giovedì 29 novembre 2018

L'uomo di BlackRock verso la Cancelleria di Berlino

UN'ALTRA MINACCIA DALLA GERMANIA PER L'ITALIA E L'EUROPA INTERA. IL PROSSIMO CANCELLIERE POTREBBE ESSERE UN UOMO DI BLACKROCK, VALE A DIRE IL POTERE OCCULTO CHE DOMINA LA FINANZA EUROPEA. E INDOVINATE A CHI APPARTIENE IL COLOSSO? MA AI ROTHSCHILD OVVIAMENTE! (VEDI LINK A FONDO PAGINA) 


La stampa liberal-conservatrice ha già iniziato a pomparne la candidatura al vertice della CDU, i sondaggi lo danno davanti agli altri contendenti, l'endorsement di Schäuble è già arrivato, ma chi è Friedrich Merz? Potrebbe sembrare il wet dream di ogni complottista, ma invece è tutto vero: l'UE traballa, la moneta unica viene messa in discussione, in Germania è scoppiato il piu' grande scandalo fiscale di tutti i tempi con molte grandi banche coinvolte, ma il prossimo Cancelliere tedesco potrebbe essere proprio un uomo di BlackRock, vale a dire il piu' grande gestore di risparmio del mondo, con decine di miliardi di euro investiti nei paesi periferici della zona euro. Ne parla un ottimo Zacharakis su Die Zeit


Se in Germania per strada chiedi a dieci persone se conoscono la società Blackrock, non saranno molti a rispondere di sì. Ma la società di gestione dei fondi è profondamente radicata nell'economia tedesca. Così profondamente da preoccupare alcuni esperti. Blackrock non ha proprio la reputazione migliore. E questo potrebbe diventare un problema per l'uomo che per diversi anni ha rappresentato questa società in Germania: Friedrich Merz.

Merz si è candidato alla segreteria della CDU in vista del prossimo congresso di dicembre, lo ha confermato ufficialmente martedì. La sua elezione sarebbe uno spettacolare ritorno in politica del leader del gruppo parlamentare della CDU, dopo che Merz quasi dieci anni fa aveva lasciato il Bundestag ed era uscito dalla politica. Nel frattempo l'avvocato d'affari ha lavorato come consulente presso lo studio legale Mayer Brown LLP, dove ha assistito molte società in attività di fusione e acquisizione. Ed è stato in vari consigli di sorveglianza di aziende tedesche. Dall'inizio del 2016, Merz è anche presidente del consiglio di sorveglianza di Blackrock, il più grande gestore patrimoniale al mondo.

Blackrock è una società che con i suoi fondi raccoglie il denaro dei clienti in tutto il mondo e investe principalmente in azioni - con l'obiettivo di far crescere il capitale quanto più possibile. Secondo dati recenti, la società di gestione attualmente ha un volume di investimenti di oltre 6,3 trilioni di dollari. Una somma incredibile, quasi il doppio rispetto al PIL tedesco (3,7 trilioni di dollari).

Non è esecrabile di per sé il fatto che i manager aziendali possano passare alla politica. Persino le organizzazioni come Lobbycontrol considerano un simile passo molto meno critico rispetto a quello nella direzione opposta, cioè dalla politica al business. Un esempio negativo di un tale cambio è quello dell'ex sottosegretario alla Cancelleria e politico della CDU Ronald Pofalla: nel 2015 è passato a Deutsche Bahn e dopo un breve periodo di attesa è entrato nel consiglio di amministrazione per occuparsi dei contatti politici dell'azienda. I legami personali con la politica dopo un tale passaggio sono ancora freschi, e non è difficile avere accesso diretto alle figure chiave del governo e del parlamento.

Critica della vigilanza sulla concorrenza

Per Merz, tuttavia, potrebbero esserci altre circostanze a pesare sulla sua possibilità di arrivare alla presidenza della CDU. Gli economisti accusano la statunitense Blackrock di avere un'influenza troppo forte sull'economia tedesca. Da qualche tempo la società nei suoi fondi detiene consistenti pacchetti azionari di tutte le 30 società tedesche presenti nel listino Dax. Nel caso di Post, Allianz e Bayer, ad esempio, Blackrock recentemente ha raggiunto una partecipazione di oltre il 7%, e sul Dax complessivo un totale del 4,5 %. E' stato segnalato piu' volte che la direzione del gruppo da New York interferisce attivamente nelle decisioni dei dirigenti tedeschi.

Gli esperti in materia di concorrenza la vedono in maniera alquanto critica: "un azionista con interessi multipli in un settore è interessato al bene dell'intero settore e non necessariamente al successo della singola azienda", ha detto a Wirtschaftswoche Achim Wambach, presidente della Commissione per i monopoli. Se l'influenza sulle aziende dovesse aumentare, come annunciato da Blackrock, ciò finirà per danneggiare la concorrenza. La Commissione europea ha già preso in considerazione questi importanti temi dal punto di vista sistemico e intende agire.

Un'azienda controversa, dunque. E per la quale Merz ha rivestito un ruolo importante. Quando circa tre anni fa ha assunto la carica, la società ha subito dichiarato che il suo compito sarebbe andato oltre la semplice supervisione. Avrebbe assunto un "ruolo di consulenza più ampio in cui avrebbe dovuto sviluppare per conto di Blackrock le relazioni con i clienti chiave, i regolatori e le autorità di regolamentazione tedesche", scriveva il suo datore di lavoro. Merz era quindi il principale lobbista di Blackrock in Germania e - se ha fatto bene il suo lavoro - ha lavorato affinché lo stato ponesse il minor numero possibile di ostacoli alla società.

Ulteriori spiegazioni probabilmente dovrà darle anche in merito ad un'altra posizione presso un'altra società finanziaria per la quale Merz dall'inizio del 2010 è stato membro del consiglio di sorveglianza. La banca di Düsseldorf "HSBC Trinkaus", che secondo il rapporto finale della commissione d'inchiesta del Bundestag era coinvolta in operazioni fiscali, note da tempo al pubblico con il nome di "Cum-Ex". Si tratta di rimborsi fiscali su operazioni azionarie a cui gli investitori non avevano diritto. Queste pratiche fiscali a danno dei contribuenti tedeschi sono mai state discusse dal consiglio di sorveglianza della banca?

Merz dovrà esprimersi su questi temi, soprattutto perché prima della sua uscita dalla scena politica è stato l'esperto di fiscalità del suo partito. Nel 2003 è diventato famoso per la sua proposta di rendere la dichiarazione dei redditi così facile da farla stare in un sottobicchiere da birra.

Anche lo studio legale Mayer Brown, per il quale Merz è ancora attivo, a modo suo guadagna con le transazioni fiscali Cum-Ex. Sul sito web lo studio legale scrive: "gli operatori di mercato potrebbero dover affrontare rischi legali crescenti in seguito a transazioni cum-ex". Le autorità fiscali tedesche avrebbero intensificato le loro attività investigative per  individuare ulteriori reati fiscali. E lo studio legale vuole aiutare i propri clienti a "contrastare questo rischio".


