SOS DI TRUMP SUGLI 800 JIHADISTI EUROPEI
MA SILENZIO SUI 759 FOREIGN FIGHTERS SAUDITI.
FRENETICHE AZIONI AEREE DELL’ESERCITO USA
PORTANO TERRORISTI DAESH IN IRAK E NIGERIA
___di Fabio Giuseppe Carlo Carisio ___
Quattro piccioni con una fava: è questo il prodigioso risultato che sta portando a casa l‘intelligence militare Usa. Ai più allocchi ed ignoranti delle dinamiche ed evoluzioni della guerra civile in Siria sta riuscendo a far credere di aver debellato l’Isis, dallo stesso Pentagono finanziato e armato sotto la presidenza di Barack Obama e in realtà annientato primariamente dall’esercito di Bashar Al Assad con l’aiuto delle forze armate della Russia, degli Hezbollah libanesi, delle Forze Quds iraniane e della Sdf (Sirian Democratic Force) animata e controllata dai curdi del Royana sostenuti dall’esercito della coalizione a guida statunitense. Ai politici superficiali sta facendo credere che ora il problema sono gli 800 Foreign Fighters europei che la Casa Bianca, con insolita clemenza, non è intenzionata a portare a Guantanamo nelle prigioni lager dei Marines per i terroristi jihadisti aperte dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e minaccia di lasciare liberi. «Gli Stati Uniti stanno chiedendo a Gran Bretagna, Francia, Germania e altri alleati europei di prendersi gli 800 combattenti dell’Isis che abbiamo catturato in Siria e di processarli. Il Califfato è pronto a cadere. L’alternativa non è buona ed è che saremo costretti a rilasciarli» è l’inquietante tweet cinguettato dal presidente americano Donald Trump nei giorni scorsi, cui tutti i governi europei hanno fatto orecchio da mercante legittimandolo di fatto a liberarli. Ai più attenti alla geopolitica mediorientale non è sfuggito il furto di 40-50 tonnellate di oro provenienti dalle banche di Mosul in Irak e conservati dall’Isis soprattutto ad al-Dashisha nella campagna meridionale di Hasaka, bottino di guerra ottenuto in cambio ad una liberazione di comandanti Isis già iniziata a gennaio in Afghanistan e intensificata negli ultimi giorni a Deir Ezzor, la cittadina vicina all’Eufrate dove si è concentrato l’estremo attacco della Global Coalition against Daesh guidata dagli Usa nei cieli, e in terra dalla Sdf, con cui si sta sterminando l’ultima sacca di terroristi della bandiera nera. Una notizia diffusa anche dai siti americani Veterans Today e Washington Post. Ma ben pochissimi lettori di news di guerra hanno colto il particolare accuratamente taciuto dal presidente Trump sulla presenza in Siria di almeno 800 Foreign Fighters dell’Arabia Saudita, perlopiù giovani studenti, nemmeno troppo indottrinati dal Corano, probabilmente allettati dall’adrenalina di una reality wargames e dai cospicui ingaggi e premi dell’Isis fondato da Al Baghdadi. Di loro si trova traccia soltanto nell’ultimo rapporto del 5 febbraio scorso del Centre for the Study of Radicalisation (ICSR), un centro di ricerca accademica acclamato a livello internazionale con sede presso il Department of War Studies del King’s College di Londra.
