venerdì 30 novembre 2018

COME DENUNCIARE MALTRATTAMENTI A SCUOLA: I PASSAGGI



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SE HAI SCOPERTO CHE TUO FIGLIO SUBISCE MALTRATTAMENTI PSICOLOGICI O FISICI A SCUOLA, COSA PUOI FARE? SCOPRI I PASSAGGI SU COME DENUNCIARE MALTRATTAMENTI A SCUOLA.



COME DENUNCIARE MALTRATTAMENTI A SCUOLA: DA DOVE INIZIARE

Secondo il Telefono Azzurro, una percentuale abbastanza elevata (che si aggira tra il 21% ed il 49%) di bambini e adolescenti che sono stati abusati e maltrattati è asintomatica, il che vuol dire che non presenta nessun particolare sintomo o problemi di adattamento psicosociale in seguito all’abuso e maltrattamento subito. Quindi, occorre sottolineare che l’obiettivo principale del genitore è quello di prestare attenzione ad ogni minimo segnale che il bambino gli lancia. Diretto o indiretto esso sia.
Secondo quanto afferma  Matthew Cox, pediatra e responsabile di un programma per la prevenzione e la valutazione degli abusi sui minori, esistono dei segnali che non devono essere mai sottovalutati nel momento in cui un minore subisce maltrattamenti. Questi segnali sono utili al genitore per capir se il bambino viene maltrattato al nido.
Innanzitutto, bisogna ascoltare sempre il proprio bambino, non sottovalutando mai ogni sua minima parola. Non solo le parole, ma anche i gesti, i malesseri che accusa, i disegni che fa, i giochi in cui è coinvolto, sono fondamentali per un genitore per capire se un bimbo sta bene al nido.
I genitori, spesso, colgono subito questi segnali, o meglio, capiscono immediatamente se c’è qualcosa che non va. Quindi, ciò che consigliamo ai genitori è di fidarsi del loro istinto, che molte volte coglie il problema nell’immediato.
Altro aspetto fondamentale è osservare ogni minimo livido che il bimbo ha sul corpo, lesione, graffio, segni evidenti del maltrattamento subito dal bambino. Inoltre, un bambino maltrattato piange ininterrottamente, si chiude in se stesso, sviluppano una tendenza all’isolamento sia a scuola che nella comunità in generale, preferendo non interagire con nessuno. Spesso accusano disturbi del sonno, fanno incubi continuamente, e somatizzano il trattamento attraverso la manifestazione di disturbi fisici, come il mal di testa e il mal di pancia.

DOVE DENUNCIARE UNA MAESTRA

Il punto di riferimento principale dei genitori per sporgere denuncia è rappresentato dalle Forze dell’Ordine (Polizia o Carabinieri). Poi, troviamo le Procure presso il Tribunale Ordinario e presso il Tribunale per i Minorenni.
A tal proposito, le Forze dell’Ordine e la Procura presso il Tribunale Ordinario si occupano di individuare l’abusante e di accertarne le responsabilità. Invece, la Procura presso il Tribunale per i Minorenni si occupa della tutela del bambino e favorisce l’adozione di tutti i provvedimenti utili a ristabilire una condizione familiare tutelante.

MALTRATTAMENTI A SCUOLA COSA FARE NEL CONCRETO

Gli abusi e i maltrattamenti a scuola, all’asilo o alle scuole elementari, devono essere immediatamente individuati, cogliendo tutti i segnali lanciati dal bambino vittima dell’episodio in questione.
I bambini, talvolta, preferiscono tacere per diverse ragioni. Chi per paura di non essere creduto, altri perché sono stati minacciati, o perché si vergognano di quello che stanno vivendo. A tal proposito, spesso i genitori non sanno come muoversi. Molte volte, infatti, sono sospesi tra il confidarsi con altri, chiedere spiegazioni alla scuola o rivolgersi alla questura, con il dubbio su quale sia davvero la cosa giusta da fare. L’unica cosa che hanno a cuore i genitori è il benessere del loro bambino, perché è questa la sola cosa davvero importante. I segnali del bambino, come già abbiamo detto, vengono manifestati in modi diversi, ed esplicitano quella che è la sua paura verso l’insegnante. La cosa più importante da fare, da parte del genitore, è quella di mantenere la calma, costruire un dialogo collaborativo con il bimbo, in modo tale che quest’ultimo riesca a fidarsi e a comunicare il suo malessere.

DENUNCIA MALTRATTAMENTI A SCUOLA: A CHI RIVOLGERSI

Come già è stato evidenziato, i genitori, nel momento in cui vengono a conoscenza di un abuso a danno del minore, devono fare affidamento alle Forze dell’Ordine (Polizia o Carabinieri) e alla Procura presso il Tribunale Ordinario, che hanno il compito di individuare l’abusante.
La Procura presso il Tribunale per i Minorenni, invece, si occupa della tutela del bambino e favorisce l’adozione di tutti i provvedimenti utili a ristabilire una condizione familiare tutelante.
Dopo aver analizzato i principali punti di riferimento che ogni genitore deve avere in caso di maltrattamento di minore, c’è da sapere che esistono anche i Servizi Sociali (che svolgono un’indagine psico-sociale con l’obiettivo di raccogliere ulteriori informazioni/elementi di valutazione e di fornire il giusto supporto psicologico) e numerose associazioni impegnate a contrastare fenomeni di abusi e maltrattamenti. Queste associazioni mettono a disposizione delle famiglie un servizio di assistenza e consulenza per dare un aiuto alle vittime.

