lunedì 26 novembre 2018

L’ITALIANA RAPITA IN KENYA NELLE MANI DI TRE SEQUESTRATORI: LA POLIZIA INSEGUE IL COMMANDO CON L’AIUTO DEI VISORI TERMICI CHE RIVELANO IL CALORE UMANO



«Silvia Romano è viva. Non abbiamo dubbi». A riportare questa dichiarazione di Noah Mwivanda, comandante della Polizia regionale costiera di Mombasa, è l’inviata di Repubblica Raffaella Scuderi. Un’affermazione che se da una parte porta speranza dall’altra non fornisce aggiornamenti certi. «Silvia si trova nella foresta in mano a tre degli assalitori – dice l’investigatore che sta coordinando le ricerche – Gli altri cinque sono scappati, e ne abbiamo perse le tracce. Di lei invece abbiamo la localizzazione e le impronte. Siamo certi che sia lei perche in caso contrario i tre banditi avrebbero preso tutt’altra direzione, come i loro complici». Come riferisce la giornalista italiana la Coast Regional Police avrebbe anche identificato i tre rapitori: sarebbero Ibrahim Adan, Yusuf Kuno e Said Abdi. Su di loro è stata messa una taglia di un milione di scellini kenyani pari a 8600 euro, una cifra da capogiro per gli abitanti del paese africano. Nella zona è scattata una massiccia operazione di ricerca in un’area che supera i 40mila chilometri quadrati, setacciata da tutte le forze di polizia possibili, dotate di cani, droni ed elicotteri, con la complicsazione della pioggia dei scorsi giorni. Ma il comandante Mwivavanda ritiene di essere ormai sulle tracce dei sequestratori grazie all’aiuto dei 20 presunti complici, rinchiusi nelle celle della stazione di polizia di Malindi. Rimane ancora un mistero il movente che diventa anche oggetto di polemiche tra polizia ed autorità locali circa il coinvolgimento dei miliziani islamici di Al Shabaab, vicini ad Al Qaeda.


Il comandante della Coast Regional Police di Mombasa, Noah Mwivanda

Nonostante la parlata somala riferita dai testimoni dell’agguato alla giovane volontaria dell’orfanotrofio Chakama Guest House, nonostante il potente e costoso armamento con fucili d’assalto AK 47, la stessa arma kalashnikov sequestrata dall’esercito siriano ai terroristi jihadisti di Al Shabaab nella foresta di Boni che usano come rifugio (a circa 200 km dal luogo del rapimento), lo stesso Mwivanda dichiara a Repubblica che gli investigatori sono «propensi ad escludere un atto terroristico» entrando in contraddizione con le prime dichiarazioni del comandante nazionale della Polizia del Kenya, Joseph Boinnet, che aveva comunicato che era stata aperta un’inchiesta per terrorismo, ma anche con quanto sostenuto dal governatore di Kilifi, Amason Jeffah Kingi.
«Il commando che ha rapito Silvia si è diviso, affidando l’ostaggio a un gruppo di tre persone – aggiunge l’inviata Raffaella Scuderi – Una certezza che sarebbe stata raccolta grazie agli “apparati tecnologici” impiegati per le ricerche: probabilmente si riferisce a visori termici, in grado di rilevare il calore dei corpi anche nella foresta e permettere l’inseguimento dei criminali. E questi strumenti avrebbero confermato le indicazioni raccolte dagli inquirenti kenyani con gli interrogatori di alcune persone sospettate di avere aiutato il commando nel rapimento». Tra le ipotesi, anche quella di un sequestro condotto da elementi delle tribù somale che si dedicano alla pastorizia nella zona magari per rivendere la donna agli estremisti islamici. La pista dei terroristi somali, oltrechè da armamenti e testimonianze sulla parlata, è subito affiorata come ipotesi per l’intensa attività dei miliziani di Al Shabaab nelle contee di Lamu e Garissa, vicine a qualla di Kilifi dove è avvenuto il rapimento. Ma anche da una serie di coincidenze: «il sequestro infatti è avvenuto in concomitanza con la visita a Roma del presidente somalo che si oppone alla formazione fondamentalista» rileva Repubblica. Ma è soprattutto avvenuto all’indomani di un pesantissimo attacco compiuto in Somalia che ha ucciso 37 jihadisti somali compiuto coi droni dell’Africom, il comando americano contro il terrorismo islamico che ha due sedi anche in Italia (leggi i precedenti articoli ai link sotto).
Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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DOPO LO SCONTRO NAVALE CON LA RUSSIA NEL MAR D’AZOV: MOGHERINI CONDANNA MOSCA. SOLIDARIETA’ DI MACRON ALLA RESISTENZA SIRIANA ANCHE DOPO L’ATTACCO CHIMICO CON 100 INTOSSICATI AD ALEPPO

