo, desiderosi che sulla nostra Patria e sul mondo intero, risplenda presto un arcobaleno di speranza e di pace, noi, o Signore, deponiamo nel Cuore della Madre vostra e nostra, i voti più ardenti per la diletta Nazione italiana: la sua prosperità nella pace, nella giustizia, nella libertà, nell’ordine, nella concordia; la sua fedeltà alla Religione, che voi le avete dato; la sua integrità nella fede cattolica; la sua santità nei costumi; l’unione di tutti i suoi figli in una fraterna carità.

A questi voti corrisponde anche l’impegno che noi, come legittimi rappresentanti di questo popolo presso il vostro Altare, intendiamo prendere e prendiamo, nel consacrarci ancora una volta a voi, nella luce del Cuore Immacolato e Addolorato di Maria Santissima.

Posti da voi come maestri e pastori di questo popolo, noi Vescovi c’impegniamo ad eseguire, con sempre maggior sollecitudine e dedizione, il mandato che voi ci avete conferito.

Il nostro clero sarà sempre più vicino al vostro Cuore, più pronto e generoso nel collaborare con noi alla salvezza delle anime, che ci avete affidate.

Il nostro popolo, e tra esso specialmente le anime consacrate, e coloro che più direttamente si dedicano al servizio del vostro Regno, seguirà l’insegnamento e l’esempio dei suoi pastori, per fare di questa Italia, delle sue diocesi e parrocchie, delle sue famiglie, dei suoi istituti, una terra veramente a voi consacrata.

Questi sono i voti, queste sono le promesse che noi, Vescovi italiani, oggi intendiamo affidare al Cuore della vostra e nostra Madre, in unione di pensiero e di volontà col vostro Vicario in terra, il Sommo Pontefice, Primate d’Italia.

E con Lui, noi ci rivolgiamo, o Signore Nostro Gesù Cristo, a questa SS. Madre, perché essa, con la sua materna intercessione, ci assista e renda effettivo e operante, per la grazia, ottenutaci presso il vostro Trono, quest’atto di consacrazione.

Vegli, o Maria, il vostro Cuore Immacolato sulla Chiesa di Cristo, su noi, su questa terra benedetta, che mille Santuari vostri costellano, facendone quasi la vostra seconda patria.

Assistetene i reggitori, illuminatene il popolo, di tutti soccorrete le necessità, confortate le sofferenze, alimentate le speranze; in modo speciale, assistete coloro, che si trovano lontani dalla propria terra, e ne sentono la nostalgia; accrescete nelle anime dei fedeli il fervore, riconducete al Padre gli erranti; santificate e adeguate alle presenti necessità i Sacerdoti; custodite particolarmente, in un clima cristiano, la limpida fede ed il candore innocente dei piccoli, speranza d’Italia.

Ecco, o Madre e Regina d’Italia, la supplica che, con filiale speranza, rivolgiamo e affidiamo al vostro Cuore Immacolato, pregandovi che giunga presto l’ora, da voi promessa, in cui il vostro Cuore Immacolato trionferà in questa nostra terra, e in tutto il mondo. Così sia!



Testo trascritto da G. ARDEMAGNI S. J.,
Verso il trionfo del Cuore Immacolato di Maria,
Edizioni Pro Sanctitate, Genova 1978, pp. 21-23.

LITURGIA DI DOMENICA 26 MAGGIO


LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
  
  



 PRIMA LETTURA 

At 15,1-2.22-29
Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli: «Se non vi fate circoncidere secondo l’usanza di Mosè, non potete essere salvati».
Poiché Paolo e Bàrnaba dissentivano e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.
Agli apostoli e agli anziani, con tutta la Chiesa, parve bene allora di scegliere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda, chiamato Barsabba, e Sila, uomini di grande autorità tra i fratelli. E inviarono tramite loro questo scritto: «Gli apostoli e gli anziani, vostri fratelli, ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilìcia, che provengono dai pagani, salute! Abbiamo saputo che alcuni di noi, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con discorsi che hanno sconvolto i vostri animi. Ci è parso bene perciò, tutti d’accordo, di scegliere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del nostro Signore Gesù Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda e Sila, che vi riferiranno anch’essi, a voce, queste stesse cose. È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agl’idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Farete cosa buona a stare lontani da queste cose. State bene!».

 SALMO 

Sal 66
Ti lodino i popoli, o Dio, ti lodino i popoli tutti.

Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.

Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.

Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.


 SECONDA LETTURA 

Ap 21,10-14.22-23
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo

L’angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino.
È cinta da grandi e alte mura con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d’Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e a occidente tre porte.
Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello.
In essa non vidi alcun tempio:
il Signore Dio, l’Onnipotente, e l’Agnello
sono il suo tempio.
La città non ha bisogno della luce del sole,
né della luce della luna:
la gloria di Dio la illumina
e la sua lampada è l’Agnello.


 VANGELO 

Gv 14,23-29
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore.
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

LITURGIA DEL GIORNO E COMMENTO AL VANGELO


LITURGIA DEL GIORNO
- Rito Romano -
  





 PRIMA LETTURA 

At 16,1-10
Dagli Atti degli Apostoli

In quei giorni, Paolo si recò a Derbe e a Listra. Vi era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco: era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio. Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere a motivo dei Giudei che si trovavano in quelle regioni: tutti infatti sapevano che suo padre era greco.
Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero. Le Chiese intanto andavano fortificandosi nella fede e crescevano di numero ogni giorno.
Attraversarono quindi la Frìgia e la regione della Galàzia, poiché lo Spirito Santo aveva impedito loro di proclamare la Parola nella provincia di Asia. Giunti verso la Mìsia, cercavano di passare in Bitìnia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; così, lasciata da parte la Mìsia, scesero a Tròade.
Durante la notte apparve a Paolo una visione: era un Macèdone che lo supplicava: «Vieni in Macedònia e aiutaci!». Dopo che ebbe questa visione, subito cercammo di partire per la Macedònia, ritenendo che Dio ci avesse chiamati ad annunciare loro il Vangelo.


