martedì 25 settembre 2018

VIDEO: Su-34 bombardieri russi distruggono un gruppo di navi con missili avanzati

Flotta russa del Pacifico ha rilasciato un video di missili antinave lancia aria J-35U che distruggono diverse navi 

VIDEO: Su-34 bombardieri russi distruggono un gruppo di navi con missili avanzati

Gli equipaggi di Su-34 caccia - bombardieri hanno distrutto le navi con avanzati missili antinave subsonica J-35U attaccando i loro obiettivi a bassa quota, ha riferito l'agenzia militare russa Zvezda, che ha postato questo video su YouTube In totale, sono stati fatti otto lanci. Tutti i missili hanno colpito con successo i loro obiettivi. Il J-35U è progettato per sconfiggere bersagli di superficie di varie classi senza i corrieri di questi missili che si avvicinano alla gamma dei mezzi di difesa aerea, per i quali la loro autonomia è di 260 chilometri. Il carico di questi missili è abbastanza forte da affondare una corvetta. Le consegne del J-35U alle unità di aviazione navale sono state effettuate dal 2014.
Fonte:

Borghezio: violenze sui cristiani in Nigeria. Cosa fa l'Ue?

Interrogazione alla Commissione europea, dopo l'ultima grande strage


(500 persone massacrate solo nello Stato di Benue)


Comunicato stampa di Mario Borghezio



L'Ue fermi le violenze sui cristiani in Nigeria! 

(Premessa – In Nigeria continua tra l'indifferenza la spietata mattanza di cristiani. Negli ultimi anni, dal giugno 2015 ad oggi, sarebbero stati uccisi oltre 16 mila cristiani, da Boko Haram e dai pastori musulmani di etnia Fulani - Ndr) – Bruxelles - Comunicato stampa di Mario Borghezio - In merito alle notizie di nuove violenze in Nigeria contro i cristiani, l’europarlamentare Mario Borghezio ha indirizzato un’interrogazione allaCommissione Europea. “Come testimoniato da diversi vescovi locali – spiega Borghezio – nei territori della cosiddetta ‘middle belt’ della Nigeria si sono susseguiti tragici scontri contro i cristiani, che sono costati, nel solo Stato di Benue, la vita ad oltre500 persone. Responsabili dei massacri della popolazione cristiana, principalmente dedita all’agricoltura, sono i pastori musulmani di etnia Fulani, spesso equipaggiati con armi automatiche”. E spiega: “Mentre i media nigeriani cercano di minimizzare la motivazione etnico-religiosa (forse perché l’attuale Presidente Buhari è di etnia Fulani) parlando di scontri per le terre, molti commentatori e diversi vescovi locali confermano la rapida escalation contro i cristiani, denunciano la colpevole inattività della Polizia Federale e paventano rischi simili alla tragedia del Ruanda in caso tale situazione non venga fermata al più presto”. Pertanto Borghezio chiede:

“Come intende intervenire la Commissione per difendere e tutelare le popolazioni cristiane minacciate in Nigeria?

Intende sollevare con urgenza la questione in sede di colloqui internazionali?”.



Comunicato stampa di Mario Borghezio / Deputato europeo

partecipa al dibattito: infounicz.europa@gmail.com 

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LA (VERA) RAGIONE STORICA PER CUI IL PD CROLLA E LA LEGA VA SEMPRE PIU’ SU



Guardate che i comunisti di una volta oggi votano Lega. Queste amare parole di Pier Luigi Bersani non sono una battuta a effetto, sono una constatazione. Basta farsi un giro in Toscana, in Umbria o in Romagna per toccare con mano la realtà. La quale in ogni caso si manifesterà da sola, uscendo fuori dalle urne delle prossime elezioni europee.
Ma lo stato maggiore del PD non ha certo tempo da perdere con le persone comuni, anche perché frequentarle presenta sempre il rischio di venir presi a fischi come è accaduto al segretario Martina a Genova.

Alle residue Feste dell’Unità, questa estate, era ben difficile trovare le folle, e i militanti reduci che ancora resistevano a cuocere bistecche, intervistati da un programma d’informazione di Rete4, manifestavano tutto il loro apprezzamento per Salvini, suscitando lo sconcerto dei capi partito.

Dunque se così stanno le cose si ripropone l’antico dilemma leniniano: “Che fare?”. La strada che i dirigenti hanno imboccato è proprio quella peggiore, quella che sarcasticamente Bertolt Brecht indicava ai caporioni comunisti della Ddr.