di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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Se visto come un caso isolato l’incidente marittimo tra le navi di Kiev e di Mosca nel mar d’Azov potrebbe soltanto rappresentare l’ennesimo acuirsi delle tensioni tra Ucraina e Russia dopo che nel Donbass la guerra civile è in un fase di sostanziale stallo. Ma l’annuncio del presidente ucraino Petro Poroshenko di voler imporre la legge marziale in tutto il paese e la solidarietà espressa dal presidente francese ai ribelli siriani a pochi giorni dal tremendo attacco con armi chimiche su Aleppo da parte dei terroristi loro alleati hanno tutta la parvenza di prove tecniche di terza guerra mondiale perché paiono il frutto di una comune strategia di provocazione di due presidenti voluti e sostenuti da George Soros (occulto finanziatore di Macron quanto della rivoluzione arancione Euromaidan che portò al governo Poroshenko) contro  Vladimir Putin: questioni di cui dovrà occuparsi la Nato, sempre più strumento nelle mani anglofrancesi dopo il crescente disinteresse di Donald Trump per l’Europa ed il costoso supporto del Patto Atlantico. Se si analizzano i gravi conflitti della storia si scopre che essi sono maturati in momenti politici in cui l’egemonia massonica-mondialista era messa alle corde dalle rivendicazioni populiste e democratiche esattamente come sta avvenendo ora in Gran Bretagna con la Brexit, in Francia con i “gilets jaunes”, in Italia con il crescente consenso della Lega e del M5S che si stanno scontrando coi vertici Ue e preparando ad un travolgente successo nelle elezioni di primavera per il rinnovo del Parlamento Europeo, dove 226 eurodeputati su 751 sono controllati o influenzati da George Soros. Oggi sarà una giornata cruciale per l’Europa perché sia la Nato che l’Onu affronteranno la crisi del Mar d’Azov su cui ha gia preso dura posizione contro la Russia dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, l’italiana Federica Mogherini, già ministro del Governo Renzi ed espressione politica di un partito che ormai non rappresenta che una risibile minoranza in Italia. E’ stata lei a rinfocolare l’illegittima annessione della Crimea: il casus belli perfetto per la Nato dopo il fallimento del tentativo di dimostrare al mondo intero la cattiveria del governo siriano di Bashar Al Assad e l’ormai schiacciante vittoria dei russi nel paese mediorientale sia sul fronte bellico che diplomatico. Ma vediamo nel dettaglio tutti i fatti…
IL CONFLITTO SOTTO IL PONTE PER LA CRIMEA

La motovedetta della Guardia Costiera russa mentre insegue l’imbarcazione Ucraina
«La Russia ha confermato che le sue navi hanno usato gli armamenti per fermare illegalmente le navi ucraine che erano entrate nelle acque russe nel Mar Nero. Tre marinai ucraini sono stati feriti e hanno ricevuto assistenza medica. La Russia ha sparato contro un gruppo di tre navi ucraine che sono entrate nelle sue acque territoriali nei pressi della Crimea, come confermato dal Servizio di sicurezza russo (FSB). Le navi furono quindi sequestrate e saranno rimorchiate nel porto di Crimea di Kerch». E’ di questa notte la notizia dell’agenzia Russia Today che conferma lo scontro a fuoco avvenuto davanti alla penisola crimeana denunciato alcune ore prima dalle autorità di Kiev. «Le navi della Marina Ucraina “Berdiansk”, “Nikopol” e “Yany Kapu” con i loro equipaggi sono detenute per aver violato le acque territoriali russe – hanno comunicato i servizi segreti dello FSB (ex Kgb) in una nota ufficiale di domenica sera – Stavano ignorando le “richieste legali di fermarsi” e “eseguendo manovre pericolose” e le navi da guerra russe hanno dovuto aprire il fuoco per costringerli a fermarsi. Un’indagine penale è stata avviata contro la presunta violazione del confine di stato russo».


Lo scontro navale davanti alla Crimea

Come evidenzia l’intelligence russa «le autorità ucraine sono a conoscenza della procedura che regola il passaggio delle navi militari attraverso le acque territoriali russe» ma entrambe le parti si accusano a vicenda di violare la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. «Kiev sostiene di aver informato la parte russa in anticipo del suo piano di navigare dalla località ucraina del Mar Nero di Odessa a Mariupol, un porto sulla costa settentrionale del Mar d’Azov, un’affermazione che la guardia costiera russa nega» si evidenzia nell’articolo di Russia Today. La questione rimane controversa per il fatto che l’Ucraina e l’Unione Europea non riconoscono la Repubblica di Crimea che si è dichiarata indipendente e il 18 marzo 2014, a seguito di un referendum considerato illegale e non valido dalla comunità internazionale ma che registrò ben il 97,2 % di voti favorevoli alla proclamazione dell’autonomia ed all’annessione alla Federazione Russa con il nome di Repubblica di Crimea. Vicenda da cui scaturirono le pesanti sanzioni contro la Russia da parte di Ue e Usa.
NAVIGAZIONE VIETATA NELLO STRETTO: IL CASO ALL’ONU