MALTRATTAMENTI PSICOLOGICI A SCUOLA: COME RICONOSCERLI

Purtroppo, casi di maltrattamenti fisici e psicologici da parte di insegnanti nei confronti dei bambini sono sempre più frequenti. E a tal proposito, i genitori vogliono intervenire a tutti i costi con il solo obiettivo di tutelare i propri figli. Ma come fanno a capire che si trovano in situazioni di pericolo?E quando, nello specifico, si parla di maltrattamenti psicologici? Il maltrattamento psicologico è considerato la forma di maltrattamento infantile più subdola, dal momento che è meno visibile. Ma non per questo è meno dannosa.
La violenza psicologica attuata dagli insegnanti sui bambini consiste nell’attuare comportamenti ripetuti nel tempo che inducono il bambino a pensare di non valere e a sentirsi in colpa, vergognandosi di se stesso.
Il maltrattamento psicologico viene individuato attraverso la presenza di alcuni segnali. I più frequenti nelle vittime sono: l’enuresi, disturbi del sonno, legati all’alimentazione, senso di colpa, bassa autostima, calo della concentrazione e dell’apprendimento, deficit nella crescita, scarsa fiducia negli altri, incapacità di gestire le emozioni, ritardo nello sviluppo.
Per quanto riguarda, invece, i comportamenti che un bambino vittima di maltrattamenti psicologici può mettere in atto, c’è da sapere che ne sono tanti. Tra questi, emergono comportamenti impulsivi, disordini della condotta, cambiamenti radicali di comportamento, manifestazione di apatia e demotivazione. Si possono osservare anche comportamenti aggressivi (visto che spesso il bambino tende a replicare il comportamento che riceve), pianti continui, il rifiuto di recarsi a scuola.
Si tratta di traumi, di veri e propri segni indelebili che, in termini psicologici e relazionali, andranno a costituire quello che sarà per sempre il modo d’essere del bambino. Andranno a segnare il suo sviluppo psicologico, data la sua indiscutibile ed estrema sensibilità.
A tal proposito, il bambino ha bisogno che sia il genitore a cogliere questi campanelli d’allarme, ha bisogno che sia il genitore a fargli raccontare quello che gli è accaduto. Infatti, spesso, il bambino tende a proteggere l’abusante e a chiudersi in se stesso. Quindi, solo nel momento in cui viene messo in una condizione di tranquillità e di dialogo aperto da parte del genitore, sarà in grado di esplicitare l’accaduto.

Disastri ambientali: la gestione colpevole dei fiumi è parte del problema


Piera Lisa Di Felice, vicepresidente della Federazione Nazionale Pro Natura, accusa la manutenzione scorretta dei fiumi e gli interventi invasivi che ne snaturano gli equilibri.



L’Italia ha subìto una gravissima ondata di maltempo che ha devastato paesaggi, vallate; e ancora una volta i fiumi tornano ribalta nella cronaca nazionale. Piera Lisa Di Felice, vicepresidente della Federazione Nazionale Pro Natura, coordinatore dell’Organizzazione Regionale Pro Natura Abruzzo e vicepresidente del Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio, idrobiologa esperta di fiumi, sottolinea che quanto sta accadendo è in realtà frutto di una non corretta gestione del fiume e del suo habitat.

“I fiumi sono ambienti complessi”, spiega Di Felice. “Ecosistemi che bisogna conoscere e tutelare con professionalità e competenza. Spesso l’aspetto ecologico del fiume non viene preso in considerazione in nome della sicurezza. La gestione degli ambiti fluviali è sempre stata improntata su una visione ingegneristica e non naturalistica, trasformando i fiumi in una sorta di canali per far defluire il più velocemente possibile le acque. Stiamo pagando la regimentazione dei corsi d’acqua fatta negli anni Ottanta del secolo scorso che ha cancellato gran parte del sistema biologico e degli equilibri dell’ecosistema fiume. La scomparsa della vegetazione riparia, la tendenza alla rimozione delle asperità del fondo hanno come unica conseguenza l’aumento della velocità e della devastazione del fiume".

"Cito due episodi accaduti di recente in Abruzzo - prosegue Di Felice - La piena del fiume Tasso nei giorni scorsi a Scanno: in questo caso stiamo parlando di un fiume tombato cementificato e snaturato che si è ribellato alla sua prigione. C’è poi il caso del fiume Sangro a Villetta Barrea, anche lui esondato a seguito delle precipitazioni eccezionali, cementificato negli anni Ottanta con costose opere ingegneristiche che hanno distrutto le sue sponde con ripercussioni negative sulla sua ecologia. E sono tantissimi i fiumi in Italia in queste condizioni che poi esplodono al primo al maltempo estremo”. 

Secondo Di Felice la pulizia dei fiumi, per come viene oggi effettuata, non fa che peggiorare ulteriormente la situazione: “Eliminare la fitocenosi in un fiume provoca gravi danni all’ambiente acquatico con perdita di habitat e impoverimento della biodiversità animale e vegetale. Inoltre gli interventi di escavazione in alveo con opere di regimentazione non risolvono affatto il problema delle esondazioni ma le peggiorano. I boschi ripariali sono argini naturali contro le esondazioni, una fascia tampone che permette al fiume di calmare la sua forza ed evitare l’esondazione. Un fiume che evolve verso uno stato naturale è molto più resiliente di un corso d’acqua cementificato o demolito dalle ruspe.” 

