mercoledì 10 ottobre 2018

Schulz: “Senza l’Euro la Germania Dovrebbe Temere Non la Cina, ma l’Italia”

17857751_10211040106790845_1424559318_n-300x296


Questa intervista del 2012 di Der Spiegel a Martin Schulz, oltre a dimostrare come in cinque anni non sia stato fatto nulla per risolvere i problemi della UE, chiarisce il pensiero dell’odierno avversario della Merkel, sedicente socialdemocratico e possibile futuro Cancelliere tedesco: “l’Europa è vitale per gli interessi nazionali” – quelli tedeschi, ovviamente. Le sue parole di apparente accondiscendenza verso i paesi periferici vanno lette così: è meglio mantenere gli altri paesi nella condizione di inoffensive colonie, e troppa intransigenza non aiuta. Una sua affermazione è rivelatrice: senza l’euro, con un marco rivalutato, “la Germania non dovrebbe temere la Cina, ma l’Italia e la Francia”. Tutti gli elettori italiani e francesi ne dovrebbero essere consapevoli…

Der Spiegel, 04 settembre 2012
SPIEGEL: Signor Presidente, il filosofo della “Scuola di Francoforte”, Jürgen Habermas, ha detto che ci sono solo due strategie possibili per l’Europa: tornare alle monete nazionali o andare verso un’unione politica. È vero?
Schulz: Sì, avremmo dovuto introdurre l’unione politica assieme all’euro. In questo abbiamo mancato e dobbiamo rimediare. Ma adesso, in questo momento, non sarebbe di aiuto.
SPIEGEL: Perché no?
Schulz: Non ha senso stare a lamentarsi delle opportunità mancate. Questo è il momento di agire rapidamente nel breve termine. Non posso accettare che, nella situazione attuale, stiamo a perderci in dibattiti teorici. Una ristrutturazione dell’Unione Europea non è un’esigenza pressante in questo momento; ciò che dovremmo fare invece è risolvere rapidamente dei problemi molto difficili.
SPIEGEL: Si riferisce alle crisi nei paesi dell’Europa del sud?
Schulz: Sì. Abbiamo bisogno di crescita economica in Europa, dobbiamo trovare una soluzione per i tassi di interesse eccessivi, che stanno rendendo difficile a molti paesi tenere sotto controllo il loro livello di debito. Questo è l’obiettivo fondamentale per i prossimi mesi.
SPIEGEL: La Germania è più interessata a discutere della possibile introduzione di un’unione politica.
Schulz: Questo è un drammatico errore. Come se un cambiamento strutturale potesse risolvere i problemi nel breve termine. Questa è la linea della Cancelliera tedesca e del Ministro delle finanze …
SPIEGEL: … e anche di tutta la dirigenza del Partito Socialdemocratico tedesco (SPD).
Schulz: Di tutti i politici a livello nazionale, in effetti, e non solo in Germania. Per me è come se fossimo seduti nella cabina di guida di un aereo mentre c’è una forte turbolenza, e stessimo a parlare di come poter migliorare i motori del velivolo. Certo, dobbiamo anche affrontare una crisi politica sistemica, ma questo non ci aiuta ad affrontare il momento presente: non c’è crescita economica in Grecia e c’è speculazione sui tassi di interesse contro la Spagna, l’Italia e il Portogallo.
SPIEGEL: Lei cosa suggerisce?
Schulz: Dobbiamo ridurre il peso degli interessi sui paesi dell’Europa del sud. Il modo migliore per farlo sarebbe di usare gli eurobond. Ma anche questo darebbe avvio a un dibattito teorico, perché l’Olanda non li vuole, la Finlandia non li vuole, e la Germania assolutamente non li vuole.
SPIEGEL: E questo ci porta a chiederle: perché Martin Schulz li vuole?
Schulz: Perché abbiamo un’area valutaria ed economica comune, e questo significa che, di fatto, i singoli paesi non hanno più sovranità sulla propria moneta. Anche la Germania appartiene a quest’area. Perché, dunque, non dovremmo applicare degli strumenti di politica monetaria a livello transnazionale?
SPIEGEL: Perché il Trattato di Maastricht stabilisce che nessun paese deve essere responsabile per il debito di un altro paese – è la cosiddetta clausola di “non salvataggio”.
Schulz: Il Trattato di Maastricht afferma anche che l’emissione di nuovo debito non dovrebbe superare il tre percento del prodotto nazionale. Questo è stato tolto dal tavolo con un segno di penna da quelle stesse persone che oggi considerano la clausola di “non salvataggio” come fosse un dogma intoccabile.
SPIEGEL: Si riferisce alla violazione delle regole sul deficit da parte del suo compagno socialdemocratico, nonché ex Cancelliere tedesco, Gerhard Schröder?
Schulz: Di certo Francia e Germania hanno violato le regole, ma se si è potuto interpretare i trattati in modo così flessibile, allora perché non lo possiamo rifare adesso con gli eurobond? Ma niente, così non va, questo non succederà e abbiamo bisogno di un’altra soluzione.
SPIEGEL: Qualche idea?
Schulz: Ci sono due opzioni: o decidiamo per un fondo di ammortamento del debito, con il quale una parte del debito esistente di tutti i paesi dell’Unione Europea può essere garantito e ripagato un poco alla volta …
SPIEGEL: Oppure?
Schulz: Oppure concediamo delle autorizzazioni bancarie al Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM), il fondo permanente di salvataggio, in modo che possa prendere a prestito denaro dalla BCE come qualsiasi altra banca.
SPIEGEL: L’esito di un approccio o dell’altro sarebbe che i paesi più colpiti abbandonerebbero immediatamente i loro tentativi di riforme.
Schulz: Conosco bene questo argomento: che le cattive politiche rendono i paesi dipendenti dal denaro a buon mercato; ma non è così. Le cose sono cambiate. Lo scorso anno abbiamo dato un forte giro di vite contro chi violava i parametri sul deficit, tramite una serie di nuovi regolamenti. Poi c’è il fiscal pact, che fornisce nuove possibilità di supervisione. Abbiamo soddisfatto le condizioni che ci servivano per avere un fondo di ammortamento del debito o una licenza bancaria per l’ESM.
SPIEGEL: Ma nemmeno il suo stesso partito, l’SPD, si spinge fino a questo punto.
Schulz: Forse, ma io sono Presidente del Parlamento Europeo. A parte questo, sulla politica europea l’SPD si è comportato più responsabilmente di qualsiasi altro partito europeo di opposizione. Per la socialdemocrazia tedesca l’Europa è vitale per gli interessi nazionali. E questo è un argomento sensato.
SPIEGEL: Nemmeno la maggioranza dell’opinione pubblica tedesca è d’accordo su una condivisione del debito.
Schulz: Purtroppo questa affermazione è assolutamente vera, e mi preoccupa molto. Ciò di cui abbiamo bisogno è di spiegare alla gente quali sono le alternative.
SPIEGEL: Quali sono?
Schulz: Reintrodurre il marco tedesco. Sarebbe una valuta estremamente forte, che renderebbe le esportazioni tedesche molto più costose. L’industria automobilistica tedesca dovrebbe temere non più la Cina, ma la Francia e l’Italia, la Peugeot, la Citroën e la FIAT. La Germania diventerebbe troppo grande per l’Europa ma troppo piccola per il mondo. A questo dovrebbero pensare quelli che chiedono un’uscita della Grecia dall’eurozona.
SPIEGEL: Quindi lei pensa realisticamente che la Grecia abbia qualche possibilità?