Lo stretto di Kerch dove è avvenuto lo scontro navale

Proprio in un momento estremamente delicato in cui sembrava che il conflitto tra Mosca ed occidente si stesse acquietando in Siria e nelle relazioni diplomatiche ecco il “casuale” incidente in Ucraina che, secondo Kiev, sarebbe scaturito dallo speronamento di un rimorchiatore ucraino, il cui motore e lo scafo sono rimasti danneggiati, da parte della lancia dei guardiacoste russi Don. Una palese «provocazione» per le autorità ucraine. Una recriminazione che la Russia rimanda al mittente per il tramite dello Fsb che accusa invece l’Ucraina di voler provocare «un conflitto nella regione», aggiungendo di aver preso «tutte le misure per garantire la sicurezza della navigazione» come riporta il Corriere della Sera che dà la notizia del transito vietato alla navigazione per il Mar d’Azov. «Il passaggio attraverso lo Stretto di Kerch per navi civili è chiuso», ha comunicato Alexei Volkov, amministratore delegato dei porti marittimi crimeani. Il transito sotto il viadotto di recente e rapidissima costruzione che collega la Crimea con la regione di Taman nel Krasnodar (il più lungo d’Europa con i suoi 19 km, inaugurato da Vladimir Putin alla guida del primo camion il 16 maggo 2018) è stato bloccato anche con il posizionamento di una petroliera. Per questo scontro marittimo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha convocato una riunione di urgenza per oggi, lunedì, alle 11 del mattino ora di New York, ore 17 italiane. L’annuncio è stato dato dall’ambasciatrice americana all’Onu, Nikky Haley. «La Nato ha esortato entrambe le parti a mostrare moderazione – evidenzia ancora Russia Today – La portavoce del Patto Atlantico, Oana Lungescu, ha dichiarato che la Nato ha “monitorato da vicino gli sviluppi nel Mar di Azov e nello Stretto di Kerch”, confermando il proprio sostegno all’Ucraina: “La NATO appoggia pienamente la sovranità dell’Ucraina e la sua integrità territoriale, compresi i suoi diritti di navigazione nelle sue acque territoriali”».
L’ITALIANA MOGHERINI DIFENDE KIEV: CRIMEA E’ DELL’UCRAINA
Una posizione analoga è stata espressa dall’Alto rappresentante dell’Unione Euopea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, che, comne riferisce il Corsera, ha chiesto alla Russia di allentare la tensione e di ripristinare la libertà di circolazione nello stretto. La situazione ad Azov, ha sottolineato Mogherini, dimostra come le tensioni e l’instabilità possono alimentarsi «quando non si rispettano le norme basilari di cooperazione internazionale». A tal proposito l’Alto rappresentante ha ricordato che la costruzione del ponte di Kerch, voluta dal presidente russo Vladimir Putin per collegare direttamente la Crimea alla Russia, è una «violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina». L’Ue, ha ricordato, «non riconosce l’annessione illegale della penisola di Crimea alla Russia»che ha scatenato una crisi e una raffica di sanzioni tra l’Occidente e Mosca. Nel frattempo il presidente ucraino, Petro Poroshenko, ha convocato una riunione d’emergenza con i vertici militari per assumere posizioni alquanto drastiche come evidenzia un altro articolo pubblicato questa notte dalla stessa agenzia Russia Today.
LA LEGGE MARZIALE IN UCRAINA PER RADERE AL SUOLO IL DONBASS


Petro Poroshenko ha convocato i vertici militari a Kiev

«Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha detto che proporrà di dichiarare la legge marziale in seguito al litigio nel Mar Nero che ha visto le forze armate russe sequestrare le navi ucraine per aver violato le acque territoriali russe – scrive RT – Il Consiglio nazionale ucraino per la sicurezza e la difesa dell’Ucraina (NSDC) ha annunciato la dichiarazione di legge marziale per 60 giorni. La mozione dovrà ora arrivare al parlamento ucraino, la Verkhovna Rada, per l’approvazione finale». Secondo quanto riportato dall’agenzia di Mosca si tratterebbe di un’azione preventiva e deterrente perché «il leader ucraino afferma che Kiev non prevede di effettuare alcuna operazione offensiva se viene imposta la legge marziale» ma lo stesso Poroshenko avrebbe aggiunto dichiarazioni di tenore esattamente opposto: «Facciamo appello all’intera coalizione internazionale filo-ucraina: dobbiamo unire gli sforzi» avrebbe dichiarato il presidente ucraino aggiungendo che lunedì discuterà ulteriori passi con il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg e con l’Unione Europea per «coordinare le nostre azioni per garantire la protezione dell’Ucraina». Poroshenko ha cercato di rassicurare l’opinione pubblica sostenendo che la decisione di Kiev di imporre la legge marziale non violerà i diritti e le libertà dei suoi cittadini, osservando che l’Ucraina effettuerà solo azioni difensive per proteggere il suo territorio e le persone. Il presidente ucraino ha anche aggiunto che l’imposizione della legge marziale non influenzerà la situazione di stallo nelle repubbliche separatiste di Lugansk e Donetsk, che sono «in un traballante stato di tregua con Kiev». Ma di fatto renderà legittima qualsiasi rappresaglia perché qualsiasi dichiarazione, gesto o assembramento potrebbe essere interpretato come una “minaccia” tale da motivare, senza bisogno di legittimazioni parlamentari, un attacco decisivo e riprendersi il Donbass che fa gola soprattutto a Burisma – la società energetica nazionale in cui siede il figlio dell’ex vicepresidente Usa Joe Biden, braccio destro di Barack Obama – per i giacimenti di gas e petrolio del sottosuolo.
UN ESCAMOTAGE ANCHE PER BLOCCARE LE PRESIDENZIALI IN UCRAINA
La legge marziale consente al governo ucraino di limitare una serie di libertà civili altrimenti protette dalla Costituzione, come la libertà di stampa, la libertà di movimento e la libertà di riunione il che significa «restrizioni al viaggio fino a impedire ai residenti di lasciare del tutto il paese, controlli più severi alle frontiere, maggiore controllo sui media e consente il diritto di vietare raduni pacifici, proteste e manifestazioni, così come altre azioni di massa, come le attività di partiti politici e associazioni pubbliche. Inoltre, né le imminenti presidenziali, né le elezioni parlamentari possono essere tenute con la legge marziale in vigore: se dovesse durare solo 60 giorni ciò non creerebbe problemi alle consultazioni di marzo e ottobre ma se fosse prorogata impedirebbe le presidenziali del 31 marzo che vedono Poroshenko in crisi di leadership. «Secondo un recente sondaggio – riferisce Russia Today – solo il 7,8 per cento degli ucraini è pronto a votare per l’attuale leader ucraino nel voto di marzo. La corsa è guidata dall’ex primo ministro ucraino Yulia Tymoshenko con circa il 18,5% dei voti. Poroshenko è anche dietro a un famoso comico ucraino, Volodymyr Zelenskiy, che è al secondo posto con il 10,8 per cento, nonostante non abbia ancora confermato la sua candidatura».
SI RIACCENDE IL CONFLITTO IN SIRIA DOPO L’ATTACCO CHIMICO

Uno degli intossicati dai proiettili al cloro ad Aleppo mentre viene ricoverato in ospedale