Il futuro è quello della ingegneria naturalistica e della rinaturalizzazione, evitando l’intervento di ruspe che possano alterare i fiumi e provocare danni ambientali irreparabili. “La decementificazione dei fiumi è la prima fase di questo processo di restauro del paesaggio fluviale - continua Di Felice - Eliminare totalmente gli interventi di canalizzazione, regimazione e cementificazione che devastano l’ecosistema fluviale. Proprio nel 2017 a Scontrone, in provincia dell’Aquila, si è proceduto alla decementificazione di un grande tratto del fiume Sangro. Quest’operazione è stata fatta grazie alla lungimiranza e professionalità del Sindaco di Scontrone Ileana Schipani. Il cemento, che aveva soffocato il fiume Sangro, è stato pian piano eliminato per far respirare l’habitat fluviale. Ma questo è solo il primo stadio di un lungo processo a cui è necessario seguano interventi molto specialistici che devono rispettare il valore paesaggistico del fiume e la ricostruzione graduale delle comunità vegetali e animali”.

E’ necessario un cambiamento radicale rispetto alle opere tradizionali di difesa alluvioni. E fondamentale rimane la rinaturalizzazione dei corsi d’acqua come riconosciuto dalla Direttiva Alluvioni (2007/60/CE). “Tale direttiva - conclude Di Felice - chiede di mettere in atto tutte le sinergie possibili tra obiettivi di qualità ecologica dei fiumi e riduzione del rischio idraulico applicando un approccio mirato a dare “più spazio ai fiumi”. La Direttiva afferma che i Piani di Gestione del Rischio di alluvioni “al fine di conferire maggiore spazio ai fiumi” dovrebbero comprendere, ovunque possibile “il mantenimento e/o il ripristino delle pianure alluvionali”, ovvero interventi di riqualificazione morfologica.

Si ringrazia HGNews

5G: APPELLO AI PARLAMENTARI E RICHIESTA DI MORATORIA

La campagna promossa da Terra Nuova per richiedere una moratoria per il 5G in piena applicazione del principio di precauzione è sbarcata anche su Il Fatto Quotidiano con una pagina intera di appello rivolto alla popolazione e al Governo. Invitiamo anche a scrivere ai parlamentari per sensibilizzarli sul tema e faremo richiesta di un’audizione istituzionale. 
Sospendere l’installazione e lavvio del 5G in attesa che vengano esclusi danni per la salute e non modificare al rialzo i limiti di legge per l’esposizione della popolazione: sono le due richieste cardine su cui si incentra la campagna promossa dalla rivista mensile Terra Nuova in collaborazione conAssociazione Italiana Elettrosensibili, Associazione Elettrosmog Volturino Foggia, Associazione Obiettivo Sensibile, Comitato Oltre la MCS, Comitato No Wi-Fi Days, dott.ssa Fiorella Belpoggi (Istituto Ramazzini), Maurizio Martucci (giornalista e autore del libro “Manuale di autodifesa per elettrosensibili”), Oasi Sana, Alessandro Quadretti (regista del docu-film Sensibile).
Grazie a un crowdfunding, è stato finora possibile pubblicare un appello su una pagina de Il Fatto Quotidiano (la raccolta fondi prosegue QUI per approdare su altri media mainstream) e si proseguirà con le iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di pressione sui decisori politici. Parte infatti anche un pubblico invito a scrivere agli onorevoli e ai senatori presenti in Parlamento per chiedere loro impegno preciso sul tema.
Inoltre, chiederemo un’audizione ai presidenti delle Commissioni Sanità e Ambiente di Camera e Senato e ai Dicasteri competenti

Ecco di seguito la lettera che invitiamo tutti i lettori e i cittadini a inviare ai parlamentari

CLICCA email Parlamentari e Ministri

CLICCA QUI email CAMERA

CLICCA QUI email SENATO


Moratoria per il 5G


SI APPLICHI IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE


Gentile onorevole/senatore,
dal 1° gennaio 2019 saranno disponibili le nuove radiofrequenze per la tecnologia wireless di quinta generazione, il cosiddetto 5G.
Scienziati, medici e ricercatori hanno già lanciato moniti e appelli per contenere questa avanzata, poiché mancano valutazioni preliminari del possibile rischio per la salute della popolazione.
Si prevedono 
wi-fi dallo spazio attraverso droni in orbita e l’installazione di milioni di nuove mini-antenne a microonde millimetriche, anche sui lampioni della luce, che andranno a sommarsi agli oltre ventimila wi-fi pubblici e alle decine di migliaia di antenne per telefonia mobile 2G, 3G e 4G.
Ciò comporterà un’esposizione massiccia della popolazione all’inquinamento elettromagnetico e si preannuncia un innalza- mento delle soglie limite per i valori di irradiazione.
Non va dimenticato che nel 2011 la 
IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato i campi elettromagnetici delle radiofrequenze come possibili cancerogeni per l’uomo(1).
Peraltro, l’1 novembre 2018 il 
National Toxicology Program ha diffuso il rapporto finale(2) di uno studio su cavie animali; è emersa una «chiara evidenza che i ratti maschi esposti ad alti livelli di radiazioni da radiofrequenza, come 2G e 3G, sviluppino rari tumori delle cellule nervose del cuore». Il rapporto aggiunge che esistono anche «alcune evidenze di tumori al cervello e alle ghiandole surrenali». E qui si sta parlando ancora di 2G e 3G, ma ora si vuol introdurre in modo ubiquitario, capillare e permanente il 5G.
Nel marzo 2018, inoltre, sono stati diffusi i primi risultati dello studio condotto in Italia dall’
Istituto Ramazzini di Bologna (Centro di ricerca sul cancro Cesare Maltoni)(3), che ha considerato esposizioni alle radiofrequenze della telefonia mobile mille volte inferiori a quelle utilizzate nello studio sui telefoni cellulari del National Toxicologic Program, riscontrando gli stessi tipi di tumore. Infatti, sono emersi aumenti statisticamente significativi nell’incidenza degli schwannomi maligni, tumori rari delle cellule nervose del cuore, nei ratti maschi del gruppo esposto all’intensità di campo più alta, 50 V/m. Inoltre, gli studiosi hanno individuato un aumento dell’incidenza di altre lesioni, già riscontrate nello studio dell’NTP: iperplasia delle cellule di Schwann e gliomi maligni (tumori del cervello) alla dose più elevata. In aumento è anche il numero di persone colpite da elettrosensibilità, malattia ambientale altamente invalidante.
Sono quasi duecento gli scienziati indipendenti che, guidati dal professor Lennart Hardell, hanno sottoscritto 
l’appello(4) per una moratoria del 5G. Un altro appello internazionale ha già raccolto le adesioni di ricercatori, cittadini e organizzazioni di 96 paesi(5) e mette a disposizione una bibliografia ricchissima, che attesta numerosi rischi biologici da elettrosmog.
In 
Italia, una petizione ha già raccolto migliaia di firme(6) e l’associazione ISDE Medici per l’Ambiente ha chiesto al Governo «un piano di monitoraggio dei possibili effetti sanitari e una morato- ria per l’esecuzione delle sperimentazioni 5G su tutto il territorio nazionale sino a quando non sia adeguatamente pianificato un coinvolgimento attivo degli enti pubblici deputati al controllo ambientale e sanitario»(7).
CHIEDIAMO DUNQUE CHE IL GOVERNO:
– fermi l’avanzata del 5G, in piena applicazione del principio di precauzione, finché non si potranno escludere danni a carico della popolazione
– non innalzi i valori limite previsti dalla legge per l’esposizione all’inquinamento