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BlackRock, quel potere occulto che domina tutta la finanza europea



L’aneddoto viene da un’ex impiegata di BlackRock: arrivato sopra l’Atlantico in viaggio in Europa, il Ceo e fondatore di BlackRock Larry Fink chiede al comandante dell’aereo di cambiare rotta e dirigersi verso la Germania. Intanto telefona a un suo uomo a Francoforte perché organizzi un incontro con Angela Merkel, entro cinque ore. Il manager cerca di fare il possibile, ma non riuscendo a trovare la cancelliera, fissa un appuntamento con il vicepresidente della Bmw. I due s’incontrano, poi mentre il tedesco sta spiegando le strategie della Casa automobilistica, Larry Fink si alza e comincia un’altra conversazione telefonica. Disinvoltura di chi sa di essere considerato tra gli uomini più influenti al mondo (Fortune, 2018).
Laurence “Larry” Fink, 65 anni, figlio di un commerciante di scarpe e di un’insegnante d’inglese, è il trader californiano che nel 1988 ha fondato la società BlackRock con una dozzina di colleghi. Oggi gli impiegati sono 13.900, in 30 Paesi. E BlackRock è diventata la più grande società d’investimento al mondo, 6.280 miliardi di dollari di capitale gestito, di cui un terzo in Europa, più del Pil di Francia e Spagna messe insieme. Attraverso il suo software per la gestione dei rischi, Aladdin, BlackRock controlla indirettamente altri 20.000 miliardi di dollari. Un potere che BlackRock esercita anche dando consigli a governi, Banche centrali, istituzioni europee. E influenzando ogni legge che viene approvata in Europa. “Le enormi dimensioni di BlackRock ne fanno un potere di mercato che nessuno Stato può più controllare”, riassume il deputato liberale tedesco (Fdp) Michael Theurer.
Il gigante misterioso
La società americana gestisce i soldi degli altri, non ha quote di controllo, ma ha diritto di voto nelle assemblee delle aziende quotate, l’anno scorso ha votato nel 91% dei casi nelle 17 mila aziende dov’è azionista.
In Europa la “roccia nera” è presente nell’energia, nei trasporti, nelle compagnie aeree, nell’agroalimentare, fino all’immobiliare. Possiede una cospicua fetta (tenuta segreta dalla Banca d’Italia e dalla società stessa) di bond del nostro debito pubblico, come testimonia il database Thomsons One (Reuters) che Investigate Europe ha consultato.
È azionista di peso nelle top 10 banche europee, primo azionista della Deutsche Bank, secondo in Intesa San Paolo, presente in Unicredit, Banca Generali, Fineco, Enel, Eni, Telecom. In Germania ha investito 100 miliardi solo in azioni, 240 nel Regno Unito, 21 da noi, ma che sommati ai bond e alle obbligazioni arrivano a 79 miliardi di patrimonio gestito in Italia. In un libro scritto tre anni fa, la giornalista tedesca Heike Buchter spiega come “da quando ti alzi la mattina, prendi i cereali con il latte, ti vesti, t’infili le scarpe, prendi l’auto e vai al lavoro, dove accenderai il computer, usando il tuo iPhone, in tutti i momenti della giornata BlackRock è presente”.
Fink viene sempre ricevuto come un capo di Stato, che vada a Roma a incontrare Matteo Renzi, per una cena privata, nel 2014 o ad Amsterdam per parlare con il premier Mark Rutte, nel 2016, o all’Eliseo: ha già incontrato due volte il presidente Emmanuel Macron. Cosa chiedono tutti questi capi di governo a BlackRock? Di continuare a investire in Europa. In cambio, assicurano di non intralciare i suoi affari con leggi e controlli a dismisura.
La finanza democratica
La grande fortuna di BlackRock viene dai fondi passivi. La crisi economica è stata un’opportunità per la roccia di Wall Street. Da un patrimonio gestito di 1.000 miliardi di dollari nel 2008 è passata a più di 6.000 miliardi nel 2018, grazie agli Etf (exchanged traded funds), oggi il 72 per cento del suo portafoglio. I fondi nell’ultimo decennio sono letteralmente esplosi, occupando ormai il 40 per cento del totale del mercato azionario nel mondo, con BlackRock leader mondiale del settore.
La ragione principale del loro boom è che costano poco: 0,2 per cento del valore investito, un decimo dei costi di un fondo attivo. Un fondo attivo è gestito da manager, un Etf va in automatico, copia come un clone il valore di un indice di Borsa. Se le azioni dell’indice vanno su, sale anche il valore dei fondi BlackRock, se l’indice perde valore, scendono anche i fondi passivi. Barbara Novick, vicepresidente di BlackRock, ha spiegato questo successo parlando di “democratizzazione” della finanza: ormai tutti possono investire anche piccole somme. Ma più aumenta il volume dei fondi passivi, più il mercato si concentra in poche società. All’Università di Amsterdam un gruppo di ricercatori legati alla piattaforma Corpnet ha studiato il comportamento di BlackRock, Vanguard e State Street, i tre colossi dei fondi passivi. “Per ora sono giganti che dormono”, dice il professor Eelke Heemskerk. Ma si stanno svegliando.
I pompieri della crisi
Il 18 marzo 2008 quando Timothy Geithner, capo alla Federal Reserve di New York (poi diventato ministro delle Finanze con Barack Obama), chiama Larry Fink perché lo aiuti a ripulire le spazzature della banca d’investimento Bear Stearns, appena salvata dal governo Usa. Fink ha già sviluppato il software Aladdin, che analizza in pochi secondi la composizione e i rischi di larghi portafogli. È l’uomo giusto per spegnere i fuochi della crisi. Dopo la Bear Stearns, BlackRock sarà chiamata a isolare i prodotti tossici di Citibank, Aig, Fannie Mae e Freddie Mac. Diventa il braccio operativo del governo americano per la gestione della crisi.
A fine 2010, la Banca centrale dell’Irlanda chiama – senza bando di gara – BlackRock Solutions, filiale del gigante americano specializzata nella parte consulenza, per studiare lo stato di salute delle banche irlandesi. Dublino ha appena chiesto ai Paesi europei e al fondo monetario internazionale un prestito da 50 miliardi di euro per evitare il fallimento. La Troika (Fmi, Commissione Ue e Banca centrale europea) arriva a Dublino ed esige dal governo locale di fare ricorso a un audit esterno. La scelta cade su BlackRock, anche se già controlla 162 miliardi di euro di azioni nell’isola celtica. “Una missione gigantesca” dirà Larry Fink a proposito dell’Irlanda, “la più grande che ci sia mai stata affidata da un governo”. BlackRock viene poi chiamata ancora nel 2011 e nel 2012 per effettuare stress test sulle banche irlandesi. E a fine 2012 si compra il 3 per cento di Bank of Ireland, proprio una delle banche su cui aveva fatto gli stress test nel 2011.