 SALMO 

Sal 99
Acclamate il Signore, voi tutti della terra.

Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,
la sua fedeltà di generazione in generazione.


 VANGELO 

Gv 15,18-21
Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia.
Ricordatevi della parola che io vi ho detto: “Un servo non è più grande del suo padrone”. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma faranno a voi tutto questo a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato».


COMMENTO AL VANGELO

Come vivere questa Parola?

Gesù avverte i suoi discepoli che saranno perseguitati, così come lo è stato Lui stesso. La persecuzione sembra essere quasi una caratteristica della Chiesa e di ogni cristiano: chi non accetta il messaggio di Gesù viene emarginato, deriso, talvolta anche ucciso. E' la via della croce che si perpetua nella storia. Se Gesù è stato perseguitato, lo saranno anche i suoi discepoli. Egli per eccellenza è il "martire" (parola greca che significa "testimone) e i suoi discepoli continuano questa testimonianza che può arrivare fino all'effusione del sangue. In questi tempi moderni non si è fermato il numero dei martiri che in tanti paesi del mondo devono affrontare difficoltà e sofferenze per testimoniare la loro fede. Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani, diceva Tertulliano verso la fine del II secolo dopo Cristo (Apologeticum 50,3). Pur senza arrivare alla morte, molti sono i cristiani anche oggi, che, volendo vivere il messaggio evangelico in modo coerente, sono emarginati e discriminati dagli altri e spesso sono ostacolati in vari modi. I nemici dei cristiani non vogliono che il messaggio di salvezza apportato da Cristo si diffonda nel mondo: per questo vogliono eliminare quanti invece vogliono realizzare concretamente e in ogni circostanza il messaggio d'amore del Cristo.

O Signore, rendimi vero testimone del tuo vangelo nel mondo a qualsiasi costo e in qualunque circostanza.

La voce dagli scritti dei primi cristiani
[I cristiani] Amano tutti, e da tutti sono perseguitati. Non sono conosciuti e sono condannati; si dà loro morte, ed essi ne ricevono vita. (...) Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.

A Diogneto 5,11-12 e 6,9-10 



PROPONIMENTO DEL GIORNO


Mi impegno a vedere il mondo con umiltà, e a avvicinarmi agli altri senza superiorità nè pregiudizi.


venerdì 24 maggio 2019

La Madonna salvò l’Europa a Lepanto



Il 7 ottobre il Calendario della Chiesa segna la ricorrenza della Madonna del Rosario, una festa voluta dal Papa domenicano San Pio V (al secolo Antonio Michele Ghislieri) che, con la allora Festività di Santa Maria delle Vittorie, intese festeggiare la vittoria delle Armi Cristiane nella Battaglia di Lepanto (in greco Naupaktos) del 1571. Fatto storico che non va ricordato come mero esempio della superiorità militare e tecnologica degli europei. Esso merita di più, dal momento che le Grazie di Dio, ottenute per intercessione della Madonna, quel giorno furono numerose. Di fatti, i Veneziani lo capirono bene, scegliendo di far scolpire su una lapide commemorativa, appena dopo la battaglia: “non virtus, non arma, non duces, sed Maria Rosari victores fecit” (Non il valore, non le armi, non i condottieri, ma la Madonna del Rosario ci fece vincitori”).

Fu una battaglia decisiva per la storia dell’Europa e dei Paesi nati da essa (tra cui Stati Uniti, Messico), perché arrestò l’avanzata dei Turchi che dominavano già il Mediterraneo e occupavano una parte dell’Europa, imponendo la dura legge dell’Islam e minacciando la Chiesa e l’intera Cristianità. La loro espansione procedeva di vittoria in vittoria da più di un secolo; ciò accadeva perché: tra l’Impero Ottomano e la Christianitas, non vi era più il regno-baluardo dell’Impero Romano d’Oriente, giacché il primo ne aveva conquistato la capitale, Costantinopoli, il 29 maggio 1453; i Regni Cattolici erano divisi a causa delle lacerazioni provocate dalla rivoluzione protestante, esplosa con Lutero ed Enrico VIII.

Il Santo Padre Pio V lanciò un appello presso tutte le corti dei regni europei. Risposero alla chiamata l’Impero Spagnolo, il Regno di Napoli e il Regno di Sicilia, la Repubblica di Venezia, la Repubblica di Genova, i Cavalieri di Malta, il Ducato di Savoia (con due navi: lo stendardo di una delle due è custodita nella chiesa di San Domenico, in Torino), il Granducato di Toscana, il Ducato di Urbino, il Ducato di Ferrara, il Ducato di Mantova e la Repubblica di Lucca. Non vi parteciparono il re di Francia Carlo IX, giacché impegnato nel sedare una “guerra civile”, provocata dagli ugonotti (protestanti), e non interessato a rompere l’alleanza siglata con l’Impero Ottomano nel 1535 (chiamata “empia”, per lo scalpore provocato all’epoca), e nemmeno la regina Elisabetta I d’Inghilterra, ché sperava nella sconfitta del Papato e dei Regni Cattolici ad esso vicini, come la Spagna.