Davanti al malcontento della gente e a qualche tentativo di sciopero il drammaturgo invitava i compagni al potere a Berlino est a sfiduciare il popolo che aveva deluso le loro aspettative ed eleggerne un altro.

E’ quello che la sinistra dei salotti e dei giornali – l’unica rimasta – ha già cominciato a fare. Infatti chi vota Lega si sente bollato, viene catalogato in quella Italia peggiore che – secondo questi illuminati – è incivile, xenofoba, populista, sovranista e sospetta di fascismo.

Ci sarebbe anche un altro modo di affrontare la situazione descritta da Bersani. Lo stato maggiore della sinistra dovrebbe chiedersi: perché ci hanno mandato a quel Paese? Dove abbiamo sbagliato?

Ma è una via impraticabile, perché la cosiddetta Sinistra soffre della Sindrome di Fonzie (quello di Happy Days), ovvero quella patologia gravissima che impedisce di pronunciare l’espressione “ho sbagliato anche quando è provato che si ha torto marcio.

Qualcuno obietterà che non è vero perché in realtà lo stato maggiore del PD si sta dilaniando in una guerra di tutti contro tutti, senza esclusione di colpi. Sì. Ma è, appunto, una guerra che viene combattuta all’insegna del “lui ha sbagliato”, accusa che viene lanciata da tutti contro tutti.

Il colpevole è sempre un altro. L’espressione “io ho sbagliato” o – in questo caso – “noi abbiamo sbagliato” è irreperibile.

Perché? Semplice. Invece di andare alla ricerca di capri espiatori o di ridicoli alibi del tipo “è stata colpa dei social” (o magari dei troll russi) dovrebbero cercare il vero, grande errore che sta all’origine del Pd e che è precisamente l’errore che ha portato tanti elettori di centrosinistra a mandarli al diavolo e a votare Lega (o M5S).

Qual è l’unica vera identità del Pd? E’ quella che gli dette Romano Prodi quando fondò l’Ulivo che fu la culla del Pd. Nell’Ulivo, Prodi – uomo della tecnocrazia – riuscì a fondere i post-comunisti e i post-democristiani con tre parole d’ordine: 1) antiberlusconismo, 2) Maastricht e 3) entrare nella moneta unica europea.
L’antiberlusconismo serviva a motivare i rancori della base, ma era un pretesto per non spiegare gli altri due punti e comunque oggi è finito (sia perché Berlusconi non è al governo, sia perché il Pd renziano ha sgonfiato l’antiberlusconismo). Cercano di riconvertirlo in antisalvinismo, ma non funziona.

La vera identità programmatica e ideologica dell’Ulivo e del Pd è data dall’adesione piena e incondizionata ai Trattati di Maastricht e all’euro. Questi traguardi avevano preso il posto del vecchio “sol dell’avvenire.

Si creò il mito dell’euro e dell’Europa come una terra dove scorre latte e miele e dove tutto sarebbe andato magnificamente.

A circa vent’anni da quell’esperimento, in cui abbiamo rinunciato alla moneta sovrana e a gran parte della sovranità politica ed economica, il bilancio è devastantel’Italia ha perso quasi un quarto della produzione industriale, i poveri sono pressoché triplicati, il ceto medio è stato massacrato, la disoccupazione giovanile è al 35 per cento (una generazione perduta che spiega anche il crollo demografico record), le infrastrutture sono in condizioni penose, lo stato sociale (pensioni e sanità) non è nemmeno paragonabile agli anni della Prima Repubblica e abbiamo 600 mila immigrati sbarcati qua solo negli ultimi 6 anni che costano 5 miliardi ogni anno.

Da noi il reddito pro capite è crollato rispetto a venti anni fa e oltretutto – dopo anni di sacrifici lacrime e sangue e di tassazione selvaggia – il debito pubblico è addirittura aumentato. Infine – tramite la UE – siamo diventati sudditi di Germania e Francia che spadroneggiano qua da noi.