In Grecia la “roccia nera” ha cominciato in modo più prudente. Sotto il nome di “Solar”, BlackRock Solutions affitta uffici modesti ad Atene e, assunta dalla Banca centrale, entra nei caveau di 18 banche elleniche. Siamo nel 2011. Negli anni successivi BlackRock viene ancora chiamata per studiare il volume del “buco” delle maggiori banche greche, effettuare stress test sui principali istituti. Sei contratti in tutto, l’ultimo per fornire assistenza tecnica allo smaltimento dei crediti deteriorati. Oggi ad Atene si parla molto della “roccia nera” per il centro commerciale che sta costruendo per 300 milioni di euro, nel cuore della Capitale, ai piedi dell’Acropoli e perché è la prima azionista di una miniera d’oro, nel nord del Paese, invisa dalla popolazione locale per la presunta pericolosità per l’ambiente. Ma la società di Larry Fink è anche azionista di peso delle più grosse banche e della lotteria nazionale, da poco privatizzata. Conflitti d’interessi, accesso privilegiato a informazioni riservate che possono essere utili a chi investe milioni di euro in un Paese? L’ex capo economista di Alpha Bank, Michael Massourakis, ricorda come “nel pomeriggio andavamo da BlackRock per vendere le nostre azioni e lo stesso giorno degli impiegati di BlackRock venivano da noi a controllare i libri contabili. Poi la sera uomini di BlackRock si incontravano per un drink? Non lo so”.
“Niente indica che gli impiegati di BlackRock venuti ad Atene abbiano trasmesso informazioni riservate alle équipe di BlackRock interessate agli investimenti dei fondi – assicura un trader greco – BlackRock non avrebbe mai rischiato di distruggere la propria reputazione per così poco”. Ma il problema si pone a un livello più alto, dice la fonte greca: “Salendo nella gerarchia di un’azienda si arriva a un punto in cui si hanno a disposizione tutte le informazioni della società, il lato investimento e quello della consulenza”. Il 12 dicembre 2013 Larry Fink ha incontrato il governatore della Banca di Grecia, George Provopoulos. Di che hanno parlato i due uomini, degli investimenti di BlackRock nella penisola ellenica, del degrado dei crediti nelle banche greche o di tutt’e due?
In Spagna BlackRock è riuscita a entrare nel mercato immobiliare – oggi controlla quattro grosse società di real estate – e a diventare azionista rilevante delle sei più grosse banche spagnole. Anche se le sue attività di consulenza sono state fermate nel 2012 da una campagna di stampa virulenta a opera di banchieri anonimi che trovavano “non ragionevole” affidare alla società americana di stabilire i prezzi degli asset immobiliari delle banche, i cui portafogli erano già stati studiati dalla roccia nera in un precedente contratto con la Banca centrale spagnola. BlackRock – dicevano i banchieri – era in una posizione privilegiata come acquirente futuro. L’allora ministro delle Finanze spagnolo, Luis de Guindos – oggi indicato come vicepresidente della Bce – dovette abbandonare l’idea di affidare a BlackRock lo studio sugli investimenti immobiliari delle banche spagnole.
In Olanda la Banca centrale ha chiamato due volte BlackRock, fino al 2013, per lo studio degli asset immobiliari e per i crediti deteriorati delle banche olandesi – come la ING – dove la roccia è azionista. Anche la Banca centrale europea ha fatto ricorso due volte a BlackRock per attività di consulenza. Nel 2014 l’istituzione guidata da Mario Draghi chiama BlackRock Solutions per disegnare un programma di acquisto di titoli garantiti (Abs) e nel 2016 per preparare gli stress test di 39 banche sistemiche europee, banche di cui spesso BlackRock è azionista rilevante. Da Francoforte la Bce ha smentito qualunque rischio di conflitti d’interessi, garantendo che “la confidenzialità delle informazioni è assicurata dai termini del contratto”. Ma la Banca centrale greca ha rivelato a Investigate Europe che qualche dubbio lo ha avuto: “Nel 2015 abbiamo escluso BlackRock dalla preparazione degli stress test sulle banche per un rischio di conflitto d’interessi”.
Le muraglie cinesi
La roccia nera si è sempre difesa con vigore dalle accuse di conflitto d’interessi: “Le nostre squadre sono chiaramente separate – ha spiegato Larry Fink a un quotidiano tedesco nel 2016 – ci sono grandi barriere per assicurare che l’informazione non venga dispersa e non ci sia conflitto d’interessi” Ma, ammesso che le muraglie cinesi davvero funzionino, queste non esistono più al livello gerarchico più alto di una società. Martin Hellwig, ex direttore della Commissione tedesca per i Monopoli, dice: “Un’azienda privata riceve una missione pubblica, questo è profondamente sbagliato”. Hans-Peter Burghoff, dell’Università di Hohenheim (Stoccarda) aggiunge: “L’accesso esclusivo alle autorità di sorveglianza europee dà inevitabilmente un enorme vantaggio strategico a BlackRock rispetto a tutti i suoi concorrenti”.
I politici sulla roccia
Ma chi controlla il controllore? Questa non sembra una preoccupazione dei politici europei. Che anzi si fanno assumere da BlackRock. George Osborne, ministro delle Finanze britannico dal 2010 al 2016, ha un contratto di consulente con la roccia nera. Guadagna 740.000 euro l’anno per lavorare un giorno a settimana. Quando era ministro aveva incontrato a più riprese i rappresentanti di BlackRock, mentre portava avanti la riforma delle pensioni e liberava un mercato dei fondi pensione da 25 miliardi di sterline. In Germania la roccia ha pescato Frederic Merz, ex capo della Cdu al Parlamento tedesco; in Svizzera è l’ex governatore della banca centrale Philippe Hildebrand ad aver seguito le sirene di Larry Fink. E in Francia, l’attuale presidente di BlackRock, Jean-François Cirelli, è anche consulente del presidente francese Emmanuel Macron. Daniela Gabor, dell’Università del West England di Bristol, conosce bene la roccia nera per aver seguito la legislazione finanziaria a Bruxelles e sintetizza: “BlackRock non è solo una storia di fondi passivi. È la storia di un potere politico”.