Sul “Sì” di quei Regni il 25 maggio 1571 nacque la Lega Santa (III nella storia), frutto di un grande miracolo mariano concesso alle insistenti preghiere di un alacre e lungimirante San Pio V. Non si dimentichi che il rischio che la “Lega cristiana” non si costituisse era alto, dal momento che tra veneziani genovesi e spagnoli vi erano rivalità e incomprensioni. Perciò, il Santo Padre aveva fatto preparare e sguainare, oltre ai cannoni, alle frecce e alle spade, le “ le armi più potenti” di ogni epoca, le “Preghiere”. Egli aveva mobilitato monasteri maschili e femminili, indetto speciali preghiere e processioni, preghiere continue nella santa casa di Loreto e soprattutto aveva ordinato la recita del Rosario a tutta la cristianità per il buon esito della battaglia, inoltre mise l’emblema della Madonna di Loreto sulle armi delle milizie pontificie, comandate da Marcantonio Colonna, che rappresentavano il Papato all’interno della Lega Santa.

IL comando della “stessa” fu affidato a don Giovanni d’Austria, figlio naturale dell’imperatore Carlo V e fratellastro di Filippo II. Mesi dopo, la Domenica del 7 ottobre, la flotta della Lega Santa era pronta a dare battaglia e si dispose in assetto di guerra di fronte a quella musulmana, a largo delle coste lepantine. Da una parte l’intera flotta turca, la grande “superpotenza” dell’epoca, disposta a forma di mezzaluna, al centro della quale si trovava la nave “sultana”, agli ordini del temibile ammiraglio Alì Pascia, adornata da uno stendardo tutto verde, venuto dalla Mecca e su cui era stato ricamato in oro per 28.900 volte il nome di Allah; dall’altra, allineate come una croce, stavano più i 200 navi e l’ammiraglia guidata da don Giovana, la “Capitana”, su cui sventolava lo stendardo della Lega con il Cristo Redentore e la scritta: “in hoc signo vinces”.

Tutti i membri d’equipaggio, ciurma ed ufficiali, avevano recitato il Rosario e molti di loro si erano confessati e comunicati dai cappellani che li accompagnavano, pronti a seguire gli ordini del loro ammiraglio. Egli era un fervente cristiano: non permise che a bordo salissero donne, con cui i marinai potessero commettere azioni immorali. Per quei tempi era una novità assoluta. Don Giovanni d’Austria con un Crocifisso in mano girò di nave in nave, bello e luminoso in volto come l’arcangelo della vittoria; infuse ardore e coraggio e issò lo stendardo del Papa e la bandiera della spedizione su cui dominava l’immagine della Vergine. Fu per tutte le navi un segnale di preghiera.



Seguì lo scontro, intorno al mezzodì. Sia la flotta cristiana che quella musulmana erano composte ciascuna da cinquantamila uomini più i rematori delle galere, il combattimento fu aspro e durò molte ore; si concluse verso le 16 del pomeriggio: la flotta turca perse 25.000 uomini mentre quella cristiana ne perse 7000, furono liberati 12.000 “galeotti” cristiani rapiti dai musulmani e messi “ai remi” sulle galere. La Grazia era arrivata puntualmente. Tra i vincitori cristiani vi era anche lo scrittore spagnolo Miguel de Cervantes, l’autore di “Don Chisciotte” detto anche “il Monco” perché perse la mano sinistra in battaglia ove combattéda semplice soldato e, al termine, volle inginocchiarsi davanti a don Juando esclamando : “Eccellenza grazie! Oggi è stata la giornata più bella della mia vita”.

Marcantonio Colonna, di ritorno da Lepanto, sbarcò con la sua flotta ad Ancona e si recò con gli ex schiavi cristiani liberati dalle galere turche durante la battaglia in pellegrinaggio a piedi al Santuario della Santa Casa di Loreto, dove portarono le loro catene come ex voto per la loro liberazione. Le catene oggi sono ancora lì, e sono visibili perché sono state fuse per ottenere i cancelletti delle tre porte della Santa Casa, i cancelli in ferro battuto di alcuni altari laterali, alcune parti della fontana presente nella piazza della Santa Casa.


La notizia della vittoria giunse in Italia e nel resto d’Europa due settimane dopo la battaglia, siccome a quei tempi le comunicazioni non erano rapidissime come oggi. Ma per San Pio V fu solo una conferma; Maria Santissima, che non trova ostacoli nello spazio e nel tempo, lo aveva già avvertito proprio lo stesso 7 ottobre, in una visione estatica: mentre si trovava in riunione con alcuni prelati, d’improvviso si alzò, si avvicinò alla finestra, fissò lo sguardo in estasi, vide la Madonna e poi, tornando al suo posto, disse: “Non occupiamoci più di questi affari, andiamo a ringraziare Dio. La flotta cristiana ha ottenuto la vittoria”. Ordinò di suonare le campane a distesa in tutta Roma (ciò spiega la tradizione di sciogliere le campane di tutte le chiese alle 12 in punto); e congedò i prelati, andando sùbito in cappella, ove un Cardinale accorso al lieto annunzio lo trovò immerso nel pianto della gioia. Da quel giorno volle che nelle Litanie lauretane si aggiungesse il titolo “Maria Auxilium Christianorum” (Maria ausiliatrice, aiuto dei cristiani, a cui è sempre ricorso San Giovanni Bosco) ed istituì la festa della “Madonna delle Vittorie”, che, poi, per decisione dei suoi successori, è diventata la memoria liturgica della “Beata Vergine del Rosario” celebrata la prima domenica di ottobre.

Con la vittoria a Lepanto l’Europa guadagnò la libertà e innescò il processo di declino della potenza turca, che da troppo tempo imperversava sul Mar Mediterraneo, controllando buona parte delle coste europee: le atrocità da essa commesse, come il martirio delle 813 persone a Otranto, nessun europeo aveva dimenticatole. Oltretutto, va ricordato che a Lepanto l’Europa si assicurò una maggiore protezione da parte di chi l’aveva fondata resa gloriosa nei secoli, la Chiesa Cattolica e il Suo popolo; altrimenti, ancor oggi sarebbe stata sotto il dominio del Corano.

