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Gianni Rodari
"Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare"
Socrate
venerdì 21 dicembre 2018
L’onda delle proteste in Francia arriva sul Mediterraneo
E' UN'ONDA INARRESTABILE IN TUTTO IL MONDO.....
Libano, i comunisti in piazza: “Ci ispiriamo ai Gilet gialli”
“Istruzione gratuita, aumento dei salari e blocco degli aumenti delle tasse, in tutti i Paesi si chiedono le stesse misure come se si trattasse di un movimento internazionalista”, ha dichiarato il segretario del Partito comunista libanese, Hanna Gharib, dopo una grande manifestazione per le strade di Beirut, paragonando le proteste in Libano a quelle dei “Gilet gialli” in Francia.
Migliaia di persone hanno partecipato ieri alla manifestazione organizzata dal Partito Comunista Libanese, l’Organizzazione popolare nasseriana, la Federazione Nazionale dei Lavoratori e dei dipendenti, altre organizzazioni di sinistra e gruppi di sostenitori per protestare contro la corruzione nelle istituzioni politiche, con lo slogan: “Per le strade contro la politica che porta al collasso”.
La manifestazione in cui hanno scandito slogan contro la corruzione e confessionalismo, davanti alla sede della Banca Centrale del Libano, nel quartiere di Hamra, si è diretta verso la piazza Riad el-Solh, nel centro della città da Beirut. I partecipanti hanno gridato slogan per “la fine dello stato di corruzione” e hanno anche cantato inni patriottici e rivoluzionari.
Il segretario generale del Partito comunista libanese Hanna Gharib ha dichiarato che il movimento di ieri è un primo passo nel processo di lotte che crescerà e ha accusato la classe dominante per l’aumento del debito estero che ha raggiunto i 100 miliardi di dollari.
Gharib ha aggiunto che non è giusto che i poveri del paese paghino il 70% del valore del debito pubblico mentre gli “squali” solo il 30%.
Il PCL chiede salari più alti nei settori pubblico e privato, l’introduzione di una tassa progressiva, la costruzione di centrali elettriche e la fine della legge sulla riservatezza bancaria. Da parte sua, Oussama Saad, presidente dell’Organizzazione Popolare nasseriano, ha sostenuto che la “crisi politica” che attualmente attraversa il Libano nel settimo mese del vuoto di governo “riflette la crisi del sistema libanese e non semplicemente una crisi di formazione di un nuovo governo. “
Saad ha aggiunto: “Continueremo a protestare fino a quando non otterremo i diritti del popolo per l’assistenza sanitaria, l’istruzione gratuita, occupazione, alloggio, previdenza e vita dignitosa per gli anziani, l’elettricità, l’acqua e la gestione trasparente per paese onesto senza corruzione.” In un’intervista con il quotidiano Al-Akhbar, Hanna Gharib ha paragonato esplicitamente la protesta di ieri con il movimento dei “Gilet gialli” in Francia, che “rifiuta le misure destinate a imporre il Libano”, riferendosi al previsto conferenze economiche di Parigi I, II, III, nonché la conferenza “CEDRE”.
Il movimento di “Gilet gialli” ci ha incoraggiato a protestare perché abbiamo rivendicato per 30 anni “Educazione gratuita, aumento dei salari e blocco degli aumenti delle tasse”, ha aggiunto Gharib. “Oggi, in tutti i paesi, i cittadini chiedono misure simili, come se si trattasse di un movimento internazionalista”, ha sostenuto Gharib.
Se i bambini passano molto tempo davanti allo schermo, si modifica la struttura del cervello
Un pioneristico studio da 300 milioni di $ ha scoperto che nei bambini che passano almeno 7 ore al giorno davanti a smartphone o tablet si modifica la struttura del cervello.
La nuova ricerca è stata finanziata dall’Istituto nazionale americano della sanità, un’agenzia governativa, e ha illustrato i risultati della tecnologia sui bambini.
I ricercatori sono giunti alle loro conclusioni analizzando il cervello di 4.500 bambini e al momento ne stanno analizzando altri 11.000 di bambini di 9 e 10 anni su un periodo di 10 anni. I primi dati ottenuti hanno evidenziato che passare troppo tempo davanti allo schermo può avere effetti negativi sui bambini.
“Gli scienziati considerano caratteristiche cerebrali legate ad azioni impulsive, l’impatto di comportamenti salutari (come il sonno o l’attività fisica) sullo sviluppo cerebrale e cognitivo o ancora tratti legati all’utilizzo dei dispositivi digitali (come l’esposizione prolungata a uno schermo). Ad esempio, un recente studio nell’ambito del progetto ABCD ha evidenziato legami tra diverse quantità e tipologie di tempo passato davanti allo schermo (es. videogiochi vs. social media) e diversi tratti psicologici, caratteristiche cerebrali strutturali e funzioni cognitive”, si legge nell’abstract dello studio dell’Istituto nazionale statunitense di sanità.
“Gli scienziati potranno monitorare i soggetti nel tempo per capire in che modo usare i dispositivi possa influenzare lo sviluppo personale, grazie all’opportunità unica fornita dallo studio ABCD”.