Perché è giusto, etico e ragionevole rifiutare il Migration Compact

ECCO PERCHE' SALVINI E LA LEGA SONO NEL GIUSTO AD OPPORSI AL MIGRATION COMPACT DELL'ONU


Secondo molti autorevoli opinionisti il testo del Migration Compact delle Nazioni Unite sarebbe il tentativo del governo tedesco di dare una copertura giuridica internazionale alla infelice decisione unilaterale con cui nel 2015 Merkel apriva le frontiere a centinaia di migliaia di migranti. Sevim Dagdelen, deputata della Linke, fra i fondatori di Aufstehen!, vice capo-gruppo al Bundestag, figlia di gastarbeiter turchi, ha seguito da vicino la stesura del testo e intervistata da Cicero ci spiega perché, anche a sinistra, è giusto, etico e ragionevole rifiutare il testo del Migration Compact, un accordo pensato e dettato dal governo tedesco, e dal quale sempre piu' paesi si stanno sfilando. Da Cicero.de 


Onorevole Dagdelen, nessun altro accordo è tanto controverso quanto il Migration Compact delle Nazioni Unite. AfD sostiene che gli stati firmatari rischiano di diventare un'area di insediamento per altri popoli, altre religioni e altre culture. Una paura legittima?

No, si tratta di una campagna della paura condotta da AfD e da altri esponenti della destra. Ma penso anche che ci siano diverse critiche da fare a questo accordo. Nessuna delle richieste che noi come Linke avevamo sollecitato durante il processo di negoziazione è stata poi accolta.

Lei è l'unico membro del Bundestag ad aver partecipato alle udienze preliminari sull'accordo di New York. Che cosa si sente di criticare di quell'accordo?

Il patto non parla in alcun modo delle cause della migrazione. Trovo sbagliato che la migrazione nel testo venga presentata come una "fonte di ricchezza, innovazione e di sviluppo sostenibile" - e che questi effetti teoricamente possano essere ottimizzati attraverso una politica di migrazione  meglio gestita. Accade invece l'opposto.

Ad esempio?

La migrazione è un'espressione di disuguaglianza globale, una conseguenza dei diversi sviluppi economici e del divario tra i ricchi e i poveri. Questa è stata anche la critica espressa dai paesi africani, i quali hanno chiesto con veemenza che vengano combattute le cause della migrazione stessa. La loro richiesta di fare grandi investimenti nello sviluppo economico dei paesi di origine è assolutamente giusta, considerando il fatto che le fratture sociali sono una delle principali cause di migrazione. A New York i rappresentanti degli stati africani hanno dichiarato quello che anche io durante queste conferenze ho sempre sottolineato: deve esistere anche un diritto a non emigrare.

E' questo quello che si intende nel patto quando si afferma che uno degli obiettivi è "minimizzare le forze che spingono le persone a lasciare il proprio paese di origine"?

Sfortunatamente anche in questo passaggio le cause della migrazione non vengono menzionate. Milioni di persone vengono private dei loro mezzi di sussistenza attraverso la guerra, l'accaparramento della terra, i cambiamenti climatici oppure tramite accordi di libero scambio ingiusti. In questo senso, il dibattito sul patto non è affatto onesto.

Ma se queste erano esattamente le sue richieste, perché non è riuscita ad imporsi?

A New York ho sempre sostenuto che nella politica estera ci deve essere una svolta. Ad esempio, bisogna finirla con gli accordi  di libero scambio distruttivi verso i paesi del sud. Di norma, le persone che lasciano la propria terra non lo fanno volontariamente. Ma queste richieste non hanno trovato alcun spazio nel testo del patto, al contrario, il ricco nord è riuscito ad imporsi sul sud povero.

Quali paesi intende?

Ad esempio la Germania. Da inizio 2017 e fino alla fine di quest'anno la Germania, insieme al Marocco, ha presieduto il Forum globale sulla migrazione e lo sviluppo, che ha lavorato alla stesura dell'accordo. Il responsabile della stesura è stato il ministero degli esteri tedesco. Apparentemente al ministero hanno poco o non hanno alcun interesse a combattere le vere cause della migrazione. Il governo tedesco era preoccupato piu' che altro per la carenza di manodopera qualificata e per la migrazione circolare, cioè: una riedizione della politica dei Gastarbeiter, già fallita in passato, gli interessava avere respingimenti più facili e accordi sull'immigrazione, come quelli che la Cancelliera ha firmato con alcuni stati africani.

Ciò significa che le udienze dei parlamentari erano piu' che altro una farsa?

Coinvolgere la società civile e i parlamenti nazionali è giusto. Tuttavia i negoziati sono stati condotti da altri.

Dietro le quinte il patto è stato in buona parte dettato dal governo federale?

C'erano due livelli. Prima, sotto la guida del governo tedesco i governi  hanno negoziato sul documento, e poi ci sono state le audizioni dei datori di lavoro, delle ONG, dei rappresentanti delle chiese e dei parlamentari. Nel febbraio 2018 è stata creata una prima bozza. Per inciso, ho partecipato nonostante l'opposizione di AFD.

Se AfD sin dall'inizio era contraria al patto, perché solo ora si mobilitano?

Tutto ciò è segno di disonestà e falsità. Dov'era AFD quando è stato negoziato il patto? Non hanno mosso un ciglio. A preparare il terreno per la loro campagna di paura di stampo nazionalista, tuttavia, sono stati il ministero degli esteri e il governo. In Germania non c'è mai stato un un dibattito sul Migration Compact.

Il ministero degli esteri e il governo federale hanno quindi deliberatamente tenuto la palla bassa perché dopo le esperienze avute durante l'ondata di rifugiati del 2015, hanno fiutato quanto sarebbe stato ampio il potenziale di ribellione che questo argomento ha nel paese?

Se è così allora hanno seguito una strategia sbagliata. Disinformazione, fake news e campagne di paura sono possibili solo se non c'è un chiarimento. Dove c'è luce, l'oscurità non può vincere.

Quanto è rappresentativa la sua posizione all'interno della Linke? Il leader del suo gruppo parlamentare, Sahra Wagenknecht, in realtà è a favore della limitazione dell'immigrazione.

Nella Linke al momento non c'è una posizione unitaria sul Migration Compact. Sahra Wagenknecht sottolinea le conseguenze negative della fuga di cervelli, della sottrazione di lavoratori qualificati ai paesi del sud. Ha ripetutamente sottolineato che le migrazioni causano sconvolgimenti sociali su entrambi i lati, nei paesi di origine e in quelli di destinazione e io condivido tale valutazione. Nei miei molti anni di lavoro e come figlia di Gastarbeiter turchi, so bene che la migrazione ha implicazioni sociali e culturali sia nei paesi di origine che in quelli di destinazione. Le prime vittime sono i migranti stessi

Perché vittime? Molti stanno meglio nel paese di destinazione che a casa loro.

Di norma le persone non lasciano volontariamente il paese in cui vivono, dove hanno amici e famiglia, ma perché li' non hanno buone prospettive per il futuro. Di norma, a partire sono le persone giovani e ben istruite. La loro istruzione nei paesi d'origine è costata molto denaro. Questi paesi vengono espropriati in piu' modi.

Nel frattempo anche nella CDU c'è una certa resistenza nei confronti del patto. La federazione regionale della Sassonia-Anhalt ha respinto l'accordo. Il ministro federale della Sanità Jens Spahn vuole che sia messo ai voti al prossimo congresso della CDU.

Jens Spahn e altri a quanto pare vogliono saltare sul carro della campagna della paura lanciata da AfD. Eppure sono proprio loro che con la politica degli accordi di libero scambio, le esportazioni di armi e una politica estera militarista generano costantemente nuove ragioni per la fuga. L'impegno di Jens Spahn è ovviamente motivato dalla politica interna del partito.

E' stato criticato il fatto che il patto disciplina solo i diritti dei migranti, come il loro accesso ai servizi sociali, ma non dice quasi nulla sui loro doveri. E' comprensibile allora che questo squilibrio renda insicuri o arrabbiati molti cittadini?

Lo considero un grave fallimento del governo federale che ha avuto un'influenza significativa sui negoziati e un tempo sufficiente per chiarire il tema. È senza dubbio problematico il fatto che la migrazione nel patto venga identificata come una "fonte di ricchezza". C'erano richieste da parte dei paesi africani in merito alla rappresentazione della migrazione nei media. Volevano che i media che ne parlano negativamente fossero privati dei finanziamenti statali.