Ecco perché la data del 7 ottobre 1571 dovrebbe essere tra le più importanti per gli europei.

LE BATTAGLIE CHE SALVARONO L'EUROPA

Progetto Europa

Storia

Le invasioni barbariche per quanto fossero pericolose per lo sviluppo della civiltà furono comunque assorbite e favorirono in qualche modo una nuova organizzazione della civiltà romana attraverso lo sviluppo dei regni romano-barbarici Un vero pericolo invece storicamente ricorrente fu rappresentato dai tentativi di invasione da parte di orde islamiche. In almeno tre occasioni questo pericolo fu sventato. Nel 732 d.C. a Poitiers, nel 1570 a Lepanto e nel 1683 a Vienna. Questi tre eventi bellici costituirono la salvezza dell'Europa e l'ultimo cominciò a segnare il lento e definitivo declino dell'Islam.





I - POITIERS (17 OTTOBRE 732)



Quando Maometto morì nel 632. lasciò in retaggio alla sua gente, nel Corano. una serie di norme che ne avrebbero per secoli influito sulla condotta politica, civile e militare. Il profeta Maometto, facendo leva anche sulla atavica fierezza e bellicosità, trasformò tribù seminomadi in un popolo monoteista, caratterizzato da una straordinaria unità di convincimenti e di intenti. Nell'arco di un secolo dalla lontana Arabia con guerre ed invasioni l'Islam cominciava a minacciare l'Europa Antiche civiltà come quella egizia ricca di millenni di storia e del Nord Africa che aveva prodotto fiorenti civiltà dall'antica Cartagine alle rigogliose comunità cristiane in cui vissero grandi santi e filosofi come Tertulliano, S. Cipriano e S. Agostino erano travolte da queste orde in cerca di bottino e pronte a diffondere il loro credo con la spada. Civiltà ben superiori ma militarmente deboli e divise da contrasti interni,dovettero subire la legge del più forte e sotto il peso della loro occupazione divennero sterili e sparirono. Proprio come sta succedendo nel nostro secolo nei paesi del fondamentalismo islamico.
Durante tutto il V secolo, nei territori dell'Impero Romano d'Occidente, a causa di continue incursioni armate delle tribù germaniche stanziate oltre il Reno, vennero a crearsi Stati in cui l'elemento germanico conviveva con quello provinciale latinizzato: i cosiddetti "regni romano-barbarici" . Uno di questi, il regno dei Franchi che era situato nel nord della attuale Francia sotto la guida del re Clodoveo riuscì ad unificare sotto il suo potere vasti territori sconfiggendo Alemanni, Burgundi e cacciando i Visigoti oltre i Pirenei. Successivamente, la consuetudine dl dividere il regno tra i figli maschi creando quattro stati finì per indebolire la monarchia. I quattro stati corrispondenti alla antica Gallia erano: l'Austrasia (nord-est), la Neustria (nord-ovest), la Burgundia (sud-est) e l'Aquitania (sud-ovest).
Queste regioni erano rette da quattro ministri. detti "maggior domi" dal latino (maiores domi o maestri di palazzo), ufficialmente sottoposti ai re ma di fatto signori indipendenti. Nel 687 Pipino d'Heristal già maggiordomo d'Austria sconfisse la Neustria e divenne ministro anche di questa regione. A Pipino d'Heristal successe il figlio maggiore CARLO MARTELLO che governava al tempo in cui avvenne l'evento che stiamo per raccontare
La Spagna era occupata dai Visigoti popolo di origine germanica (Visigoti significa goti dell'ovest). Prima ariani, si convertirono al cattolicesimo nel 587. Nella Spagna sufficiente mente ben governata, si era stabilita una pacifica convivenza tra i nativi romanizzati ed i Visigoti. Nel 711 La Spagna viene conquistata dai musulmani in questo favoriti da discordie -interne tra i grandi nobili. La Spagna era amministrata da popolazioni berbere del nord Africa. Nel 729 fu nominato governatore Ab al Rahman abile capo militare che organizzò la spedizione in Aquitania. lo scopo apparente era di fare un'incursione e saccheggiare il territorio ma tenuto conto degli imponenti mezzi bellici approntati si può pensare che volesse stabilire un insediamento su quel territorio. Il numero di soldati dell'esercito di Ab al Rahman era di circa 80.000 e più o meno della stessa consistenza quello dei cristiani. La tattica dei berberi era di attaccare con rapidità e ritirarsi subito dopo cercando di far avanzare il nemico che poi sarebbe finito nella morsa della fanteria. I Franchi disponevano di una fanteria ben armata con pesanti scudi e armature. I berberi lanciarono la cavalleria che non riusciva però a far breccia nel muro di scudi e lance dei Franchi. Cosi la prima giornata finisce e si interrompono gli scontri. Il giorno successivo riprende la battaglia e, la cavalleria berbera continua ad attaccare, accennando poi alla ritirata, ma Carlo Martello non lancia i suoi uomini all'inseguimento. Solo al termine di giornata quando il nemico è esausto e la sua cavalleria decimata allora viene fatto scendere in campo la cavalleria dell'Aquitania seguita subito dalla fanteria. Da questo momento la battaglia si trasforma in carneficina. La cavalleria berbera decimata e la fanteria scarsamente difesa, sono annientate. La grande vittoria dei cristiani è ricordata per il numero elevate di vittime dagli Arabi come Balàt asshuhadà ("il lastricato dei martiri della fede"). La battaglia di Poitiers è uno dei fatti d'arme più esaltati da storiografia francese, secondo la quale Carlo Martello col esercito costituì l'ultimo baluardo contro l'invasione musulmana che altrimenti avrei snaturato per sempre la cultura francese. In ogni caso possiamo affermare con certezza che dopo questo evento i musulmani non furono più in grado organizzare una spedizione altrettanto potente verso cuore dell'Europa. Ventisette anni dopo Pipino III conquista Narbona e da allora l'influenza moresca fu confinata a sud dei Pirenei. La riconquista del penisola iberica fu alquanto faticosa, ci vollero molti secoli e solo nel 1492 la Spagna liberata da Mori e restituita alla cristianità.