In particolare, secondo gli scienziati un’esposizione quotidiana allo schermo avrebbe evidenziato nei bambini un assottigliamento prematuro della corteccia cerebrale, lo strato più esterno del cervello che processa le informazioni. Chi passa meno tempo davanti allo schermo ha mostrato differenze rispetto agli altri, ma Gaya Dowling, la direttrice dello studio dell’Istituto, ha consigliato di non formulare conclusioni affrettate.
“Non sappiamo se sia davvero causato dall’esposizione a uno schermo. Non sappiamo ancora se sia una cattiva cosa”, ha afferma Dowling.
“Non lo sapremo finché non seguiremo i soggetti nel tempo per capire se i risultati osservati siano collegabili alle differenze riscontrate o siano piuttosto dei casi isolati”.
Gli scienziati, dunque, rimangono vaghi e non confermano alcun collegamento diretto fra l’assottigliamento della corteccia cerebrale e l’esposizione allo schermo.
“Saremo in grado di rispondere ad alcune domande solo fra qualche anno”, ha affermato Dowling. “Ma alcune di queste sono molto interessanti. Dobbiamo solo aspettare”.
Ha anche aggiunto: “I colloqui e i dati ottenuti dall’Istituto hanno già evidenziato qualcosa d’altro: i bambini che passano più di due ore al giorno davanti allo schermo hanno prestazioni inferiori nei test di ragionamento e linguistici”.
Dowling spera che, una volta terminato lo studio, i ricercatori saranno in grado di determinare se l’esposizione a uno schermo crei o meno dipendenza.
“Potremo capire non solo quanto tempo passano davanti allo schermo e come pensano che questo li condizioni, ma anche quali possono essere gli effetti su di loro. E questo ci porterà a rispondere alla domanda sulla dipendenza”, ha affermato.
Il dottor Dimitri Christakis dell’Ospedale infantile di Seattle è stato l’autore principale delle recenti linee guida dell’Accademia americana di pediatria sull’esposizione agli schermi. In particolare, ha affermato che i genitori dovrebbero “evitare di utilizzare strumenti digitali, se non le videoconversazioni, in bambini più piccoli di 24 mesi”.
“I bambini che giocano con gli iPads non trasferiscono ciò che imparano sul dispositivo digitale nel mondo reale: in pratica, se fornite a vostro figlio un’applicazione con cui può giocare con Lego virtuali e poi gli mettete davanti dei blocchetti reali, dovrà reimparare tutto daccapo”, si afferma nelle linee guida.
Christakis, infatti, afferma che “non sono abilità trasferibili. Non è possibile trasferire competenze del mondo bidimensionale in quello tridimensionale”.
Eccellenza italiana: rimosso tumore ovarico record, ecco quanto pesava
QUANDO L'ECCELLENZA SANITARIA ITALIANA FA LA DIFFERENZA
Palermo, equipe medica rimuove un tumore ovarico di 10 chili e 30 centimetri di diametro – di Andrea Centini
Il tumore ovarico è stato rimosso con successo dal corpo di una donna di 47 anni gravemente malata.
Un intervento chirurgico eccezionale è stato effettuato con successo lo scorso ottobre al centro specialistico La Maddalena di Palermo, dove un team di medici ha rimosso un tumore ovarico di circa 10 chili e 30 centimetri di diametro dal corpo di una paziente di 47 anni.
Il cancro si trovava già a uno stadio terminale e la donna aveva già subito due interventi e iniziato la terapia, senza però essere riuscita a sconfiggere la malattia.
La paziente si è dunque rivolta a La Maddalena in condizioni disperate e con un tumore talmente grande da non permetterle uno stile di vita normale.
L’intervento ha avuto una durata di quattro ore e l’operabilità, in questo caso, è stata stabilita tramite metodiche radiologiche.
Ad occuparsi del caso l’equipe del Dipartimento di Diagnostica per immagini de “La Maddalena”, composto da Silvestro Cusmà Piccione, Nicola Nicastro, Antonella Campisi, Alessandro Schiavello, Debora Castrogiovanni e Giuseppe Lo Vecchio.
La donna sta bene, dovrà sottoporsi a controlli periodici dopo l’asportazione del tumore ovarico.
Il delicatissimo caso di tumore ovarico
In una nota i radiologi hanno spiegato l’approccio con cui hanno affrontato il delicatissimo caso:
“Fondamentale nella nostra pratica quotidiana, sia il confronto tra noi colleghi della stessa branca, che l’approccio multidisciplinare, che ci consente, discutendo con i medici delle altre specialità, di stabilire il percorso diagnostico più adeguato.
Questo, a sua volta, ha delle ripercussioni sulle scelte terapeutiche da adottare, che possono essere di tipo medico o chirurgico. Spesso si pensa che il ruolo del radiologo sia soltanto quello di guardare immagini ed esitare un referto, ma bisogna andare oltre.