Schulz: Se continuiamo ad andare nella direzione in cui stiamo andando è difficile. Imponendo tagli non otterremo nessuna crescita in Grecia. Sarebbe preferibile una zona economica speciale per la Grecia.
SPIEGEL: Suona come una proposta un po’ vaga.
Schulz: Ma non lo è. Le aziende investiranno in Grecia solo se ci saranno tre condizioni. Primo, ci deve essere un chiaro impegno verso l’euro. Nessuna azienda investirà se ha il timore che a un certo punto la Grecia uscirà dall’euro. Secondo, il governo greco deve essere pronto a lavorare insieme alle istituzioni europee per la ristrutturazione del paese.
SPIEGEL: E in pratica cosa deve succedere?
Schulz: Abbiamo bisogno di un’agenzia per la crescita, nella quale i funzionari europei e greci possano individuare assieme i progetti che l’UE deve sostenere. Questo implicherebbe un certo grado di controllo, ma anche lo sviluppo di una fiducia reciproca. Sarebbe una sfida per il governo greco, che dovrebbe accettare di realizzare le riforme assieme ai funzionari che rappresentano la comunità alla quale esso appartiene. Essi non sono una forza ostile di occupazione, ma degli strumenti che forniscono aiuto.
SPIEGEL: Ci manca ancora il terzo punto.
Schulz: Contributi agli investimenti per le aziende che vanno in Grecia, per il turismo, le infrastrutture o le energie rinnovabili.
SPIEGEL: La situazione in Italia non è tanto migliore. Il paese geme sotto il peso del debito.
Schulz: Lì potete vedere quanto siano assurde le reazioni dei cosiddetti mercati. Per molto tempo l’Italia è stata governata da alcuni tra i politici meno professionali che si siano mai visti. Eppure non c’era molta pressione in termini di speculazione. Oggi c’è Mario Monti, l’Italia ha quel tipo di leader che di solito si vede solo nei film, un distinto professore che non accetta nemmeno un cuoco nella sua residenza a Palazzo Chigi. È la moglie stessa di Monti che cucina la pasta – eppure questo è l’uomo di cui i mercati non si fidano.
SPIEGEL: Non è che i mercati non si fidino di Monti, ma hanno paura che egli lasci l’incarico, che ritornino i soliti politici italiani.
Schulz: È speculazione dalle motivazioni politiche. Monti sta facendo dei tagli, ma tutto quello che lui riesce a risparmiare va a coprire l’aumento dei tassi di interesse. E quando dice: “Mio Dio, gente, aiutatemi”. Noi cosa rispondiamo? Rispondiamo: “Devi fare altri tagli, l’Italia deve arrangiarsi e uscirne da sola”. Ma non funzionerà. Voglio esser chiaro su questo.
SPIEGEL: Prego, ci spieghi.
Schulz: L’Italia è uno degli otto paesi più industrializzati. Cosa succede se un paese del G-8 e dell’Unione Europea va in bancarotta? Qualcuno pensa che la Germania non ne risentirà? L’Italia è uno dei nostri mercati più importanti. No, in questo modo non andiamo da nessuna parte. Dobbiamo dare licenza bancaria all’ESM, tagliare i tassi di interesse.
SPIEGEL: In definitiva tutti i suoi suggerimenti si riducono allo stesso punto: la Germania deve pagare.
Schulz: Be’, vediamo i numeri. L’ESM, il Meccanismo Europeo di Stabilità, non viene finanziato dalla sola Germania, il 20 percento dell’ammontare del pacchetto di salvataggio viene dalla Germania. L’Italia e la Francia assieme coprono il 38 percento del totale. Questa è la realtà. Non ha senso dire che tutti vogliono i soldi della Germania. State dando troppa attenzione alla nuova retorica nazionalista della Germania.
SPIEGEL: Ma non può negare che molti, su questo continente, non vogliono “più Europa”.
Schulz: La grande maggioranza della popolazione è favorevole all’idea di un’unione moderna e illuminata di paesi che dimostrano solidarietà. Il regista Wim Wenders ha recentemente riassunto il problema molto bene. Ha detto che l’idea di Europa è diventata quella di un’amministrazione, e adesso la gente pensa che l’amministrazione sia l’idea stessa di Europa. Ma questo non vuol dire che dobbiamo rinunciare all’idea. Significa che dobbiamo cambiare l’amministrazione.
SPIEGEL: Se sempre più competenze nazionali verranno trasferite a Bruxelles, a un certo punto ci dovrà essere un referendum anche in Germania. Questo è un pericolo o un’opportunità per la UE?
Schulz: A differenza di altri paesi, la Germania non ha avuto esperienza di referendum. Ma quando la Corte Costituzionale tedesca sarà arrivata alla sua decisione sull’ESM il 12 settembre, allora si dovrà chiedere il voto popolare. E questo è positivo. Bisogna lasciare che la gente possa votare, se si tratta di una nuova Costituzione. Trovo sorprendente, comunque, che molti politici tedeschi si oppongano ai referendum e tuttavia, quando si tratta di una questione europea, chiedono subito un plebiscito.
SPIEGEL: È questo il caso del leader dell’SPD, Sigmar Gabriel. Anche lui è determinato nella sua volontà di lasciar votare la gente sull’Unione Europea.
Schulz: È un rischio. I referendum pongono sempre delle minacce quando si parla di politica europea, perché la politica europea è complessa. Sono sempre un’opportunità per quelle parti politiche alle quali piace semplificare le questioni. La politica europea è sempre un intreccio di razionalità e di emozioni. Il problema di noi politici europei è che affrontiamo tutto con fredda razionalità, e poi ci chiediamo perché non riusciamo a coinvolgere emotivamente le persone.
SPIEGEL: Lei non si fida della gente?
Schulz: No, io mi fido, ma non è contrario alla democrazia essere scettici. I referendum sono uno strumento democratico, ma lo sono anche le decisioni raggiunte da una democrazia parlamentare. Sono per un’estrema cautela quando si tratta di referendum. Anche in Germania.
SPIEGEL: Come può l’Europa diventare più democratica?
Schulz: Dal 2014 non ci potrà più essere un Presidente della Commissione Europea senza una maggioranza in Parlamento. I leader del governo dovranno essere determinati dagli esiti delle elezioni europee. Questo è stabilito anche dal Trattato di Lisbona.
SPIEGEL: Questo significa che bisogna mettere in campo candidati a livello europeo?
Schulz: Giusto, i partiti dovranno mettere in campo candidati a livello europeo. Non ci saranno più campagne elettorali europee focalizzate su questioni nazionali.
SPIEGEL: Il Ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, e altri, suggeriscono di far eleggere il Presidente direttamente dal popolo.
Schulz: Penso che sarebbe sbagliato. Se il Parlamento non elegge il Presidente, chi controlla il Presidente? Dei 27 stati membri solo la Francia usa un modello simile. Sono contrario a introdurre un sistema simile a livello europeo. Immaginate se ci fosse un tedesco Presidente della Commissione Europea. Se andasse in qualche paese a dire di fare questo o quello non sarebbe ricevuto molto bene. Il Presidente sarebbe rapidamente raffigurato come il tedesco cattivo. Ma se il Presidente viene eletto e controllato dai 700 rappresentanti di tutti i paesi UE, questo lo legittima in modo molto diverso.
SPIEGEL: La ringraziamo per questa intervista.
Intervista condotta da Konstantin von Hammerstein e Gordon Repinski. Tradotta dal tedesco da Ella Ornstein. [Tradotta in italiano da Voci dall’Estero.]