II - BATTAGLIA DI LEPANTO
7 OTTOBRE 1571

La battaglia navale di Lepanto, non avendo in realtà sconfitto l'espansionismo turco, che avrebbe continuato a costituire una minaccia per l'Europa lungo tutto il secolo XVII, è stata sin dai contemporanei assunta a simbolo dell'estrema difesa del Mediterraneo. Nel XVI secolo i Cristiani, ovunque divampasse la furia dell'aggressione turca erano sulla difensiva e costretti a cedere terreno. Nel 1453 era caduta Costantinopoli, ultimo baluardo dell'impero Romano d'Oriente; nel 1499 era caduta la piazzaforte di Lepanto strappata dai Turchi ai Veneziani. Nel 1523 Solimano conquistava Rodi difesa dai Cavalieri. Con la battaglia di Mohacs l'Ungheria finisce sotto il tallone turco. Solo nel 1565 l'espansionismo turco subisce una battuta d'arresto. L'attacco dei Turchi a Malta difesa eroicamente dai Cavalieri che si erano trasferiti in questa isola dopo la caduta di Rodi, fu respinto. salvando così il Mediterraneo Occidentale. Poco dopo cadevano ancora le isole di Chio e di Cipro lasciando il Mediterraneo Orientale completamente in mano ai turchi. La debolezza della Europa era dovuta ai contrasti tra la Francia da una parte e la Spagna e l'Impero dall'altra. La pace di Augusta (1555) e la pace di Cateau Cambrèsis (1559) ed il Concilio di Trento stabilirono una temporanea tregua.
L'Europa cristiana, dunque era costretta di nuovo a fare i conti con il pericolo turco, corsari del Nord-Africa con audacia facevano spesso scorrerie lungo le nostre coste rendendole insicure, i Moriscos della Spagna invocavano l'intervento del Sultano per la loro difesa e la flotta turca era, malgrado gli scontri, ancora intatta. Il papa Pio V; uomo intransigente, di rigida coerenza, fermamente convinto della centralità anche in politica della Chiesa di Roma, riuscì con grande abilità a mettere insieme un'Alleanza tra la Spagna, Venezia e Stato Pontificio (La Lega Santa). Non poche furono le resistenze per arrivare a questa alleanza; Venezia era alleata della Francia, che, nemica della Spagna appoggiava i Turchi. Filippo II di Spagna che in un primo tempo riteneva inopportuna l'alleanza, avuto sentore dei preparativi della flotta turca che potevano essere rivolti per intervento in Spagna a favore dei Moriscos, finisce per aderire alla Santa. Nel settembre del 1571 la flotta della lega si raccolse davanti a Messina e lasciò il porto ai primi di ottobre sotto il comando di Don Giovanni d'Austria fratellastro di Filippo II di Spagna - Proprio in quei giorni giungeva la notizia della caduta della fortezza di Famagosta nell'isola di Cipro dove la guarnigione fu massacrata ed il comandate Marcantonio Bragadin fu scorticato vivo. La flotta della Lega era costituita da galere venete al comando di Sebastiano Venier, galere pontificie comandante da Marcantonio Colonna, galere genovesi guidate da Gianandrea Doria e una squadra spagnola agli ordini del Marchese di Santa Cruz; a queste sono da aggiungere alcune galere sabaude e dell'Ordine di Malta. La flotta cristiana disponeva di 210 galere e circa 30.000 soldati; compresi i marinai ed i rematori il numero saliva ad 80.000. Vi erano inoltre sei galeazze venete, grandi navi dotate di ponti con artiglierie, cosa che non avevano i Turchi e altri galeoni e brigantini che, non parteciparono allo scontro. I Turchi schieravano 265 tra galere e galeotte comandate dall'ammiraglio..: Mehemet Alì. Lo scontrò fra le due flotte avvenne il 7 ottobre del 1571 nelle acque de1. golfo di Lepanto, vicino alle isole Curzolari, tra il golfo di Patrasso e il golfo di Corinto. Entrambe le flotte erano divise in grosso squadre e schierate in direzione nord-sud. L'ala sinistra cristiana di 64 galere venete era guidata da Agostino Barbarigo, al centro con altre 64 galere stava la nave ammiraglia con Don Giovanni d'Austria e le navi di Sebastiano Venier e di Marcantonio Colonna. L'ala destra formata da 54 galere genovesi era al comando di Gianandrea Doria, la retroguardia di 30 galere agli ordini del Marchese di Santa Cruz. Davanti allo schieramento cristiano vi erano le galeazze con le artiglierie che dovevano sconvolgere lo schieramento nemico fin dall'inizio col loro fuoco. Lo schieramento turco era ad ampio semicerchio con alla destra Mehemet Soraq (Scirocco) con 52 galere a 2 galeotto, al centro l'ammiraglio Mahemet Ali con 87 galere e 2 galeotte, alla sinistra il rinnegato cristiano Uluch Ali con 61 galere e 32 galeotte; mentre la retroguardia era di 8 galere e 21 galeotte. L'ala destra turca di Soraq cerca di aggirare. le galere di Barbarigo, ma viene spinto verso la spiaggia la sua squadra è distrutta e lo stesso Soraq ferito è catturato. Il centro al comando dell'ammiraglio Ali, dopo aver affrontato il fuoco di artiglieria delle galeazze cerca di conquistare. la galera ammiraglia di Don. Giovanni d'Austria, ma la fucileria spagnola, resiste e lo stesso Ali viene catturato e decapitato, la sua testa issata fu un pennone per spaventare il. nemico. La sinistra turca, di. Uluch Ali avanza cercando di incunearsi tra il centro e le galee genovesi. per colpire da dietro la flotta cristiana. Le galere genovesi si allargano e poi col soccorso della retroguardia Uluch viene messo in difficoltà. I Turchi riescono a distruggere alcune galere siciliane di Don Giovanni Cardona e alcune maltesi; poi, visto il rischio di accerchiamento, Uluch Ali fugge con le galere superstiti. Al termine della battaglia la Lega ebbe 8000 morti, 15000 feriti e 15 navi distrutte. I turchi persero 25000 uomini, 30 galere affondate 110 catturate e furono liberati 12000 schiavi cristiani che erano ai remi delle navi turche. I combattenti della Lega erano meglio equipaggiati, disponevano di balestre, e archibugi contro archi, i cristiani avevano migliori protezioni, elmi e corazze e soprattutto disponevano di artiglieria che si mostrò molto efficace. La battaglia di Lepanto fu l'ultima grande battaglia della storia combattuta esclusivamente con navi a remi; poi inizia l'era dei velieri.
Sebbene la vittoria. di Lepanto non sia stata convenientemente sfruttata dai Cattolici, allontanò per sempre.. dal Mediterraneo occidentale i pericolo turco. Lepanto non fu solo una battaglia simbolo ma anche lo scontro che decise la storia futura di due culture profondamente diverse ed incapaci di convivere pacifica mente. Se la Lega Santa fosse stata sconfitta, i Turchi avrebbero avuto mano libera nel Mediterraneo e riorganizzato in maniera unitaria il loro impero così da poter attaccare 1'Europa solo difesa dai principi luterani. e dalla Francia che difficilmente avrebbero potuto sostituirsi con successo alla Spagna ed all'Impero nella difesa della Europa. Per una seconda volta il pericolo dell'Islam si era allontanato. A questa battaglia partecipò il famoso scrittore spagnolo Miguel de Cervantes autore del Don Chisciotte - che fu ferito ad un braccio. A ricordo della Battaglia di Lepanto il papa PIO V, istituì ad eterna memoria la Festa di Nostra Signora della Vittoria, che il successore Gregorio XIII stabilì per la I°. domenica dello. stesso mese come Festa della Madonna del Rosario.