Il paziente non è un insieme di immagini bensì una persona. Necessari sono pertanto la sua storia clinica e l’approccio multidisciplinare. Questo fa la differenza”.
Depressione post partum: cause, sintomi e terapie
Prof.ssa Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano
«Mia sorella ha 29 anni e tre mesi fa ha partorito il suo primo bimbo. Subito dopo, il suo umore è drasticamente cambiato: ha sbalzi di umore incomprensibili, piange per delle sciocchezze, si sente sempre stanca. Sembra avere poco interesse per il piccolo: lo coccola poco, se ne occupa sbrigativamente, e appena può lo lascia a me o a nostra madre. Da che cosa può dipendere questo problema? Che cosa possiamo fare per aiutarla?».
Laura T. (Trieste)
Gentile Laura, capisco la sua preoccupazione! E’ molto probabile che sua sorella soffra di depressione puerperale, un disturbo che può essere causato da fattori biologici, psicologici e di coppia. Fra i primi spiccano la familiarità per bassi livelli di serotonina (il neurotrasmettitore che regola il tono dell’umore), la caduta degli estrogeni (che si riducono del 90-95% nelle prime 48 ore dopo il parto) e le fluttuazioni di altri ormoni come quelli della tiroide, il cortisolo e la prolattina. Dal punto di vista emotivo, il crollo dell’umore è più probabile quando la donna è giovane o immatura, ha avuto un parto difficile o traumatico, è single e non riceve aiuto dalla famiglia o dagli amici, ha disturbi d’ansia o di personalità, abusa di alcol o droghe.
Dalla situazione che lei descrive, è probabile che nel caso di sua sorella siano in gioco fattori prevalentemente biologici. In questi casi, la terapia più efficace si basa sulla combinazione di estrogeni e antidepressivi (triciclici o modulatori selettivi della ricaptazione della serotonina, SSRI), sempre sotto controllo medico. E’ inoltre importante aiutare la neomamma nella cura del bambino, come state facendo lei e sua madre, ma è essenziale coinvolgere anche il papà del piccolo! Una presenza affettiva rassicurante è infatti un potente fattore di guarigione, perché aiuta a vincere il senso di solitudine e inadeguatezza, amplifica i benefici dei farmaci e riduce la probabilità di ricadute. Quando emergano gravi problemi psicoemotivi, accanto ai farmaci può essere indicata anche una psicoterapia.
I casi di vera e propria psicosi (vedi box) vanno invece seguiti in ambiente protetto e con personale specializzato. E dopo la dismissione va dedicata una grande attenzione alle cure domiciliari, perché il rischio di recidive è molto alto anche oltre i due anni dal parto.
Una terapia tempestiva è importante, perché una depressione puerperale non curata mette in pericolo l’equilibrata crescita del piccolo. Una mamma depressa e distaccata, infatti, priva il neonato di quel nutrimento d’amore, fatto di sguardi, sorrisi, carezze, coccole, abbracci, parole, che è essenziale per il suo sviluppo intellettivo ed emotivo. Inoltre, i figli delle mamme depresse corrono maggiori rischi nella vita quotidiana: recenti studi americani indicano, nei primi tre anni di vita, un aumento del 44% dei consulti di emergenza per incidenti domestici e una riduzione del 20% dei controlli pediatrici periodici e delle vaccinazioni. Ecco perché è importante stare vicino alla donna con depressione puerperale, seguendo con amore anche il bimbo.
Auguri di cuore a sua sorella e al piccolino!
I disturbi dell'umore dopo il parto
Vengono distinti in tre gruppi, a seconda della gravità:
a) “maternal blues” o “baby blues”, che le nostre nonne chiamavano le “lacrime del latte” perché avevano notato la sincronia fra le crisi di pianto e il momento dell’allattamento: interessano il 40-85 per cento delle puerpere e normalmente scompaiono pochi giorni dopo il parto;
b) depressione puerperale vera e propria: interessa il 10-15 per cento delle mamme, con un picco del 36 per cento fra le adolescenti. Nella maggior parte dei casi, dura per oltre 6 mesi;
c) psicosi puerperale: interessa lo 0,1–1,2% delle puerpere, comporta una grave distorsione del giudizio e può causare conseguenze tragiche, fino al suicidio della mamma o all’infanticidio. I sintomi compaiono generalmente entro le prime 4 settimane, ma possono manifestarsi fino a 90 giorni dopo il parto. Un secondo minore picco di incidenza compare tra i 18 e i 24 mesi.
Quali sono i sintomi della depressione puerperale?
La diagnosi di depressione puerperale è probabile se quattro o più dei seguenti sintomi sono presenti nella donna dopo il parto:
- sbalzi di umore;
- perdita di interesse per il piccolo;
- difficoltà di concentrazione e nel prendere decisioni;
- agitazione psichica e irrequietezza;
- astenia;
- aumento o scomparsa dell’appetito o del sonno;
- ricorrenti pensieri di morte e/o di suicidio;
- sentimenti di inadeguatezza nei confronti del bambino, sensi di colpa;
- ansia eccessiva nei confronti della salute del neonato.