Sarebbe un'interferenza nella libertà di stampa. Questi paesi da dove prendono il diritto di interferire?

Anche io ho avvertito questo problema, anche se credo sia corretto criticare le rappresentazioni xenofobe. Alla fine la richiesta è stata respinta.

Davvero? Nel trattato però è scritto che "i media che promuovono sistematicamente l'intolleranza, la xenofobia o il razzismo" non dovranno più ricevere i sussidi statali.

Le Nazioni Unite in questo modo volevano promuovere un giornalismo orientato ai fatti.

Non dovrebbe essere il Parlamento a votare sul patto per la migrazione delle Nazioni Unite in modo che il governo federale possa firmarlo a dicembre?

Non è necessario un voto in Parlamento perché il Migration Compact non è un trattato giuridicamente vincolante.

Alcuni avvocati internazionali la vedono in modo diverso.

La verità è che il patto contiene una base politicamente vincolante per la sua implementazione. In tal senso, ovviamente, finirà per influenzare la politica. Ad esempio, l'ONU ogni due anni verificherà se i paesi onorano gli impegni presi con il trattato. Dovrebbe tenersi una conferenza per la verifica ogni cinque-dieci anni. Ma non è detta l'ultima parola. Cina e la Russia chiedono che il controllo sia volontario.

Non sarebbe forse piu' logico in queste condizioni far votare il Parlamento?

Spero che questo dibattito si svolga non solo in Parlamento, ma anche in pubblico.

Oltre agli Stati Uniti, anche Australia, Austria, Polonia, Israele e Danimarca hanno già annunciato di voler uscire dal patto. Se l'obiettivo era distribuire meglio i flussi migratori in tutto il mondo, ha ancora senso farlo in queste circostanze?

Il fatto che sempre più paesi ne stiano uscendo è anche un fallimento dei paesi negoziatori. Ma il fallimento più grande è quello di non aver discusso criticamente chi e che cosa faccia diventare le persone dei migranti e non aver preso misure per impedire la distruzione di interi stati nel sud del mondo.

Il governo federale a dicembre approverà il patto?

Presumo di sì.

Quali conseguenze ci saranno per la politica tedesca?

L'intero spettro politico di destra alla fine potrebbe approfittare della campagna di paura di AfD. Nel lungo periodo il governo federale continuerebbe la sua attuale politica migratoria, invece di combattere efficacemente le cause della migrazione e della fuga nei paesi di origine. Il divario globale tra poveri e ricchi verrebbe preservato e probabilmente si amplierebbe, invece di ridursi.

Sevim Dagdelen dal 2005 siede al Bundestag per la Linke. È vice-capogruppo della Linke e membro della commissione per gli affari esteri del Bundestag.

Global Compact: Salvini blocca l’adesione, ma la maggioranza è divisa




Al centro del dibattito di questi giorni c’è il Global Compact, un accordo, giuridicamente non vincolante, voluto dalle Nazioni Unite e che contiene una controversa disciplina del fenomeno migratorio.

Il testo è stato supportato nel 2016 dagli Stati Uniti di Obama e appoggiato anche dall’allora governo Gentiloni. Nonostante questo però i cambiamenti sociopolitici di questi due anni hanno fatto sì che molti Paesi se ne smarcassero: in primis proprio gli Stati Uniti di Donald Trump, seguiti dai Paesi del gruppo Visegrad, Bulgaria, Svizzera, Israele e Australia.


Questi cambi di rotta sono dovuti alle preoccupazioni per quanto riguarda il contenuto dell’accordo che, in sostanza porrebbe sullo stesso piano, in fatto di tutela, i rifugiati ai migranti di ogni ordine e grado. Facile pensare dunque all’affermazione di un “diritto ad emigrare” che farebbe venir giù la distinzione sui motivi dell’espatrio e complicherebbe di fatto la vita ai Paesi e alle forze politiche che sostengono una linea dura sui confini.

Il governo italiano ha annunciato, tramite il ministro Salvini, che non intende firmare l’accordo nell’incontro di Marrakech dell’11 dicembre, ma i giochi sono tutt’altro che fatti. Il presidente Conte e il ministro Moavero infatti si erano mostrati, in precedenza, decisamente meno netti rispetto a Salvini. Il premier, il 26 settembre aveva addirittura annunciato all’ONU l’adesione dell’Italia mentre il ministro degli Esteri, il 21 novembre aveva parlato in aula di “orientamento favorevole”. Il tema, annuncia però oggi il governo, sarà oggetto di dibattito parlamentare. Il governo dunque, dice Conte, si riserverà “di aderire o meno al documento solo quando il Parlamento si sarà pronunciato”.


Pare insomma che ci si trovi di fronte ad un altro tema divisivo nella maggioranza e bisognerà aspettare per capire quanto Salvini sia capace di portare sulle sue posizioni l’alleato pentastellato, il cui supporto in aula sarà decisivo. Protestano intanto le opposizioni di centro-sinistra per il retrofront sulla sottoscrizione dell’accordo, mentre il gruppo di Fratelli d’Italia, che in parlamento più di tutti aveva portato il suo dissenso all’accordo parlando di “follia”, si dice preoccupato per la posizione poco chiara dell’esecutivo e continua a ribadire il suo forte no.


L'ALBA DI UNA NUOVA MONETA PER L'ITALIA. VIDEO TRASMESSO IN ANTEPRIMA 17 ORE FA

GUARDATE QUESTO VIDEO PERCHE' SI PARLA DI UN FUTURO DELL'ITALIA NEMMENO TROPPO LONTANO. MA CI VUOLE IL CORAGGIO E LA COLLABORAZIONE DI TUTTI NOI ITALIANI. SIAMO SOVRANI IN UNO STATO SOVRANO MA CREDIAMO DI ESSERE SCHIAVI DELLO SPREAD, DEL DEBITO, DI BRUXELLES ECC...