La crisi nel Mar d’Azov scoppia all’indomani della recrudescenza del conflito in Siria. Come riporta Tg24 di Sky sabato scorso «oltre cento persone sono rimaste ferite dopo un sospetto attacco chimico che, secondo le autorità siriane e l’agenzia di Stato, è stato condotto ieri dai ribelli ad Aleppo, nel nordest della Siria. I ribelli hanno negato responsabilità. Ma la Russia ha reagito bombardando diversi settori sotto il controllo di insorti e jihadisti. L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (Sohr) ha riferito che il bombardamento ha martellato il quartiere di Al Rashidin, alla periferia di Aleppo, e la località di Khan Tuman, a sudovest della città. Si tratta dei primi bombardamenti sulle zone da più di due mesi, cioè da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco il 17 settembre scorso». Il governo di Damasco ha accusato i ribelli della periferia di Aleppo, nella zona demilitarizzata negoziata tra Russia e Turchia nel nordovest della Siria, intorno alla provincia di Idlib, roccaforte della resistenza siriana e dei jihadisti di Al Nusra e Isis, di aver utilizzato proiettili al cloro in questo bombardamento contro alcune zone residenziali, ma i rivoluzionari hanno respinto ogni addebito accusando Assad di voler minare il cessate il fuoco. L’agenzia di stampa statale Sana ha riportato che l’attacco è stato effettuato da “gruppi terroristici posizionati nella campagna di Aleppo”, che hanno sparato su tre quartieri. Il ministero degli Esteri siriani, secondo l’agenzia, ha aggiunto che “questo atto terroristico” è stato condotto con il sostegno di “alcuni Paesi” che hanno aiutato i ribelli ad avere accesso alle sostanze chimiche. Sana ha anche segnalato 107 casi di soffocamento secondo la ong Sohr 94 persone sono state curate e dimesse mentre 31 sono ancora in ospedale (alcune in gravi condizioni). Poche ore dopo la diffusione della notizia dell’attacco, Mosca ha reagito bombardando diversi punti sotto il controllo di ribelli e jihadisti vicino ad Aleppo. «I caccia hanno colpito le posizioni di artiglieria dei terroristi nella zona, da dove sono stati condotti i bombardamenti sui civili di Aleppo con armi chimiche» ha dichiarato il portavoce dell’esercito russo, il generale Igor Konashenkov aggiungendo che una squadra di specialisti è stata inviata ad Aleppo. Per gli attacchi la Russia potrebbe aver già utilizzato i quattro nuovi caccia stealth Sukhoi Su 57 di ultima generazione posizionati in Siria dopo l’abbattimento dell’areo di ricognizione avvenuto a settembre.
IDLIB COME LA STRISCIA DI GAZA


Terroristi qaedisti di Al Nusra a Idlib in una tenda con il marchio Usaid (United States Agency fort International Development), l’agenzia governativa americana per la lottà alla povertà globale e il rafforzamento delle democrazie nei paesi del terzo mondo

L’attacco chimico su Aleppo ed i conseguenti bombardamenti russi rappresentano la più grave violazione della tregua raggiunta da Russia e Turchia, che aveva creato un cuscinetto di protezione intorno alla provincia di Idlib, uno degli ultimi covi dei ribelli e dei jihadisti in Siria. L’accaduto rievoca la storia della striscia di Gaza dove ogni volta che ci sono accordi di pace i terroristi palestinesi di Hamas lanciano missili pur sapendo che la contraerea israeliana li abbatterà quasi tutti ma per poter poi recriminare su eventuali rappresaglie di Tel Aviv. E viene davvero difficile ritenere affidabili i ribelli che smentiscono l’attacco chimico nel momento in cui combattono fianco a fianco con i jihadisti che spesso hanno la supremazia di comando per i metodi intimidatori con cui seminano il terrore nei villaggi da loro controllati. D’altronde la tregua e la zona demilitarizzata rappresentano un isolamento senza uscita tanto per la resistenza siriana che per i terroristi islamici di Al Nusra e di Isis (in minoranza nell’area). Ecco perché il governo siriano, intanto, ha inviato una lettera al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e al Consiglio di sicurezza per chiedere una condanna «immediata e forte» dell’«attacco con gas tossico» ad Aleppo. Il ministero degli Esteri siriano ha esortato l’Onu a prendere «misure deterrenti, immediate e punitive» contro gli Stati e i regimi che finanziano il terrorismo. Come già scritto in un precedente articolo “I cospiratori contro Assad” tra i sostenitori dei ribelli c’erano anche il Bilderberg e George Soros (articolo a fondo pagina)
LA SOLIDARIETA’ DI MACRON ALLA RESISTENZA SIRIANA


Il presidente francese Emmanuel Macron

Sulla questione è intervenuto anche il presidente francese Emmanuel Macron: ha spiegato che discuterà dei recenti sviluppi in Siria con i partner internazionali, membri Ue e non, nei prossimi giorni. Ma proprio lui, come riporta l’agenzia Reuters, ha preso spunto dall’uccisione di un radiocronista satirico siriano per esprimere solidarietà anche ai rivoluzionari. «Il presidente francese Emmanuel Macron ha elogiato il coraggio di Raed al-Fares, un attivista di spicco che è stato ucciso a colpi di arma da fuoco insieme al suo amico Hamoud al-Juneid in Siria venerdì – scrive la Reuters – Fares era un attivista pro-democrazia che gestiva una stazione radio a Idlib, nel nord-ovest della Siria, che forniva notizie indipendenti e ironizzava sia sul presidente Bashar al-Assad che i ribelli dell’opposizione». Secondo l’Osservatorio siriano Sohr uomini armati non identificati hanno sparato e ucciso Fares, insieme al suo amico, a Kafranbel, sede della sua stazione Radio Fresh.



