PIU' RISCHI CHE VANTAGGI...
Sta per essere avviata anche in Italia la sperimentazione della quinta generazione del sistema di comunicazione mobile, denominato appunto 5G.
I precedenti sistemi erano:
1G introdotto nel 1982, trasmissione analogica a 900 MHz;
2G introdotto nel 1992 (GSM GPRS EDGE) 900 MHz 1.8 GHz;
3G appare nel 2001 (UMTS HSPA) 900 MHz 2.1 GHz;
4G partito nel 2012 (UMTS 8, LTE e WiMAX) 800 MHz 1.8 GHz 2.6 GHz.
Il 5G in Italia utilizzerà frequenze di 700 MHz, 3.7 GHz e 26 GHz.
Come si può vedere ogni 10 anni circa si verifica un salto generazionale nei sistemi di comunicazione mobile e questo comporta un aumento della frequenza massima di trasmissione; ora siamo prossimi ad un ulteriore salto, il 5G.
Cosa ci si aspetta da questo nuovo standard?
Innanzitutto una maggiore capacità di trasferimento dati, maggior numero di dispositivi connessi simultaneamente, un tempo di latenza minore e consumi più contenuti. Tutto questo perché i soggetti che utilizzeranno la rete non saranno solo i PC e gli smartphone ma si connetterà una nuova famiglia di dispositivi denominata IoT (Internet of Things o Internet delle Cose), come per esempio i lampioni stradali, la lavastoviglie, il forno, il termostato di casa, l’automobile ecc…
Vi è una differenza sostanziale tra i dispositivi come PC e smartphone e quelli della famiglia IoT: i primi necessitano di una banda passante elevata (10 Gbit/s in su) e di affidabilità anche in movimento, l’obiettivo del 5G è di arrivare a mantenere il collegamento fino ad una velocità di 500 Km/h; il tempo di latenza, invece, per attivare o cambiare una connessione non deve essere necessariamente basso (1 ms): possiamo attendere anche 2 o 3 secondi prima di vedere il download della canzone che vogliamo ascoltare.
Gli IoT hanno esigenze opposte, cioè scambiano piccolissime quantità di dati, ad esempio il termostato di casa che deve comunicare solo la temperatura ma, visto il numero elevatissimo di dispositivi di questi tipo, un tempo di latenza troppo lungo rallenterebbe il sistema. Inoltre sono richiesti tempi di risposta molto veloci anche da applicazioni di controllo di mezzi in movimento, quali le auto.
Per rendere possibile tutto questo saranno necessarie antenne di nuova generazione ed una distribuzione sul territorio più capillare delle risorse radio.
Attualmente la comunicazione viene per lo più garantita da celle distribuite sul territorio in modo da coprire tutta l’area voluta: ogni cella ha diverse antenne direttive che irradiano con un determinato angolo 60°,90°, 120° o 180° e che opportunamente installate permettono di coprire un’area a 360°. È evidente che volendo comunicare anche solo con un dispositivo, la cella deve comunque irradiare un’area consistente.
Le antenne per il 5G e quelle più recenti del 4G, invece, sono estremamente diverse: innanzitutto si parla di array di antenne cioé ognuna di queste è composta da una matrice di piccoli dipoli 8, 12, 16 e così via e tutte funzionano in modo intelligente dirigendo il segnale prevalentemente verso il dispositivo collegato (beamforming).
Ma non è tutto: il 5G prevede l’installazione di un numero elevatissimo di piccole antenne a supporto di quelle principali per creare così una comunicazione multi punto: più antenne comunicheranno contemporaneamente col nostro smartphone, sfruttando anche il segnale di rimbalzo in modo da aumentare così la banda passante (Massive MiMo). Tenete presente che quando si parla di ostacoli si intendono case, palazzi, esseri umani, ecc. si perché le onde millimetriche utilizzate rimbalzano sulla nostra pelle.
Se da un lato la maggiore efficenza delle antenne è un vantaggio, dall’altro l’utilizzo di frequenze sempre più elevate, è estremamente preoccupante anche perché esistono numerose ricerche che provano la stretta relazione tra i campi elettromagnetici e gli effetti su cellule e DNA (Luc Montagnier [1]). L’unico effetto considerato per fini preventivi è quello termico senza minimamente considerare quello comunicativo, cioè che tipo di messaggio queste frequenze e la loro modulazione trasmettono alle cellule del nostro corpo.
Noi siamo fatti per un 70% circa di acqua e se consideriamo il numero di molecole che ci compongono e non la massa, arriviamo al 99%. Recenti studi (vedi Emilio del Giudice [2]) provano la stretta relazione che intercorre tra i campi elettromagnetici estremamente deboli e il comportamento dell’acqua; quindi non bisogna arrivare a potenze elevate per alterare il 99% delle molecole di cui siamo fatti. Gli stessi studi hanno constatato che le cellule all’interno di un organismo utilizzano segnali radio per comunicare tra loro; quindi le onde che le antenne irradiano non vanno solo a connettere i nostri smartphone ma anche a comunicare qualcosa alle nostre cellule e gli effetti di questa comunicazione li stiamo già subendo (vedi caso dei bibliotecari di Parigi [3]). La prova di questo tipo di comunicazione è anche data dal fatto che esistono strutture che impiegano apparecchiature che, generando opportune onde radio, aiutano la rigenerazione dei tessuti [4]. Ma tutto questo, gli organi preposti a tutelare la nostra salute lo ignorano ed è facile capirne il perché: a conclusione dell’asta per l’assegnazione delle frequenze lo stato ha incassato oltre 6,5 miliardi di euro [5], motivo più che sufficiente per ignorare qualsiasi studio che prova la pericolosità del 5G e di un uso sfrenato delle onde radio.
Volendo approfondire la relazione tra campi elettromagnetici ed esseri viventi, in internet si trova una quantità considerevole di ricerche condotte da scienziati di tutto il mondo, ad esempio la ricerca di Michael Carlberg e Lennart Hardell [6], o quella di Martin L. Pall [7], ma per il livello di coscienza dell’essere umano il business (avidità) fa da padrone.
Concludo con un piccolo suggerimento molto efficace: il 5G potrebbe si rappresentare una bomba ad orologeria per un immediato futuro, ma oggi nelle nostre case abbiamo una miriade di piccoli ripetitori a 2.4 e 5 GHz altrettanto pericolosi, che sono i router wifi per l’accesso a internet. Se abitate in una casa isolata, male che vada, avete solo il vostro router che trasmette, ma se abitate in un condominio provate a scaricare una delle tante App che analizzano la rete (Wi-Fi analyzer) e vedrete cosa vi entra in casa; mentre sto scrivendo rilevo 12 reti WiFi e il mio è spento! Meno ci esponiamo a queste frequenze meglio è; quindi tenete il Wi-Fi acceso solo se lo usate.
L’uomo utilizza le onde radio da poco più di un secolo e in modo così diffuso solo da 20 anni: quello che sappiamo degli effetti di queste onde sugli organismi viventi è ancora troppo poco per poter “giocare cosi tanto” con queste tecnologie. Se avessimo una coscienza più evoluta anteporremmo il bene comune al business di falsi bisogni.
Fonti:
Fonte Immagine di copertina: Pixapay
Fonte immagini nel testo: Elaborazione grafica di Cinzia Venniro
Autore: Paolo Usocchi
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