E’ come se avessimo perso una guerra. Siamo in macerie e non abbiamo neanche più le chiavi di casa nostra. Ecco perché gli italiani non votano più quella classe dirigente che li ha portati in questo “paradiso. E’ il Pd stesso che è nato su un programma rivelatosi fallimentare e mai riusciranno a dire: “abbiamo sbagliato.
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Antonio Socci
Da “Libero”, 24 settembre 2018

Fonte:

Otto specie di uccelli estinte in otto anni a causa della deforestazione dell'Amazzonia





Spix's macaw, nella realta' e nei cartoni animati

 Alagoas foliage-gleaner

 Poo'uli


Cryptic Treehunter (visti per l'ultima volta nel

Glaucous Macaw (visti per l'ultima volta nel 1998)



Pernambuco pygmy-owl (visti per l'ultima volta nel 2001)


New Caledonian Lorikeet (visti per l'ultima volta nel 1987)


Javan Lapwing (visti per l'ultima volta nel 1994)



Il numero di specie estinte dal 1500 ad oggi.


E' la prima conta ufficiali di uccelli estinti nel decennio 2010-2020. Finora, in questi otto anni sono andate perse con totale certezza o con quasi totale certezza otto specie, principalmente a causa della deforestazione in Sud America.

Una di queste specie si chiama Spix’s macaw, esemplare azzurro di una famiglia di pappagalli brasiliani che addirittura e' stata parte del film animato della Disney, chiamato Rio.
   
Nel film si chiama Blu, uno Spix’s macaw cresciuto in cattivita' nel Minnesota che arriva in Brasile e si innamora dell'ultimo esemplare della sua specie ancora allo stato selvaggio, Jewel.  I due fra mille peripezie riescono ad avere tre figli e a creare un santuario per i pappagalli nella foresta.

Nella realta' non e' stato cosi. 

Oltre al Spix's macaw ce ne solo altre di specie in via di estinzione, dai nomi ugualmente inpronunciabili ma la cui perdita fa dispiacere ugualmente: l'Alagoas foliage-gleaner, il Poo-uli, il Cryptic Treehunter, tutte certamente estinte, e le specie quasi certamente estinte, il New Caledonian Lorikeet, il Javan Lapwing, il Pernambuco Pygmy-owl e il Glaucous Macaw.


Di solito le specie che vanno estinte sono limitate a piccole isole, rese vulnerabili dalla caccia, all'arrivo di specie invasive esterne. Questo e' quello che accade nel 90% dei casi. Invece in questo caso, e' il primo anno che la perdita di uccelli arriva in larga parte a causa della deforestazione in atto in Sud America.

Otto specie in otto anni sono tante o sono poche? Beh, se pensiamo che dal 1500 ad oggi sono andate perse circa 187 specie, ci si rende conto che il tasso di estinzione aumenta vertiginosamente!

Stuart Butchart, e' il responsabile principale della ricerca presso Bird Life International e lui sottolinea come, in ultima analisi, sia colpa dell'uomo. Le estinzioni "moderne", conferma, sono a causa della perdita di habitat, dovuta alla deforestazione, all'agricoltura intensiva.

In questo momento ci sono circa *26,000* specie a rischio di estinzione.


Di queste, cinquantuno sono critiche e per queste non c'e' molta speranza. Non a caso si parla di una sesta estinzione di massa, a causa dell'opera umana.

La storia dello Spix’s macaw e' interessante. Per 150 anni questi pappagalli sono stati comprati e venduti e se ne vedevano sempre meno nella foresta. Nel 1985 furono scoperti tre esemplari allo stato selvaggio, ma non riuscirono a riprodursi. L'ultima volta che venne segnalato uno Spix's macaw allo stato naturale e' stato nel 2000.

L'idea adesso e' di usare alcune specie restanti di Spix's macaw in cattivita' e lentamente re-introdurli nella foresta. Ce ne sono ancora 70 in cattivita', e si spera che la specie resista ancora da permettere in qualche modo un miracoloso ripopolamento. Ma mentre questa speranza e' possibile per alcune specie, per altre e' letteralmente impossibile.

Per esempio per il poo-uli estinto nel 2004, il cryptic treehunter estinto nel 2007 e il Alagoas foliage-gleaner estinto nel 2011 non c'e' piu' niente da fare.

Interessante pure e' la storia del cryptic treehunter che fu scoperto nel 2002 in una foresta nel nord del Brasile, attorno alla citta' di Murici. Non avevano fatto a tempo a scoprirlo ed a dargli un nome che la foresta fu abbattuta per farci una piantagione di canna da zucchero. E cosi' e' scomparso anche l'uccello appena scoperto.

La sua esistenza nella coscienza dell'uomo e' durata 5 anni.

Chissa' quante altre specie ne esistono che vanno estinti prima ancora che noi li scopriamo?

Chissa' quanto potenziale perso!