Depressione post parto: che cos'è, come riconoscerla, come superarla
Dopo il parto, fino all'80% delle neomamme soffre di una lieve forma di tristezza (baby blues), mentre il 10-15% va incontro a una vera e propria depressione. Le strategie e le cure per sconfiggerla, però, ci sono.
L'umore nero
Finalmente sei mamma. Hai "superato" un parto più o meno difficile e doloroso e puoi stringere tra le braccia la piccola vita che hai portato in grembo per nove mesi. Il tuo umore è alle stelle e non vedi l'ora di tornare a casa per cominciare a occuparti da sola del tuo bambino.
O forse no. Magari ti senti triste, ansiosa, piangi per niente, non riesci a concentrarti come vorresti sul tuo piccolo. Oppure va tutto bene per diverse settimane, ma a un certo punto qualcosa cambia: non ti senti più felice come all'inizio, ma spossata, priva di stimoli, investita da pensieri cupi e vorresti passare le giornate nel letto anziché dedicarti alle cure di tuo figlio.
Perché tutto questo? Che cosa succede? Potrebbero essere i sintomi di depressione post parto, un disturbo di natura psicologica che può manifestarsi a vari livelli di gravità: da forme lievi e transitorie che prendono il nome di baby blues, a depressioni conclamate e più durature, fino alla psicosi post parto, decisamente più rara ma anche più grave.
Sintomi e segnali di baby blues e depressione post parto
Non sempre è facile accorgersi che qualcosa non va, anche perché spesso le donne colpite tendono a sottovalutare, minimizzare o nascondere i sintomi, anche per corrispondere all'idea di maternità come oasi felice riconosciuta a livello sociale. "La nascita è per definizione un lieto evento, e in generale si fa fatica a capire perché una neomamma dovrebbe stare male in un momento del genere. E invece è possibile e anche frequente" spiega la psichiatra Franca Aceti, responsabile dell'Unità operativa di Igiene mentale delle relazioni affettive e del post-partum presso il policlinico Umberto I di Roma.
Alcuni segnali, però, possono aiutare a capire che c'è qualche problema. In caso, nessuna paura: oggi sono disponibili strategie terapeutiche che permettono di affrontarlo e superarlo.
"I sintomi più comuni riguardano il cosiddetto baby blues o maternity blues" afferma Mauro Mauri, direttore dell'UO di Psichiatria universitaria 2 dell'Azienda ospedaliero-universitaria pisana e responsabile di un gruppo di ricerca dedicato alla depressione perinatale. "Si tratta di una sorta di tristezza del post parto che colpisce in genere 3-4 giorni dopo la nascita del bambino e dura al massimo una settimana, durante la quale si può soffrire di umore labile, con facile tendenza al pianto, tristezza, ansia, irritabilità, difficoltà di memoria e concentrazione".
Il baby blues non è un vero e proprio disturbo, ma una condizione quasi fisiologica e molto frequente, che può interessare fino all'80% delle mamme.
Nella grande maggioranza dei casi, questa tristezza passa da sola: basta stare vicino alla mamma, sostenerla, cercare di darle una mano se ha qualche difficoltà per esempio con l'allattamento e, se è già tornata a casa dall'ospedale, darle modo di non affaticarsi troppo e di concentrarsi sul bambino. A volte però, la tristezza persiste e diventa una vera e propria depressione post parto, un disturbo che colpisce il 10-15% delle mamme e si manifesta in genere dal terzo mese al primo anno dopo il parto.
In questo caso i sintomi sono quelli tipici appunto della depressione: ansia e preoccupazione, umore abbattuto e depresso, con tendenza a vedere tutto nero, perdita di interesse o di piacere nel fare le cose, alterazioni del sonno - si può soffrire d'insonnia o, al contrario, dormire troppo - e dell'appetito, che può essere (molto) più scarso o più abbondante del normale. "Inoltre ci sono manifestazioni legate in modo specifico alla maternità, come il senso di inadeguatezza rispetto al fatto di prendersi cura del bambino" precisa Aceti. In pratica, ci si sente incompetenti, incapaci di far fronte alle esigenze del piccolo.
Piccoli segnali di un problema nascosto: suggerimenti per un'autodiagnosi
Fare un'autodiagnosi di depressione post parto non è una cosa semplice: a volte il disagio è forte ed evidente, mentre altre volte i sintomi sono più subdoli, magari al confine con una forte stanchezza, che è abbastanza normale nei primi mesi di vita del bambino, considerato che sono stati alterati tutti i ritmi del sonno.
Senza contare che spesso è la donna stessa a minimizzare, sottovalutare o nascondere i propri sentimenti, convincendosi di essere soltanto un po' stanca. "Tutti intorno a lei sono contenti dell'arrivo del bambino, pensano che debba esserlo anche lei e la mamma si adatta a questa situazione, sente di non potersi permettere di essere triste, anche se lo è" afferma Mauro Mauri.