elettromagnetico

– promuova uno studio epidemiologico a livello nazionale sui campi elettromagnetici.

A LEI CHIEDIAMO DI IMPEGNARSI PERSONALMENTE PER:
– fare pressione sul governo e sul Parlamento attraverso mozioni, ordini del giorno e interrogazioni per chiarire la portata dei rischi per la popolazione e per proporre alla discussione parlamentare la documentazione scientifica esistente, la cui portata impone l’adozione del principio di precauzione
– rilasciare dichiarazioni ai media mainstream che sottolineino una sua ferma presa di posizione sulla necessità di una moratoria per il 5G
– opporsi all’innalzamento per legge delle soglie limite in Volt/m di esposizione per la popolazione.

L’iniziativa nazionale di sensibilizzazione della popolazione (approdata anche finora su Il Fatto Quotidiano) è promossa dalla rivista Terra Nuova, con la collaborazione di: Associazione Italiana Elettrosensibili, Associazione Elettrosmog Volturino Foggia, Associazione Obiettivo Sensibile, Comitato Oltre la MCS, Comitato No Wi-Fi Days, dott.ssa Fiorella Belpoggi (Istituto Ramazzini), Maurizio Martucci (giornalista e autore del libro Manuale di autodifesa per elettrosensibili), Oasi Sana, Alessandro Quadretti (regista del docu-film Sensibile)
Per saperne di più: http://www.terranuova.it/stop5G

NOTE

3. http://www.ramazzini.org/ comunicato/ripetitori-telefonia-mobile-listituto-ramazzini-comunica-gli-esiti-del-suo-studio


OGNI CITTADINO PUO’ FARLO

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DA ADERIRE E FAR GIRARE
CON L’ALLEGATO si è pensato di coinvolgere direttamente il Sindaco in una presa di posizione Consapevole e responsabile. In allegato trovate un modello di DIFFIDA che ognuno può inviare liberamente all’Ufficio Protocollo del Comune con consegna a mano O IN RACCOMANDATA A/R (anche per email, ma è meglio per PEC). Ovviamente l’iniziativa libera, spontanea, civile, democratica e consapevole può e deve essere diffusa a più persone possibili, invitandole a formulare la diffida: quindi chi vuole, può girarla ad amici e contatti facendola ognuna propria. Grazie Coordinamento di zona STOP 5G

DIFFIDA DEL CITTADINO AL SINDACO PER LO STOP AL 5G



‐ ATTO DI SIGNIFICAZIONE E DIFFIDA ‐
Al Sindaco del Comune di xxxxxxxxxxxxx, Sig. xxxxxxxxxxx Presso il Municipio – xxxxxxxxxxxx

E MAIL xxxxxxxxxxxxx
Pec xxxxxxxxxx

Con il presente atto, il sottoscritto cittadino residente nel Comune di XXXXXX, intende sottoporre all'attenzione del Sindaco e delle altre Autorità sopra emarginate la grave e sottostimata futura situazione di insalubrità caratterizzante il territorio del comune, quale emerge dalle seguenti circostanze di fatto. Dall’anno 2019 saranno installati i sistemi mobili di quinta generazione, noti come strutture 5G, posizionando gruppi di mini antenne a microonde millimetriche su abitazioni, scuole, centri diurni, centri ricreativi, lampioni della luce e altro ancora. C’è poi anche il progetto di satelliti lanciati in orbita nello spazio e di droni wireless. La ricerca mostra che le radiazioni a onda millimetrica del 5G potrebbero far ammalare le persone, in particolar modo i bambini, le donne incinte e le persone con malattie croniche. Gli effetti avversi sulla salute causati dalle strutture 5G potrebbero includere cancro, infertilità, mal di testa, insonnia e altro ancora. Si prega quindi di opporsi alla legislazione 5G.