DALL’ISIS TONNELLATE DI ORO PER LA LIBERTA’
Gli elicotteri dell’Us Air Force stanno portando via tonnellate di oro dalla Siria
Gli elicotteri dell’Us Air Force stanno portando via tonnellate di oro dalla Siria
«Mentre cerca di convincere il mondo della sua immaginaria vittoria su Daesh, (ISIS) Washington sta ancora collaborando con l’organizzazione terroristica, con l’ultimo e forse ultimo capitolo di questa cooperazione che prevede un accordo che coinvolge oro rubato». La denuncia riportata dall’agenzia Sana (Sirian Arab National Agency) è deflagrante come un missile soprattutto perché collima con quella diffusa dall’Osservatorio dei Diritti Umani in Siria (Sohr) di Coventry (Inghilterra) e della BBC, ma, come spesso accade, è stata ripresa soltanto da pochi media occidentali che si sono limitati a riportare la storia dell’oro rubato dagli Usa, non l’infamante “perché” che sarebbe la prova tangibile dello sporchissimo doppio gioco condotto dal Pentagono magari alla stessa insaputa del boccalone Trump che ormai si trangugia qualsiasi menzogna sciorinata dai generali dell’Usaf (Us Air Force) pur di continuare a combattere in Siria e a far girare a pieno ritmo la macchina da soldi delle lobbies degli armamenti: basti pensare che un solo missile Amg 114 Hellfire costa circa 160mila dollari. Non è una novità che gli Usa si approprino dell’oro accumulato dall’Isis in gran parte proveniente dalle banche di Mosul dell’Irak benestante di Saddam Hussein. E’ insolito che le casse di oro siano state trasportate via dalle truppe statunitensi ormai pronte al ritiro annunciato dal loro capo di stato, invece di essere distribuito ai guerrieri curdi dello Sdf, quelli che si sono massacrati sul campo contro i bazooka e mortai del Daesh mentre gli americani si concentravano soprattutto nei raid aerei nella Siria meridionale che hanno causato 1.140 morti civili (Irak compreso dal 2014) secondo le ammissioni della stessa Coalizione occidentale e invece quasi 12mila secondo l’IHRC, la Commissione Internazionale per i Diritti Umani (IHRC) nel Medio Oriente. «Le fonti hanno detto che gli elicotteri militari statunitensi sono atterrati a Hajin, a Deir Ezzor, a Dashisha e a Haska, trasportando i leader di Daesh che si erano consegnati alle forze americane e in seguito hanno indirizzato gli americani ai lingotti d’oro rubati, chiudendo un accordo con il quale Washington ha guadagnato centinaia di milioni dollari grazie ai leader e gli esperti sul campo dell’organizzazione terroristica» lo ha scritto Hazem Sabbagh per l’agenzia Sana ma come detto la notizia è stata ripresa anche dai media nordamericani e occidentali e pure da Al Jazeera. Uno degli ultimi preziosi voli sarebbe avvenuto domenica dopo il tramonto. In particolare Veterans Today riporta un articolo del newspaper Farnews di Teheran molto dettagliato sui movimenti di guerriglieri Isis.
LA FUGA DEI JIHADISTI ISIS IN IRAK COPERTA DAGLI USACombattenti Isis trasportati in Irak con i camion dell’esercito americano
«Decine di militanti dell’ISIL e dei loro familiari hanno lasciato la Siria orientale per la Turchia dopo aver pagato migliaia di dollari, mentre i rapporti hanno riferito che altri 3.000 sono stati probabilmente trasferiti dagli Stati Uniti in Iraq. L’Osservatorio siriano di diritti umani (SOHR), con sede a Londra, ha riferito lunedì che oltre 85 militanti dell’ISIL e i loro familiari sono stati trasferiti in Turchia attraverso le regioni occupate dalle forze democratiche siriane (SDF) e dai terroristi sostenuti da Ankara – scrive FNA Farsnews – Ha aggiunto che ogni persona ha pagato 10mila dollari per