Il tweet di Emmanuel Macron

«Sono stati uccisi in modo codardo. Erano la coscienza della rivoluzione e si sono schierati pacificamente contro i crimini del regime e dei terroristi. Non dimenticheremo la resistenza di Kafranbel» ha detto Macron su Twitter che pare aver trovato così una scusa per giustificare un nuovo interessamento della Francia alla causa dei ribelli. Non va infatti dimenticato che fu la fregata francese Auvergne che diede copertura al raid aereo israeliano contro alcune basi di Hezbollha, gli sciiti libanesi alleati del governo di Assad, nel quale ci fu l’incidente che costò la vita a 15 uomini dell’equipaggio di un aereo russo di ricognizione. Un attacco sferrato da Isarele e Francia proprio il giorno dopo in cui Russia e Turchia avevano firmato l’accordo di tregua su Idlib. L’abbattimento fu imputato ad un errore della contraerea siriana e Putin, molto diplomaticamente, non reagì militarmente ma annunciò un rafforzamento degli armamenti avvenuto con l’invio in Siria delle batterie antiaereo S-400 e dei quattro avveniristici caccia Su 57.
UNA GUERRA PER SALVARE L’UE E REPRIMERE I POPULISTI
In un momento in cui l’Italia sta arrivando alla resa dei conti con i tecnocrati di Bruxelles, in cui la popolarità di Macron sta precipitando a causa dei disordini interni causati dalle proteste dei “gilets jaunes” per il caro benzina e nel Regno Unito procede a singhiozzo la Brexit voluta dal referendum popolare ma fortemente osteggiata da frange di potere mondialiste fedeli all’Unione Europea, ecco che non esiste migliore distrazione politica che quella di un escalation dei conflitti bellici. Una soluzione che, come ben intuito da Poroshenko, potrebbe giustificare leggi di emergenza in grado di consolidare i governanti contestati e anzi dotare premier e presidenti nazionali di maggiori poteri di controllo di manifestazioni dei populisti. Se Francia e Gran Bretagna sono sempre state al fianco degli Usa nella sfida alla Russia in Siria ci sarà da capire quale posizione potrebbe tenere l’Italia ma come è noto si sa che nella Repubblica Italiana il capo delle Forze Armate è il Presidente della Repubblica che, come già avvenuto nel 2011 per il bombardamento della Libia contro Gheddafi ordinato dal presidente Giorgio Napolitano al premier Silvio Berlusconi, può essere di fatto imposto da Sergio Mattarella al Governo di Giuseppe Conte. Soprattutto se il casus belli non è solo la controversa questione siriana ma quella della Crimea che l’Unione Europea, proprio per bocca di un’italiana, ribadisce essere dell’Ucraina. Ciò determinerebbe il paradosso che alcuni esponenti politici del partito sconfitto alle recenti elezioni, i piddini Mattarella e Mogherini, di fatto deciderebbero il ruolo dell’Italia in un eventuale scontro bellico. Ecco perché Matteo Salvini dovrebbe cominciare quanto prima ad occuparsi di più anche di politica estera e trovare una soluzione per risolvere l’anomalia di due Dem nei centri di potere più importanti per l’Italia.
di Fabio Giuseppe Carlo Carisio
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Amatrice, ultima vergogna: INPS rivuole i soldi dati agli anziani in difficoltà

amatrice

DI MAIO DI RECENTE, IN UN NOTO TALK SHOW, HA ANCHE DETTO CANDIDAMENTE CHE LUI NON INTENDE RIMUOVERE BOERI DAL SUO POSTO. IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO...IN PEGGIO

Adesso è l’inps a scatenarsi contro Amatrice – di Francesco Storace – da francescostorace.eu
Amatrice non conosce tregua. Conciliare legge, civiltà e umanità sembra un’impresa impossibile a giudicare dal racconto del sindaco Filippo Palombini che in un’intervista al Messaggero ha denunciato una situazione che definire imbarazzante è dire poco: l’Inpsrivuole i soldi dati agli anziani della cittadina martoriata.
Questa è la storia di quando la burocrazia vanifica i grandi passi della società civile in materia di assistenza e tutela delle categorie deboli, già martoriate da un sisma, ma andiamo ai fatti.
A seguito del sisma che ha distrutto Amatrice molti anziani, che non avevano più un tetto sopra la testa, sono stati accolti a Borbona nella Rsa, alcuni di loro usufruivano del cosiddetto ‘accompagno’ ossia quel sostegno economico pagato dall’Inps a quelle persone disabili che hanno bisogno di assistenza”.

Amatrice, la lettera dell’inps

Cosa è accaduto? Che stanno arrivando a questi anziani, dopo due anni e mezzo, lettere dell’Inps che chiedono la restituzione dell’assegno. E per dimostrare la sua “generosità” l’Inps concede anche ‘comode’ rate mensili.
“Una lettera che ho avuto modo di leggere – racconta il sindaco di Amatrice – si riferisce ad un periodo di soli 4 mesi, ma per chi si trova nella Rsa fin dalla data del sisma la cifra da restituire si aggira intorno ai 15.000 euro.”
“Tradotto, ciò significa che in termini di ‘assistenza’ post sisma alla popolazione il lessico disumano della burocrazia si è mosso come nel film ‘Tempi moderni’ di Chaplin, secondo la catena di montaggio che prevede l’invio massivo di comunicazioni senza che l’Uomo, che è dietro la macchina burocratica, si soffermi a valutarne la portata”.
Già, qui non ci sono in ballo migranti, ma solo persone anziane, che non hanno più casa, lontane dalla famiglia, e per le quali i parenti si sobbarcano spese e viaggi per stargli comunque vicino e dargli assistenza.
“Anche io sono un rappresentante delle Istituzioni, ma di questi atti me ne vergogno, e cercherò, pur se la legge è legge, di interloquire con gli Organi centrali competenti perché facciano uno sforzo di umanità”, promette il sindaco. 