L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) dell’Organizzazione Mondale della Sanità ha classificato i campi elettromagnetici a radiofrequenza come “possibili cancerogeni” inserendoli nel gruppo 2B, sulla base di un aumentato rischio di glioma (un tipo di cancro maligno al cervello associato all’uso del telefono cellulare). Il dott. Olle Johansson, neuro scienziato del Karolinska Institute (che assegna il premio Nobel per la fisiologia e la medicina), ha affermato che la prova del danno causato dai campi elettromagnetici a radiofrequenza “è schiacciante”. Il dott. Ronald Powell, un fisico laureato ad Harvard che ha lavorato presso la National Science Foundation e l’Istituto nazionale degli standard e della tecnologia, condivide preoccupazioni simili riguardo al potenziale danno diffuso dalle radiazioni a radiofrequenza. In data 01/11/18 sono stati diffusi i risultati di un importante studio americano sui danni dovuti all’esposizione a elettrosmog: topi di laboratorio sono stati irradiati a intermittenza per due anni per 9 ore al giorno fra le 900 e 1900 megahertz (modulazione GSM e CDMA, 2G-3G). Risultato finale: tumore maligno al cuore, tumori al cervello e danni al DNA. Questo risultato è frutto di uno studio di 10 anni di analisi e riscontri, con un investimento di circa 30 milioni di dollari pubblici, effettuato dal National Toxicology Program, promosso dal Dipartimento della salute e dei diritti umani degli Stati Uniti. La stessa conclusione è stata riportata dall’Istituto Ramazzini di Bologna (fiore all’occhiello della ricerca indipendente italiana). Lo studio condotto su oltre 2.000 roditori irradiati nell’intensità di campo di 50,25,5 V/m di frequenze pari a 1,8 GHz (come le antenne della telefonia mobile, 3G) ha evidenziato il rischio cancerogeno su cervello e cuore, in Italia come in America. «Nel 2016 il National Toxicology Program – afferma Fiorella Belpoggi , direttrice dell’area ricerca del Centro per lo studio sul Cancro del Ramazzini – aveva già anticipato i risultati proprio di questi organi, verificando un aumento significativo di gliomi maligni del cervello e di Schwannomi maligni del cuore in ratti trattati dal periodo prenatale fino a 2 anni di età (corrispondenti a circa 60-65 anni nell’uomo). ISDE Italia (Associazione Medici per l’ambiente), attraverso il Presidente del comitato scientifico Agostino di Ciaula, ha così commentato: “Evidenze molto autorevoli riportano conseguenze neurologiche, metaboliche, riproduttive e persino microbiologiche generate dall’esposizione ad elettromagnetismo ad alta frequenza per intensità anche molto inferiori ai limiti di legge vigenti”. Nel 2019 sarà avviato sul 98% del territorio nazionale il temuto 5G, vera e propria immersione in un brodo elettromagnetico senza precedenti nella storia dell’umanità.

Si sa che il settore delle telecomunicazioni fornisce un notevole sostegno finanziario a molti legislatori, ma i nostri rappresentati dovrebbero prestare attenzione in primo luogo alla salute della popolazione, soprattutto a quella dei bambini, e ai forti avvertimenti emessi da esperti internazionali. In data 13 settembre 2017 un gruppo composto da più di 180 scienziati e medici provenienti da 37 paesi hanno proposto una moratoria per il roll-out della quinta generazione della telecomunicazione, almeno fino a quanto “i potenziali pericoli per la salute umana e l’ambiente saranno stati completamente studiati da scienziati indipendenti che non accettano finanziamenti dall’industria. La tecnologia 5G aumenterà notevolmente l’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF) rispetto alla 2G, 3G, 4G, Wi-Fi ecc. già esistenti”. Inoltre essa andrà a sommarsi a tutte le frequenze già esistenti.

Il pericolo sanitario del 5G è stato poi debitamente documentato dalla trasmissione televisiva d’inchiesta Report, andata in onda su Rai Tre la sera del 26/11/18, così come un appello con una richiesta di moratoria per il 5G è stato pubblicato sull’edizione nazionale del giornale Il Fatto Quotidiano del 27/11/18 ed ampia documentazione medico scientifica sull’imminente pericolo è nel libro d’inchiesta ‘Manuale di autodifesa per elettrosensibili. Come sopravvivere all’elettrosmog di Smartphone, Wi-Fi e antenne di telefonia mobile, mentre arrivano il 5G e il Wi-Fi dallo spazio’ (Terra Nuova Edizioni) e attualmente migliaia di cittadini da ogni parte d’Italia hanno già firmato una petizione in cui chiedono al Governo italiano di fermare la pericolosa avanzata del 5G.

Per quanto sopra evidenziato, in assenza di soluzioni tese all'applicazione del principio di precauzione, il sottoscritto

SIGNIFICA

ad ogni futuro effetto, al Sindaco, la responsabilità penale, civile, amministrativa, da accertarsi nelle competenti sedi, per le conseguenze di ordine sanitario, che dovessero manifestarsi a breve, medio e lungo termine nella popolazione residente nel territorio comunale e specificatamente nell’area caratterizzata dalle criticità ambientali sopra indicate.