La stessa storia si ripete per il glaucous macaw, un tempo prevalente in Argentina, Uruguay e Brasile,
poi sono arrivate le scure dell'agricoltura intensiva a piantare palme per ricavarne olio. La popolazione precipito' a.. un esemplare.

Morto anche quello.

Ancora storia simile per il Pernambuco pygmy-owl scomparso nel 2002 a causa della deforestazione intensiva nel Pernambuco, la sua casa.

Purtroppo queste storie diventeranno sempre piu' comuni.

Ogni anno in Amazzonia 17 milioni di ettari di foresta vanno persi, e con loro la vita. Gli uccelli sono particolarmente sensibili alla perdita di habitat perche' vivono in simbiosi con gli alberi dove nidificano e con l'ambiente da cui traggono cibo. Ed e' un ciclo che si ripete, perche' gli uccelli stessi aiutano la foresta a tenersi rigogliosa, con l'azione di dispersione di semi e aiuto nella pollinazione.

Meno uccelli dunque significano meno aiuto nel rigenerare la foresta. Come sempre, la natura e' tutta bene integrata, e una volta che un ingranaggio va male, tutto il resto ne soffre. 


Andiamo avanti cosi, e non ci rendiamo conto che di estinzione in estinzione, presto, sara' estinto il pianeta cosi come lo conosciamo, noi compresi.
Fonte:

Illegittima Indifesa: società disorganica, paradiso dei delinquenti

di Roberto Pecchioli



Società despiritualizzata e disorganica: il paradiso dei delinquenti. In mezzo l’illegittima indifesa, ovvero l’inerme figura della persona per bene, vittima di imbrogli, prevaricazioni, furti, rapine, insicurezza diffusa


Sulla legittima difesa 

- Si è riaperto il dibattito sulla legittima difesa. Da un lato un progetto di legge leghista secondo cui la difesa è sempre legittima, dall’altra la reazione stizzita dell’ANM, Associazione Nazionale Magistrati, che ha espresso con la consueta veemenza irrituale la propria contrarietà alla nuova formulazione giuridica dell’antichissimo istituto della legittima difesa. Lasciamo da parte ogni polemica nei confronti del sindacato dei giudici, i cui interventi a gamba tesa in politica sono quotidiani e sembrano animati dal timore di perdere un pezzo di discrezionalità nel valutare gli episodi di reazione all’illegalità e alla violenza subita. Non assumiamo interamente il punto di vista di Salvini, poiché difendere se stessi, la propria famiglia, il proprio pane è senz’altro giusto e lecito, ma non deve significare legittimare ogni reazione. Per capirci, io ho il diritto di fermare con ogni mezzo, sino all’uccisione, chi sta minacciando la vita mia e dei miei cari, ma non posso sparare a qualsiasi ladruncolo o truffatore. Altra cosa è la triste alternativa tra un brutto processo e un bel funerale. La materia è estremamente complessa e merita una riflessione un po’ più ampia di un alterco sovreccitato, animato purtroppo da fatti drammatici, sentenze talora sconcertanti a favore dei delinquenti. I buonisti in servizio permanente effettivo evitino il solito comico argomento dell’Italia ridotta a Far West, giacché le armi, disgraziatamente, le possiedono e le usano bande di criminali di ogni risma, pericolosità e provenienza geografica, non gli uomini della strada. Dall’altro lato, il pericolo è quello di affidare ai singoli i compiti che spettano allo Stato, il grande assente. Henri de Montherlant scrisse che “moriamo di indulgenza”. Per questo si giustifica il gioco di parole del nostro titolo: esiste e diventa ogni giorno più grande l’illegittima indifesa. Indifesa è la maggioranza stragrande degli uomini e delle donne normali. Illegittimo, benché non illegale, è il comportamento delle istituzioni. Distorto se non invertito è il rapporto tra diritto, istituzioni, senso comune e violenza. Il principio irrinunciabile è quello di stare dalla parte delle vittime, non con la retorica ridondante di cui danno prova i rappresentanti del potere, ma nei fatti. Chi entra in casa mia, penetra nel mio ufficio o commercio deve avere chiari due concetti: sta rischiando concretamente una condanna penale che espierà per intero in un carcere; la comunità nella sua interezza è contro di lui. I fatti, una volta di più, narrano esattamente il contrario.