Il Reichstag è pronto a bruciare di nuovo

comedonchisciotte-controinformazione-alternativa-1-0gj1qdqpmtuy-cna3tcn2g-660x330
DI DMITRY ORLOV

cluborlov.blogspot.com
Esattamente tre anni fa ho pubblicato un articolo inviato da Alex S. dalla Germania, riprodotto nella sua interezza, assieme a diverse traduzioni. Si è rivelato straordinariamente preveggente; negli ultimi tre anni, gli eventi in Germania si sono svolti proprio come aveva scritto. Il sistema politico tedesco si sta disgregando. In risposta, Merkel e coloro che stanno dietro di lei sembrano voler riattivare la sceneggiatura seguìta dai nazionalsocialisti dopo l’evento del 23 febbraio 1933: un incendio al Reichstag usato come scusa per una repressione politica dell’opposizione. Allo stesso modo, sùbito dopo le manifestazioni di Chemnitz, la stampa tedesca si è affrettata ad etichettare i manifestanti come fascisti ed estremisti.
Sia mai che possano essere rappresentativi di un numero abbastanza grande di tedeschi che ora hanno pienamente compreso dove Merkel, con la sua decisione di far entrare un milione e mezzo di migranti musulmani, sta portando il proprio paese: all’Inferno. La loro opinione non è un segreto: recentemente, l’AfD (Alternative for Germany) ha raccolto il 17-18% alle urne, diventando la seconda forza politica più popolare nel paese. Ha raggiunto questo successo elettorale senza far nulla e nonostante abbia contro una stampa implacabilmente ostile. Nel panico, la coalizione di governo, che detiene il monopolio del potere da 14 anni e che ora corre il rischio di essere detronizzata dall’AfD (che è stato formato solo nel 2013, come partito euroscettico ed un’idea di professori di economia) ha lanciato l’allarme: c’è una cospirazione in atto per rovesciare la democrazia tedesca! Una manciata di “cospiratori” è stata arrestata e falsamente accusata di pogrom contro i rifugiati siriani, e funzionari che hanno osato mettere in dubbio la storia sono stati licenziati. Non vogliono estradare gli imam radicali del Nord Reno-Westfalia, con le loro scatole di AK-47, ma qui ci hanno visto un’intera cospirazione rivoluzionaria!
È davvero singolare quanto orrenda sia diventata la qualità della leadership in tutte le principali nazioni occidentali. Che si tratti di Theresa May, con la sua Brexit non Brexit, le sue mosse di danza robotica e il suo “molto probabile” stratagemma di Novichok, o che si tratti di Macron e Trump… Aggiungete alla lista la Merkel, decisa a servire il proprio quarto mandato, anche se questo comportasse incendiare il paese. Nel caso degli Stati Uniti, la cosa fa parte di una tendenza a lungo termine: ci sono stati due mandati di un donnaiolo che ha poi cercato di spingere alla presidenza la moglie, in stile Eva Peron; poi due mandati di un imbecille figlio di papà; poi due di un impostore che ha abilmente usato il colore della propria pelle. Tutto ciò ha reso quasi inevitabile il patetico epilogo che è Trump. La Germania aveva però una reputazione di luogo ben gestito, con poca criminalità, con un’alta efficacia e risultati. Bene, non più!
Quel che sta accadendo ora in Germania è piuttosto disgustoso, ma non avete visto ancora nulla! L’ondata di repressione politica farà il proprio corso. Poi però, se si verificherà una vittoria schiacciante dell’AfD, i detronizzati correranno a leccare gli stivali della dirigenza del partito vincitore, chiedendo loro di servirli, fingendo di aver avuto un’improvvisa conversione sulla strada per Damasco e di esser felici di essere finalmente dalla parte giusta della storia.
Tre anni fa, quando Alex mi ha inviato questo articolo, la mia reazione è stata: “Caspita, hai ragione!”. E così l’ho tradotto in un mucchio di lingue e l’ho diffuso il più ampiamente possibile, per avvertire la gente che stavolta stava arrivando. Ed ora sto pubblicando di nuovo questo articolo, per avvertire la gente che stavolta è arrivato.
An Exit Strategy for Traitors

[Ein Fluchtplan für Verräter] [Une strategie de sortie pour les traîtres] [Предательская стратегия ухода] [Una strategia di uscita per traditori] [La Germania, il paese al centro dell’Unione Europea e sua principale potenza economica, è una specie di buco nero. 70 anni dopo la caduta del nazismo, è ancora un paese occupato, sotto il dominio militare e politico degli Stati Uniti. La stampa nazionale, popolarmente chiamata Lügenpresse (stampa menzognera) riecheggia fedelmente le linee di Washington. I politici tedeschi senza spina dorsale, ribattezzati popolarmente da Volksvertreter (rappresentanti del popolo) a Volksverräter (traditori della gente) non sono migliori. E così non siamo in grado di vedere cosa sta realmente accadendo, come l’Unione Europea stia, nelle parole del Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, “commettendo un suicidio” lasciando entrare orde di invasori dal Medio Oriente. E quindi questo breve report di Alex, che ci dice quel che vede, è il benvenuto].