Tuttavia qualche segnale di disagio può arrivare, soprattutto se la neomamma cerca di fare attenzione a ciò che sente quotidianamente dentro di sè. Se la stanchezza è normale, altre sensazioni dovrebbero far suonare un campanello d'allarme: per esempio l'umore profondamente triste o irritabile, l'agitazione, la sensazione di inadeguatezza e la mancanza di fiducia in sé stessa, la perdita di interesse o di piacere nel fare le cose, le difficoltà di attenzione, concentrazione e memorizzazione, i disturbi del sonno o dell'appetito.
Ovviamente, non basta dormire male un paio di notti o sentirsi giù per qualche giorno per concludere che potrebbe esserci un problema: parliamo di sintomi protratti per almeno due o tre settimane.
Perché succede: cause e fattori di rischio
Bisogna distinguere tra baby blues e depressione vera e propria. Nel primo caso, a entrare in gioco sono soprattutto i bruschi cambiamenti ormonali che intervengono nell'organismo della mamma subito dopo il parto e il forte stress psico-fisico legato a travaglio e parto. Altri fattori che possono contribuire sono la fatica fisica, una normale ansia legata all'aumento della responsabilità, l'eventuale presenza di contrasti con il compagno e i familiari rispetto alla gestione del piccolo.
Per quanto riguarda la depressione post parto vera e propria, le cause non sono del tutto note. "Di nuovo, c'è probabilmente una base biologica data dai cambiamenti ormonali tipici della gravidanza e del periodo successivo alla nascita, sulla quale si innestano però altri fattori" afferma Mauri.
I principali fattori di rischio elencati dalla letteratura scientifica per la depressione post parto sono:
- aver sofferto di ansia o depressione durante la gravidanza;
- aver sofferto di ansia e depressione in precedenza, anche prima della gravidanza;
- familiarità per disturbi psichiatrici (cioè avere familiari stretti che ne soffrano);
- vivere o aver vissuto di recente situazioni molto stressanti, come un lutto, una separazione, la perdita del lavoro;
- vivere una condizione di scarso supporto familiare o sociale, con precarietà dei rapporti affettivi e mancanza di reti sociali a cui fare riferimento in caso di difficoltà;
- difficoltà o precarietà economiche;
- soffrire di sindrome premestruale o disturbo disforico premestruale;
- soffrire di disturbi della funzionalità tiroidea.
"Alcuni studi suggeriscono che anche aver fatto ricorso a tecniche di fecondazione assistita possa rappresentare un fattore di rischio" aggiunge Franca Aceti. Più controverso, invece, il ruolo dell'esperienza del parto: un articolo di revisione della letteratura scientifica appena pubblicato sulla rivista Midwifery suggerisce che effettivamente esperienze di parto traumatiche e negative possano contribuire all'insorgenza di depressione post parto, ma si tratta di un fattore il cui peso reale è ancora da definire con chiarezza.
Cosa succede al bambino se la mamma è depressa
La mamma che soffre di depressione post parto può reagire in due modi diversi nei confronti del suo bambino. "Alcune donne - spiega la psichiatra Franca Aceti - assumono un atteggiamento di iper controllo: sono sempre preoccupate da qualcosa (il peso del piccolo, la crescita, il sonno, la pulizia) e controllano mille volte se il figlio respira, se è sudato, quanto ha mangiato, se è pulito e così via. In tutto ciò, però, perdono di vista i reali bisogni del bambino, che magari non ha fame ma viene costretto a prendere più latte, o magari si annoia ma non viene portato fuori per paura del freddo. Altre mamme, invece, si sentono talmente inadeguate da arrivare a trascurare il bambino, delegando ad altri - la nonna, il compagno, una tata - la sua cura quasi completa".
In entrambi i casi, quello che succede è che viene meno la possibilità di entrare in sintonia con i bisogni del proprio bambino, che è il primo, fondamentale, passo per la costruzione di un attaccamento (la modalità di relazione che il piccolo instaura con la mamma nei primi anni di vita e influenzerà il suo modo di interagire con il mondo) di tipo sicuro. "Nei primi mesi di vita, la mamma deve decodificare i segnali che vengono lanciati dal figlio - il suo pianto, le sue urla - per dare un senso alle sue prime esperienze di vita. Ma non può farlo se è lei stessa in ansia o addirittura in panico" afferma l'esperta.
Gli studi scientifici dicono che se la depressione post parto della mamma non viene curata, i bambini possono andare incontro a disturbi emotivi, ma anche cognitivi - può esserci deficit dell'attenzione - e fisici, con aumento del rischio di allergie e della sensibilità ad infezioni.
"Più raramente, nei casi di psicosi post parto, che sono forme particolarmente gravi di depressione, il bambino può diventare una tale fonte di angoscia per la mamma che questa può arrivare ad odiarlo e a manifestare nei suoi confronti fantasie aggressive. Si può giungere così all'infanticidio, che ha però anche altre concause", conclude Aceti.
Come intervenire
Se ci si rende conto che qualcosa non va, che il tempo passa e sintomi come tristezza, angoscia, apatia, disturbi del sonno e così via non si allentano, la cosa migliore da fare è parlarne con qualcuno. Potrebbe trattarsi del medico di base, oppure di uno specialista psicologo o psichiatra, magari all'interno di strutture sanitarie presenti sul territorio, come i centri psicosociali o i consultori.