LA COLLERA DI DIO?

ALLARME 5G!



Alessandro
https://movimentosovrano.blogspot.com/2018/11/allarme-5g.html

Vaccini: Francia Sciopero per i Vaccini?


...La verità?..."




https://movimentosovrano.blogspot.com/2018/11/vaccini-francia-sciopero-per-i-vaccini.html

BREAKING NEWS: L'Ucraina Bombarda Pesantemente la Repubblica Di Donetsk


DONETSK, Repubblica democratica popolare di Donetsk - FRN ha confermato che l'esercito ucraino ha iniziato a bombardare diversi quartieri residenziali nel DPR.
Mentre l'esercito ucraino viola regolarmente l'accordo di cessate il fuoco di Minsk II, registrato dall'OSCE, l'attuale bombardamento in corso è il più pesante in oltre un anno.
Ciò non sorprende, poiché il 23 novembre l'Ucraina ha schierato i suoi sistemi S-300 vicino al confine con il DonbassPoi,  il 24 novembre, i terroristi sotto gli ordini degli alleati degli Stati Uniti, hanno effettuato un attacco chimico al cloro su Aleppo, messo in scena da Idlib. Il 25 novembre, la marina ucraina ha provocato una risposta da parte della Marina russa e dell'FSB, costringendo i russi a prendere il controllo di tre navi della marina ucraina  nello stretto di Kerch, con due marinai ucraini feriti o morti (le notizie non sono chiare). 
In risposta al blocco russo di questi navigli :" il Consiglio nazionale di sicurezza e difesa dell'Ucraina (NSDC) oggi ha convocato una sessione per ordine del presidente ucraino Poroshenko, ed è ha  votato  e imposto la legge marziale per 60 giorni..."
FRN ha trovato, nella sua esperienza che copre questa guerra su due fronti, che i grandi eventi in un teatro avvengono in concomitanza con eventi importanti dell'altro. Pertanto, dato l'arrivo delleforze speciali britanniche in Ucraina e il lungo accumulo di mercenari stranieri ucraini e della NATO lungo la linea di contatto, è sembrata solo una questione di tempo prima che iniziasse un tale bombardamento.
Secondo le informazioni valutate da FRN, i bombardamenti sono iniziati intorno alla mezzanotte del Donbass e con varie armi, di cui in particolare l'artiglieria pesante.
Stranamente, i leader del DPR sollecitano la calma - mentre i portavoce della DPR negano che  sia iniziato il bombardamento.
Un rappresentante della Milizia popolare ha detto al sito di news DAN, la situazione sulla linea di contatto è comunque sotto il pieno controllo delle Repubbliche popolari.
"La situazione, da 24 ore, è sotto il pieno controllo delle nostre forze. I cittadini possono dormire sonni tranquilli ", ha detto il rappresentante.
La rappresentanza del DPR nel Centro congiunto di controllo e coordinamento del cessate il fuoco nel sud del Donbass ha informato che la situazione è rimasta stabile.
"Non sono, ancora, stati registrati bombardamenti con armi proibite", ha detto il capo della rappresentazione, Ruslan YakubovCiò contraddice numerosi rapporti credibili da terra e solleva interrogativi su quali tentativi il DPR sta facendo per controllare qualsiasi risposta attesa.
L'Ucraina è chiaramente alla ricerca di modi pesanti per forzare, sia  DPR e forse anche la Federazione russa, una risposta  efficace a questi attacchi.

Questo come il presidente ucraino Poroshenko, sta seguendo una doppia cifra nei sondaggi mentre il paese si dirige verso la stagione elettorale all'inizio del 2019. Si prevede che Julija Tymošenko (foto a sx) vinca, lei è una famoso oligarca ucraino con una comprovata storia di corruzione, lei sta giocando con i crescenti sentimenti contro la guerra in Ucraina e la sfiducia generale che il pubblico ha con l'attuale governo.
Poroshenko esce allo "scoperto" sulle elezioni, un serio aumento delle ostilità gli offrirà il pretesto per cancellare le elezioni dal momento che il paese entra in uno stato di legge marziale.
Conflitto nel Donbass
Le autorità ucraine hanno avviato un'operazione militare nel 2014 contro le autoproclamateRepubbliche popolari di Donetsk e Lugansk.
La questione della soluzione della situazione nel Donbass è stata discussa nel contesto del gruppo di contatto di Minsk, che dal settembre 2014 ha già adottato tre documenti che regolano i passi verso l'allontanamento dal conflitto. Tuttavia, gli scambi di fuoco continuano anche dopo la conclusione degli accordi di tregua.
Da allora, l'Ucraina non ha tenuto fede alla portata completa dei suoi impegni ma al contrario si è impegnata in regolari violazioni del cessate il fuoco. Continuano a insistere su un'interpretazione chiaramente errata della lingua del cessate il fuoco, secondo la quale Kiev selezionerebbe i rappresentanti del Donbass con cui avrebbero poi negoziato. Ciò contraddice sia la natura del gruppo di contatto sottoscritto dalla dirigenza elettiva del Donbass separatista, sia il successivo accordo di Minsk II che uscito dal format Normandia Quattro, che riconosce che l'attuale leadership delle repubbliche ha l'autorità di negoziare un accordo.

La Bomba a Bin Salman. Un’altra buona idea neocon.