Quand’è stata l’ultima volta che avete visto un uomo con occhi spalancati, strani vestiti ed un enorme cartello al collo che diceva “La Fine È Vicina”? “Che ridicolo!”, avreste potuto pensare. Ora, immaginate che la realtà del vostro paese cambi nel giro di qualche settimana fino al punto in cui arriverete alla sua stessa conclusione.
È esattamente quel che sta accadendo a me, così come alla maggior parte delle persone che conosco, proprio ora, proprio qui nella nostra Germania, campionessa dell’esportazione e democrazia modello. La gente sana si trova isolata ed impotente, in mezzo a politici pazzi, stampa antagonista, comunità paralizzate ed una grande popolazione inerte incapace persino di capire cosa sta succedendo. Sto ovviamente parlando della cosiddetta “crisi dei rifugiati”. Dato che però anche questo nome sta funzionando contro di noi, la chiamerò per quel che è veramente: una guerra contro l’Europa per mezzo dell’invasione. Ora è di vitale importanza chiamare le cose col proprio giusto nome.
È ancor più importante capire che questa è una guerra, piuttosto che una crisi causata dai rifugiati. Tutto porta i segni distintivi di un’operazione militare/di intelligence.
Prima di tutto, analizzate i tempi e la portata. La cosa è decollata davvero a settembre, ed in meno di due mesi sta già minacciando la stabilità dell’Europa intera, fino al punto in cui persino i “leader” europei parlano della fine dell’Unione. Numeri credibili non sono disponibili, ma il governo tedesco stima il numero di “rifugiati” tra uno e due milioni; il numero reale è quindi probabilmente molto più grande. In quasi tutti i campi sono stipate molte più persone di quanto si affermi. Alcune città sono costrette ad affrontare più “rifugiati” di quanti abbiano cittadini, alcuni il doppio. Le stime per il prossimo anno ammontano a qualcosa tra due e cinque milioni di “rifugiati” in più.
Chiedetevi, perché milioni di uomini (la stragrande maggioranza giovani) improvvisamente e collettivamente decidono di lasciare le proprie famiglie alle spalle, lasciare il proprio paese, viaggiare per migliaia di chilometri e dirigersi verso Austria, Germania, o Svezia, ignorando tutti gli altri paesi sicuri sulla strada? Chi ha detto loro che ne sarebbe valsa la pena? Dove hanno preso tutti i soldi per pagare il viaggio? Perché non c’è stato assolutamente nessuno sforzo in nessun confine per fermarli? Perché il fenomeno non è iniziato prima? Dopotutto, il Medio Oriente è zona di guerra da anni, da quando gli USA hanno sfruttato l’11 settembre per iniziare a “diffondere la democrazia”. Com’è potuto accadere in pochi giorni, al massimo settimane? Le prime centinaia di migliaia hanno inviato un messaggio al resto che era giusto che anche loro venissero? Se è cosi, come?
In secondo luogo, guardate al “rifugiato” medio. Perché, tutti giovani ben nutriti, ben vestiti e sicuri di sé, non mostrano segni di stress o di privazioni? Perché lasciano le famiglie? Sanno che mogli e figli li seguiranno poi? Se è cosi, come? Perché questi uomini non vogliono restare nei propri paesi e cercare di salvarli? Perché tutti possiedono gli ultimi modelli di cellulari, carichi di minuti apparentemente illimitati? È chiaro che i “rifugiati” sono stati informati su quali tipi di benefici sociali possono richiedere e su come procedere; sono quindi spavaldi e diventano violenti se incontrano resistenza. Esigono persino costosi trattamenti medici, che sono scontati e dati per scontati. Perché? Non ci sono controlli per nessuna di queste persone, naturalmente, perché non c’è tempo per fare più di diecimila controlli al giorno. Per quel che ne sappiamo, queste persone potrebbero essere criminali, mercenari e terroristi. Un numero sconosciuto ha gravi malattie, come epatite, tubercolosi e persino la peste. Nessuno ne tiene traccia, nessuno li ha registrati, nessuno limita la loro libertà di movimento. Quelli che si registrano lo fanno per lo più con falsi passaporti siriani, che la Turchia distribuisce come caramelle, anche ai neri africani che non somigliano per niente ai siriani. Decine di migliaia di “rifugiati” sono “scomparsi” dai propri campi, alcuni addirittura hanno fermato i treni speciali a metà strada verso le loro destinazioni, tirando il freno di emergenza e scappando nel deserto. Dove e perché – nessuno lo sa. Nessuno fa domande, ma ciò che è chiaro è che abbiamo completamente perso il controllo del territorio europeo.
In terzo luogo, c’è una piccola questione di collaborazione e tradimento. Anche se fosse una vera crisi dei rifugiati, perché nessuna delle politiche del governo tedesco/europeo ha senso? E perché la stampa agisce continuamente ed in modo uniforme a favore di queste politiche ed è apertamente ostile nei confronti della popolazione europea? Se milioni di persone devono fuggire dal pericolo, ci sono molti modi diversi per prendersi cura di loro senza mettere a repentaglio l’integrità dell’Europa e rovinare diversi bilanci nazionali. Invece però di discutere su cosa fare, come farlo e come pagarlo, il piano sembrava essere predeterminato, deciso molto tempo fa.
La “soluzione” politica è di impregnare ogni città in Austria, Germania e Svezia di persone di origine ed intenzioni sconosciute. Fiancheggiata da una stampa che ben accoglie il processo, sottovaluta il loro numero e sopprime i rapporti sui crimini commessi dai “rifugiati”, danneggiando e demonizzando ogni forma di opposizione. Censura, propaganda, incitamento all’odio, diffamazione ed aperto rifiuto dei diritti democratici di base contro ogni opposizione, stanno semplicemente esplodendo. Un primo esempio di ciò è il vice cancelliere tedesco Sigmar Gabriel, che ha chiamato “pack” (carogna) una parte indefinita ma grande della popolazione tedesca che osa opporsi a questa pazzia.
Tutti coloro che prendono posizione in Germania, opponendosi a qualsiasi politica relativa ai rifugiati da parte del governo, sono soggetti ad insulti ed etichettati come estremisti di destra, criminali odiosi e pericolosi per la società. Alcuni vengono individuati e perseguitati in pubblico usando ampie campagne di diffamazione. Lo scrittore Akif Pirinçci è diventato l’ultima vittima, dopo aver tenuto un discorso alla dimostrazione di PEGIDA, l’accusa contro di lui basata su una spudorata falsa dichiarazione dei fatti.
Anche la più pacifica protesta è immediatamente minacciata di divieto. Ogni discorso o pubblicazione che menziona tradimento od accuse simili è immediatamente soggetto ad indagini, con l’accusa di demagogia o minaccia di violenza. Gli esempi attuali possono essere trovati ogni giorno nei principali giornali mainstream, come Der Spiegel, Die Welt, Bild e simili. Se questa situazione fosse avvenuta per caso, un tale consenso spontaneo sarebbe stato estremamente improbabile. Ma fin dal primo giorno questa è stata un’evidente campagna di propaganda/diffamazione contro la verità e contro gli interessi della popolazione europea.
La stampa tedesca si è persino guadagnata un nuovo nome, “lügenpresse”, parola che può essere ascoltata ad ogni angolo. In privato, i politici vengono continuamente chiamati traditori.
La compagnia ferroviaria nazionale ha l’ordine di offrire treni speciali gratuiti per i “rifugiati”, portandoli in ogni angolo del paese nel modo più veloce possibile, ritardando nel contempo i treni regolari.

Le case e gli appartamenti liberi sono confiscati con la forza e consegnati gratuitamente ai “rifugiati”. Ogni “rifugiato” a cui viene dato affitto è pagato dalle comunità, fino a 500 euro a persona al mese. Questa è una grande opportunità per gente senza scrupolo di far soldi velocemente, rendendo senzatetto malati ed anziani tedeschi.