Nel contempo

DIFFIDA

il Sindaco, nella Sua veste di autorità sanitaria locale, in ossequio all’art. 32 della Costituzione ed al principio di precauzione sancito dal diritto comunitario e dall’art. 3‐ter del D. L.vo n. 152/2006, al fine di fronteggiare la minaccia di danni gravi ed irreversibile per i cittadini, ad imporre a tutte le attività da cui possano originare emissioni inquinanti l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, nonché ad assumere ogni misura e cautela volte a ridurre significativamente e, ove possibile, eliminare l'inquinamento elettromagnetico e le emissioni prodotte ed i rischi per la salute della popolazione;
NONCHÉ

ad astenersi per il futuro dall'autorizzare, asseverare e dare esecuzione a progetti relativi a nuove attività che possano condurre ad un aggravamento delle lamentate condizioni di insalubrità ambientale.

Nel caso in cui non dovessero ravvedersi i motivi d’urgenza di cui all’art. 328, 1° c., c.p., la presente valga quale diffida ex art. 328, 2° c., c.p.

Con richiesta di esame e riscontro urgente.

DATA
FIRMA
NOIME COGNOME
RIFERIMENTI DIFFIDANTE


ESPERIMENTO DI PERTURBAZIONE STRATOSFERICA CONTROLLATA (SCOPEX)

Quello che hanno in mente gli scienziati per il 2019 per combattere i cambiamenti climatici sembra fantascienza??

L’intervento in extremis degli scienziati per combattere gli effetti catastrofici del cambiamento climatico sembra essere uscita da un film di fantascienza, di quelli in cui l’uomo fa qualcosa di assurdo e mastodontico pur di evitare il peggio.
È più o meno quello che hanno proposto alcuni ricercatori di Harvard; rilasciare un composto chimico nella stratosfera, in grado di riflettere indietro nello spazio una parte dell’energia del Sole.
Siamo arrivati a poter fare qualcosa di simile? Sembra proprio di sì. I cambiamenti climatici sono oggi un problema con cui abbiamo iniziato a fare i conti (fenomeni atmosferici più intensi e in posti diversi rispetto al passato), anche se a livello globale non sembrano essere in previsione grandi manovre per evitare il peggio. 
Ecco quindi l’esigenza di un intervento di maggiore portataspaziale verrebbe da dire e non sarebbe poi così sbagliato. Gli scienziati di Harvard hanno fatto sapere, attraverso una pubblicazione su Naturedi stare studiando la possibilità di spargere nella stratosfera – il secondo strato dell’atmosfera partendo dalla superficie terrestre – un composto chimico capace di riflettere indietro la luce del Sole, venendo a mancare la protezione naturale con cui per miliardi di anni la Terra si è difesa dai raggi solari. 
Il composto chimico è in questione è il carbonato di calcio, una sostanza capace di rimanere nell’atmosfera per anni continuando a riflettere la luce del Sole.

Il primo tentativo in scala ridotta sarebbe pronto già per il 2019; in questa occasione gli scienziati invieranno nella stratosfera un aerostato dirigibile per spargere circa 100 grammi di carbonato di calcio. Successivamente, attraverso un laser a bordo della “mongolfiera”, verrà analizzato il processo dispersivo della sostanza, per stimare la quantità necessaria per l’intervento vero e proprio.
Le critiche non hanno tardato ad arrivare; c’è chi sostiene che sia solo un tentativo “cerotto”che non agisce sulle cause dei cambiamenti climatici e che per questo sarebbe inutile. Altri, invece, affermano che sia troppo tardi per qualsiasi tipo di misura adottata, e che ritardare gli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici sia ormai un obbligo, non una scelta.
Secondo lo studio, il primo esperimento sarà pronto per la prima metà del 2019 e verrò testato sulla parte sud-ovest degli Stati Uniti.
Un’idea chiara sui cambiamenti climatici sembra ancora impossibile; rimane da capire se sono stati sottovalutati per troppi anni, se fossero comunque un destino inevitabile tendendo conto dell’evoluzione umana, se c’è ancora tempo per fare qualcosa. Un clima di incertezza che non può lasciare indifferente.

Fusione nucleare, il “sole artificiale” cinese ha raggiunto la temperatura record di 100 milioni di gradi