poter lasciare la regione, notando che uno dei membri uzbeki dell’ISIL ha pagato 50mila dollari per se stesso e per i suoi familiari di fuggire. Nel frattempo, Hassan al-Olow, membro del parlamento iracheno della provincia di Ninive, ha scritto sulla sua pagina twitter che circa 3000 terroristi dell’ISIL sono stati evacuati dalla regione di Baqouz nel sud-est di Deir Ezzur su oltre 30 camion e sotto la supervisione degli Stati Uniti. Ha ipotizzato che i terroristi siano stati trasferiti nelle aree desertiche nella provincia di al-Anbar nell’Iraq occidentale. Nel frattempo, il SOHR riferito che 82 militanti dell’ISIL insieme ai loro familiari, con un totale di 1.400 persone, sono stati segretamente evacuati da Baqouz su diversi camion, aggiungendo che centinaia di essi sono stati trasferiti nei territori iracheni. Il SOHR aveva anche riferito sabato che le truppe dell’esercito americano avevano aiutato decine di migliaia di terroristi dell’ISIL e le loro famiglie ad uscire dall’Eufrate orientale». Proprio l’osservatorio cita numeri da capogiro che parlano di 46mila persone in totale tra cui 2.100 sono dall’area dell’Eufrate in mezzo ai quali 40 foreign fighters, anticipando che a breve altri 3mila tra comandanti e combattenti Daesh saranno evacuati. Si tratta di un piano in parte simile a quello apertamente sottoscritto da Turchia e Russia (in rappresentanza anche dell’Iran) il 17 settembre scorso per la zona di tregua della provincia settentrionale di Idlib, una pace reiteratamente violata dai gruppi jihadisti, in quel caso in prevalenza qaedisti di Al Nusra con le inevitabili reazioni dell’artiglieria dell’esercito siriano, dove era prevista la fuoriuscita dei fondamentalisti combattenti garantita dal governo di Ankara ma mai di fatto compiuta. Con l’unica sostanziale differenza che ad Idlib fu pensato questo accordo salva-terroristi per evitare un attacco frontale militare con inevitabile strage di civili spesso usati da scudi umani dai miliziani islamici mentre a Deir Hezzor le bombe “intelligenti” di Trump hanno già fatto tra gennaio e febbraio almeno 64 morti civili tra cui 11 bambini: quindi la liberazione dei jihadisti non è stata funaizonale ad alcuno risparmio di vite umane. Onde non ripetermi non indugio sulla liberazione dei comandanti Isis in una prigione del nord dell’Afghanistan effettuata con un blitz dai reparti speciali Usaf che hanno ucciso numerosi talebani e poi elitrasportato non si sa dove i prigionieri Usa. Ma la vera vergogna di Washington giunge sul silenzio totale circa altri spostamenti mirati e gli oltre settecento Foreign Fighters sauditi che rimangono un mistero…
FOREIGN FIGHTERS ISIS PORTATI IN NIGERIAMilitanti dello Stato Islamico con la bandiera nera che identifica l’Isis
La stessa agenzia Sana riferisce inoltre modo assai circostanziato il movimento dei combattenti Isis dalla Siria all’incandescente Nigeria, fulcro dell’attività degli efferati jihadisti Boko Haram e dove si sono appena tenute con ritardi logistici le elezioni presidenziali. «Il Commissario della Commissione Internazionale per i Diritti Umani (IHRC) nel Medio Oriente, Haitham Abu Said, ha affermato il coinvolgimento degli Stati Uniti nel traffico clandestino e trasporto di terroristi dalle campagne di Raqqa e di altre aree della Siria settentrionale ai paesi dell’Africa, in collaborazione con il regime turco esercito – scrive l’agenzia d’informazione siriana – Abu Said ha evidenziato in una dichiarazione che circa 1200 terroristi di diverse nazionalità, tra cui francesi, tedeschi e ceceni, sono stati trasportati nel continente africano, e in