III - L'ASSEDIO DI VIENNA

Verso la fine del XVII secolo il Sacro Romano Impero con la sua capitale Vienna si veniva a trovare in serie difficoltà. I Turchi si stavano spingendo sempre più a nord con le loro truppe di invasione. la Francia del Re Sole Luigi XIV per rivalità contro l'Impero appoggiava la Turchia L'imperatore Leopoldo buon cristiano ma di personalità debole e circondato da una Corte corrotta e da ministri intriganti ed incapaci non poteva che contare su pochi alleati esterni ed un esiguo schieramento di truppe disponibili per la difesa del territorio. La Cristianità a seguito della Rivoluzione Protestante era ormai irrimediabilmente spaccata; Questa divisione era stata sancita dalla Pace di Westfalia del 1648. Pertanto l'imperatore Leopoldo poteva contare su Pochi principi tedeschi, qualche condottiero italiano, i Duchi di Lorena e Baviera, qualche Principe ungherese che non si era assoggettato ai Turchi ed un solo Sovrano il Re di Polonia Giovanni Sobieski. La Francia di Luigi XIV il Re Sole anziché schierarsi come suo dovere di Re Cristianissimo per la difesa di Vienna si era accordato con il nemico turco. Per meglio approntare le difese della città, l'Imperatore Leopoldo aveva lasciato Vienna prima dell'Assedio. Le orde turche durante la marcia verso la capitale del regno asburgico avevano distrutto e bruciato 400 tra città e villaggi uccidendo più di 40.000 cristiani. In questa situazione interviene un personaggio importante, conosciuto da molti sovrani europei sia per la sua infaticabile opera missionaria che per le sue energiche posizioni contro i pericoli dell'invadenza dell'islam. Questo umile frate cappuccino era Marco d'Aviano. il quale sollecitato dallo stesso
imperatore Leopoldo sia con richiesta diretta che con lettera al Sommo pontefice affinché fosse inviato presso la corte asburgica in questo momento di pericolo. Il santo cappuccino appena giunse all'accampamento
dell'Imperatore invitò tutti a cambiare vita ed a fare penitenza. A suo dire il pericolo incombente dell'islam sull'impero era dovuto al comportamento colpevole dei suoi sudditi. Marco d'Aviano dispose che vi fossero pubbliche preghiere e penitenze in questo sostenuto dagli stessi ordini dell'Imperatore; inoltre, dispose che fossero rafforzate le difese della città. Gli attacchi turchi sempre più pressanti si risolvevano comunque in sanguinose carneficine che indebolivano gli stessi attaccanti. La strategia di Marco d'Aviano era
semplice: "preghiera, penitenza e fiducia assoluta nella Vergine". La sua devozione alla Beata Vergine Maria, la sua assoluta fiducia lo portavano a ritenere che dopo doverosa preparazione spirituale di preghiere e penitenze, che un attacco improvviso all'accampamento nemico sarebbe stato risolutivo dell'assedio, i nemici sarebbero fuggiti lasciando armi e bagagli come ebbe a dire all'ultimo consiglio di guerra. La cosa si verificò puntualmente. La mattina del 12 settembre 1683 dopo aver fatto assistere alla S. Messa ai soldati, si disposero le truppe per l'assalto. Il comando dell'esercito fu affidato al re di Polonia Giovanni Sobieski. Padre avanzava con in mano il crocifisso suscitando 1'entusiasmo dei soldati che col loro attacco travolsero il nemico ben superiore di numero.
Nell'accampamento conquistato furono trovate vettovaglie, tesori, beni di ogni genere. seicento giovani cristiani destinati ad
essere venduti come schiavi a Costantinopoli, l'Harem del comandante turco Kara Mustafà e 10.000 sacchi di caffè. Secondo la loro barbara usanza il comandante turco sconfitto fu strangolato per ordine del Sultano che a tale proposito aveva mandato dei sicari per punire chi non aveva saputo soddisfare ai suoi desideri di potenza.
Questo fu uno dei più grandi trionfi della Cristianità, da quel momento l'islam cominciò ad arretrare da territorio europeo. Il pericolo dell'islamizzazione dell'Europa era definitivamente scomparso. Infatti, sempre sotto le energiche prese di posizione di Padre Marco d'Aviano furono successivamente riconquistate Buda e Belgrado. A ricordo di questo vittorioso evento, per il 12 settembre fu istituita la Festa del SS. Nome di Maria.