tokamakDopo la luna, ecco il sole artificiale made in China. Ma la vera notizia è che è oltre sei volte più caldo dell’originale: una condizione ritenuta essenziale per il successo del processo che ci consentirà di sfruttare l’energia derivante dalla fusione nucleare. Un team di scienziati dell’Istituto cinese di fisica ha reso noto di essere riuscito a far raggiungere la temperatura record di 100 milioni di gradi Celsius al plasma contenuto nel reattore Experimental Advanced Superconducting Tokamak (East) di Hefei. L’umanità – dicono – è un po’ più vicina a una nuova era energetica.
La fusione nucleare
Il mondo ha bisogno di nuove fonti energetiche altamente efficienti per scongiurare una crisi. La risposta potrebbe essere riuscire a padroneggiare il processo di fusione nucleare, quella cascata di reazioni che avviene all’interno delle stelle: atomi di idrogeno che, grazie alle elevatissime temperature e all’eccezionale forza di gravità, fondono i propri nuclei liberando una grandissima quantità di energia. Il problema è che sulla Terra è molto difficile ricreare le stesse condizioni di gravità, ma un’alternativa potrebbe essere raggiungere temperature di gran lunga superiori a quelle del nostro Sole, cioè 15 milioni di gradi.
(In realtà ci sarebbe anche un’altra alternativa, la fusione fredda, ma finora la ricerca non ha ancora prodotto risultati significativi.)
Il tokamak
Per sperare di raggiungere simili temperature occorrono reattori speciali. Uno di questi è il tokamak, il protagonista dell’esperimento cinese. Il tokamak è appunto un dispositivo ideato per replicare il processo di fusione nucleare che avviene nelle stelle: alto 11 metri, con un diametro di 8 e un peso di 360 tonnellate, il reattore cinese al suo interno è composto da potenti magneti a forma di ciambella e da un anello che contiene gli isotopi (forme atomiche alternative) pesanti dell’idrogeno (deuterio e trizio). Gli isotopi dell’idrogeno vengono riscaldati grazie a potenti correnti elettriche, perdono gli elettroni e formano un plasma di ioni idrogeno. L’attività dei magneti controlla il plasma e massimizza la possibilità che gli ioni si fondano, liberando energia che teoricamente può essere sfruttata per alimentare una centrale elettrica. Il team cinese ha affermato di aver raggiunto il record di 100 milioni di gradi Celsius grazie all’applicazione di diverse tecniche per riscaldare e controllare il plasma. E anche se i ricercatori sono riusciti a mantenere tali condizioni solo per qualche manciata di secondi, tanto basta per definirsi un successo.
Verso una nuova era energetica
Per gli esperti di tutto il mondo la fusione rappresenta il futuro energetico, che oltretutto, a differenza della fissione nucleare che produce pericolosi rifiuti radioattivi, genera come scarto principale di reazione atomi di elio. Il lavoro, ovviamente, non è finito: l’East ha fornito la prova che raggiungere il record di 100 milioni di gradi Celsius è possibile e molto probabilmente costituirà un campo di prova per l’International Thermonuclear Experimental Reactor (Iter), il prossimo grande esperimento globale dedicato alla fusione nucleare. In fase di costruzione nel Sud della Francia, Iter è una collaborazione di ben 35 nazioni (tra cui la Cina) e consisterà in una struttura sperimentale per produrre energia di fusione e sfruttarla per produrre elettricità.
Mara Magistroni

ISLANDA: Quando il popolo sconfigge l’economia globale…



Oggi vogliamo raccontarvi una storia, il perché lo si capirà dopo. Di quelle storie che nessuno racconta a gran voce, che vengono piuttosto sussurrate di bocca in orecchio, al massimo narrate davanti ad una tavola imbandita o inviate per e-mail ai propri amici. È la storia di una delle nazioni più ricche al mondo, che ha affrontato la crisi peggiore mai piombata addosso ad un paese industrializzato e ne è uscita nel migliore dei modi.

L’Islanda. Già, proprio quel paese che in pochi sanno dove stia esattamente, noto alla cronaca per vulcani dai nomi impronunciabili che con i loro sbuffi bianchi sono in grado di congelare il traffico aereo di un intero emisfero, ha dato il via ad un’eruzione ben più significativa, seppur molto meno conosciuta.Un’esplosione democratica che terrorizza i poteri economici e le banche di tutto il mondo, che porta con se messaggi rivoluzionari: di democrazia diretta, autodeterminazione finanziaria, annullamento del sistema del debito.

Ma procediamo con ordine. L’Islanda è un’isola di sole di 320mila anime – il paese europeo meno popolato se si escludono i micro-stati – privo di esercito. Una città come Bari spalmata su un territorio vasto 100mila chilometri quadrati, un terzo dell’intera Italia, situato un poco a sud dell’immensa Groenlandia.

15 anni di crescita economica avevano fatto dell’Islanda uno dei paesi più ricchi del mondo. Ma su quali basi poggiava questa ricchezza? Il modello di ‘neoliberismo puro’ applicato nel paese che ne aveva consentito il rapido sviluppo avrebbe ben presto presentato il conto. Nel 2003 tutte le banche del paese erano state privatizzate completamente. Da allora esse avevano fatto di tutto per attirare gli investimenti stranieri, adottando la tecnica dei conti online, che riducevano al minimo i costi di gestione e permettevano di applicare tassi di interesse piuttosto alti. IceSave, si chiamava il conto, una sorta del nostrano Conto Arancio. Moltissimi stranieri, soprattutto inglesi e olandesi vi avevano depositato i propri risparmi.

Così, se da un lato crescevano gli investimenti, dall’altro aumentava il debito estero delle stesse banche. Nel 2003 era pari al 200 per cento del prodotto interno lordo islandese, quattro anni dopo, nel 2007, era arrivato al 900 per cento. A dare il colpo definitivo ci pensò la crisi dei mercati finanziari del 2008. Le tre principali banche del paese, la Landsbanki, la Kaupthing e la Glitnir, caddero in fallimento e vennero nazionalizzate; il crollo della corona sull’euro – che perse in breve l’85 per cento – non fece altro che decuplicare l’entità del loro debito insoluto. Alla fine dell’anno il paese venne dichiarato in bancarotta.

Il Primo Ministro conservatore Geir Haarde, alla guida della coalizione Social-Democratica che governava il paese, chiese l’aiuto del Fondo Monetario Internazionale, che accordò all’Islanda un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, cui si aggiunsero altri 2 miliardi e mezzo da parte di alcuni Paesi nordici. Intanto, le proteste ed il malcontento della popolazione aumentavano.

A gennaio, un presidio prolungato davanti al parlamento portò alle dimissioni del governo. Nel frattempo ipotentati finanziari internazionali spingevano perché fossero adottate misure drastiche. Il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea proponevano allo stato islandese di di farsi carico del debito insoluto delle banche, socializzandolo. Vale a dire spalmandolo sulla popolazione. Era l’unico modo, a detta loro, per riuscire a rimborsare il debito ai creditori, in particolar modo a Olanda ed Inghilterra, che già si erano fatti carico di rimborsare i propri cittadini.