Le legge è un ordine 

Pagare il fio di comportamenti criminali è raro, le pene sono fin troppo pesanti nella lettera, ma miti nella sostanza, tra permessi, condoni, norme che riducono per i più svariati motivi la carcerazione e non di rado la evitano del tutto. Cesare Beccaria, l’illuminista milanese autore del citatissimo Dei delitti e delle pene, era tutt’altro che un buonista del XVIII secolo. Le sue parole sono pietre: “uno dei più gran freni dei delitti non è la crudeltà delle pene, ma l’infallibilità di esse. (…) La certezza di un castigo, benché moderato, farà sempre una maggiore impressione che non il timore di un altro più terribile, unito colla speranza dell’impunità”. Un’impunità determinata dal combinato disposto di un impianto legislativo che favorisce i colpevoli unito alla genetica indulgenza delle società individualiste e alla discrezionalità di una giurisdizione prigioniera delle gabbie ideologiche. Discrezionalità che, peraltro, non è responsabilità dei magistrati, ma di una legislazione sconcertante. E’ recentissima una sentenza, pronunciata applicando una norma emanata dal governo Renzi sui piccoli reati, che ha mandato assolta una badante colpevole del furto e rivendita di gioielli appartenenti ad una coppia di anziani del valore di 60mila euro. Non resta che dare ragione al cancelliere Bismarck, per il quale

“con cattive leggi e buoni funzionari si può sempre governare.

Ma con cattivi funzionari le buone leggi non servono a niente".

Le nostre leggi sono talmente numerose e contrastanti che il primo problema di chi le applica è districarsi tra di esse, con grande vantaggio di chi vuole sfuggire alle conseguenze dei suoi atti. Nella Politica, il sommo Aristotele aveva già sintetizzato il problema: “La legge è ordine; e una buona legge è un buon ordine”.

In mezzo l'illegittima indifesa 

Da almeno mezzo secolo qualsiasi accenno al concetto di ordine provoca fastidio, reazioni, opposizioni, dunque il problema, come dicevano gli intellettualini di qualche decennio fa, “è a monte”. A monte c’è un rapporto distorto con la violenza, l’ordine civile, il principio di responsabilità. Sullo sfondo, mostra la corda il monopolio dell’uso della forza attribuito al potere pubblico, dunque allo Stato. Indebolito dalla prevalenza dei potentati privati, screditato culturalmente dall’estensione illimitata dell’idea di libertà, reso impotente dalsoggettivismo dominante, lo Stato non riesce più a esercitare con il giusto equilibrio di forza, efficacia e proporzione il delicato monopolio che possiede. Per di più, varie correnti ideologiche ne contestano i fondamenti: da un lato, l’inimicizia per lo Stato del liberalismo egemone, libertario e liberista (anche se le élite che spesso e volentieri caratterizzano questi alterchi ideologici si ritrovano fianco a fianco a trafficaree combuttare in circoli élitari e logge massoniche: vere realtà informali di esercizio del potere dei tempi moderni – Ndr). Dall’altro, il pregiudizio della sinistra di ascendenza socialcomunista contro l’ordine “borghese”, definito reazionario, conservatore, patriarcale che induce a simpatizzare per chi infrange leggi proclamate ingiuste e classiste. La miscela dei due atteggiamenti è esplosiva: garantismo esasperato, attenuanti, esimenti per i reati dei “colletti bianchi” fanno il paio con la malcelata indulgenza verso rapinatori, ladri, immigrati, proclamate vittime del sistema. In mezzo, l’illegittima indifesa, ovvero l’inerme figura della persona per bene, vittima di imbrogli, prevaricazioni, furti, rapine, insicurezza diffusa. L’uomo (smarrito e despiritualizzato – Ndr) comune ha la certezza di essere l’agnello della fiaba di Fedro apostrofato dal lupo al ruscello. “Perché mi hai fatto diventare torbida l'acqua che sto bevendo? E l’agnello, tremando: come posso – dice – fare quello che lamenti, lupo? L’acqua scorre da te alle mie sorsate!" Sappiamo come finì, il lupo divorò l’agnello inerme. Quell’agnello si è stufato del ruolo di vittima e reclama il diritto di sparare al lupo prima di essere divorato.