Custodito a Gaeta lo stendardo di Lepanto



Ricostruiamo la storica vittoria della flotta cristiana contro quella ottomana nelle acque della città greca il 7 ottobre 1571. Ottanta galee turche affondate e 117 catturate. Sulla nave pontificia di Marcantonio Colonna sventolò il vessillo benedetto da papa Pio V donato poi al Duomo della cittadina laziale. L’ammiraglio l’aveva promesso in omaggio davanti alla statua di Sant’Erasmo, patrono dei marinai, se l’impresa navale fosse andata a buon fine. Danneggiato dai bombardamenti del 1943 è stato restaurato dalla Sovrintendenza delle belle arti.


Nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia si sono susseguite molte celebrazioni in varie città tra cui Gaeta che custodisce uno dei simboli più rappresentativi della Cristianità: lo stendardo di Lepanto, trofeo e simbolo di quella vittoria navale decisiva per le sorti dell’intero Occidente.
La svolta avvenne col disastro dell’isola di Djerba nel 1560, dove il re Filippo II perse il più e il meglio del proprio esercito e della propria flotta. Non solo la Spagna, ma tutto il sud Europa rimasero indifese davanti a un’eventuale invasione dei turchi.
Il 25 maggio 1571 papa Pio V riuscì a vincere le diffidenze di spagnoli e veneziani costituendo una Santa Lega, atta a mettere in mare una flotta abbastanza numerosa e combattiva da sconfiggere quella ottomana. Fu scelto come capo dell’Armata cristiana un giovane di 25 anni, don Giovanni d’Austria, figlio naturale dell’Imperatore Carlo V e fratellastro del Re di Spagna Filippo II. A lui il Papa affiancò il più esperto Marcantonio Colonna, capo della flotta pontificia. La flotta veneziana era comandata da Sebastiano Veniero, che aveva allora 70 anni. Anche Genova, la Savoia, la Toscana, Mantova, Parma, Urbino, Ferrara e Malta aderirono con le loro galee. In tutto 208 contro le 230 turche: il più possente schieramento di forze mai messo in mare.

Il Papa ricevette Marcantonio Colonna e lo investì delle insegne del comando della flotta affidandogli lo stendardo che aveva appena benedetto. Era un labaro realizzato dal pittore Girolamo Siciolante da Sermoneta con un tessuto di seta pregiata a forma di vessillo con una coda di circa otto metri, sfondo rosso e bordatura in oro, nel quale è rappresentata la scena del Redentore sulla croce tra gli apostoli San Pietro e Paolo, avente in basso la scritta a lettere d’oro “In hoc signo vinces”.
Il 21 giugno Marcantonio Colonna, salpò con le galee pontificie da Civitavecchia e il giorno seguente approdò a Gaeta, dove, recatosi in Duomo, fece voto davanti alla statua di Sant’Erasmo, patrono dei marinai, di offrire in dono a quella Chiesa lo stendardo se l’impresa fosse felicemente riuscita. Un altro stendardo fu consegnato dal Papa all’Armata. Era un vessillo di damasco azzurro che nella parte alta aveva il Crocifisso e, in basso, lo stemma di Pio V, fra quelli di Spagna e di Venezia. Il cardinale Granvella lo affidò a Napoli, a don Giovanni d’Austria, con le insegne di comandante dell’Armata.
Nel frattempo il nuovo ammiraglio ottomano, l’aggressivo, capace e ambizioso Mehemet Alì Pascià aveva approntato un grande piano strategico per dividere le forze cristiane e attirare in una trappola la flotta veneziana. Alla fine dell’estate, dopo la caduta di Famagosta e il martirio del comandante veneziano Marcantonio Bragadin, tutta la flotta ottomana era concentrata a Lepanto, una base navale sicura e ben protetta dove poter svernare in attesa di attaccare direttamente l’Italia.
La flotta della Lega, intanto, si era concentrata a Messina. Il 16 settembre, don Giovanni concluse l’ultimo consiglio di guerra dicendo: “Andiamo a stanarli”. Lo stesso giorno la flotta cristiana lasciò Messina e gettò l’ancora il 5 ottobre nell’isola di Cefalonia.