Alla polizia ed alla stampa è stato ordinato di sopprimere le segnalazioni di qualsiasi crimine commesso dai “rifugiati”, quindi non ne troverà alcuno né sulla stampa né nei rapporti di polizia. Se però chiedete in giro, sentirete molte storie di assalti e stupri sfrenati in ogni città della Germania. Alcuni campi “rifugiati” sono stati bruciati, la maggior parte dei quali però dai loro stessi abitanti, per lo più per protesta o per piccoli disaccordi. Le sirene della polizia si sentono in ogni città ogni ora.
Quando i “rifugiati” hanno iniziato prima a taccheggiare, e poi a saccheggiare, supermercati, il governo ha detto ai negozianti di non farlo sapere, ed ha pagato per tutto ciò che da allora è stato danneggiato o rubato. Le uniche eccezioni sono alcol e sigarette: tutti gli altri prodotti al dettaglio sono gratuiti, senza fare domande.
Il settore delle piccole imprese ha dichiarato che i “rifugiati” non sono impiegabili, a causa di zero qualifiche e mancanza di volontà di lavorare e di competenze linguistiche. Gli esperti della stampa tuttavia vedono in loro in qualche modo una “grande opportunità” per far crescere l’economia. Non c’è una discussione critica e nessun piano per il futuro. L’unico consiglio che il cancelliere Merkel ha dato alla Germania è stato “Wir schaffen das” (lo faremo), non elaborando esattamente né cosa né come. Chiunque abbia però un cervello può facilmente indovinare.
Per farla breve, ogni buon senso politico ed istinto umano proibirebbero un comportamento così imprudente, potenzialmente irreversibile, per non dire illegale. Il risultato finale è chiaramente visibile: o rovina dell’Europa, soprattutto dei paesi presi di mira dai “rifugiati”, che sono Austria. Germania e Svezia, o guerra. Dal momento che non credo che né coincidenze né una stupidità di questa portata siano possibili, questo è alto tradimento. Almeno due accuse sono state presentate contro l’attuale governo, uno per reati di immigrazione organizzata e, recentemente, per alto tradimento. Circa 400 persone sono diventate parte di questa azione. È improbabile che abbiano successo, perché la magistratura è complice. Se però non è evidentemente alto tradimento ora, lo diventerà entro poche settimane, richiesto da tutti, perché non c’è fine in vista.
Il resto della società organizzata è altrettanto sovversiva. La stampa si è apertamente dichiarata nemica della democrazia e del popolo, e nella migliore delle ipotesi una collaboratrice. La Chiesa, ancorché immediatamente minacciata dall’Islam violento, prega per più immigrati. L’intellighenzia tace o applaude il nostro altruismo. Il tradimento è completo. L’esercito e la polizia sono completamente sopraffatti. Il primo è stato ridotto di dimensioni molto tempo fa, fino all’estrema inefficacia, è comunque è stao fiaccato da missioni internazionali. La seconda non è semplicemente in grado di gestire milioni di potenziali nemici fomentati in tutta Europa, in attesa dell’ordine di attacco.
Per gli osservatori stranieri, tutto ciò potrebbe sembrare inverosimile ed esagerato. Considerate però questo: in alcune zone della Germania, quando chiami la polizia ora, nessuno risponde al telefono. Se rispondono, non sono in grado di fare alcunché. Un mio amico ha chiamato la linea di assistenza della polizia (non il normale numero di emergenza locale) e gli hanno consigliato di formare una specie di milizia per risolvere il problema. Una città di 600 persone ha al massimo una dozzina di poliziotti, ma spesso circa un migliaio di “rifugiati” da gestire. Nessuno verrà in loro aiuto se questi “rifugiati” decidono di prendere ciò che sembrano credere sia già loro – perché qualcuno glielo ha detto, immagino. Siamo alla deriva, in un mare di nemici.
Mi trovo in un incubo incapace di svegliarmi. Molte persone si sentono impotenti e riluttanti ad accettare la triste verità: siamo stati traditi da tutti coloro (tranne forse la polizia e l’esercito) di cui ci fidavamo per la nostra sicurezza e le nostre speranze per il futuro. Anche se la fine dell’economia globale nella sua forma attuale era una certezza, questo tipo di tradimento mi ha colto di sorpresa. Di una ventina di persone con cui ne ho parlato in confidenza, tutti sono assolutamente convinti che si andrà verso la guerra civile, ed in fretta! L’unica domanda che rimane è se ad avviarla saranno i tedeschi, i “rifugiati” o qualche altra fazione. Basta un attacco terroristico per scatenare il caos puro. Ho sentito da diverse persone collegate ai circoli europei della sicurezza che il mercato illegale delle armi è completamente esaurito, con molti spacciatori che si aggrappano alle proprie armi per uso personale. È una voce, ma tendo a crederci.
C’è un piccolo movimento di protesta che sta facendo notizia in Germania e persino a livello internazionale. Il movimento PEGIDA si riunisce ogni lunedì a Dresda, oramai da un anno, per protestare contro la politica europea sull’immigrazione. Ha avuto molto sostegno da quando una cattiva politica di immigrazione ha dato origine a questa posticcia “Völkerwanderung” (migrazione di massa). Il 19 ottobre – al raduno annuale – circa 35-40 mila persone sono venute per protestare pacificamente, solo per essere attaccate da diverse migliaia di violenti “manifestanti” del movimento Antifa. Un gruppo presumibilmente antifascista, così violento e fascista nel proprio comportamento, sarebbe un eccellente materiale di reclutamento per i veri fascisti delle SA o del NSDAP. Uno dei seguaci di PEGIDA è stato picchiato e gravemente ferito con un’asta di metallo ancor prima dell’inizio del raduno. Diverse centinaia di poliziotti hanno dovuto combattere per le proprie vite per ore. Gli Antifa, noti a molti come il secondo esecutivo del governo, non sono altro che un’efficace forza mobile per sedare la resistenza; esattamente come le SA, solo senza le belle uniformi. Ovunque vengano annunciate delle dimostrazioni, i membri di Antifa si recano lì per esprimere la propria opinione con “duri” argomenti.
Non sorprende che in questo momento PEGIDA sia un obiettivo primario di diffamazione ed odio. Per quanto piccolo, l’establishment sembra considerarlo un vero pericolo, dal momento che il loro ordine alla stampa di reprimerlo completamente durante l’ultimo anno non l’ha soffocato. Per quanto però possano essere importanti localmente, il risultato sembra irreversibile. L’invasione è già riuscita. Ogni giorno che passa i numeri diventano sempre più contro di noi. Il miglior risultato oramai è una guerra civile in pochi mesi, per cercare di invertire questa progessione. Il peggior risultato è una completa disintegrazione delle nazioni europee nei prossimi anni, con vaste aree del continente rese ingovernabili. Il divorzio tra il governo ed il popolo è quasi completo. Nessuna persona sana di mente crede alla stampa od ai politici. Mai prima d’ora mi è stato più chiaro che questa società è completamente infranta, con ogni elemento chiave che agisce contro interessi sia individuali che collettivi, apparentemente seguendo ordini altrui.
Ancora una volta, l’obbedienza incondizionata ha conquistato la società tedesca; questa volta però senza il consenso delle masse, perché stavolta la soluzione finale riguarda loro. Il caos che seguirà non sarà affatto un incidente: è progettato e ordinato.
Ancora una volta, un’altra generazione dovrà rispondere alla domanda dei propri nipoti: come avete potuto permettere che accadesse questo?
Dmitry Orlov

I britannici si sentono “minacciati” dalla Russia nel Mar Artico

Soldati NATO sull'Artico



La Gran Bretagna, che a differenza della Russia non è un paese affacciato sull’Artico, dichiara che Mosca la sta minacciando nell’Artico.

l 30 settembre il ministro degli esteri del Regno Unito, Jeremy Hunt, aveva pronunciato una tirata sorprendente , dichiarando “L’UE è stata istituita per proteggere la libertà. Era l’Unione Sovietica che impediva alle persone di andarsene.

La lezione dalla storia è chiara: se trasformi il club dell’UE in una prigione, il desiderio di uscire non diminuirà, crescerà – e non saremo l’unico prigioniero che vorrà fuggire. “Il suo raffronto della Unione Europea con i gulag degli anni passati ha avuto effetto con molte persone in Gran Bretagna, ma è stato considerato del tutto inappropriato dall’UE, la cui osservazione educata del portavoce è stata “Direi rispettosamente che tutti noi beneficeremmo – e in particolare i ministri degli affari esteri – da aprire un libro di storia una volta ogni tanto. ”

La follia non si è fermata qui. Non contento di insultare i 27 paesi dell’UE, il governo di Londra ha deciso di aumentare il fervore ancora più patriottico, tentando ancora una volta di rappresentare la Russia come una minaccia per il Regno Unito.

Nel giugno del 2018 il giornale britannico Sun ha pubblicato il titolo “La Gran Bretagna invierà aerei da caccia RAF Typhoon in Islanda per contrastare l’aggressione russa” e da allora il signor Williamson non ha modificato la sua affermazione che “il Cremlino continua a sfidarci in ogni settore. “(Williamson è l’uomo che ha dichiarato nel marzo 2018 che” Francamente la Russia dovrebbe andare via – dovrebbe tacere “, che è stata una delle espressioni più giovanili degli ultimi anni).

Il 29 settembre è stato riferito che Williamson era preoccupato per “una crescente aggressione russa” nel nostro cortile di casa “, e che il governo stava elaborando una” strategia di difesa dell’Artico “con 800 commando schierati in una nuova base in Norvegia. In un’intervista “Williamson ha evidenziato la riapertura della Russia delle basi dell’era sovietica nell’Artico e il” tempo maggiore “dell’attività dei sottomarini russi come prova che la Gran Bretagna aveva bisogno di” dimostrare che siamo lì nell’Artico “ed anche per ” proteggere i nostri interessi ”

Il signor Williamson non ha chiarito quali “interessi” dovrebbe avere il Regno Unito nella regione artica, dove non ha alcun territorio.Soldati NATO sull’Artico

Gli otto paesi che dispongono di territorio a nord del circolo polare artico sono Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Russia, Svezia e Stati Uniti. Tutti hanno interessi legittimi nella regione che è il doppio della superficie di Stati Uniti e Canada messi insieme. Al contrario la Gran Bretagna non ha territorio e neppure una sola rivendicazione d apoter sollevare per l’Artico.

Tanto meno una tenue rivendicazione come l’Islanda, che si basa sul fatto che, sebbene la sua terraferma non si trovi all’interno del Circolo Polare Artico, il Cerchio Polare attraversa l’isola di Grimsey, a circa 25 chilometri a nord della costa settentrionale dell’Islanda. Le isole Shetland della Gran Bretagna, la sua terra più settentrionale, sono 713 km (443 miglia) a sud del Circolo Polare Artico.

Quindi, perché il Regno Unito dichiara di avere “interessi” nell’Artico e che la regione dell’Artico si trova “nel nostro cortile”? Come può sentirsi minacciato dalla Russia nell’Artico? Questo rimane un vero mistero.

