Ho studiato la Trap come fenomeno sociale, sia quella italiana che americana. Ho fatto delle interviste qualitative ai ragazzi che l’ascoltano, li ho frequentati, sono andato (sto andando) negli istituti superiori a parlarne, ho organizzato pure un paio di concerti per loro. Quindi ho qualche vaga nozione di quello che sto per scrivere. L’ultimo problema che abbiamo in Italia (credo se la giochi alla pari con il terrapiattismo) è Sfera Ebbasta. Il ragazzotto in questione fa esattamente il mestiere per cui è pagato e seguito: racconta i conflitti, desideri, problemi della sua generazione e di quella seguente. Lo fa con un linguaggio (musicale e testuale) comprensibile al suo uditorio, linguaggio che non ha inventato lui, ma è una fusione delle serie tv, dei film, della musica pop e del gergo giovanile della sua generazione. Lui non ha creato nulla, lo ha solo interpretato e reso visibile.
E qui sta il vero problema, che non è suo né del suo uditorio, ma vostro. La realtà che vi sputa in faccia senza filtri non la capite, vi fa paura, vi sembra un incubo distopico. Codeina ed eroina sono tornate, circolano fra i ragazzi in quantità che non immaginate, a costi bassi nemmeno fossero brani scaricabili da Spotify. Le ha diffuse la Trap? No, circolavano da tempo come sedativi contro l’ansia dell’isolamento sociale, del non avere futuro, dell’essere inchiodati nel circolo eterno di lavori precari e sottopagati. La Trap si limita a farvi vedere quanto sono presenti e pervasive.
Le ragazzine minorenni che vendono immagini/video porno per una ricarica da 10 euro del cell, che scopano con il ragazzo con più follower della scuola per poi postare una foto su Instagram e guadagnare 100 like in più, che si fanno chiamare troie e se ne vantano in opposizione al neobigottismo del politicamente corretto, non esistono perché ci hanno scritto delle barre Sfera o la Dark Polo Gang. Sono le sorelle povere e politicamente scorrette di Chiara Ferragni, la stessa che portate in palmo di mano come esempio di giovane imprenditrice di successo, innovatrice di marketing, donna consapevole ed emancipata. Il motto “No way out” che è la bandiera della Trap, non l’hanno coniato Lil Peep o Ghali, ma è ripreso da un famoso discorso della Margaret Thatcher, in cui la premier di ferro inglese davanti alla macelleria sociale conseguenti alle riforme neoliberali sosteneva non ci fosse altra strada, altro mondo possibile, se non quello del tutti contro tutti per le ultime briciole del benessere.
Voi questo discorso l’avete ripetuto fino alla nausea nelle scuole, nei media, nelle convention di marketing ed economia, che loro l’hanno interiorizzato, fatto diventare un’estetica e uno stile di vita. Vi fa schifo vederli agghindati con rolex da 50.000 euro, Nike anni ’90 da 500 euro a botta, felpe Pyrex pagate 10 volte il loro prezzo di produzione? Chi ha inventato il feticismo del logo, il marketing che associa dei “valori” ad un brand aziendale, la delocalizzazione per aumentare i dividendi degli azionisti? Non certo loro, non erano nemmeno stati concepiti quando voi idolatravate MTV, celebravate i prodotti Apple come fossero rivelazioni divine, vi riempivate la bocca di delocalizzazione e abbattimento dei costi di produzione per favorire la ripresa del consumo.
Adesso vedete gli effetti incarnati di quello che predicavate (ma soprattutto praticavate ogni giorno, da 30 anni a questa parte) e vi fanno paura? Il problema non è di Sfera né dei ragazzini che lo ascoltano, ma vostro. Vi fanno ribrezzo perché sono voi senza le vostre menate buoniste, la vostra retorica dei veri sentimenti, il vostro moralismo da squali che piangono dopo aver divorato la preda? Nessuno ama guardarsi allo specchio, ma proprio per questo è necessario, e la musica pop è il più grande e fedele fra gli specchi.
Comunque la Trap non è un problema, anzi: permette un ponte fra le generazioni, di entrare nell’immaginario dei giovani e giovanissimi per capire il loro problemi e provare a dare loro una risposta, permette di avere un linguaggio condiviso per parlarci da pari a pari. Ma a voi capire e dare risposte ai loro problemi non interessa, non vi interessa nemmeno parlarci. Vi basta metterli in riga, farli stare zitti, nascondere sotto il tappeto le contraddizioni e la solitudine a cui li costringete. Non siete intellettuali, critici, insegnanti o educatori: siete l’ennesima incarnazione dell’eterno fariseo.