LA MASSONERIA MONDIALISTA VUOLE ANNIENTARE LA LEGA DI SALVINI



Nel corso di queste ultime settimane, si sta assistendo ad un attacco senza precedenti alla Lega di Salvini sia sotto il profilo sociale che sotto l’aspetto giudiziario. Clamorosa è stata la sentenza della Corte di Cassazione che, come ha riportato il Giornale, è stata una mossa politica, con un evidente abuso di potere da parte della Magistratura Democratica di sinistra per eliminare un pericoloso avversario, come accadde del resto già con Craxi e con Berlusconi. Oggi i giudici hanno dato il via libera ai pm di Genova per estendere la “confisca diretta” di 49 milioni di euro alla Lega anche ad eventuali fondi affluiti “in un momento successivo alla data di esecuzione del decreto di sequestro del 4 settembre 2017” sui conti e depositi riferibili alla Lega Nord. Tradotto: i soldi potranno essere cercati “ovunque e presso chiunque”. È partita così la caccia grossa ai leghisti, che crescono nei sondaggi. La sentenza ha provocato la dura reazione del ministro dell’Interno. Che dagli studi di la7, dove era ospite della trasmissione In Onda, ha detto chiaramente che quella odierna è “una sentenza politica”, fatta appositamente perché “cercano di metterci fuori legge e non ci stanno riuscendo”. Durante il lancio della trasmissione al Tg di la7, la “caccia” ai fondi della Lega è stata anche occasione per un piccolo siparietto tra Mentana e il vicepremier. “Possono sequestrarmi quello che vogliono – ha detto Salvini – Chi parla di soldi rubati viene querelato: ho tanti difetti ma non transigo sulla mia onestà. Se c’è giudice che vuole metter fuori legge un partito, auguri. Siamo sereni”. E ancora: “Se ci sono fatti di dieci anni fa si pensi a persone che c’erano dieci anni fa”. Perché non solo ora “quei soldi non ci sono”, ma il segretario del Carroccio dice che lui i 49 milioni “non li ho mai visti”. Insomma, si tratta di “un processo evidentemente politico che riguarda fatti di più di 10 anni fa su soldi che io non ho mai visto. Gli posso portare i soldi dati dai pensionati domenica a Pontida per comprare magliette e cappellini e patatine fritte”. Franco Bechis ha cosi commentato questa scandalosa vicenda giudiziaria firmata come sempre dalle tghe rosse comuniste e ideologizzate, con macroscopici abusi di potere:” Una cosa è certa: nessuno, né all’ epoca di Umberto Bossi con il suo tesoriere Francesco Belsito, né in quella successiva di Roberto Maroni o in quella ancora attuale di Matteo Salvini si è preso 49 milioni di euro dalle casse della Lega e se li è messi in tasca. Per questo è incomprensibile l’ accanimento contro la Lega da parte dei magistrati di Genova e ora pure della Corte di Cassazione che considera legittimo sequestrare qualsiasi centesimo giri da quelle parti da qui per non so quanti lustri fino a quando non si raggiungerà quella somma di 49 milioni di euro. Eppure secondo le varie sentenze emesse a Genova e Milano Belsito e la famiglia Bossi sono stati riconosciuti colpevoli di avere usato per sé e non per le finalità pubbliche circa un milione di euro proveniente dalle casse della Lega. La tesi dei magistrati è che visto quel milione (sono contestati anche altri 5 milioni investiti in Tanzania e a Cipro per il reato di riciclaggio) usato in difformità dalle prescrizioni di legge, fra l’ altro per comprare vestiti a Bossi, debbono essere ritenuti irregolari tutti i rendiconti della Lega di quegli anni, e quindi illegittimi tutti i finanziamenti ricevuti dallo Stato a rimborso delle spese elettorali. Per questo secondo loro andrebbero recuperati all’ erario circa 50 milioni di euro, e se i padri quei soldi non hanno, bisognerà che ci pensino i figli, i nipoti e magari pure i pronipoti: le colpe ricadranno biblicamente sulle spalle delle famiglie leghiste di generazione in generazione. Con questa idea biblica di giustizia ovviamente nessuno poi potrebbe mai tenere in vita la Lega nemmeno sotto mentite spoglie, perché i vari di livelli di giustizia italiana sembrano in questo momento coalizzati per fare fuori Salvini dal panorama politico. È una decisione giudiziaria senza precedenti che mette in discussione il futuro della democrazia e della politica in Italia, perché esorbita non solo dalla logica comune, ma anche da ogni pilastro dello Stato di diritto. Ad esempio mettendo sullo stesso piano ciò che proviene da finanziamenti privati e da finanziamenti pubblici alla Lega. Non voglio tediare con riferimenti giuridici che pure hanno un loro peso, ma provo con qualche esempio concreto: se io oggi volessi donare alla Lega mille euro miei, questi verrebbero sequestrati dai magistrati non si capisce bene a quale titolo. E a chi oggi storce il naso anche all’ interno dei militanti del Movimento 5 stelle, imbarazzato per l’ alleanza con un Salvini inseguito da pm e giudici, offro un altro esempio per capirsi: non è vero che il movimento fondato da Beppe Grillo non ha mai ricevuto un euro di finanziamento pubblico, perché ha incassato e incasserà ancora milioni di soldi pubblici attraverso i propri gruppi parlamentari e i gruppi costituiti nei consigli regionali. Con quei soldi hanno pagato iniziative politiche anche sul territorio e ad esempio tutto lo staff di comunicazione che in gran parte proveniva dalla Casaleggio e che ha svolto la sua attività ben oltre le quattro mura delle Camere. Tutto consentito dalla normativa esistente, intendiamoci. Ma metti caso che anche da quelle parti ci fosse stato un piccolo Belsito, che quei soldi avesse poco alla volta utilizzato a beneficio del tutto personale. Magari qualche decina di migliaia di euro o poco più. Bene secondo la logica dei magistrati che sono a caccia di Salvini in quel caso il M5s avrebbe dovuto restituire tutti i finanziamenti pubblici ai gruppi consiliari, restituendo milioni di euro. E oggi qualsiasi loro finanziamento all’ associazione Rousseau verrebbe sequestrato fino a concorrenza della cifra dovuta. Esattamente quello che sta accadendo con la Lega. Quindi questa enormità giudiziaria è un tema che riguarda non Salvini e la Lega, ma tutta la politica e indirettamente tutti i cittadini, perché d’ ora in avanti qualsiasi magistrato potrà cancellare dalla competizione elettorale il partito o movimento che gli è venuto a noia. C’ è un modo per sfuggire a questo? Ce ne sono in teoria mille: ad esempio fare transitare eventuali donazioni verso altri soggetti giuridici sulla carta non aggredibili dai magistrati (è quel che sta facendo Salvini con le fondazioni e le associazioni territoriali indipendenti), o magari aprendo conti-sottoscrizione nelle banche di Camera e Senato con causali di volta in volta legati a singole iniziative politiche. Ma davanti all’ arbitrarietà giudiziaria non c’ è difesa possibile: fanno quello che vogliono comunque. Anche l’ appiglio giuridico è assai flebile, e lo dimostra chiaramente quel che al contrario è avvenuto fra Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita, e i vertici del partito dell’ epoca, guidato da Francesco Rutelli. Lì per l’ appropriazione indebita è stato perseguito il tesoriere, accusato alla fine di avere sottratto al partito 24 milioni di euro. E i giudici non solo non hanno ritenuto correo il partito stesso, ma hanno con decisione di Cassazione fatto restituire il maltolto alla Margherita, e non all’ erario. La legge attuale