Lo specialista consiglierà il da farsi, a seconda della gravità della situazione. "A volte, già il semplice fatto di parlarne con qualcuno migliora la situazione. Molte ansie e paure sono ingigantite dal fatto di tenerle nascoste, perché si pensa di essere le sole a provarle, quando invece sono piuttosto comuni" sottolinea Mauri.
Le possibilità di intervento si collocano su tre livelli principali:
1. L'autoaiuto
Se i sintomi sono davvero molto leggeri, se si tratta di baby blues o poco più, non serve fare niente di specifico, ma di sicuro alcuni piccoli accorgimenti sono di grande importanza:
- Non nascondere il malessere, ma parlarne con il compagno, i familiari, gli amici;
- Cercare di riposare il più possibile: la stanchezza è un forte alleato della depressione;
- Cercare di seguire una dieta sana e di fare un pochino di attività fisica, magari all'aria aperta.
2. La terapia psicologica
Esistono diversi tipi di psicoterapia che possono aiutare ad affrontare e superare la depressione post parto, sia da sole sia in associazione con il trattamento farmacologico. Tra queste, in particolare, la terapia cognitivo-comportamentale.
3. La terapia farmacologica
Inutile nasconderlo: la depressione in generale è ancora considerata come un disturbo "minore", qualcosa di cui non preoccuparsi troppo e i farmaci specifici per questo disturbo sono spesso visti con sospetto, soprattutto se si tratta di somministrarli duranti fasi delicate della vita, come la gravidanza o l'allattamento.
"Se qualcuno ha un dolore al cuore tutti si preoccupano, e gli raccomandano l'assunzione di questo o quel farmaco. Se invece qualcuno soffre di un disturbo dell'umore non ci si preoccupa, si minimizza, si trascura. E invece il disturbo va affrontato, con gli strumenti a disposizione, che comprendono anche i farmaci" dichiara Cesario Bellantuono, psichiatra e psicofarmacologo perinatale, autore di un recente volume dedicato proprio agli psicofarmaci in gravidanza. Si tratta per esempio di farmaci antidepressivi e ansiolitici: alcune formulazioni sono sicure anche durante l'allattamento e possono essere assunte con tranquillità.
Uno scudo contro la depressione
Alcune strategie possono rappresentare dei fattori protettivi contro l'insorgenza della depressione. Magari non possono prevenirla del tutto, ma possono attenuarla, o aiutare la donna ad affrontarla meglio, dandole forza e sostegno. Vediamo quali sono:
- La possibilità di un buon riposo nelle prime settimane dopo il parto. Lo sappiamobene: con un neonato in casa la prima cosa a saltare sono i ritmi del sonno, però la mamma deve cercare di dormire il più possibile, per esempio riposando quando riposa il piccolo. Può essere d'aiuto, a questo proposito, chiedere una mano ai familiari per svolgere piccole incombenze domestiche, e limitare le visite di parenti e amici nei primi giorni dopo il ritorno a casa.
- Una dieta adeguata, equilibrata, con alimenti ricchi di acidi grassi omega 3 (pesce, noci, olio di semi di lino) e povera di eccitanti come alcool e caffè.
- Un buon apporto di vitamina D: per farne scorta basta una sana vita all'aria aperta, ma eventualmente si può chiedere al medico di verificare il dosaggio con un esame del sangue, per valutare se serva un'integrazione.
- Un buon rapporto con il parter, che proprio nelle prime settimane dopo il parto ha il compito delicato e bellissimo di affiancare la mamma e non lasciarla sola mentre "impara" il suo nuovo mestiere.
- Una buona rete di familiari e amici, che per esempio possono offrire un valido aiuto nei lavori domestici.
Fonti per questo articolo: intervista a Franca Aceti, responsabile dell'Unità operativa di Igiene Mentale delle relazioni affettive e del post-partum presso il policlinico Umberto I di Roma ; intervista a Mauro Mauri, direttore dell'UO di psichiatria universitaria 2 dell'Azienda ospedaliero-universitaria pisana e responsabile di un gruppo di ricerca dedicato alla depressione perinatale; Intervista a Cesario Bellantuono, psichiatra e psicofarmacologo perinatale; Articolo su post partum e psicologia, dal sito della psichiatra e psicoterapeuta Claudia Ravaldi; Materiale informativo del Servizio sanitario inglese.
USA, Europa & NATO, sostenendo il regime di Kiev, rischiano la guerra su larga scala
Con Stati Uniti, Unione Europea e NATO che sostengono tutte le rivendicazioni “dell’aggressione russa” – di fronte a prove contrarie – il vero pericolo è che il regime di Kiev sarà incoraggiato a compiere ulteriori provocazioni sconsiderate che porteranno ad una guerra totale su larga scala.