Lo ha rivelato il New York Times: 
https://www.nytimes.com/2018/11/22/world/middleeast/saudi-arabia-nuclear.htmlt  prima che l’impulsivo Bin Salman ordinasse l’omicidio del giornalista Kashoggi nel consolato turco, Rick Perry, il ministro dell’Energia  americano (dal ministero dell’energia dipendono le produzioni atomiche   anche non civili) ha intrattenuto intensi negoziati segreti con Riyad  a fine 2017; interrogato dal Congresso se,  almeno l’amministrazione Trump avesse insistito perché al regno oscurantista e wahabita fosse vietata la produzione interna di uranio (o regno ha giacimenti del minerale), Perry ha evitato la domanda.  In realtà Khalid Al Falil, il ministro dell’energia saudita, ha dichiarato che “ il regno ha i suoi depositi di uranio e desidera svilupparli piuttosto che affidarsi a un fornitore estero”, anche se costerebbe meno. “Non è naturale”, ha detto, “per noi portare l’uranio arricchito da un paese straniero”.  Questo lo disse a marzo, dopo una conferenza-stampa alla fine di  un altro colloqui con Perry, minacciando che se non  forniranno tecnologia e assistenza gli Stati Uniti, i  wahabiti “hanno altre opzioni”, ossia possono farsi assistere (secondo gente della Cia che lo ha riferito al New York Times)  “dai russi o dalla Corea”.  Così se e quando si scoprirà che il reuccio ha la Bomba in violazione dei trattati i non proliferazione,  sarà stato Putin.
Si sa del resto che l’Arabia Saudita ha sostanzialmente finanziato   la creazione dell’arsenale atomico del Pakistan (che non aveva i mezzi) e si ritiene che Riyad possa dunque reclamare, al bisogno, un uso in condominio di questa Bomba, magari con  lo spostamento degli specialisti militari pakistani sul territorio saudita. Il regno wahabita dispone anche dei vettori, missili a medio raggio equipaggiabili con testate nucleari, che ha comprato nel 1988 dalla Cina.
Da quel che si capisce, gli Usa starebbero  per rendere Ryad capace di gestire l’intero  processo, dal minerale all’arricchimento, in modo autonomo. Ciò supera di  molto la proposta che su sostenuta dal generale Michael T. Flynn,  nel breve periodo in cui è stato consigliere della sicurezza nazionale di Trump:  di fornire Ryad di reattori in collaborazione con Mosca (per reciproca garanzia), ma non della capacità di produrre in proprio il combustibile atomico.
Ciò è un bello e istruttivo contrasto con il trattamento che Trump ha fatto subire all’Iran: benché Teheran abbia accettato di non produrre proprio uranio arricchito per 15 anni, e  accettato di mandare all’estero il 95%  della sua produzione sotto garanzia di Russia ed UE, Trump ha stracciato unilateralmente il patto e applicato più severe sanzioni – ovviamente fra gli applausi della  nota lobby, che ha condotto una campagna sfrenata (anche in Europa,  dove si sono profusi i radicali)  contro l’Iran nucleare  e  i pericoli che faceva correre al mondo intero.
Invece adesso la Bomba in mano al reuccio criminosamente impulsivo, del paese che sta massacrando lo Yemen dopo aver finanziato la distruzione della Siria creando  Daesh in alleanza occulta con Usa e Occidente,  non rappresenta più un pericolo per nessuno.
Chiunque è in grado qui di sospettare un certo influsso del diritto talmudico nella famiglia del presidente Donald, grazie all’intima amicizia del genero Kushner (Habad Lubawitcher)  sia  con l’impulsivo Bin Salman  sia con noti ambienti israeliani assetati di distruggere l’Iran, non meno del regno saudita.

Trump: “Israele sarebbe nei guai senza Arabia Saudita”

Del resto non occorre sospettare nulla, perché Trump l’ha detto chiarissimo in una conferenza stampa del 23 novembre spiegando perché lui non crede alla  colpa del re wahabita nell’assassinio di Kashoggi: “Israele sarebbe nei guai senza Arabia Saudita…Volete che Israele vada via (sparisca)? Abbiamo un forte alleato nell’Arabia Saudita”.
“Trump si lascia incidentalmente scappare la verità: il regime saudita, fulcro mondiale dell’oscurantismo islamico, serve per la sopravvivenza di Israele ed è un buon affare per gli Usa, ecco perché non lo si può boicottare”, commenta l’amico Erriu.

Bil Kristol ha un’idea: destabilizzare  la Cina

La strategia per la quale Israele ha mobiltato l’America contro “il terrore globale”,  non conosce ripiegamenti o stanche.
”Gli USA addestrano 30.000 combattenti curdi per “contenere l’Iran” in Siria ( L’Antidiplomatico)