Il nuovo governo, eletto con elezioni anticipate ad aprile 2009, era una coalizione di sinistra che, pur condannando il modello neoliberista fin lì prevalente, cedette da subito alle richieste della comunità economica internazionale: con una apposita manovra di salvataggio venne proposta la restituzione dei debiti attraverso il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro complessivi, suddivisi fra tutte le famiglie islandesi lungo un periodo di 15 anni e con un interesse del 5,5 per cento.

Si trattava di circa 100 euro al mese a persona, che ogni cittadino della nazione avrebbe dovuto pagare per 15 anni; un totale di 18mila euro a testa per risarcire un debito contratto da un privato nei confronti di altri privati. Einars Már Gudmundsson, un romanziere islandese, ha recentemente affermato che quando avvenne il crack, “gli utili [delle banche, ndr] sono stati privatizzati ma le perdite sono state nazionalizzate”. Per i cittadini d’Islanda era decisamente troppo.

Fu qui che qualcosa si ruppe. E qualcos’altro invece si riaggiustò. Si ruppe l’idea che il debito fosse un’entità sovrana, in nome della quale era sacrificabile un’intera nazione. Che i cittadini dovessero pagare per gli errori commessi da un manipoli di banchieri e finanzieri. Si riaggiustò d’un tratto il rapporto con le istituzioni, che di fronte alla protesta generalizzata decisero finalmente di stare dalla parte di coloro che erano tenuti a rappresentare.

Accadde che il capo dello Stato, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiutò di ratificare la legge che faceva ricadere tutto il peso della crisi sulle spalle dei cittadini e indisse, su richiesta di questi ultimi, un referendum, di modo che questi si potessero esprimere.

La comunità internazionale aumentò allora la propria pressione sullo stato islandese. Olanda ed Inghilterra minacciarono pesanti ritorsioni, arrivando a paventare l’isolamento dell’Islanda. I grandi banchieri di queste due nazioni usarono il loro potere ricattare il popolo che si apprestava a votare. Nel caso in cui il referendum fosse passato, si diceva, verrà impedito ogni aiuto da parte del Fmi, bloccato il prestito precedentemente concesso. Il governo inglese arrivò a dichiarare che avrebbe adottato contro l’Islanda le classiche misure antiterrorismo: il congelamento dei risparmi e dei conti in banca degli islandesi. “Ci è stato detto che se rifiutiamo le condizioni, saremo la Cuba del nord – ha continuato Grímsson nell’intervista – ma se accettiamo, saremo l’Haiti del nord”.

A marzo 2010, il referendum venne stravinto, con il 93 per cento delle preferenze, da chi sosteneva che il debito non dovesse essere pagato dai cittadini. Le ritorsioni non si fecero attendere: il Fmi congelò immediatamente il prestito concesso. Ma la rivoluzione non si fermò. Nel frattempo, infatti, il governo – incalzato dalla folla inferocita – si era mosso per indagare le responsabilità civili e penali del crollo finanziario. L’Interpool emise un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson. Gli altri banchieri implicati nella vicenda abbandonarono in fretta l’Islanda.

In questo clima concitato si decise di creare ex novo una costituzione islandese, che sottraesse il paese allo strapotere dei banchieri internazionali e del denaro virtuale. Quella vecchia risaliva a quando il paese aveva ottenuto l’indipendenza dalla Danimarca, ed era praticamente identica a quella danese eccezion fatta per degli aggiustamenti marginali (come inserire la parola ‘presidente’ al posto di ‘re’).

Per la nuova carta si scelse un metodo innovativo. Venne eletta un’assemblea costituente composta da 25 cittadini. Questi furono scelti, tramite regolari elezioni, da una base di 522 che avevano presentato la candidatura. Per candidarsi era necessario essere maggiorenni, avere l’appoggio di almeno 30 persone ed essere liberi dalla tessera di un qualsiasi partito.

Ma la vera novità è stato il modo in cui è stata redatta la magna charta. “Io credo – ha detto Thorvaldur Gylfason, un membro del Consiglio costituente – che questa sia la prima volta in cui una costituzione viene abbozzata principalmente in Internet”.

L’Islanda ha riaffermato il principio per cui la volontà del popolo sovrano deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale

Chiunque poteva seguire i progressi della costituzione davanti ai propri occhi. Le riunioni del Consiglio eranotrasmesse in streaming online e chiunque poteva commentare le bozze e lanciare da casa le proprie proposte. Veniva così ribaltato il concetto per cui le basi di una nazione vanno poste in stanze buie e segrete, per mano di pochi saggi. La costituzione scaturita da questo processo partecipato di democrazia diretta verrà sottoposta al vaglio del parlamento immediatamente dopo le prossime elezioni.

Ed eccoci così arrivati ad oggi. Con l’Islanda che si sta riprendendo dalla terribile crisi economica e lo sta facendo in modo del tutto opposto a quello che viene generalmente propagandato come inevitabile. Niente salvataggi da parte di Bce o Fmi, niente cessione della propria sovranità a nazioni straniere, ma piuttosto un percorso di riappropriazione dei diritti e della partecipazione.

Lo sappiano i cittadini greci, cui è stato detto che la svendita del settore pubblico era l’unica soluzione. E lo tengano a mente anche quelli portoghesi, spagnoli ed italiani. In Islanda è stato riaffermato un principio fondamentale: è la volontà del popolo sovrano a determinare le sorti di una nazione, e questa deve prevalere su qualsiasi accordo o pretesa internazionale. Per questo nessuno racconta a gran voce la storia islandese. Cosa accadrebbe se lo scoprissero tutti?