Società disorganica: paradiso dei delinquenti 

Sono saltati due passaggi logici, capovolti a favore dei lupi. Manca la legalità, ovvero un impianto normativo concretamente dalla parte degli onesti e dei miti, ma fa cortocircuito la legittimità, ovvero la società, malata di soggettivismo (hegeliana, idealista, strumentalizzante e dis-organica – Ndr) e spezzata in mille segmenti non componibili a unità, non è più d’accordo su ciò che è bene e ciò che è male. Il risultato è che spadroneggiano i delinquenti, pesci nell’acqua di un sistema debole, contraddittorio e formalista. Se c’è un punto su cui concordiamo con il modo di pensare progressista è che la pericolosità sociale dei delinquenti in giacca e cravatta non è inferiore a quello dei mascalzoni armati. Ne sono prova il crollo del ponte Morandi non meno che le malversazioni finanziarie di tanti banchieri e la corruzione diffusa nell’economia, nella politica, nell’amministrazione. Ciò non significa che si debba invocare severità, Stato e giustizia a corrente alternata. La legittima difesa nei confronti dei soprusi del potere deve stare nelle leggi e nella volontà di applicarle senza sconti. La protezione dai criminali comuni passa da un ulteriore attitudine, quella di esercitare senza timori il monopolio della forza legittima. Poliziotti e carabinieri pistoleri non ci piacciono, ma i malviventi devono avvertire, oltre al peso reale della legge (pene effettive espiate in carcere, seguite, per chi è straniero, dall’espulsione) anche il rischio concreto dell’incolumità e della vita nella sfida alle forze dell’ordine. Le cose non vanno così e da questa disfunzione drammatica sorge la domanda di farsi giustizia da soli. Noi non crediamo affatto che commercianti, imprenditori aggrediti nel lavoro quotidiano, padri e madri di famiglia attaccati negli affetti e nel focolare, cittadini rapinati, donne assalite sessualmente abbiano il desiderio diffuso di uccidere. Se però la paura prevale, con buona pace dell’insopportabile disprezzo dell’allarme sociale delle finte anime candide, è insensato gridare al Far West prossimo venturo anziché fermare quello presente e reale alimentato da chi le armi se le procura senza fatica e le usa indifferente alla vita umana. Meglio sarebbe affrontare alla radice il problema della sicurezza piuttosto che negarlo, avviare interminabili dibattiti sociologici, sfoderare statistiche di parte o menare il torrone con disquisizioni giuridiche. Una popolazione sicura, ragionevolmente convinta di non correre pericoli, rassicurata dalla forza e dall’azione della legge, non chiede il porto d’armi, non invoca la legittima difesa né sollecita pene abnormi.

Forza e violenza 

Milioni di illegittimi indifesi sperimentano ogni giorno sulla carne di avere torto a prescindere.

Fisco, usura legalizzata, burocrazia, giustizia, malavita, diritti sociali:

la presunzione di colpevolezza è caricata alle persone comuni

da un potere insolente, arrogante, spesso corrotto.

Nulla di strano se qualcuno ritenga primario difendere in armi se stesso e la “roba” di verghiana memoria. Aleggia un errore di fondo della mentalità occidentale moderna, non distinguere tra forza e violenza. La forza è una virtù, comunitaria e personale, che viene trasferita allo Stato a fini di difesa e giustizia. La violenza è la sua degenerazione. Insorgere anche fisicamente, reagire a partire da se stessi è un diritto naturale che nessun potere o concezione irenistica del diritto può sottrarre all’essere umano. La normalità quotidiana è diventata una perniciosa indifferenza che confonde, opacizza i confini, logora i principi a tutto vantaggio del malaffare e della malvivenza. Ci si attarda a stabilire se sia peggiore la delinquenza in guanti bianchi (idea della sinistra) o quella armata della strada (idea della destra), con il risultato di offrire spazio all’una e all’altra, le opposte facce di una stessa realtà.

Il quadro giuridico è preoccupante,

i processi diventano sempre più un gioco agonale di esperti a pagamento

dal quale è espunta la giustizia e assente il senso comune.

Affiora il pensiero di un artista divorato dall’angoscia, Cesare Pavese, allorché, nel Mestiere di Vivere, prendeva atto che “non ci si libera di una cosa evitandola, ma attraversandola”. Non affrontiamo la violenza diffusa di mille bande proterve, sprecando energie in dibattiti, diatribe, difendendo ciascuno un punto di vista ideologico che perde di vista l’essenziale. Ossia il diritto di ciascuno a una vita normale, violata da rapine, furti, aggressioni, ricatti, estorsioni, libero spaccio di sostanze che danno morte, tanto quanto dal clima di corruzione diffusa, privilegio di casta, imposizioni oligarchiche. In più, si esige a fronte corrugata il rispetto di un presunto spirito del tempo nelle leggi. Avverso alla legalità quanto alla legittimità, esso è bollato dal Beccaria con parole taglienti: “non v’è cosa più pericolosa di quell’assioma comune che bisogna consultare lo spirito della legge. Questo è un argine rotto al torrente delle opinioni", specie in un’epoca individualista, relativista e nemica della decisione, cui si preferisce sempre la discussione sterile e interminabile.