particolare in Nigeria, con l’aiuto delle truppe statunitensi e dell’esercito turco, aggiungendo l’informazione che alcuni leader di gruppi terroristici sono entrati in Marocco. Prove e fatti confermano che esiste una stretta relazione tra l’organizzazione terroristica statunitense e Daesh (ISIS)». Notizie difficili se non impossibili da verificare essendo ben coperte dal segreto militare dagli americani dei quali sorprende il silenzio sulla massiccia presenza di Foreign Fighters sauditi ben focalizzata invece dallo centro di studio di fenomeni bellici ICSR King’s College di Londra che ha tra le sue lodevoli finalità quelle di consulenza a governi, forze dell’ordine, intelligence su come frenare il flusso di combattenti terroristi stranieri; comprendere le motivazioni della radicalizzazione per coloro che diventano quelli che i loro analisti appunto FTF (Foreign Terroristic Fighters); valutare la minaccia del rientro ed esplorare le opportunità di deradicalizzazione. «Il conflitto siriano è stato la guerra nella storia più socialmente mediata. In risposta, ICSR ha sviluppato alcuni dei più sofisticati metodi “open source” utilizzati dagli accademici oggi per comprendere meglio le origini, il ruolo e il coinvolgimento dei combattenti stranieri che vi partecipano – scrivono gli studiosi londinesi – Ciò è culminato nella creazione di un database contenente informazioni su oltre 700 volontari occidentali, fornendo una base empirica per quantificare le esperienze di questi combattenti. Questa ricerca è stata aumentata da ricerche sul campo e interviste con oltre 100 combattenti stranieri, che sono stati condotti durante il loro tempo nel teatro di guerra. In aggiunta a ciò, ICSR cura una serie di database sussidiari basati sulla raccolta di dati da fonti sia aperte che chiuse. Uno di questi comprende un archivio codificato di oltre 4000 registrazioni di ingressi di volontari dello Stato Islamico (ISIS / ISIL / Daesh), consistenti in una dettagliata suddivisione delle pratiche burocratiche che hanno completato quando hanno aderito al movimento. Queste ricche fonti empiriche forniscono la base del nostro lavoro in corso per quantificare, contestualizzare e spiegare il ruolo dei combattenti stranieri nel conflitto siriano, la loro potenziale minaccia per l’Occidente e la probabilità di una cosiddetta “minaccia di rimpatrio”».
Una delle schede del dossier del Corriere della Sera sui Foreign Fighters Isis – CLICCA SULL’IMMAGINE PER LEGGERE IL REPORTAGE COMPLETO
Come ha riferito il Corriere in un dettagliato dossier in cui specifica che i foreign fighters sarebbero addirittura 30mila (il dato ICSR è riferito solo agli arrivi monitorati) a Baghdad sono state emesse 300 condanne a morte e 185 ergastoli ma la maggior parte dei prigionieri Isis era rimasta nelle prigioni dei curdi Sdf che, privi di legittimazione internazionale a processarli e nolenti a giustiziarli sommariamente, con la complicità e regia degli Usa hanno cominciato il processo di liberazione su riscatto. Tra i gli 800 citati da Trump ci sono anche 40 italiani tra cui la 22enne padovana Meriem Rehaily, partita nel 2016. Ma da nessuna parte c’è notizia degli FTF sauditi che risultavano 759 sui 4mila monitorati da ICSR: ovvero un quinto dei combatenti stranieri Isis stimati dallo stesso centro studi londinese. Nessuno sa che fine abbiano fatto ma ovviamente il sospetto è che siano stati liberati per andare nello Yemen dove l’Arabia Saudita governata dai wahabiti-sunniti combatte contro i ribelli Huthi, nemici sciiti, con l’appoggio e gli aiuti militari degli Usa. Vediamo almeno di capire chi sono.