All’alba del 7 ottobre si trovò di fronte la flotta turca nel Golfo di Lepanto. L’armata cristiana si schierò in ordine di battaglia a forma di croce. Quella turca avanzava in forma di mezzaluna. I turchi spararono il primo colpo di cannone. Sulla nave ammiraglia di don Giovanni d’Austria e sulla capitana di Marcantonio Colonna furono issati i due grandi stendardi benedetti dal Papa. Sulla nave ammiraglia turca (la Sultana) sventolò un vessillo verde su cui c’era scritto il nome di Allah in caratteri d’oro ripetuto per 28.900.
Al centro dello schieramento era la Reale di Spagna, con don Giovanni d’Austria. Alla sua destra era la Capitana pontificia di Marcantonio Colonna, alla sinistra la Capitana veneziana di Sebastiano Venier. All’ala o corno destro era l’ammiraglio genovese Giannandrea Doria e all’ala sinistra il veneziano Agostino Barbarigo. Erano le undici di mattina della domenica 7 ottobre 1571. La battaglia infuriò maggiormente al centro intorno alla galea di don Giovanni e alla Capitana di Marcantonio. Le navi ammiraglie turca e cristiana si speronarono l’una con l’altra, formando un campo di battaglia galleggiante, in cui giocarono un ruolo determinante le fanterie. Il volgere del vento a favore dei cristiani decise le sorti dello scontro. Dopo cinque ore di furiosa battaglia, i cristiani rimasero quasi increduli di fronte alla completa vittoria. Più di 80 galee affondate, 117 catturate (27 galeotte furono affondate e 13 catturate); i turchi persero 30mila uomini tra morti e feriti. Altri 8mila furono fatti prigionieri. Vennero liberati 15mila cristiani che erano stati ridotti in schiavitù e incatenati ai banchi delle galee. Quel giorno, a Roma, verso le 5 pomeridiane, il papa stava trattando di affari con il segretario personale. A un tratto interruppe la conversazione, si alzò, si accostò alla finestra e vi rimase qualche tempo, come a contemplare una misteriosa scena. Poi, commosso, ritornò dal segretario e gli disse: “Non parliamo più di affari, non è tempo di ciò! Correte a rendere grazie a Dio. Il nostro esercito consegue la vittoria”. Fu uno dei miracoli riconosciuti per la causa di canonizzazione di san Pio V, il quale aveva pregato intensamente di fronte a una immagine della Madonna che, secondo la tradizione, aveva dischiuso miracolosamente le labbra pronunciando le parole: “Vittoria, vittoria!”.
Qualche giorno dopo un messo di don Giovanni d’Austria gli confermò la notizia. Il nome di Lepanto entrò nella storia. La battaglia segnò la prima grande vittoria di una flotta cristiana occidentale contro l’impero ottomano da decenni in piena espansione territoriale.

Dopo oltre un secolo di continua espansione turca, che dalla occupazione di Costantinopoli (1453) in poi aveva continuato una avanzata che pareva inarrestabile, conquistando man mano Siria, Arabia, Egitto, spingendosi poi in Europa con la conquista di Belgraod, Todi, dell’Un-gheria, arrivando persino ad assediare Vienna, la disfatta di Lepanto rappresentò la prima significativa inversione di tendenza, che impedì ai turchi una ulteriore espansione, almeno nel settore occidentale del Mediterraneo.
Ma, più di un secolo dopo, i turchi erano ancora sotto le mura di Vienna, mentre Venezia dovette combattere altre lunghe guerre con l’Impero ottomano, perdendo infine il controllo su tutte le isole e i porti che possedeva in Egeo (come Creta), eccetto le Isole Ionie. Inoltre la flotta ottomana riuscì a sconfiggere quella veneziana presso capo Matapan al principio del Settecento; segno che l’impero turco, pur in relativa decadenza, continuava ad essere una delle principali potenze europee.
Nonostante la devastante sconfitta turca a Lepanto, la scarsa coesione tra i vincitori impedì alle forze alleate di sfruttare appieno la vittoria e ottenere una supremazia duratura sugli Ottomani.
L’Impero ottomano risentì duramente del colpo. Secondo una versione dei cronisti del tempo, il Sultano perse il sonno per tre interi giorni quando fu informato della disfatta. Secondo altri, disse che gli era stata bruciata la barba, ma che con il tempo gli sarebbe ricresciuta. Dopo Lepanto, l’impero turco iniziò una poderosa opera di ricostruzione della flotta, che si concluse in sei mesi. Ma la marina turca non riuscì a riconquistare la supremazia nel Mediterraneo, soprattutto nella sua metà occidentale. Le nuove navi erano state costruite troppo in fretta, tanto che l’ambasciatore veneziano disse che bastavano 70 galee ben armate e ben equipaggiate per distruggere quella flotta costruita con legname marcio e cannoni mal fusi.

La vittoria, tuttavia, non permise ai Veneziani e all’esercito cristiano di riconquistare l’isola di Cipro caduta da appena due mesi in possesso ottomano. Questo a causa del volere di Filippo II, il quale non voleva che i Veneziani acquisissero troppi vantaggi dalla vittoria, visto che questi ultimi erano i più strenui rivali del progetto politico spagnolo di dominio assoluto della penisola italiana. La Serenissima fu quindi costretta a firmare un trattato di pace a condizioni poco favorevoli.
Il 4 dicembre 1571, Roma accolse con una pompa trionfale il comandante della flotta pontificia.
Il più insigne ornamento del corteo era lo stendardo dell’armata pontificia portato dal cavaliere Tommaso Romegas e che Marcantonio Colonna, per esaudire il suo voto, avrebbe poi riposto nel Duomo di Gaeta, ai piedi di Sant’Erasmo.
Nei secoli successivi il sacro vessillo fu conservato in un cassetto del tesoro della cattedrale di Gaeta. Nel 1700 il vescovo Carlo Pergamo lo fece adattare in un grande quadro per poterlo meglio esporre in cattedrale. L’8 settembre 1943, una bomba sganciata da un aereo tedesco colpì la cattedrale causando ingenti danni alla struttura della chiesa e allo stendardo, al quale procurò profondi strappi. Finita la guerra, la Sovrintendenza delle belle arti si prese cura del sacro vessillo e lo restaurò, riportandolo all’antico splendore.

Raffaele Gargiulo

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