Legittima difesa e codardia illegittima 

Legittima difesa è cosa assai distinta dal ricorso ai giustizieri armati, i Ringo e i Sartana dei film western-spaghetti. E’ il riconoscimento di un fatto naturale, un dato permanente della personalità umana che volentieri lasceremmo ai casi estremi, poiché una convivenza ordinata si realizza nella comunità e nelle norme che la sorreggono, non certo nell’iniziativa individuale o peggio nella sociopatia diffusa. Serve una legittima difesa collettiva contro ogni malaffare e prevaricazione. Soprattutto, si deve sconfiggere l’equazione figlia della viltà secondo cui forza è uguale a violenza. Lo Stato deve poter esercitare una santa, legittima violenza contro i crimini con il peso della legge, fatta di norme semplici e pene non esemplari ma certe, e, ove necessario, con l’uso senza complessi delle armi, oggi monopolio dei mascalzoni. Ci piace citare alcuni venerati maestri dei sedicenti non violenti, Karl Marx e il pomposo signore della gauche caviar parigina, Jean Paul Sartre, l’autore de L’essere e il nulla. Il pensatore tedesco riconobbe, dinanzi alle elucubrazioni intellettuali, che “l’arma della critica non può, in verità, sostituire la critica delle armi; la potenza materiale deve essere abbattuta da potenza materiale.“ Per il philosophe de La nausea, addirittura, “solo con la violenza si diventa uomini.“ Una sciocchezza cui è facile opporre una riflessione positiva di un cattivo maestro, Jean Jacques Rousseau.“ La forza è un potere fisico; la pistola del brigante è anch’essa un potere fisico “. A cui abbiamo il diritto dovere di contrapporci senza timidezza. La civiltà italiana seppe esprimere splendidamente già nel XIII secolo il senso della comunità e del vivere civile nell’ affresco senese di Ambrogio Lorenzetti Il buono e il cattivo governo e gli effetti sulla città. In una parte del grande dipinto, un’opera d’arte intrisa di filosofia e scienza politica, nell’aria vola la personificazione della Sicurezza, che reca un delinquente impiccato, simbolo di giustizia implacabile e regge un cartiglio su cui si legge: “Senza paura ogn’uom cammini / e lavorando semini ciascuno”. L'ideale di una comunità forte e giusta è simboleggiato dal contrasto tra la carnale sensualità della Sicurezza e la dura allusione alla pena di morte. Lo Stato protegge gli onesti e punisce chi non segue la legge. Nell’Allegoria del cattivo governo, la città è ingombra di macerie, sul punto di crollare, i cittadini distruggono anziché costruire, la legge imprigiona gli innocenti, languono le attività economiche. Tutto è rovina, le campagne sono in fiamme e un esercito nemico marcia sotto le mura. In cielo aleggia sinistro il Timore. Dobbiamo scegliere: sicurezza o timore, vita o rovina, legittima difesa o il suo contrario, l’abbandono al destino. Per prendere posizione, bisogna decidere, assumere responsabilità, agire, rischiare. Seguire il Bene o il Male, l’Amico o il Nemico. Che disgrazia per il debosciato collettivo, il moderno “Narcisetto Adoncino d'amor. Non più avrai questi bei pennacchini, quel cappello leggero e galante, quella chioma, quell'aria brillante, quel vermiglio donnesco color.” Con la musica mozartiana delle Nozze di Figaro, i versi di Lorenzo Daponte paiono scritti per l’incipriato, indifeso damerino del secolo corrente, tutto chiacchiere, tolleranza e codardia.

Roberto Pecchioli (Copyright © 2018 Qui Europa)

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The Ocean Cleanup - il grande progetto di pulizia dell'oceano















La sua destinazione e' il Great Pacific Garbage Patch nell'oceano pacifico ed il suo ruolo e' di raccolgiere quanta piu' immondizia possibile nel corso di un anno.

Quello che appare un lungo serpentone e' stato progettato da un gruppo di ingegneri sotto il nome di The Ocean Cleanup in Olanda. Il suo scopo e' di catturare monnezza e ripulire il mare.