consente di sequestrare per irregolarità gravi al massimo un terzo dei soli fondi provenienti dal 2 per mille Irpef destinati al partito. Ma le irregolarità non sono sindacabili dalla magistratura: debbono essere contestate da una apposita commissione consultiva di revisori delle Camere. Prima di questa legge ce ne era una del governo di Mario Monti, in vigore fra il luglio 2012 e il dicembre 2013: questa in caso di irregolarità gravi di bilancio consentiva la sospensione dell’ intera rata del rimborso. Ma anche qui erano i revisori delle Camere a dovere trovare l’ irregolarità e segnalarla e la sospensione della rata doveva essere disposta dai presidenti delle Camere. L’ avessero fatto, alla Lega non sarebbe stata erogata la rata prevista per quell’ anno: 1,6 milioni di euro. In ogni caso quella sanzione è stata abrogata e quindi non esiste più nell’ ordinamento italiano. In precedenza (legge 1999) solo i presidenti delle Camere potevano contestare irregolarità di bilancio ai partiti (sempre per motivi formali) e sospendere l’ erogazione del rimborso fino a quando non fosse stata regolarizzata la mancanza. Sospendere, non revocare. Su queste basi davvero quella dei giudici alla Lega è solo una caccia all’ uomo. A Salvini e a questo punto anche al governo di cui fa parte”.
Per quale motivo la magistratura si è cosi accanita verso la Lega? Per rispondere a questo importante quesito, occorre far riferimento alle interessanti riflessioni fatte alcuni mesi fa dalla giornalista Floriana Castro, che pubblico integralmente, sottolineando nel contempo che il neo Ministro degli Interni Matteo Salvini si sta impegnando in modo incisivo per bloccare gli sbarchi di immigrati clandestini in Italia:” Un biglietto aereo dalla Nigeria a Palermo costa dai 400 ai 450 Euro. Se gli immigrati possedessero cifre dai 5 ai 10 mila euro a testa (prezzo che pagano ad uno scafista islamico) non li userebbero certo per rischiare la vita, anzi non emigrerebbero neppure! Chi paga queste cifre non sono gli immigrati.
Osservando da vicino queste ondate migratorie si nota subito che sono composte per l’80 % da giovani uomini musulmani in forma di un’età tra 17-25 anni; vestiti all’ultima moda, con cuffie alle orecchie e smartphone di ultima generazione, che fanno l’occhiolino alle donne, che non parlano italiano a parte ”ciao bella”. Li vedi andare in giro con aria baldanzosa: nei giardini pubblici, per le vie della statale, in tabaccheria a comprare stecche di sigarette o a giocare i numeri al lotto e di giorno e di notte a bivaccare per le vie della città. Ovviamente non nego che siano sbarcate pure famiglie fuggite da guerre o persecuzioni e che magari avrebbero pure il diritto ad un asilo politico, ma si tratta di una assai esigua minoranza. Questa ”immigrazione” alla quale assistiamo è un fenomeno creato di proposito ai tavoli del potere, non si tratta di un fenomeno spontaneo; ciò che si vorrebbe far apparire come un frutto ineluttabile della storia è in realtà un piano studiato a tavolino e finanziato dagli ignari contribuenti occidentali, preparato da decenni per distruggere completamente il volto del Vecchio continente . E’ un fenomeno le cui cause sono tutt’oggi abilmente celate dal Sistema. Chi fa propaganda multietnica si sforza falsamente di rappresentare il fenomeno come inevitabile. La crescita demografica dei popoli europei è pari a solo 1.4. Storicamente nessuna cultura con un tasso di natalità pari a 1.9 è mai riuscita a riprendersi. Mentre una popolazione diminuisce sempre più allo stesso modo va svanendo una cultura. La storia della statistica ci dice che ormai e’ impossibile recuperare la situazione, è solo questione di anni e l’Europa così come la conosciamo adesso non esisterà più. Tuttavia la popolazione in Europa non è in declino, come mai? IMMIGRAZIONE soprattutto islamica. La crescita demografica islamica in Europa è pari a 8.1, quindi 7 volte superiore! E come mai i migranti islamici (clandestini e presunti profughi) non si dirigono o non vengono indirizzati verso le ricche nazioni di fede islamica come Arabia saudita ed Emirati arabi? L’incitamento all’immigrazione di massa (anche se in questo caso si dovrebbe parlare di invasione) è anche alla base dei costanti inviti dell’ONU ad accogliere milioni di immigrati per compensare la bassa natalità europea (Ma perche? Solo i musulmani sanno fare figli?). Non è attraverso l’apporto di un patrimonio genetico diverso che si protegge il patrimonio genetico europeo, ma che così facendo se ne accelera la scomparsa. È certo infatti che la bassa natalità europea di per sé potrebbe essere facilmente invertita con idonei provvedimenti di sostegno alle famiglie (un pò come sta cercando di fare Putin in Russia ad esempio) oppure creando condizioni più favorevoli per i giovani per poter loro permettere di formare una famiglia, anziché spingerli a stili di vita materialisti, frivoli e privi di qualsiasi morale; oppure sostenendo le giovani coppie o le famiglie numerose. Poi ho anche un atroce sospetto: perché i casi di sterilità fra gli europei – anche fra giovani di 20 anni – sono sempre misteriosamente più numerosi?! – L’unico scopo delle misure che hanno messo in atto è quello di snaturare completamente un popolo, trasformarlo in un insieme di individui senza più alcuna coesione etnica, storica e culturale. Sotto la duplice spinta della disinformazione e del buonista rimbecillimento umanitario operato dai mezzi di comunicazione, traviamento e disinformazione di massa si è insegnato agli europei a rinnegare le proprie origini, la propria cultura e soprattutto il proprio Credo. L’immigrazione clandestina di massa e la jihad sono la chiave delle élite massoniche europee – statunitensi per poter stabilire il loro tanto studiato ”nuovo ordine mondiale”. Esso prevede : UNIFORMAZIONE DELLE ETNIE, ANNULLAMENTO DI TUTTE LE DIFFERENZE SOCIALI, CULTURALI (Piano Kalergi), SESSUALI, UN UNICO GOVERNO MONDIALE, UN UNICO POPOLO METICCIO, UN’UNICA FALSA RELIGIONE, UN’UNICA VALUTA (ANZI MICROCHIP SOTTOCUTANEO da spegnere al primo pensiero non conforme!). Se ci fate caso tutto quello per la quale si battono i governi burattini, informazione, istruzione e purtroppo anche alcune lobbies corrotte della Chiesa ecc. sarà il mondo stesso che lo chiederà a gran voce perché altrimenti tutto sarebbe travolto dal disordine e dal chaos! (Piano Dullas ). Fate attenzione perché il modello ”mondialista-massonico” che ha in mente l’asse USA-UE non è meno spregevole di quello islamico! E noi? …noi continuiamo a fregarcene di tutto o a credere alle cosiddette ”verità ufficiali” che ci passano i media buonisti e menzogneri, temendo di apparire razzisti e quindi politicamente scorretti, a vivere con frivolezza e a scazzottarci negli stadi. Quale futuro per i nostri figli? Se l’Europa vorrà sopravvivere dovrà prendere coscienza di questa realtà; dovrà ritornare alle proprie origini e alla propria fede. L’Europa apostata ha rinunciato alla propria civiltà, ha rinunciato alla propria identità, ha rinunciato a Gesù Cristo e alla propria cultura. L’unica via da seguire è la strada che la Madonna già nel 1917 ci ha tracciato, ovvero: conversione vera e sincera, conversione di massa , ritorno alla preghiera, ritorno ai Sacramenti, ricordiamoci quello che disse San Giovanni Bosco: ”Se Dio è con noi siamo la maggioranza”!