“Crimea, Russia: Mosca spara contro navi ucraine che hanno sconfinato”, minaccxiando il grande ponte di nuov costruzione che unisce la Crimea alla madrepatria per via d’acqua-.  Mentre  Kiev ha aumentato enormemente i suoi tiri d’artiglieria sulla repubblica del Donetsk
Poroshenko ha chiesto la legge marziale e lo stato di guerra. Sono in corso misterioose attività di disturbo (jamming) delle trasmissioni radio militari in Europa.
Sputnik News: “Scontro teso tra Russia e Ucraina mentre le navi da guerra si scontrano vicino allo stretto di Kerch. Porošenko è dato nei sondaggi all’8%  nelle prossime elezioni e ha chiaramente provocato un conflitto per cercare e rimanere   al potere con l’appoggio di USA e Gran Bretagna
La rinnovata vicinanza alla Casa Bianca fa sì che si  noti una  vispa ripresa di attività,  di fresche  idee e  elettrizzanti  progetti di  quei neocon (j) che hanno “previsto”, voluto e provocato l’11 Settembre per poter lanciare la superpotenza Usa nei seguenti 18 anni di “guerre contro il terrore”, ossia la destabilizzazione sistematica dei Paesi  attorno a Israele e di tutto il Mondo Islamico.  Per esempio Bill Kristol  ha appena lanciato un’idea: Il cambio di  regime in Cina non dovrebbe essere un  importante obbiettivo della politica  estera statunitense per il  prossimo paio di decenni?”. Un paio di decenni per il regime change in Cina, dopo due decenni di destabilizzazione di Irak, Siria, Libia Afghanistan in frenetica attesa della distruzione del regime in Iran, l’ormai unico rimasto nemico principale? Bill Kristol sa esattamente quello che dice. Celebre direttore del Weekly Standard, è stato, insieme a Robert Kagan (j) marito di Victoria Nuland (Nudelman  la destabilizzatrice dell’Ucraina) il fondatore del PNAC – Project  for a New American Century: quel  “pensatoio” stra-affollato di J (James Rubin, Elliot Abrams (j),  Robert Zoellick (j), Martin Indyk  dirigente dell’ American-Israel Public Affairs Committee (AIPAC)  che nell’anno 2000   pubblicò quel  piano chiamato “Rebuilding American Defense” (Ricostruire la Difesa Americana).  Era, rivolto al futuro presidente Usa che ancora non si sapeva chi sarebbe stato (fu Bush jr.) l’immenso progetto di riarmo e bellicismo americano  cui dobbiamo  la condizione in cui è il globo: “L’America”  vi si leggeva, “deve preservare ed estendere la sua posizione di leadership globale mantenendo la superiorità delle forze armate USA”. E’ il documento  in cui si auspicava “un evento catalizzatore, come una nuova Pearl Harbor”  per  convincere i cittadini ai sacrifici economici e  sociali  di questo nuovo riarmo.  Allora, avevano fretta di abbattere Saddam Hussein, che da modernizzatore stava  facendo dell’Irak una media potenza regionale, e aiutare i curdi a farsi uno stato, destabilizzante di Siria, Irak, Iran.
Adesso gli stessi ambienti vedono bene, in funzione anti-Iran, fornire la Bomba al  criminale folle saudita,  loro ormai aperto alleato.  L’atomica a Bin Salman: che cosa può andare storto?
E intanto, perché no, una sovversione della Cina per vent’anni. Non vi sembrino sogni impossibili: la “guerra al terrore” di Bush jr. sta durando da quasi altrettanto.  I neocon sono tornati  pieni di nuove idee per il genero Kushner.

CAMORRA IN TOSCANA: CONDANNATI AFFILIATI AL CLAN MALLARDO. SI OCCUPAVANO DI EDILIZIA IN VALDARNO


Un agente della DIA

Condannato a 14 anni di reclusione Antimo Liccardo, e a 4 anni Loredana De Felice, con l'accusa di associazione mafiosa, riciclaggio e intestazione fittizie di società. Persone legate al potente clan camorristico dei Mallardo. Liccardo (dipendente del Comune di Giugliano) si sarebbe occupato di fare affari in Valdarno per conto del clan. In particolare i 'soldi sporchi' derivanti dalle attività illecite del gruppo sarebbero stati investiti nella costruzione di fabbricati residenziali a Loro Ciuffenna, Montevarchi e Reggello.

L’inchiesta – condotta dai pm della Dda partenopea Ilaria Sasso del Verme e dal pm Cristina Ribera – si è avvalsa soprattutto di indagini patrimoniali e intercettazioni telefoniche e ambientali, mentre poco rilevante è stato il contributo offerto dai collaboratori di giustizia.

I Liccardo sono stati condannati a conclusione di un processo svolto con rito abbreviato. Gli altri imputati saranno sottoposti a rito ordinario.

La Russia È Pronta A Facilitare La Giusta Soluzione Tra Palestina E Israele




Proposta russa per una riunione dei leader di Palestina e di Israele a Mosca senza precondizioni resta valida. La dichiarazione è del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.

"La Russia continuerà a contribuire agli sforzi, compresi quelli dell'Egitto, per raggiungere la riconciliazione palestinese tra Ramallah e Gaza, ovviamente sosteniamo la necessità di riprendere il dialogo diretto tra Palestina e Israele e la proposta che abbiamo fatto diversi anni fa all'incontro del i leader di Israele e Palestina in Russia senza condizioni preliminari rimangono sul posto ", ha detto Lavrov.
Ed ha aggiunto che "è impossibile garantire una stabilità sostenibile nella regione del Mediterraneo, compresa la Libia, Siria, Iraq e altri paesi che influenzano la situazione nel Mediterraneo, senza una soluzione equa al vecchio problema regionale palestinese".


Il ministro russo ha anche sottolineato che la soluzione al problema israelo-palestinese deve essere basata "sulle risoluzioni delle Nazioni Unite e sull'Iniziativa di pace araba".

Secondo Lavrov, i tentativi di rivedere il quadro giuridico internazionale dei regolamenti per sostituirlo con certe "regole" che non sono universalmente riconosciute non faranno che aggravare una situazione già difficile.

L'Arab Peace Initiative stabilisce, tra le altre condizioni per il raggiungimento della pace in Medio Oriente, il completoritiro degli israeliani da tutti i territori occupati dal 1967 e il riconoscimento da parte di Israele della sovranità dello stato palestinese con capitale a Gerusalemme Est.

Tuttavia, con gli evangelici di destra che stabiliscono un'influenza politica significativa a Washington, in particolare con Mike Pence in qualità di vicepresidente, non è previsto alcun progresso con questo problema. I cristiani evangelici, noti anche come cristiani sionisti, credono nelle profezie apocalittiche, in cui Israele , svolgerà un ruolo chiave per la sua realizzazione. È per questo motivo che appoggiano completamente lo stato di Israele, anche a spese delle centinaia di migliaia di cristiani che vivono sotto l'oppressione israeliana.