L’ Arctic Institute ha osservato, nel febbraio 2018, che i “nuovi documenti di strategia artica” della Russia si concentrano sulla prevenzione del contrabbando, del terrorismo e dell’immigrazione clandestina piuttosto che bilanciare il potere militare con la NATO. Queste priorità suggeriscono che gli obiettivi di sicurezza della Russia nell’Artico hanno a che fare con la salvaguardia dell’Artico come base di risorse strategiche … In generale, i documenti approvati dal governo sembrano essere passati da un tono deciso che evidenzia la rivalità della Russia con la NATO a un livello di inferiore tono abrasivo basato sulla sicurezza dello sviluppo economico “.

E lo sviluppo economico è tutto qui. Il 28 settembre ” è stato riferito che ” una nave da carico con bandiera danese ha attraversato con successo l’Artico russo in un viaggio di prova dimostrando che lo scioglimento dei ghiacci potrebbe potenzialmente aprire una nuova rotta commerciale dall’Europa all’Asia orientale. “Ovviamente è nel migliore dei modi interessi economici dell’Unione europea e della Russia che la rotta sia sviluppata per il transito commerciale. Per fare questo è necessario evitare conflitti nella regione.

Allora, quale sarà il problema del ministro della Difesa Williamson?

In agosto il Comitato parlamentare per la difesa del Regno Unito ha pubblicato “On Thin Ice”: La Difesa del Regno Unito nell’Artico dove ha concluso che “Non c’è dubbio che l’Artico e l’Alto Nord vedono un livello crescente di attività militare. C’è molta più divergenza nelle prove che abbiamo assunto su quali siano le ragioni alla base di questo, in particolare in relazione alla Russia. Un punto di vista è che non vi è alcun intento offensivo dietro l’accumulo militare della Russia e che sta semplicemente cercando di rigenerare la capacità militare al fine di riaffermare la sovranità. L’opposto punto di vista è che questa è solo uno degli aspetti della riaffermazione aggressiva della Russia nell’ambito di una grande competizione di potere “.

Il governo danese ha dichiarato alla commissione che “al momento, la Danimarca non vede la necessità di un maggiore impegno militare o un ruolo operativo rafforzato per la NATO nell’Artico”, e l’ambasciatore svedese ha affermato che “l’Artico svedese è una parte limitata del territorio svedese. Siamo più una nazione del Mar Baltico che una nazione artica … Ovviamente, l’intera area intorno all’Artico, in particolare la penisola di Kola, è di importanza strategica per la Russia e loro, i russi, hanno una presenza militare seria laggiù. Vediamo tutto questo. Sarà questa la ragione per chiamarla militarizzazione dell’Artico? ”

A gennaio la Reuters ha riferito che la Cina aveva notificato la sua strategia artica, “impegnandosi a lavorare più a stretto contatto con Mosca in particolare per creare una controparte marittima artica – una” Polar Silk Road “- verso la sua” unica via “. . Sia il Cremlino che Pechino hanno ripetutamente affermato che le loro ambizioni sono principalmente commerciali e ambientali, non militari. “Non potrebbe essere più chiaro che Russia e Cina vogliono che l’Artico sia una rotta commerciale mercantile redditizia, mentre la Russia vuole continuare le esplorazioni per il petrolio , gas e giacimenti minerari, che sono importanti per la sua economia.

Sviluppare l’Artico richiede pace e stabilità. Sarebbe impossibile cogliere i benefici della nuova rotta marittima e potenzialmente di enormi risorse energetiche e minerali se dovesse verificarsi un conflitto nel Nord. È ovviamente nel miglior interesse della Russia e della Cina che ci sia tranquillità piuttosto che confronto militare.

Ma il Ministro della Difesa britannico insiste sul fatto che ci deve essere un accumulo militare da parte del Regno Unito nell’Artico “Se vogliamo proteggere i nostri interessi in quello che è effettivamente il nostro cortile”, insiste l’ineffabile ministro. La sua tesi è sostenuta dalla Commissione Difesa del Parlamento che afferma che ” La rinnovata attenzione della NATO sul Nord Atlantico è benvenuta e il governo si deve congratulare con la leadership che il Regno Unito ha dimostrato su questo tema “.

La NATO è sempre alla ricerca di scuse per indulgere in azioni militari (come il suo blitz di nove mesi che ha distrutto la Libia ), e ha annunciato che condurrà l’Esercitazione “Trident Juncture” focalizzata sull’Artico a novembre, che Naval Today ha notato sarà “uno dei il più grande di sempre con 40.000 persone, circa 120 aerei e ben 70 navi convergenti dalla Norvegia. ”

L’alleanza militare della NATO si sta preparando per la guerra nell’Artico e cerca deliberatamente di affrontare la Russia conducendo manovre sempre più vicine ai suoi confini. Meglio stare molto attenti, dicono a Mosca.

PRODI: «LE REGOLE UE VANNO RISPETTATE ANCHE QUANDO NON SONO INTELLIGENTI»

E' UN GENIO...





«Rules are rules: le regole sono le regole». Parlando davanti a migliaia di avvocati riuniti a Roma da tutto il mondo per la conferenza internazionale Iba 2018 (International bar association), Romano Prodi non ha dubbi: «Le regole di bilancio europee vanno rispettate anche quando non sono intelligenti». Così l’ex primo ministro italiano e presidente della Commissione europea in risposta a chi dalla platea gli chiedeva un commento sulla decisione del governo italiano di portare al 2,4 % il deficit 2019. «Alcune clausole dei trattati europei possono anche essere sbagliate perché basate su meri principi aritmetici – ha chiarito – ma se un Paese le ha sottoscritte le deve rispettare». Il discorso di Prodi – scrive ilsole24ore.com – ha aperto a Roma la 71esima Conferenza internazionale degli avvocati dell’Iba, la federazione mondiale delle varie associazioni nazionali dei legali. Prodi ha tratteggiato un’ Europa estramente indebolita «dalla Brexit e dai nazionalismi dominanti», ma ha anche ricordato alcune recenti iniziative forti dell’Unione europea , «come quelle sul copyright». In vista dellee lezioni europee il professore ha posto l’accento sulla necessità che l’Europa ritrovi la propria coesione «per occuparsi di politica e non delle gabbie dei polli».


via ImolaOggi

Deficit pubblico: ‘L’Europa ha ben poche possibilità di mettere l’Italia in ginocchio’


Mentre il governo italiano ha annunciato che il deficit pubblico sarebbe pari al 2,4% del PIL anziché l’1,6 richiesto dall’Europa, Steve Ohana analizza i rischi che corrono sia l’Unione europea sia l'Italia.
 
di Steve Ohana*.
*professore di finanza presso ESCP Europe.
 