Ecco cosa sta accadendo ad Aleppo: gli italiani ancora si fidano dei giornali

attacco chimico
Perché nessuno parla dell’attacco chimico ad Aleppo? «Perché sono stati i ribelli» – di Leone Grotti
Un presunto attacco chimico al cloro ha colpito la città di Aleppo sabato: 107 intossicati, tra cui donne e bambini. Micalessin: «Questa volta però nessuno si indigna e difende i civili, perché questi non sono quelli “giusti”». 
Sabato 24 novembre sono stati sparati dalla provincia di Idlib, nel nord della Siria controllato dai terroristi islamici, diversi mortai da 120 mm verso la città di Aleppo, che è in pace da due anni. I missili contenevano cloro e 107 civili, tra cui donne e bambini, sono rimasti intossicati, 41 invece i contaminati, di cui due gravi.
La notizia, diffusa dall’agenzia di Stato siriana e confermata dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, vicino ai ribelli, è stata pressoché ignorata da media e governi occidentali.
PERCHÉ NON FA NOTIZIA? Perché l’attacco non ha fatto notizia come quello a Ghouta del 2013 o quello a Khan Shaykun del 2017 o quello di Douma dell’aprile 2018?
Non solo perché non ci sono state vittime. Perché in questo caso nessuno si indigna né si scandalizza per l’utilizzo di armi chimiche?
«Perché l’attacco è provenuto da un territorio controllato esclusivamente dai ribelli», spiega a tempi.it l’inviato di guerra Gian Micalessin.
«E i ribelli sono stati alleati dell’Occidente, armati dall’Occidente e infine dimenticati. Non interessa nulla a nessuno se dei civili cadono sotto i loro colpi. Perché l’obiettivo politico dell’Occidente è sempre stato far cadere il regime di Bashar al-Assad e loro sono funzionali a questo scopo».

Attacco chimico, tutto il main stream tace

Europa e Stati Uniti hanno sempre tuonato contro le armi chimiche dal punto di vista dei diritti umani e della difesa dei civili.
Ma quando i civili non sono quelli “giusti”, improvvisamente cala il silenzio. «Il silenzio su questo attacco è la perfetta dimostrazione che dei diritti umani e dei civili non è mai importato niente a nessuno», continua la firma del Giornale.
«Sono morte in questa guerra già 400 mila persone. Se avessimo voluto portare la democrazia in Siria, avremmo trattato con Assad, non appoggiato bande estremiste e jihadisti, che poi hanno portato il terrore anche in Europa».
GUERRA SIRIANA IN STALLO. La guerra siriana si trova ora in un momento di «stallo»: «Diecimila jihadisti e ribelli si trovano a Idlib.
Turchia e Russia hanno raggiunto un accordo il 17 settembre per evitare una strage, ma l’accordo non funziona perché alla Turchia non interessa davvero convincere i militanti estremisti a deporre le armi.
La Russia, del resto, non vuole rompere i rapporti con Recep Erdogan perché gli serve in chiave anti-Trump», spiega Micalessin. «I giornali siriani però cominciano a rilanciare l’idea di un’offensiva militare e io temo che sia inevitabile prima o poi l’uso della forza».
Tornando all’attacco ignorato di Aleppo, l’inviato di guerra punta il dito anche contro l’informazione: «I giornali si sono disinteressati della notizia perché sono sempre stati allineati politicamente con le cancellerie occidentali», conclude.
«Dopo il presunto attacco chimico di Douma si è parlato di prove certe, ma nessuno le ha ancora viste e i giornali ne hanno parlato senza verificare e senza porsi il problema. Il fallimento della guerra in Siria non è solo il fallimento dell’Occidente, che ha finito per appoggiare i propri nemici, ma anche quello dell’informazione, che ha scelto di combattere a fianco dei jihadisti». 
Fonte Tempi

PROFUGO ARRESTATO: IL PIANO ISIS PER AVVELENARE GLI ACQUEDOTTI

L’arresto di ieri del terrorista islamico con sussidio e casa popolare in Sardegna, pronto ad avvelenare gli italiani con utilizzo di armi chimiche – secondo gli inquirenti voleva avvelenare pozzi con l’Antrace e colpire una caserma militare -, riporta all’attenzione i piani già di recente denunciati di ISIS: avvelenare le riserve d’acqua, come gli acquedotti, utilizzando gli immigrati presenti in Italia.
Tempo fa i Servizi di diversi Paesi lanciarono l’allarme: ISIS stava pianificando di avvelenare le fonti idriche. Lo sostenne, ad esempio, un rapporto “confidenziale” dell’intelligence turca.


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Secondo gli 007 turchi, lo Stato islamico, che avrebbe già compiuto attacchi simili in Siria e Iraq, avrebbe puntato a diffondere diversi batteri, tra cui quelli che causano la tularemia, la cosiddetta “febbre dei conigli”.

La tularemia, detta anche febbre dei conigli, è una patologia (zoonosi batterica) trasmessa all’uomo da roditori e lagomorfi (conigli e lepri) attraverso la puntura di parassiti quali zanzare e zecche (Ixodes ricinus), inalazione o ingestione ed è dovuta al batterio Francisella tularensis.

Nel caso in cui la trasmissione avvenga tramite inalazione o ingestione la patologia sarà polmonare e tifo-simile, rispettivamente. Si tratta di un’infezione acuta che tende spesso a cronicizzare perché la Francisella può nascondersi nei monociti e permanere in questi moltiplicandosi. Potremmo, quindi, avere già subito un attacco non mortale, ma subirne le conseguenze nel tempo.

Vox ha lanciato l’allarme diverso volte. Se l’ipotesi del batterio nell’acquedotto dovesse confermarsi nel caso dell’epidemia polmonare nel Bresciano, anche l’atto terroristico islamico dovrebbe essere tra le possibilità prese in considerazione. Ripetiamo: non stiamo dicendo che è un atto terroristico, ma che la cosa andrebbe presa in considerazione.
Il sistema idrico è uno dei sistemi più sensibili: ed è anche il modo più semplice e meno costoso di fare una strage, e diffondere il panico.

Avvenne qualcosa di strano in Kosovo, quando alcuni anni fa le autorità della provincia bloccarono la fornitura di acqua a decine di migliaia di persone nella capitale dopo che la polizia arrestò cinque sospetti legati allo Stato islamico, che avevano in programma di avvelenare un serbatoio.
Una prova generale in un territorio non ostile, per studiare la fattibilità e gli effetti e poi riproporre l’azione nelle città europee?
Non lo si è mai saputo.
Si seppe solo che la polizia che pattugliava il serbatoio di Badovac individuò gli uomini, le cui identità non vennero rivelate.
Funzionari della sicurezza dicono che centinaia di persone provenienti dal Kosovo sono andate a combattere in Siria e Iraq.
E possono arrivare in Italia senza visto. E passare una fialetta al cugino albanese che lavora come operaio all’acquedotto di…
L’impatto di azioni del genere sarebbe devastante. E relativamente più semplice – molto meno costoso – di azioni militari in grande stile.