Il dossier dell’ICsr di Londra sui Foreign Fighters Sauditi. Vedi link:
«All’inizio del 2016 è stata trapelata un’enorme grande quantità di documenti con le informazioni sulle nuove reclute che tentavano di unirsi al cosiddetto Stato islamico (IS) in Siria. La stragrande maggioranza delle persone nominate in questi documenti si unì all’organizzazione terroristica negli anni 2013 e 2014 – scrive Abdullah bin Khaled Al-Saud nel suo dettagliatissimo dossier di 40 pagine pubblicato il 5 febbraio scorso sul sito del Centre for the Study of Radicalisation (ICSR) – Raramente si ha la possibilità di vedere i documenti interni dei gruppi terroristici la cui sopravvivenza dipende e dipende dalla segretezza assoluta. Questo è il motivo per cui tali documenti sono così preziosi e importanti. Questo documento di ricerca presenta un’analisi approfondita dei record trapelati di 759 Foreign Terroristic Fighters dell’Arabia Saudita contenuti in questo archivio, sia cittadini che residenti, e presenta intuizioni chiave sul profilo della recluta saudita. Analizzando i record di IS e concentrandosi su quelli che riguardano individui provenienti da un paese che è sempre stato preso di mira e considerato come il premio finale per gruppi terroristici e organizzazioni (in particolare l’Arabia Saudita), questo studio rappresenta un passo importante per aumentare la conoscenza contestuale. Tale conoscenza è vitale quando si tratta di un fenomeno intricato come il terrorismo e un processo complesso quanto la radicalizzazione» L’analisi è davvero sosprendente perché evidenzia come i jihadisti volontari Isis sauditi fossero perlopiù giovani studenti né particolarmente fanatici religiosi né provenienti da ceti di estrema povertà. «Questa prima coorte di combattenti terroristi stranieri sauditi (FTF) era per lo più giovane e rappresenta una nuova generazione di jihadisti sauditi. Tuttavia, per la maggior parte, non erano né adolescenti, né solitari e emarginati – evidenzia Abdullah bin Khaled Al-Saud – Sebbene non provengano da uno specifico segmento povero e scontento della società saudita, la provincia di al-Qassim, nell’Arabia Saudita centrale, ha presentato il più alto rapporto di combattenti stranieri sauditi per 100.000 residenti con un margine significativo. La stragrande maggioranza, per auto-ammissione, non è ben introdotta nella conoscenza religiosa. Anche se questa è stata una caratteristica costante tra la maggioranza delle reclute nei confronti di gruppi terroristici in generale, è ancora più pronunciata quando si parla di IS. Questo gruppo di FTF saudita non è culturalmente sottosviluppato; quindi, sarebbe difficile affermare che soffre di mancanza di opportunità o assenza di mobilità verso l’alto. I maggiori disordini politici e l’instabilità e l’accentuato settarismo nella regione spiegano di più la radicalizzazione dei combattenti terroristi stranieri sauditi di IS rispetto alla mera ideologia socioeconomica o pura religiosa. L’IS tenta di sfruttare le faglie settarie nelle società e adattare la sua narrativa e l’approccio ai contesti storici e sociali specifici di ciascun paese. È quindi indispensabile acquisire il maggior numero possibile di conoscenze contestuali al fine di poter escogitare soluzioni efficaci per affrontare la sua minaccia». Chi vuole approfondire legga la ricerca che pubblichiamo integralmente in inglese.
Ma di questi giovani combattenti sauditi, un quinto tra tutti i Foreign Terroristic Fighters, non si sa più nulla. Perché l’amicizia degli Usa con il Regno dell’Arabia Saudita, col quale Donald Trump si appresta a siglare un accordo per un piano nucleare, è stata appena scossa dalla barbara esecuzione dell’editorialista dello Washington Post Jamal Kashoggi, è passata indenne alla strage degli innocenti dei bambini yemeniti morti di fame per gli embarghi di Riad agli aiuti umanitari, e non sarà certo compromessa dalla gestione di qualche centinaio di terroristi inventati, armati e pilotati dall’amministrazione di Barack Obama. Secondo i più fini esperti di intelligence e geopolitica infatti l’Isis non è altro che la Gladio del Terzo Millennio, una nuova formula di quella Stay Behind che se poteva essere digerita dai governi e dalle ntelligence straniere Nato nell’era della guerra fredda non potrebbe essere certo legittimata oggi. Ecco quindi che al posto dell’ormai primitivo James Bond al servizio della MI6 britannica gli Usa hanno nuovi 007 con licenza di uccidere, sterminare e bombardare coperti dalla maledetta bandiera nera Isis che in qualsiasi momento possono essere facilmente giustiziati e condotti al silenzio tombale nell’encomio di tutti i popoli della terra.
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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