Venerdì scorso è stato un giorno di verità per l’Italia e l’Europa. Mentre per diverse settimane, investitori e commentatori sembravano rassicurati in merito alla situazione italiana e accoglievano con favore la presenza nel governo dell’economista Giovanni Tria come guardiano delle finanze italiane, i due leader della maggioranza, il leader della Lega Matteo Salvini e quello del Movimento Cinque Stelle Luigi Di Maio hanno annunciato che il deficit pubblico per il 2019 non sarebbe stato pari all’1,6% del PIL, come previsto dai mercati, ma attorno al 2,4%.
Non c’è voluto di più per far preoccupare i mercati: i tassi italiani a 10 anni sono aumentati dello 0,25% nella giornata di venerdì, raggiungendo il 3,15%. Il mercato azionario italiano ha ceduto quasi il 4%, appesantito dalle banche italiane, tra cui il gigante Unicredit che ha perso quasi il 7% e la Banca Popolare di Milano oltre il 9%. L’intero settore bancario europeo era in rosso, con perdite tra il 3 e il 4% per tutte le mega-banche francesi e tedesche.
Quali sono le intenzioni del governo italiano in questo nuovo gioco di poker che è ha appena iniziato con le istituzioni europee?
La marea “giallo-verde” del marzo 2018 è nata dalla crisi di sfiducia del pubblico italiano nei confronti delle istituzioni europee. L’Italia, con una crescita zero del PIL pro capite dall’avvio dell’euro e una disoccupazione che rimane ostinatamente superiore alla media europea, si percepisce giustamente come la principale sconfitta dell’euro. E questo, nonostante tutti i suoi sforzi per conformarsi all’ortodossia economica e fiscale europea (torneremo su questo). La mancanza di solidarietà dei paesi europei nei confronti di paesi che, come l’Italia e la Grecia, sono stati in prima linea nell’accogliere i migranti dal 2015, ha inoltre alimentato fortemente questa ondata euroscettica.
È in questo contesto che Salvini e Di Maio hanno cercato dal maggio 2018 di iniziare un tiro alla fune con l’UE sulle questioni migratorie, economiche e di bilancio. Mostrando spettacolari gesti di disobbedienza alle regole della governance europea, i due leader italiani stanno minando progressivamente la credibilità delle istituzioni che fanno la guardia a queste regole. Istituzioni internazionali come l’FMI e la Commissione europea sostengono un deficit pubblico dello 0,8% del PIL per ridurre lo stock di debito pubblico italiano dal 132% di oggi al 110% nel 2025? La coalizione annuncia il triplo di questo deficit per il 2019. I precedenti governi hanno deindiccizzato le pensioni sull’inflazione e hanno prolungato l’età legale della pensione per accontentare Bruxelles? Questa riforma sarà rivista. Il Jobs Act del leader democratico Matteo Renzi mirava a rispettare la doxa europea sulla flessibilizzazione del mercato del lavoro? La maggioranza annuncia la sua intenzione di tornare sulle possibilità di rinnovare i contratti a tempo determinato e le facilitazioni di licenziamento offerte alle società. E così via con tutte le regole della governance europea, dal patto fiscale alla privatizzazione delle autostrade, passando per le regole di accoglienza dei migranti.
Questa strategia di sfiducia frontale ai trattati europei lascia solo cattive soluzioni ai leader europei. Se chiudono un occhio sulle trasgressioni italiane, tolgono la poca credibilità che rimane alle regole comuni. Se entrano in conflitto, anche verbalmente, con il governo italiano, permettono a Di Maio e Salvini di rappresentare i garanti della sovranità popolare contro l’establishment. Inoltre, Emmanuel Macron o Bruno Le Maire hanno davvero il diritto di impartire una lezione all’ Italia, loro che hanno appena annunciato un deficit del 2,8% del PIL per il 2019 (con del resto, a differenza dell’Italia , un saldo primario ancora in deficit)? Come potrebbe la Commissione europea far la predica all’Italia senza dire nulla per la Francia?
La strategia di Salvini e Di Maio non è quindi destinata a causare a breve termine una “grande notte”, per non dire un’uscita dall’UE o dalla zona euro, azione per la quale attualmente non dispongono di una maggioranza di consenso. Per il momento, l’obiettivo del capo della Lega sembra quello di polarizzare l’opinione pubblica italiana ed europea per le elezioni europee del maggio 2019, dove spera di portare al Parlamento europeo la maggioranza dei membri che condividono la sua linea su sovranità e anti-immigrazione . È in questo senso che ha lanciato con Steve Bannon una coalizione di partiti politici simili alla Lega, che i suoi due fondatori chiamerebbero “Il movimento”.
È improbabile che le istituzioni europee siano in grado di battere questa guerriglia mettendo in ginocchio il governo italiano, come hanno fatto con il leader greco Alexis Tsipras nel 2015.
Certo, l’UE può contare sui mercati e sul famoso “spread” – il divario tra i tassi di indebitamento tedesco e italiano – per “disciplinare” la coalizione sovranista. Questa pressione del mercato è diventata ancora più importante in quanto la BCE ha annunciato la fine del suo programma di acquisto dei titoli di Stato sul mercato (“Quantitative Easing”) nel dicembre 2018 e l’agenzia di rating Moody ha detto di voler declassare il debito italiano nel mese di ottobre 2018. Ma non bisogna esagerare l’importanza di questa pressione dei mercati perché, anche se l’aumento dello spread si è dimostrato dannoso per la solvibilità dei soggetti privati e delle banche, quindi per il credito e in definitiva per la crescita e l’occupazione, l’elettorato della coalizione non incolperà Salvini e Di Maio. Alcuni economisti molto popolari in Italia criticano la BCE per non aver fatto tutto quanto è in suo potere per garantire la convergenza dei tassi italiani nei confronti dei tassi francesi e tedeschi, nonostante una situazione fiscale abbastanza invidiabile (l’Italia è l’unico principale paese dell’OCSE a mantenere un saldo primario – il saldo di bilancio al netto degli interessi sul debito – in attivo rispetto ai primi anni ’90). D’altro canto, finché l’Italia riesce a finanziarsi abbastanza bene sui mercati, non deve preoccuparsi troppo delle variazioni giornaliere dei tassi di indebitamento. Il debito pubblico ha infatti una scadenza media di sette anni, le fluttuazioni a breve termine dei suoi tassi debitori hanno poco impatto sui suoi interessi passivi complessivi. Questi carichi molto elevati (poco meno del 4% del PIL, quasi il doppio della Francia) derivano dal peso del suo debito pubblico ereditato dagli anni ’70 e ‘80 e dalla crisi finanziaria del 2008 e dal livello elevato dei suoi tassi d’interesse dal 2010. Un retaggio di cui l’attuale coalizione al potere non è responsabile.
Se, a seguito din panico dei creditori, seguiti da un rifiuto della BCE di venire in suo aiuto, l’Italia non potesse più rifinanziare a costi ragionevoli il proprio debito sui mercati, quindi, come ha ben dimostrato la giornata di venerdì, il problema italiano diventerebbe quello di tutta l’Europa e anche ben oltre: l’Italia rappresenta infatti il primo mercato obbligazionario europeo e il terzo più grande mercato obbligazionario dopo Stati Uniti e Giappone. La sua banca Unicredit è una banca sistemica la cui caduta potrebbe portare a una crisi bancaria globale. Mentre il debito pubblico italiano è detenuto a maggioranza (e sempre più) dai residenti, le mega-banche francesi rimangono fortemente esposte al rischio sovrano e bancario italiano (si stima questa esposizione intorno a 320 miliardi di euro).
E se la BCE dovesse decidere non solo di far volare i tassi di prestito del governo italiano, ma anche privare di liquidità le banche italiane, in una ripetizione della crisi greca durante l’estate del 2015, Salvini e Di Maio potrebbero cogliere l’opportunità di emettere una nuova valuta. Questo scenario è stato già menzionato implicitamente nel programma elettorale della Lega mediante l’eventuale uso di “Mini-Bots” tale imposta moneta parallela all’euro che il governo è disposto a rilasciare, se necessario. Si può pensare che la maggioranza stia attivamente preparando per tali scenari ove si conoscano gli scritti di economisti scettici che sono ora in posizioni chiave in seno al governo e al Parlamento italiano (Paolo Savona, Claudio Borghi e Alberto Bagnai). Dato il peso politico, economico e finanziario della penisola nel dell’Unione monetaria, il suo ritiro della zona euro potrebbe portare l’Italia a creare a sua volta la fine disordinata dell’euro, un Armageddon politico e finanziario che gli altri paesi europei sono probabilmente meno preparati dell’Italia ad affrontare …
Se mettere in ginocchio il governo italiano è probabilmente impossibile per l’UE, sostenere questa guerriglia permanente della terza economia della zona euro può parimenti risultare in una sfida esistenziale per l’edificio comunitario. Da parte italiana, se la guerra di attrito con l’UE si trascina, è probabile che l’elettorato della Lega e del M5S si spazientisca e che il governo italiano finisca per perdere il forte capitale di fiducia di cui gode oggi (i due partiti nella coalizione sono accreditati con il 62% nei sondaggi, con la Lega che è avanzata di 12 punti rispetto alle elezioni dello scorso marzo).
Questo è probabilmente il motivo per cui sia Salvini che i leader europei attaccati ai risultati acquisiti del mercato unico e dell’euro, Emmanuel Macron in testa, ripongono così tante aspettative nelle elezioni europee del maggio 2019. Il risultato di tali elezioni sarà abbastanza chiaro per determinare l’esito della guerriglia italiana contro l’UE?