Come funziona questo Ocean Cleanup? La prima fase della progettazione la vedeva ancorata al fondo dell'oceano, a mandare giu' monnezza in verticale; nella versione finale sara' un oggetto galleggiante per concentrare oggetti in mare. E' un tubo di 3 metri di diametro, lungo circa 600 metri. Poggera' sulla superficie marina a mo' di U e si spostera' lentamente, catturando quanta piu' plastica possibile al suo interno. Ogni sei settimane arrivera' una nave a raccogliere tutta la monnezza nel centro e a portarla via. Se tutto va bene portera' via fino ad un massimo di 70,000 chilogrammi di oggetti nel primo anno. 

Altri sessanta serpentoni potrebbero essere inviati successivamente, se i risultati dal primo saranno soddisfacenti, e con l'obiettivo di arrivare a 15 milioni di tonnellate di monnezza raccolta in totale, fino a ridurre la monnezza del Great Pacific Garbage Patch del 50% in cinque anni. 

Ocean Cleanup ha luci, un sistema di anti-collisione, telecamere, sensori e satelliti che controlleranno gli spostamenti e che fara' si che non ci siano scontri con le navi.

Funzionera'?

E' questo il grande dilemma, perche' se non dovesse funzionare, se magari una tempesta se la porta via, o se dovesse perdere il suo carico, le cose potrebbero diventare peggiori, con altra monnezza nel mare e con scoraggiamento di tutti quelli che sono stati al lavoro per realizzarla. 

L'idea di questo tubo acchiappa-monnezza e' venuta a Boyan Slat, un ventiquattrenne olandese che ha racimolato 30 milioni di dollari in cinque anni per costruirla. Dice che l'idea gli venne durante un viaggio in Grecia da ragazzino quando vide l'enorme quantitativo di plastica in mare.  Era uno studente di ingegneria aerospaziale. Lascio' gli studi presso la Delft University of Technology e fondo' la non-profit Ocean Cleanup, di cui e' ora CEO e che ha adesso 65 impiegati.

Boyan Slat ha ricevuto ogni sorta di onorificenza, dal re di Norvegia, alle Nazioni Unite. Forbes Magazine l'ha coronato come un innovativo imprenditore.

La comunita' di scienziati pero' ha mostrato scetticismo, perche' dicono non ha bene considerato i rischi che potrebbe portare alla vita marina. Per esempio, Miriam Goldstein, direttore delle politiche per l'oceano, presso il Center for American Progress, dice che avendo studiato il progetto, il tubo di Boyan Slat potrebbe attirare molti pesci oltre alla monnezza e causarne il disturbo. 

Sopratutto, dicono, il progetto ignora il reparto prevenzione, cioe' che non si tratta di "pulire" quanto di "non sporcare".  Alla fine, quello che entra in questi bacini di monnezza negli oceani non e' altro che il 3% della plastica che finisce nel mare ogni anno, secondo Eben Schwartz della California Coastal Commission. 


Ma e' lo stesso Boyat Slat che dice che siamo tutti d'accordo che il primo passo sia prevenire che la plastica finisca in mare. Aggiunge pure che e' certo che ci sono vari approcci al problema e che qualcuno deve pure pulire la monnezza gia' messa li nell'oceano, che c'e' dal 1960 in alcuni casi.
E cosi, si va avanti.

Il progetto Ocean Cleanup ha lavorato per un anno in Alameda, nella California del Nord ed e' stata lanciato il giorno 8 Settembre. Il tubo arrivera' nell'isolotto della monnezza del Pacifico verso la meta' di Ottobre, e alla fine della sua missione sara' piena di microplastica, spezzettata dai raggi del sole, dalle onde. Oltre alla plastica, ci sono qui circa 79,000 tonnellate di reti dei pescatori abbandonate che si spera almeno, verranno catturate.


La plastica sara' poi riportata in California, e poi in Europa per analisi e per capire se e come modificarne il design. 

Ci saranno sicuramente degli imprevisti, non e' ben chiaro quale saranno le dimensioni della plastica piu' piccola che potra' essere catturata, e non si sa quanto resistente Ocean Cleanup sara' in termini di ondate e tempeste, erosione dal sale, corrosione. 

Staremo a vedere.

Da come la vedo io, anche solo che ci stiamo pensando a fare qualcosa per eliminare la monnezza dall'oceano, e' gia' un grande grande grande passo in avanti.

Al progetto di Boyan Slat, e al pianeta tutto, tanti auguri. 


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