Appare inconfutabile che le tre navi della Marina ucraina siano state inviate domenica scorsa per istigare una risposta dalle forze marittime di frontiera russe. In contrasto con le normali procedure per l’autorizzazione del passaggio attraverso lo Stretto di Kerch, le navi da guerra ucraine si sono rifiutate di comunicare con i controlli russi, ed hanno agito minacciosamente all’interno dei confini territoriali russi del Mar Nero.
In occasione di una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Francia si sono espressamente rifiutati di prendere in considerazione le argomentazioni legali della Russia sul motivo per cui si sentiva obbligata a detenere le barche ucraine e i 24 membri dell’equipaggio. Le potenze occidentali si sono schierate automaticamente con la versione degli eventi rivendicati dal presidente Petro Poroshenko – cioè che la marina ucraina è stata attaccata illegalmente dalla Russia.
Gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la NATO hanno denunciato l’ “aggressione” della Russia, e hanno chiesto che le navi e i membri dell’equipaggio ucraino venissero rimpatriati immediatamente, anche se secondo la legge russa esiste un procedimento per l’accusa.
È il rifiuto dell’Occidente a riconoscere i fatti che fa parte del problema. La Russia è continuamente accusata di “annessione” della Crimea nel 2014, invece di essere riconosciuto dalle potenze occidentali che la penisola del Mar Nero ha votato in un referendum costituzionale per separarsi dall’Ucraina e aderire alla Federazione Russa. La Crimea è stata indotta a prendere quella decisione storica perché gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la NATO avevano sostenuto appena il mese prima un colpo di Stato illegale a Kiev contro il governo ucraino eletto. Quel colpo di Stato portò al potere l’attuale regime di Kiev, guidato da Poroshenko e un Parlamento dominato da partiti neo-nazisti.
Quindi, da parte dei sostenitori occidentali del discutibile regime di Kiev, il problema qui è il rifiuto di accettare la realtà legale e storica che la Crimea sia parte del territorio della Russia. Le navi che attraversano lo stretto di Kerch, tra la terraferma russa e la Crimea, sono obbligate a notificare ai controlli marittimi russi il proprio passaggio. Da allora la Russia ha riaperto lo stretto al trasporto di carichi civili, dopo la schermaglia navale nel fine settimana.
Quando le navi della Marina ucraina hanno violato le procedure legali e sono entrati nei limiti territoriali russi, è la loro azione che è stata aggressiva, non la risposta della Russia.
Inoltre, già emergono segni che l’azione ucraina sia stato orchestrata allo scopo di incitare un incidente.
Alcuni membri dell’equipaggio detenuti hanno ammesso di aver eseguito ordini che sapevano sarebbero stati visti dalla Russia come provocatori.
È stato anche riportato da Radio Free Europe, di proprietà del governo statunitense, che i servizi segreti ucraini (SBU) hanno confermato la presenza di loro ufficiali tra l’equipaggio.
Anche le navi erano armate. Se il trasferimento fosse stato un passaggio innocente, perché erano coinvolti i servizi segreti?
Ricordiamo che agenti dei servizi segreti ucraini sono stati precedentemente catturati in operazioni di sabotaggio in Crimea.
Un altro importante fattore è l’aumento delle attività militari della NATO in Ucraina orientale e nel Mar Nero.
Quando il presidente russo Vladimir Putin ha ufficialmente aperto [in inglese] il ponte di 19 km che collega la terraferma russa con la Crimea, a maggio di quest’anno, i media statunitensi e ucraini fecero appelli per il sabotaggio della struttura.
Mosca ha comprensibilmente rafforzato i controlli di sicurezza attorno alle infrastrutture vitali, che è costato 3,7 miliardi di dollari ed è il ponte più lungo in Europa.
Negli ultimi mesi, Stati Uniti e Gran Bretagna hanno ordinato di aumentare il dispiegamento militare nella regione con il pretesto di “addestramento” e “assistenza” alle forze del regime di Kiev.
All’inizio di quest’anno, a luglio, l’alleanza NATO ha tenuto esercitazioni navali, Sea Breeze, insieme alle forze ucraine nel Mar Nero. Questo nonostante il fatto che l’Ucraina non sia un membro della NATO, sebbene aspiri a diventare il 29-esimo membro del blocco guidato dagli Stati Uniti.
È stato il mese successivo, ad agosto, che la Russia ha iniziato ad intensificare i controlli e le ricerche sulle navi attraverso lo stretto di Kerch, che collega il Mar Nero al Mar d’Azov.
Quest’ultimo conduce ai porti sotto il controllo del regime di Kiev, come Mariupol, che è adiacente alla Repubblica Popolare di Donetsk. La DPR e la Repubblica Popolare di Lugansk si sono staccate dopo il colpo di Stato a Kiev nel 2014, e sono state sotto attacco militare negli ultimi quattro anni, nonostante i cosiddetti trattati di pace di Minsk. Questi sono altri fatti che i sostenitori occidentali del regime di Kiev si rifiutano di affrontare.