Fonti: 


 

Israele sta pianificando un attacco contro la Siria e la Russia



di Mikhail Osherov
Negli ultimi giorni sono comparsi segnali politici e militari di preparazione per un prossimo attacco dello Stato di Israele contro Siria e Russia.
Dopo la decisione politica che la leadership russa ha preso di recente per fornire sistemi di difesa aerea S-300 e altri ulteriori sistemi alla Siria, oltre a rafforzare le contromisure elettroniche, il tono delle dichiarazioni e delle interviste dei rappresentanti della leadership militare-militare israeliana è cambiato significativamente.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu non ha rilasciato dichiarazioni politiche ad alta voce dopo il suo ritorno dagli Stati Uniti e i suoi colloqui con Donald Trump. Ha fatto dichiarazioni politiche negli Stati Uniti, ma poi, probabilmente, non aveva ancora un quadro completo e informazioni complete sulle azioni future della Russia.temporaneamente messi a tacere. 

Avigdor Lieberman ha rilasciato due interviste nei giorni scorsi: una il 27 settembre al posto di blocco di Kuneitra sulle alture del Golan occupate da Israele e l’altra recentemente per il giornale Yediot Ahronot.

Nelle alture del Golan, Lieberman ha aggirato la questione della politica di Israele nelle nuove condizioni, affermando che la politica dello stato di Israele non cambierebbe e ha suggerito che i giornalisti si rivolgano al segretario stampa dell’esercito israeliano. In un’intervista al giornale Yediot Ahronot, non è stato pubblicato nulla riguardo alla Siria. Forse questo è dovuto alla proibizione della pubblicazione di informazioni su questo da parte della censura dello stato israeliano.

Forze russe in Siria

Israele è uno dei pochi paesi al mondo in cui è in vigore la censura preliminare e dove, per la prima volta nella storia dopo la Germania nazista, c’è un ministero di propaganda di stato. Ma in un’intervista pubblicata con il giornale Yediot Ahronot, la frase del ministro della Difesa israeliano secondo cui “la prontezza al combattimento dell’esercito israeliano è ora la stessa della guerra del 1967” è stata mantenuta.
Il 6 ottobre è stata rilasciata un’intervista al giornale Ha’aretz da un altro ministro del governo israeliano, Tzhahi Anegbi, in cui questi ha anche annunciato la determinazione e le intenzioni del governo israeliano di continuare l’aggressione contro la Siria.
Tale comportamento pubblico di Netanyahu, Lieberman e di altri ministri israeliani può significare solo una cosa: la leadership israeliana non ha rifiutato di continuare l’aggressione contro la Siria e ora c’è una preparazione segreta di nuovi attacchi.
Secondo il rapporto del 5 ottobre sul sito web israeliano Debka, che è considerato un sito web che pubblica informazioni nell’interesse dei servizi segreti israeliani, il presidente degli Stati Uniti ha ordinato di trasferire urgentemente in Israele diversi squadroni degli ultimi aerei americani F-35 da unità combattenti, comprese quelle già presenti in Medio Oriente, negli Emirati Arabi Uniti.
La ragione dell’aggressione israeliana contro la Siria è la presenza di ufficiali iraniani sul territorio della Siria e la possibilità di trasferire alcuni tipi di armi al movimento libanese di Hezbollah.
Da un punto di vista legale, la presenza di ufficiali iraniani in Siria e la presenza di armi iraniane, così come l’assistenza della Siria al movimento libanese di Hezbollah, sono assolutamente legittimi. Ufficiali e volontari iraniani sono sul territorio della Siria su base legale su richiesta del governo siriano e danno un contributo significativo al ripristino della sovranità siriana, insidiata dai gruppi terroristi appoggiati dall’estero.
Negli ultimi anni, dall’inizio degli eventi in Siria (dal 2011), Israele ha commesso oltre 200 atti di aggressione contro la Siria. Abitazioni civili sono state distrutte, ufficiali e soldati siriani e civili inermi sono stati uccisi e feriti.
Allo stesso tempo, non c’era un solo atto di aggressione contro Israele dal territorio della Siria; una sola volta, un aereo israeliano è stato abbattuto con un fuoco di risposta della difesa aerea siriana.
Continuando fino a poco tempo fa, i continui attacchi dell’aviazione israeliana per tutto questo tempo non hanno incontrato l’opposizione dalla Russia. Invece di proteggere il cielo siriano da tutti gli aggressori, la Russia ha permesso ad Israele di attaccare qualsiasi obiettivo in Siria, e consentito agli Stati Uniti di occupare territori nel sud e nell’est della Siria.
Il tragico incidente con l’aereo russo Il-20 avrebbe potuto accadere prima in qualsiasi momento, ed è abbastanza probabile che tali incidenti siano accaduti prima, proprio su di loro, probabilmente, ma non sono stati segnalati.

Aviazione israeliana

Così, nel 2013, dopo un altro attacco di aviazione israeliana alla Siria nella regione di Latakia nelle immediate vicinanze dell’ubicazione delle strutture militari russe, lo stesso presidente russo Vladimir Putin in serata ha dovuto chiamare il primo ministro israeliano, che era in visita settimanale in Cina .
A quel tempo, nel 2013, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama non era stato in grado di parlare al telefono con il presidente russo Vladimir Putin per mezzo anno a causa del rifiuto della parte russa di dialogare. Vladimir Putin ha chiamato lui il primo ministro israeliano .
La conversazione tenutasi alle 10 pm ora di Pechino (che indica l’urgenza della chiamata) è stata così importante per Netanyahu che è tornato in Israele dopo una lunga visita e un lungo volo, alle cinque del mattino in un giorno importante di festa. La festa religiosa, senza lasciare l’aeroporto, venne trasferita su un altro aereo e lui volò a Sochi per incontrare Vladimir Putin. E solo dopo questo incontro, che era in parte a quattrocchi, Netanyahu tornò in Israele e l’aggressione israeliana contro la Siria, con il tacito consenso della Russia, era continuata.
In questa intera storia dell’aggressione israeliana contro la Siria, c’è un aspetto morale e politico cruciale. In parole povere, non lo fanno in forma totale per gli alleati: li proteggono in un posto e non in un altro. Il resto dei paesi alleati della Russia ora saprà che, nel caso, la Russia non li difenderà, procedendo da interessi incomprensibili della leadership del paese, contrariamente agli interessi nazionali della Russia. È successo nel Donbass del 2014, è successo in Siria, a partire dal 2011, nonostante l’esistenza di un trattato di amicizia, cooperazione e assistenza reciproca tra Russia e Siria.

E nel 2014 in Ucraina e, a partire dal 2011 in Siria, le azioni della Russia sono state parziali, insufficienti e non pienamente in linea con gli interessi nazionali della Russia.

La catastrofe dell’aereo da ricognizione elettronica IL-20, è avvenuta principalmente a causa della non resistenza della Russia all’aggressione israeliana, questa non ha ancora ricevuto un’adeguata risposta politica. La fornitura da parte della Siria di vari sistemi e complessi di difesa aerea è una soluzione tecnica e semipolitica a metà tempo del problema.
La Russia non può e non sarà in grado di difendere la Siria e i suoi stessi interessi in Siria senza un’opposizione diretta all’aggressione israeliana e americano-turca, e ciò richiede una decisione politica, che non è stata ancora presa.
Fonte: Rusvesna