Luciano Cipriani, maresciallo dell’Aeronautica militare, aveva 47 anni. Nel suo curriculum diverse missioni all’estero, Kosovo, Afghanistan. Aveva respirato a pieni polmoni l’aria di quei luoghi e calpestato le terre avvelenate da uranio impoverito, tutto senza protezioni.
Caschi, maschere, tute, guanti, tutto l’armamentario che in quei teatri di battaglia usano americani e inglesi, ma che i nostri comandi, alti e altissimi, ritengono inutili orpelli. E quel veleno gli era entrato in corpo, lentamente, ma in modo inesorabile. Aveva attaccato il suo fisico possente, lo aveva piegato alle sue ragioni, quelle di un tumore che ha un nome terribile e impronunciabile: glioblastoma multiforme di IV grado. Gli aveva reso la vita impossibile. Chiuso in un letto in attesa della morte. La fine del corpo come liberazione dalle sofferenze.
Luciano ha combattuto per un anno. Sballottato come un pacco postale da un ospedale all’altro. Sempre le stesse diagnosi. Senza speranza. La sua famiglia non si è arresa. È andata in Germania, ha sperimentato nuove cure, si è aggrappata pure all’ultima speranza, ma inutilmente. Da soli. Senza l’aiuto di nessuno. Asl, ministeri, burocrazie, non sono mai stati dallo loro parte. Povero Luciano, vittima dell’indifferenza. Di un Paese sempre uguale a se stesso. Muore Luciano, come tanti altri suoi commilitoni, in un’Italia assuefatta e poco seria, che non vuole saperne di pace e guerra. È affar loro e delle loro famiglie.
E ancora. A gennaio di quest’anno si poteva leggere nella terza-quarta colonna di qualche grossa testata nazionale, la morte dopo una lunga agonia causata da un male incurabile di Gianluca Danise (foto sopra), Maresciallo incursore dell’Aeronautica Militare, veterano di tante missioni all’estero. Questa era la 321a vittima, appena prima di Luciano Cipriani, riconducibile all’esposizione ad uranio impoverito secondo l’Osservatorio militare, materiale usato in abbondanza soprattutto nei proiettili per cannoncini anticarro degli aerei da attacco al suolo degli Usa. Questi, incominciarono ad essere usati massicciamente a partire dalla prima guerra in Iraq, cioè dal 1991. Quest’anno un’altra vittima, Gennaro Giordano, 31 anni. Un tumore fulminante lo ha stroncato in pochi mesi. Il militare italiano ha lasciato la moglie e una figlia di pochi anni.
Numeri impressionanti. Sono circa 4mila, secondo i dati ufficiali ma segreti del ministero della Difesa, i nostri militari colpiti da patologie oncologiche riconducibili all’esposizione a nanoparticelle di metalli pesanti come l’uranio impoverito, cui sono esposti durante le missioni internazionali di guerra, imposte dalla Nato, cui partecipano e a vaccinazioni selvagge eseguite prima e durante le missioni. I dati numerici non mentono, l’uranio impoverito è più micidiale di Al-Qaida, Talebani, stress da zona di combattimento e fuoco amico messi insieme. Non male per una tecnologia militare che dovrebbe in teoria rendere più letali le armi dei nostri soldati. Dal 1991 ad oggi i caduti sono, secondo l’Associazione Nazionale Combattenti, 166.
L’uranio impoverito è composto dall’isotopo U-238, che tende a decadere emettendo fondamentalmente radiazioni di tipo alfa, le quali possono essere fermate da una tuta Nbc e da una maschera antigas di ultima generazione. I militari americani spesso sono stati visti in Kosovo con tali protezioni. Loro avevano l’esperienza della prima guerra contro l’Iraq, sapevano che il pericolo, soprattutto in caso d’ingestione o di inspirazione dell’Uranio impoverito, era reale. Infatti questi proiettili hanno una doppia valenza: anticarro ed incendiari a contatto con le corazze formano una specie di freccia di fuoco che tramite sia l’alta temperatura che l’elevata densità specifica dell’uranio penetra nella corazza del carro, disperdendo un aerosol di uranio impoverito, che rimane in un raggio di 70 metri dal carro merce degli agenti atmosferici che lo spostano nelle vicinanze. Andare nei dintorni di un sito di tal genere, significa correre dei rischi mortali senza adeguata protezione. Ma anche con la tuta Nbc e la maschera antigas non è una passeggiata salutare.