L’accumulo di forze NATO è continuato a settembre con la fornitura di due cannoniere da parte degli Stati Uniti alla Marina ucraina, per il dispiegamento nel Mar d’Azov. La pubblicazione su Defence One, organo di stampa legata al Pentagono, ha descritto quell’offerta come parte degli sforzi di Washington e Kiev per sviluppare una “flotta navale leggera” allo scopo di impiego in schermaglie con le forze russe.
Solo quattro giorni prima dell’ultimo scontro navale, il ministro della Difesa britannico Gavin Williamson ha annunciato [in inglese] che la Royal Navy avrebbe mandato la Echo a pattugliare con le forze speciali ucraine per “difendere la libertà e la democrazia”. Williamson ha dichiarato: “Finché l’Ucraina affronterà le ostilità russe, il Regno Unito sarà un partner risoluto”.
Questo fa da sfondo alle tensioni latenti nel Mar Nero tra Ucraina e Russia. La situazione è sorta a causa delle interferenze occidentali in Ucraina – principalmente il colpo di Stato a Kiev del febbraio 2014. Tuttavia, in tutte le discussioni sugli eventi da allora, le potenze occidentali negano i fatti e la loro colpevolezza. La recente militarizzazione del Mar Nero da parte della NATO è una dura provocazione per la sicurezza nazionale della Russia, ma ancora una volta le potenze occidentali nascondono i loro capi collettivi nella sabbia.
Data l’irresponsabile indulgenza da parte degli Stati Uniti, dell’Europa, della NATO e del regime di Kiev, tra le continue violazioni contro la popolazione nell’Ucraina orientale, il suo rifiuto di rispettare gli Accordi di Minsk e la sua continua e infiammatoria retorica contro la Russia, non dovrebbe sorprendere se questo stesso regime si sente incoraggiato a provocare uno scontro armato con Mosca.
Probabilmente, il regime di Kiev e la sua adulazione dei collaborazionisti nazisti della Seconda Guerra Mondiale non hanno mai avuto alcuna legittimità. Continua a dimostrare la sua mancanza di legittimità dagli immensi problemi sociali in Ucraina di povertà, corruzione, violazioni dei diritti umani, paramilitari neonazisti che girano e, ora, l’imposizione della Legge Marziale.
Resta da vedere se la recente provocazione navale sia stata condotta con la tacita approvazione di Washington e di altre potenze della NATO come pretesto per un’ulteriore militarizzazione contro la Russia. Le condanne iniziali e mal riposte della Russia si sono attenuate ad appelli più misurati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump e dal ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian per “moderazione” e “dialogo”.
Questo potrebbe suggerire che il presidente fallimentare di Kiev Poroshenko e i suoi servizi di sicurezza abbiano agito da soli, ordinando lo scontro navale nella speranza di aumentare il sostegno da parte della NATO e della UE al suo traballante regime anti-russo.
I commenti di Trump auspicano che Kiev e la Russia “raddrizzeranno le cose”, come se Washington non fosse dietro la provocazione e non desiderasse un conflitto più ampio. Tanto meglio, perché un tale sviluppo è la via d’accesso alla guerra a tutto campo.
Tuttavia, una tale catastrofe è sempre un serio rischio quando le potenze occidentali si mostrano accomodanti con il folle regime di Kiev.
Onde irregolari e imprevedibili minacciano la costa della California: cosa sta succedendo?
Secondo la previsione del centro meteo, “onde irregolari e imprevedibili” fino a nove metri di altezza dureranno per tutto questo mercoledì prima di “diminuire gradualmente” entro giovedi 20 dicembre 2018.
Alla fine della scorsa settimana, il Servizio Meteorologico Nazionale degli Stati Uniti ha avvertito della presenza di onde alte tra i sei e i nove metri lungo tutta la costa della California . La minaccia rimane e i venti ciclonici che discendono dall’Alaska continuano a causare onde del mare enormi e prolungate.
Il fenomeno mette attualmente a rischio l’area costiera dallo stato del sud di Washington al centro della California, con l’area della Baia di San Francisco tra le più colpite finora. Secondo le previsioni, “onde irregolari e imprevedibili” fino a nove metri di altezza dovrebbero durare tutti i mercoledì prima di “diminuire gradualmente” entro giovedì. Le autorità continuano a consigliare ai surfisti, ai nuotatori e alla popolazione generale di stare lontani dall’oceano a causa dell’alto rischio di morte causato dalla tempesta.
La causa
Marshall Shepherd, direttore del programma di Scienze dell’Atmosfera dell’Università della Georgia (USA), afferma che l’ondata violenta è il prodotto di un ” sistema di bassa pressione” – venti forti e pressione atmosferica inferiore all’aria Surrounding che si concentra sul Golfo dell’Alaska.
Come spiegato da Shepherd in un articolo per Forbes, nell’emisfero nord il vento gira in senso antiorario attorno a questi sistemi, ma a causa della particolare posizione di questo sistema in particolare, i suoi venti generano enormi onde su centinaia di chilometri prima farli andare contro la costa occidentale del Nord America. Queste onde possono crescere diversi metri di altezza, alcune simili a quelle di uno tsunami, anche se si muovono in modo circolare e formano una cresta caratteristica.
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