L’uranio è un elemento instabile che si stabilizza dopo un complesso processo di decadimento che prevede diversi stadi intermedi, alcuni dei quali molto più pericolosi dello stesso uranio, come il polonio, estremamente tossico o il radio. I tempi di decadimento tra i vari stadi sono spesso lunghi, ma questo non toglie la pericolosità dell’esposizione e come accertato nel caso dell’uranio impoverito, nell’inspirazione o nell’ingestione. Tutto ciò è accertato anche dalla magistratura, infatti il ministero della Difesa è stato condannato in appello dalla Corte di Roma, secondo la quale “ci sono tutti i requisiti per configurare una responsabilità del ministero della Difesa […] per avere colposamente omesso di adottare tutte le opportune cautele, atte a tutelare i propri militari dalle conseguenze dell’utilizzo dell’uranio impoverito”. A questo proposito c’è da notare che il Presidente Mattarella è stato titolare del Ministero della Difesa sotto i governi D’Alema e Amato da dicembre 1999 fino a giugno 2001.
Il sergente maggiore Andrea Antonacci è morto all’ospedale di Firenze il 12 dicembre 2000. All’epoca il ministero della Difesa rispose così in un comunicato: “La malattia di cui soffre il sergente maggiore non può essere collegata in alcun modo, per ragioni di tempo e di luogo, alla vicenda dell’uso di munizioni a uranio impoverito. Questo tipo di materiale è stato utilizzato in Kosovo, durante le operazioni che si sono svolte tra la fine di marzo del 1999 e i primi giorni di giugno dello stesso anno. Il sergente maggiore Antonacci ha operato nell’ambito dei contingenti di pace, non in Kosovo ma in Bosnia, più precisamente nella città di Sarajevo, dal 30 agosto 1998 al 4 marzo 1999, dunque in periodi precedenti e al di fuori delle zone di operazioni nel corso delle quali i Paesi Alleati hanno utilizzato munizionamento a uranio impoverito contro i carri armati della Federazione Jugoslava” (Ansa: “Difesa: Ministero, caso di Striscia non dipende da uranio”; Roma, 14 novembre 2000).
La Nato ha bombardato con 10.800 ordigni all’uranio impoverito il territorio attorno a Sarajevo, ma non solo. In materia sono stati presentati ben 334 atti parlamentari. Attualmente, secondo i dati ufficiali, più di 4mila militari italiani risultano gravemente ammalati di cancro, secondo contare i numerosi morti, soprattutto giovani. (Ansa, “Uranio: portavoce Nato, uso proiettili mai oggetto contrasti”, Bruxelles, 22 dicembre 2000). Peraltro i velivoli A-10 dell’Us Air Force erano decollati da Aviano.
Il 27 settembre 2000, ecco cosa aveva ribadito il ministro Mattarella: “Desidero anzitutto riaffermare che ad oggi nessun militare del nostro contingente in Kosovo è stato rimpatriato perché affetto da leucemia e che non sono mai emersi casi sospetti di questa malattia. In questo senso, si sono già espressi nei giorni scorsi i comandi competenti e lo stesso procuratore militare di Roma, che dal gennaio scorso ha avviato un monitoraggio in seguito a segnalazioni su possibili rischi di inquinamento e di contaminazione.
Va escluso anche che siano collegabili all’uranio impoverito i due casi letali di leucemia acuta che si sono verificati nelle Forze armate, il primo sei anni fa, il secondo l’anno passato. Nel primo caso, il giovane vittima della malattia non era stato mai impiegato all’estero; nel secondo caso, il giovane militare era stato impiegato in Bosnia, precisamente a Sarajevo, dove non vi è mai stato uso di uranio impoverito.
Sul piano generale, desidero ricordare quanto ho già fatto presente in Parlamento nei mesi scorsi; fin dall’ingresso dei nostri soldati in Kosovo, si sono adottate misure di protezione: monitoraggio ambientale, ampia attività informativa, bonifica con reparti specializzati nella protezione e decontaminazione di persone e di materiali. Sono stati svolti controlli ulteriori approfonditi da parte di esperti in fisica del Centro interforze di studi. Tutte queste misure, come ho già detto l’altra volta in Parlamento, hanno permesso di confermare che i livelli di inquinamento radioattivo nelle aree dove operano i nostri soldati, sono al di sotto dei limiti di sicurezza previsti dalle norme italiane per il nostro territorio”.
“Per quanto mi riguarda non esiste nessun problema legato all’uranio impoverito” parole di Roberta Pinotti, ex ministro della Difesa.
Insomma, la sagra della menzogna. Evidentemente la cospirazione silenziosa continua, e la lista dei morti pure. In 532 hanno richiesto un risarcimento al ministero della Difesa. Nessuno di loro ha ancora visto un euro, ma gli eredi non si fermeranno nella loro sacrosanta voglia di verità e giustizia.
Articolo di Cinzia Palmacci
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